CAP 1. IL COUNSELING NELLA SCUOLA
1.1. Il contagio del burocratismo nella scuola
Il pianeta scuola rappresenta un terreno di grande importanza per le dimensioni applicative del counseling. La crisi di senso che la scuola sta attraversando è strettamente collegata alla crisi personale e motivazionale degli adulti che nella scuola lavorano.
Il processo di burocratizzazione è talmente implementato che è praticamente impossibile il rinnovamento scolastico per via istituzionale: i numerosi processi di cambiamento attivati per via legale o gerarchica si sono progressivamente spenti perdendo efficacia nella loro amministrazione concreta.
Da luogo deputato alla trasmissione di norme, valori e saperi, l’istituzione scolastica si è trasformata in un contenitore rigido di processi e protocolli didattici burocratizzati per racimolare fondi ed ampliare l’offerta formativa, ma l’elaborazione dei progetti e la loro fattibilità non sempre sono riusciti ad attivare processi di sintonia empatica con i giovani.
Così oltre ad essere basso il numero di insegnanti che manifestano una autentica vocazione educativa, anche coloro che sono entrati nella scuola con impegno e volontà sono spesso indotti a demotivazione rispetto al lavoro educativo.
Eppure le iniziative di miglioramento nella scuola sono state numerose: solo a far data dal 1989 abbiamo una pletora di validissime iniziative di rinnovamento, attuate per contrastare il disagio giovanile e la caduta di partecipazione dei giovani, che, pur avendo avuto effetti importanti su qualche singolo istituto e su qualche fascia generazionale, non hanno trasformato la scuola.
Dal Progetto Giovani 93 alla Legge 162 del 1990 sulla prevenzione della droga (diventa Testo unico 309 con le sue circolari applicative C.M. n. 114 del 27/04/90, C.M. n. 270 del 15/10/90, C.M. n. 327 del 30/11/90 , C.M. n. 66 del 14/03/91 C.M. n. 240 del 02/08/91, C.M. n. 241 del 02/08/91, C.M. n. 47 del 20/02/92, C.M. n. 240 del 31/07/92, C.M. n. 339 del 16/11/92, C.M. n. 362 del 22/12/92, tutte orientate alla prevenzione ed alla Educazione alla Salute).
Dalla proposta di ampliare l’orizzonte pedagogico sono emessi il D. L.vo n. 35 del 12/02/93, C.M. n. 143 del 29/04/93, C.M. n. 120 del 21/04/94, C.M. n. 257 del 09/08/95, C.M. n. 45 del 08/02/95, C.M. n. 325 del 11/10/95, C.M. n. 30 del 19/01/1996, C.M. n. 492 de 07/08/96, Direttiva n. 600 del 23/09/96.
Il tema della prevenzione del disagio apre una discussione sul significa di essere scuole e dal 1996 sono emanati numerosi decreti di promozione scolastica, di iniziative integrative e di riorientamento: Direttiva 133 (CM 135) del 3/4/1996, Direttiva Ministeriale n. 487 del 06/08/97 sull’orientamento, Legge n. 285 del 28/08/97 per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza, D.M. 765 del 29/11/1997 per la sperimentazione della autonomia organizzativa e didattica proposta dalla Legge Bassanini, la legge 440 del 18/12/1997 per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa, lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti nel D.P.R. 249 del 24/06/1998, la Direttiva. n. 463 del 26/11/1998 per le attività di educazione alla salute, ecc.
Tutte queste iniziative culminano con la Legge n. 9 del 20.01.1999 e il DPR n 257 del 2000 per l’innalzamento dell’obbligo di istruzione.
Il quadro normativo, che è testimonianza dell’intenso dibattito sul senso della scuola in una società a complessità crescente sposta l’accento sulla attivazione dei diversi istituti e sulla loro autonomia. Questa appare come una diversa visione della scuola che, da struttura accentrata e ugualitaria, giunge a proporsi come “ azienda” erogatrice di servizi didattici ed educativi. L’autonomia scolastica (L. 59 del 1997 e sua regolamentazione DPR 275/1999) ha portato in questi ultimi 10 anni ad una rivisitazione dell’intero ordinamento di studi, dei contenuti dell’insegnamento e delle metodologie didattiche ed organizzative, vedi ad esempio la riforma dei cicli legge n. 30 del 2000 e il D.D.L. Moratti del 2002, la delega del Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale (Legge n. 53 del 28 marzo 2003), la riforma del nuovo esame di stato (Legge 1 dell’11 gennaio 2007) e la nuova attribuzione del credito formativo e del recupero debiti formativi (D.M. n. 42 del 22 maggio 2007). Si è inoltre sviluppato l’interesse verso le problematiche fortemente diffuse del bullismo tanto da indurre il Ministro a tracciare le linee e le azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta alla violenza psicologica e fisica. (Direttiva n. 16 del 5 febbraio 2007).
Tutte queste leggi, circolari e direttive non hanno però sortito lo sperato effetto di miglioramento relazionale e motivazionale sui docenti, sul personale scolastico e sugli stessi alunni. Non sono infatti diminuiti i contrasti, gli scarsi rendimenti e gli abbandoni scolastici o almeno l’impegno ha coinvolto solo una parte del personale della scuola.
Anche la riorganizzazione del sapere docente tentata attraverso la grande occasione della costruzione delle SSIS, non è complessivamente riuscita nell’intento proposto. Nelle SSIS le capacità educative e didattiche dovevano assumere un ruolo centrale rispetto ai contenuti disciplinari e produrre una nuova generazione di insegnanti in grado, eticamente e professionalmente, di affrontare il disagio delle nuove generazione con maggior competenza.
Analoga brutta fine hanno fatto i diversi progetti qualità (autocertificata, vision o EFQM) che, per un quinquennio, hanno alzato grandi polveroni e grandi attività senza giungere a modificare l’assetto relazionale scolastico contagiato dalla burocratizzazione a cui hanno contribuito anche gli stessi progetti qualità, in genere centrati su processi cartacei e non sostanziali.
Per arrivare ad oggi, quando l’attuale Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni firma una circolare che, in applicazione della legge Finanziaria 2007, assegna 64 milioni di euro aggiuntivi per fronteggiare i problemi della dispersione scolastica e del disagio giovanile attraverso servizi offerti non più solo in orario mattutino, ma anche pomeridiano. Il fine è quello di rendere la scuola un “centro di promozione culturale, relazionale e di cittadinanza attiva nella società civile in cui opera favorendo il recupero scolastico e creando occasioni di formazione in grado di elevare il livello culturale e di benessere generale del territorio" ( comunicato M.P.I. del 31.08.07).
L’iniziativa di rilancio possibile della scuola merita attenzione ma si scontrerà con il vero problema della qualità educativa del personale che vive ed opera nella istituzione scolastica poiché, al di là di qualche temporanea isola di eccellenza che funziona fino a che quel dirigente o quello staff di docenti, anche questo provvedimento si aggiunge agli altri che non sono riusciti a scalfire minimamente una generalizzata condizione passivo aggressiva presente nelle strutture scolastiche.
Utilizzo un termine come “disturbo di personalità passivo aggressivo” che è diagnosticamene contemplato nel DSM4 per descrivere una modalità di protesta implicita nei confronti dell’istituzione. Tale disturbo si manifesta come un danneggiamento personale e relazionale attuato mediante l’accettazione di responsabilità che vengono lasciate andare a male nella loro realizzazione. Gli esiti pratici di tale disturbo di personalità sono lo scaricabarile, l’attenzione ai processi formali e non al senso autentico delle azioni, l’obbedienza ai protocolli, la delega, ecc. con perdita di efficacia del lavoro educativo e della motivazione verso i giovani. Quando in una struttura si manifestino tali modalità, anche in poche persone, e non vengano lette per quello che sono, e cioè una implicita rivendicazione scaturita dalla caduta di ruolo e di importanza sociale degli insegnanti, anche per disincentivazioni economiche, la struttura rischia di essere contaminata e scivolare sempre di più nel burocratismo.
Nel volume di Luigi De Marchi sulla società burocratica “O noi o loro” c’è una sapientissima riflessione sullo sviluppo attuale della burocrazia e sulla distinzione tra produttori e burocrati. La ricerca di De Marchi, oltre ad avere implicazioni importanti per il counseling politico, stimola a comprendere come sia necessario realizzare relazioni che aiutano sia le persone che le strutture a trovare (e ritrovare) il significato delle azioni che si è perso nel processo di trasposizione dei fini.
Pur essendo la scuola una struttura a connessione lasca non è riuscita a contenere i processi ripetitivi di sottrazione di senso per una adesione alla struttura mentale burocratica come un male necessario senza rendersi conto che, per sviluppare la coscienza di sé e degli altri, occorre lasciare ampio spazio all’espressione ed alla costruzione di emozioni e sentimenti, tipici dell’umano. L’incapacità di distinguere ciò che è umano da ciò che non lo è, lascia spazio a forme di pensiero, di relazione e di azione sociale macchiniche e autoreferenziali.
In questo quadro la burocrazia ha una sintassi simile a quella di un disturbo ossessivo compulsivo. Nel sistema burocratico i diversi pezzi di procedura sono entrati, come virus, ed il sistema non può fare a meno di ripeterli all’infinito, compulsivamente.
In questo quadro anche l’intervento più motivato a produrre cambiamento, innovazione e miglioramento si scontra con processi ormai automatici che lo costringono in posizioni marginali e lo fermano incapsulandolo in qualche sacca periferica del sistema, almeno fino a quando anch’esso è divenuto parte della macchina burocratica. Tutti i più grandi imperi sono caduti a causa della burocrazia senza che nessuno si accorgesse di tale progressivo svuotamento e scivolamento. Il rischio della scuola, orami assolutamente ferma nella sua capacità di produrre senso, è quello di essere la prima tra le diverse istituzioni a cadere. Cadrà sotto il peso della sua immobilità e della sua incapacità di adeguarsi a processi di cambiamento repentini.
Uno dei segni attuale di questa caduta di senso è la difficoltà, o la vera e propria incapacità, di fronteggiare fenomeni come la violenza o il bullismo. Intendendo questi fenomeni come una conseguenza ribellistica alla burocrazia della scuola si può comprendere come la risposta dotata di senso sia solo l’educazione alla non violenza come valore da perseguire al fine di migliorare se stessi e l’umanità. I giovani hanno bisogno di essere protagonisti nella fase adolescenziale poiché se il giovane non lotta per conseguire uno scopo superiore a quello che è tranquillamente a portata di mano egli non sarà in grado di superare gli ostacoli che gli si frappongono nel passaggio dalla adolescenza alla maturità.
Tenendo ben saldo il fatto che la violenza vada comunque punita e severamente occorre trovare antidoti ad essa, nelle sue forme fisiche e psicologiche, attraverso il riferimento al pensiero non violento e non solo ripetendo in modo estenuante il ritornello tipico del pensiero burocratico: “Ci vogliono le regole”.
Non è vero, non ci vogliono ulteriori regole, ci vogliono i valori, che sono l’esatto contrario delle regole, perché il valore viene interiorizzato mediante il sentimento di valore e diventa la bussola attraverso cui si sceglie l’azione e si da senso all’esistenza, la regola è un processo normativo attraverso il quale si conforma il comportamento a certi standard. Le regole di base sono quelle di sempre e non è possibile, in una società a complessità crescente, gli standard non sono assolutamente più prevedibili. E spesso hanno tali intersecati processi applicativi da non essere più in alcun modo funzionali.
Voglio fare a questo proposito un esempio: l’inverno del 2006 è stato mite con una temperatura di almeno 4 gradi superiore alle previsioni. Ciò ha comportato una minor necessità di riscaldamento tanto che nelle aule scolastiche (come in tutti gli edifici pubblici) è stato necessario tener aperte le finestre per far fuoriuscire l’aria troppo calda. In nessuna scuola è stato possibile abbassare il riscaldamento per effetto di regolamenti sulla sicurezza, di protocolli e di convenzioni con Comuni e Province e di contratti tra queste ultime e le ditte di manutenzione e fornitura del combustile. Con tre danni enormi: il primo di tipo economico (una stima approssimativa mostra un possibile consumo di almeno 4 petroliere da 250mila tonnellate), il secondo ambientale (l’aver aumentato l’effetto serra per ulteriori emmissioni nell’atmosfera), il terzo di tipo educativo (come è possibile proporre educazione al rispetto dell’ambiente tra gli studenti con un simile cattivo esempio sotto i loro occhi?).
1.2. Il counseling nella scuola
La duttilità del counseling può aiutare e sostenere l’istituzione scolastica costruendo isole di sopravvivenza dei processi educativi mediante l’attuazione di progetti per uscire dai circoli viziosi burocratici.
Una rapida ricognizione delle dimensioni innovative progettuali mostra già quanto counseling educativo si tenti di realizzare nell’ambiente scolastico senza però ancora pervenire alla consapevolezza che vecchie e nuove progettazioni costituiscono di già un nuovo modello implicito di relazione di aiuto educativo e che il successivo elenco delle attività di counseling (da potenziare) costituisce una concreta riforma del modello burocratico, passivo aggressivo.
L’esperienza maturata negli anni da parte dello studio associato “Prevenire è Possibile” al counseling individuale e di gruppo, ci ha permesso di costruire modelli di intervento semplici ed efficaci, differenziati a seconda dei bisogni, a cui sottende una visione educativa centrata sul miglioramento delle persone e sullo sviluppo delle loro potenzialità.
E’ questo il tratto comune delle differenti tipologie di interventi all’interno delle quali resta primario il valore della persona e delle relazioni.
Le attività proposte sintetizzano le diverse linee guida dei decreti e delle circolari emanate in questi ultimi venti anni e sono:
- orientamento e formae mentis
- bilancio delle competenze
- peer education
- consulte studentesche
- accoglienza
- gestione delle assemblee
- prevenzione del bullismo
- educazione alla non violenza
- educazione alla salute
- prevenzione del disagio
- prevenzione della droga
- comunicazione educativa
- comunicazione didattica
- didattica personalizzata
- formazione al metodo di studio
- laboratori di recupero
- circoli di studio
- riunione dei bocciati
- obbligo formativo
- comunicazione aumentativa
- counseling psicomotorio
- counseling e disabilità
- consulenza organizzativa
- formazione agli insegnanti
- formazione personale ata
- aggiornamento
- Analisi degli staff
- Ottimizzazione dei talenti
- Gestione delle Risorse Umane
- Prevenzione e recupero dello Stress, del Burn-Out e del Mobbing
- cooperative learning
- gestione del clima relazionale delle classi
- educazione all’affettività
- educazione all’innamoramento
- progetti per genitori
- artigianato educativo
- counseling famigliare
- dialogo interculturale
- dialogo interreligioso
Queste azioni rispondono alla necessità di migliorare la qualità relazionale, la qualità dell’apprendimento e la qualità educativa. Il counseling scolastico si fonda sullo sviluppo dell’educazione affettiva - relazionale a scuola, sulla comunicazione dei sentimenti e delle emozioni mediante quel insieme di atteggiamenti e di tecniche utili per ribaltare momenti di crisi, di incomprensione, di insofferenza, di delusione, di evitamento al fine di scongiurare l’innesco di conflitti, per mediarli e risolverli.
Questi diversi progetti sono stati sperimentati in questi 20 anni di attività in più di 300 istituti scolastici e si propongono come altrettanti accessi al sistema scolastico in questo particolare momento di forte crisi. Lo slogan Prevenire è Possibile sintetizza un metodo ed uno stile di aiuto alle persone nato dall’applicazione della psicologia relazionale, della sociologia clinica e della pedagogia dei gruppi rivolto alle nuove difficoltà educative che si presentano come difficili sfide per insegnanti ed educatori.
Le abilità di counseling (counseling skills) si articolano nell’applicazione della definizione di
questo processo di lavoro costruita all’interno della FAIP: "Il Counseling è una relazione d’aiuto che muove dall’analisi dei problemi del cliente, si propone di costruire una nuova visione di tali problemi e di attuare un piano di azione per realizzare le finalità desiderate dal cliente (prendere decisioni, migliorare relazioni, sviluppare la consapevolezza, gestire emozioni e sentimenti, superare conflitti)". Tali abilità possono essere esercitate da counselor o trasmesse ad insegnanti ed educatori che assumano questo particolare punto di vista nell’esercizio della loro attività quotidiana e che, sia in sede di progettazione che di realizzazione, abbiamo saldo il riferimento ai bisogni educativi e psicologici dei loro giovani clienti.
Alcuni esempi possono essere utili per la comprensione di tali processi di azione.
Abbiamo una grande competenza riguardo alle intelligenze multiple ed intelligenze emotive ma, in genere, nella scuola non vengono applicate in un modo coerente.
L’orientamento, che è una parte fondamentale del processo di counseling, può funzionare anche mediante il pretesto di un test, ma deve realizzarsi attraverso la capacità di colloquiare con la persona per riuscire ad ascoltare quello che vive per prevedere quali siano le sue migliori disposizioni o i suoi più grandi difetti. Significa vedere quella persona con gli occhi del futuro per aumentare la sua consapevolezza di sé e per consigliare un percorso di miglioramento.
L’orientamento rischia invece di essere fagocitato dalla macchina burocratica scadendo nei due estremi: somministrazione di test informatizzati con risultati automatici oppure estenuanti conversazioni con la persona che non approdano a nulla.
Nella nostra esperienza abbiamo realizzato progetti di orientamento che hanno coinvolto alcune centinaia di studenti, i loro genitori ed i loro insegnanti, a costi molto contenuti. Per fare ciò è necessario aver reso duttile la compilazione di bandi la cui struttura si impernia su controlli cartacei ed economici e non sull’effettivo risultato del lavoro.
La distanza tra l’organizzazione logica dei bandi e la realtà appare a volte insormontabile e spesso può condurre anche il counselor più esperto e motivato alla rinuncia. Anche la loro struttura linguistica è fastidiosa: appare presuntosa, o addirittura tracotante, quasi a trattare chiunque richieda del denaro per svolgere il proprio lavoro come un potenziale truffatore. Le prerogative dell’ente che vuol partecipare sono sempre poco definite giacché ogni bando rimanda ad altro testo, regolamento, decreto di accreditamento. Per affrontare adeguatamente la fase di progettazione occorrerebbe che l’ente possedesse una notevole struttura burocratica e amministrativa e fosse completamente immerso in tale cultura. Ciò significa sapere già in partenza che il 50% del budget a disposizione sarà utilizzato per la realizzazione di compiti amministrativi. L’attività del counselor inizia proprio qui: nella capacità di coinvolgere i partner istituzionali e scolastici nella redazione dei progetti e nella compilazione dei bandi al fine di dare ad essi il maggior senso possibile. Il colloquio e il gruppo di lavoro sono già ambiti del counseling amministrativo e tale processo potrà trasferirsi con maggior facilità nell’impatto con la realtà sociale oggetto dell’orientamento. La fase applicativa deve poi realizzarsi su grandi numeri al fine di determinare un importante impatto sociale e la somministrazione di test, semplici e comprensibili, facilita l’impresa. Ci sono diversi test sulle intelligenze multiple e diversi sistemi per realizzare un buon bilancio delle competenze; la loro funzione non è però quella dell’oracolo ma di scandaglio per far emergere nel colloquio la complessità delle questioni di vita e di studio dello studente, coinvolgendo nella discussione su queste sia i genitori che gli insegnanti.
Un secondo modello di lavoro è quello relativo alla peer education nelle sue diverse forme di attuazione. Uno degli esempi più chiari è il lavoro che può essere svolto mediante l’interazione con le consulte studentesche e la loro mobilitazione. In genere è possibile orientare i seminari dei membri delle consulte attraverso la proposta di sperimentare climi relazionali ed affettivi coinvolgenti senza scivolare nel clima dispersivo e poco educativo della classica gita scolastica. Il nucleo centrale di questo lavoro sta nel produrre una discussione concreta sul significato dell’euforia che spesso fa da padrona nella comitiva giovanile e che si accompagna a successive fasi depressive dopo l’incontro.
Si tratta di lavorare sulle persone per quello che esprimono e di proporre il trasferimento di tale clima relazionale nei contesti scolastici e di vita. Si possono così accendere progetti di accoglienza, di tutoring o di gestione democratica delle assemblee dando a queste ultime un significato attivo e propositivo.
Il processo di counseling in questo caso muove dalla formazione di leader capaci di gestire l’assemblea e di saper comunicare in essa, di trasformarla sia in un momento di dibattito che in una situazione di riflessione finalizzata a realizzare iniziative.
I contenuti dell’assemblea vanno scelti con cura e possono riguardare anche tematiche come l’amicizia o l’innamoramento al fine di uscire dalle discussioni poco sensate su tali argomenti.
Intorno alle questioni dell’educazione all’affettività il ruolo del counseling può essere vitale per molti ragazzi ed anche per molti genitori verso i quali può essere estesa la progettazione coinvolgibili con seminari o corsi.
Ciò che si dimentica facilmente nelle attività scolastiche e nell’approccio psicologico tradizionale all’educazione è che l’approccio clinico e quello pedagogico possono andare benissimo a braccetto e che la risoluzione di problemi in un gruppo, anche occasionale ed estemporaneo, diventa possibile in funzione del clima gruppale in relazione con la gravità dei problemi. In ogni caso non è possibile continuamente rimandare o inviare ad altre situazione le problematiche che si incontrano anche se il setting non è quello più idoneo. Spesso si incontrano emergenze che nessuno fronteggia e il counseling è l’approccio più morbido e delicato per definire il senso di un problema e trasmettere la consapevolezza che è possibile affrontarlo.
Del resto il counseling di comunità, dei gruppi di incontro e di auto aiuto si muove proprio sulla scia di tali emergenze e riesce a raggiungere bersagli insperati anche per i professionisti più competenti. Sempre che tali strumenti siano veri e non ridotti a modalità di animazione da villaggio turistico. Mi riferisco all’esito nella scuola di modalità di incontro come il circle time di Gordon trasformato in occasione per ripetere nel contesto scolastico il giochino che i ragazzi fanno sulla spiaggia o nei pomeriggi di noia a casa di amici.
Ben diversa è la struttura dei gruppi di incontro, anche perché più articolata e ben difesa teoricamente, dove l’espressione emozionale è un punto di arrivo e non una simulazione di gioco, magari scimmiottando lo psicodramma come se fosse la recita scolastica di fine anno. Un counselor che non sappia gestire uno strumento chiave come il gruppo di incontro non è un counselor ben formato alla professione poiché non ha appreso il senso della relazione fondata sull’empatia, intesa come capacità di coglimento del vissuto altrui.
Tutti i modelli di prevenzione e di educazione alla salute debbono necessariamente fondarsi sullo sviluppo della capacità di gestire emozioni e sentimenti e sull’educazione alla relazionalità.
La prevenzione del disagio, della tossicodipendenza e della violenza sono infatti attività di counseling educativo personalizzato al fine di riconoscere le parti critiche della psiche di taluni giovani che li espongono o all’uso di sostanze chimiche a loro elettive o a comportamenti esaltanti o a chiusure introversive.
Gli effetti specifici delle sostanze (droghe o psicofarmaci) inducono nella psiche quegli stati d’animo e di mente che il soggetto non conosce e non ha mai autonomamente sperimentato e si presentano come mezzo per accedere a stati di benessere consistenti, seppur fittizi. La mancata comprensione dei sentimenti altrui è un disconoscimento egocentrico che apre un vortice interiore di distruttività verso ciò che non si capisce perché è diverso. Il vuoto interiore diventa un serbatoio di angoscia che invischia in spire di infelicità sempre più coinvolgenti.
Le abilità di counseling necessarie per l’approccio a tali stati di disagio sono centrate sulla comunicazione educativa e sulla relazione interpersonale coinvolgente. Un counselor deve saper accendersi in una comunicazione dinamica e coinvolgente, deve saper ancorare in modo stabile i simboli che usa per aprire la percezione dell’altro ai sentimenti e deve saper narrare la vita per entrare in contatto empatico con i giovani.
Imparare a comunicare con gli alunni difficili rende possibile la trasmissione di ideali anche a chi si entusiasma facilmente ma, come fuoco di paglia, passa da un interesse ad un altro; ad un giovane così volubile occorre prima insegnare la soddisfazione della coerenza e dell'autodisciplina. Se l'educatore ha di fronte un ansioso deve invece guardarsi dal trasmettere ulteriore disciplina; per quel giovane può diventare un processo ossessivo. Dovrà invece far leva sulla tolleranza, sulla generosità e sulla magnanimità per insegnargli ad aprire lo scrigno entro cui imprigiona il suo "io" e trovare equilibrio. La disciplina invece è virtù indispensabile per lo sfiduciato; chi soffre di complessi di inferiorità ha bisogno di raggiungere l'autostima attraverso i risultati concreti che solo l'applicazione metodica permette. Occorre impedirgli di continuare ad essere invisibile, a nascondersi ed a mettersi maschere ed a liberarsi dal sentimento di vergogna che lo opprime. La vivida intelligenza e la grande capacità intuitiva di un giovane possono anche abbagliare un educatore, che giunge a compiacersi in quel giovane amandolo fuori misura. Se quel giovane però non impara il valore dell'umiltà ed a verificarsi pazientemente nella concretezza della realtà, rischia l'insuccesso nei fatti e nelle relazioni con altri, l'affascinante prigionia del continuo giocare con la propria intelligenza e, come punto di arrivo, il delirio prepsicotico. è poi normale che un educatore provi fastidio nei confronti di un giovane petulante, insistente e che si mette sempre in mostra. L'educatore se lo sente incollato addosso come un adesivo. L'"adesivo" è un giovane affamato di affetto, probabilmente perché nella vita ne ha ricevuto poco e l'educatore dovrà insegnargli a non essere ingordo, ad accontentarsi. Se l’educatore vuol saziare un "adesivo" non deve aspettare che egli esprima visibilmente il suo bisogno, ma deve anticipalo, prendendolo in considerazione quando meno se lo aspetta. Spesso gli educatori sottovalutano il fatto che i valori bisogna prima viverli per poi farli vivere ai giovani affinché li capiscano: quella "testa rapata", naziskin o ultrà di una tifoseria, o quel ragazzo inquieto dell'ultimo banco, non avrà alcuna possibilità di spegnere la sua tensione interna, rabbiosa e distruttiva ed imparare a far emergere la calma dentro di sé, se non incontra un educatore che è in grado di insegnare come si fa, in ragione della sua esperienza, ad entrare in contatto con la propria calma. Se l’educatore perde la sua calma non potrà mai regalarla ad altri. Il ruminante, permaloso e magari violento, ha estremo bisogno di imparare ad accettare di spegnersi. All'estremo opposto si colloca un altro giovane, in classe spesso negli ultimi banchi, l'apatico. La sua pigrizia, distrazione e fuga nella fantasia può essere ribaltata solo mettendolo in conflitto con se stesso. Il pigro non regge i conflitti emotivi, razionali, logici e relazionali giacche gli impediscono di scivolare nel desiderato torpore. Non bisogna mai dargli una mano o assecondarlo nella sua pigrizia ma spronarlo per far emergere le ambizioni che rimuove.
Questa rapidissima sintesi dei modelli educativi appropriati alle forme del disagio e del disadattamento è la struttura chiave dell’artigianato educativo e spiega quali siano le valutazioni possibili in complementarità con diagnosi cliniche e gli interventi possibili sugli educandi in appoggio ad interventi più specialistici. La dimensione educativa può diventare artigiana ed offrire senso e direzione al lavoro di prevenzione e di recupero del disagio così come si è dimostrato che essa offre supporto alla dimensione dell’apprendimento e dell’orientamento.
La comunicazione educativa e la comunicazione didattica si sovrappongono nell’ottica del counseling I termini “schematico – ordinativo”, che rimanda alla dimensione del simbolico, “attivo - intuitivo” (che rimanda alla dimensione del dinamico) e “descrittivo - narrativo” (che rimanda alla dimensione dell’emozionalità e dell’empatia) sono canalizzazioni sintetiche dei processi di educazione (rimprovero, incoraggiamento, insegnamento, coinvolgimento, tranquillizzazione, sostegno, gratificazione) e di metodologia didattica personalizzata.
Anche la possibilità di utilizzare comunicazioni didattiche centrate sull’allievo, per scegliere quali forme di acquisizione del sapere gli siano più congeniali, richiede abilità di counseling soprattutto per comprendere quale sia l’uso appropriato della conversazione. Appropriato non significa però totalizzante, alla luce della analisi conversazionale (AC), ma attivatore delle reciprocità narrative. Nelle sequenze di comunicazione didattica è più importante che altrove l’attenzione alle prese di turno nel parlare poiché è già l’innesco della prima coppia discorsiva adiacente ad avere funzione anticipativi dell’intera sequenza e della intera conversazione didattica.
A maggior ragione quando si utilizzino strumenti di comunicazione aumentativa o alternativa; tali approcci alla comunicazione intendono stimolare e potenziare la comunicazione per aumentare le capacità naturali del soggetto con disabilità. L’efficacia di questi modelli comunicazionali (VOCAs = premendo un tasto si ascolta un messaggio preregistrato) si fonda sul forte impatto emotivo sulla persona disabile facilitando una conversazione immediata mantenendo il contatto visivo durante la conversazione faccia - faccia, sempre che il comunicatore rispetti le caratteristiche dei frame comunicativi che il disabile propone in ragione del suo temperamento e della sua personalità.
Il counseling organizzativo nella scuola può accrescere la produttività e
migliorare la qualità del lavoro è possibile solo aprendosi alla consapevolezza
del potenziale umano.
Il counseling scolastico può produrre notevoli benefici attraverso strumenti di analisi del clima organizzativo, dei flussi comunicativi, della prevenzione del Burn-out e del mobbing.
Tecniche di Team building, team working, staff leading sono strumenti essenziali per l’ottimale gestione dei gruppi di lavoro e per orientare le azioni delle figure obiettivo o funzioni strumentali. Sciogliere le tensioni e i conflitti è il principale compito di ogni leader che voglia diventare un facilitatore relazionale.
Muovendosi dall’assunto che tutte le classi sono diverse, dal punto di vista della loro storia, del clima di rapporti interno, del profitto e della coesione tra persone ha preso l’avvio, nel 1995, la ricerca sulla personalità collettiva di classe per individuare, sulla base di indicatori come la storia della classe, il profitto, le assenze, l’unità della classe e la qualità della autodescrizione della classe, i sottogruppi, la struttura, la geografia della classe, la mobilità interna e soprattutto i modelli di relazionalità tipici, quale fosse l’intervento didattico ed educativo più appropriato per ciascuna. Si tratta di una forma avanzata di counseling gruppale che può avvalersi successivamente dei diversi metodi di cooperative learning applicati per la gestione ottimale del clima relazionale delle classi. La classe conflittuale, scanzonata, quella rigida, quella fallita. Quella demotivata, ecc. hanno bisogno di particolari e specifici metodi di lavoro di gruppo che possono orientarsi verso le diverse (principali) applicazioni dei metodi di cooperative learning: il Learning Together di David T. Johnson e Roger Johnson del Cooperative Learning Center dell’University of Minnesota, lo Student Team Learning di Rober Slavin della John Hopkins University, lo Structural Approach di Spencer Kagan e Miguel Kagan del Centro di San Juan Capistrano in California, le modalità cooperative del Group Investigation riconducibili al gruppo di ricercatori dell’Università di Tel Aviv. Il counseling orientativo verso la gestione appropriata del gruppo classe può infatti mostrare come i principali problemi da risolvere siano affrontabili mediante modelli di gruppo di incontro, o di gruppo di lavoro o di gruppo di formazione.
Un ultimo ed importante ambito del counseling scolastico è rivolto alla educazione all’affettività con lo scopo di offrire ai genitori una occasione per affrontare e risolvere i problemi educativi con i loro figli, affrontare le difficoltà vissute dalla coppia, costruire occasioni di confronto tra famiglia attraverso i gruppi di incontro ed offrire la possibilità di usufruire di una consultazione personale.
I temi principali da affrontare sono gli ostacoli psicologici alla paternità ed alla maternità (l'attaccamento, l'ansia, la protezione, il compiacimento, la distanza, il sostegno, la stima di sé, l'indifferenza, perdita e ritrovamento, il dubbio, l'accettazione), la forma della famiglia (effusiva, comunicatriva, affettiva, oppressiva, difensiva, atomizzata, iperprotettiva) e l’analisi dei processi che favoriscono l’unione (le affinità) o che producono conflitto (le opposizioni). L’obiettivo di percorsi progettuali come quello di farsi amare dai figli è tipico del counseling famigliare e può essere efficacemente gestito nelle strutture scolastiche per potenziare le capacità educative delle famiglie. L’innamoramento e la sessualità appaiono temi da affrontare con le metodologie del counseling con assoluta urgenza. La comprensione della differenza tra atto sessuale (sogni erotici, autoerotismo, concessione volontaria dell’altro per la soddisfazione propria, mercenarismo e prostituzione a pagamento, stupro) e rapporto sessuale e rapporto amoroso è un terreno di consulenza emotivo-cognitiva indispensabile per i giovani che affrontano l’adolescenza senza consapevolezze su questi aspetti fondamentali della vita.
Allo stesso modo lo è riuscire a costruire buoni processi di educazione all’innamoramento (attrazione, simpatia, interesse, infatuazione, innamoramento ricambiato) per trasmettere il senso di questa esaltante esperienza nella vita del genere umano.