Daniela Troiani
TRAINING DI TECNICHE DI COMUNICAZIONE E ANALISI DEI BISOGNI
PER ASSISTENTI FAMILIARI EXTRACOMUNITARI
Istituto Internazionale Comprensivo “Parini”
Roma, Marzo-Maggio 2006
PREMESSA
PRIMO INCONTRO
INTRODUZIONE SULLE QUESTIONI DELLA COMUNICAZIONE
Introduzione
Interferenze Comunicative (ambientali, neurologiche, psicoemotive, sensoriali, socioculturali).
Forme della Comunicazione (Dinamica, Narrativa, Simbolica)
SECONDO INCONTRO
LA COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE
Introduzione: la Mappa della Realtà e i Canali Sensoriali
Tipi di Comunicazione (verbale e non verbale) e loro caratteristiche.
Caratteristiche della Comunicazione Verbale (semantica, sintattica).
Indicatori della Comunicazione non verbale (sguardo, voce, gesti, postura, tatto).
TERZO INCONTRO
LE EMOZIONI DI BASEE LE LORO MODIFICAZIONI
Introduzione: Le Emozioni di base.
La Paura, la Rabbia, il Distacco, il Piacere, la Quiete, la Vergogna, l’Attaccamento).
Il Girotondo delle Emozioni
QUARTO INCONTRO
DALLE EMOZIONI DI BASE ALLE TIPOLOGIE DI PERSONALITA’
Introduzione
Emozioni di Base, Tipologie di Personalità, Stili Comunicativi
QUINTO INCONTRO
TIPOLOGIE DI PERSONALITA’ E COMPETENZE COMUNICATIVE
Introduzione
Rimprovero, Incoraggiamento, Insegnamento, Coinvolgimento Emotivo, Tranquillizzazione, Sostegno,Gratificazione
SESTO INCONTRO
FUNZIONI E RUOLO DELL’ASSISTENTE FAMILIARE ALL’INTERNO DELLA FAMIGLIA E NEL RAPPORTO CON L’ASSISTITO
Introduzione
Ciclo Evolutivo della Famiglia
Psicologia della persona malata e della persona morente
I Servizi di Pubblica Utilità nell’Emergenza
SETTIMO INCONTRO
ASSISTERE UN SOGGETTO IN ETA’ EVOLUTIVA
Introduzione
Fasi dello Sviluppo Relazionale
Tipologie di Personalità e Interventi Educativi Efficaci
OTTAVO INCONTRO
ASSISTERE UN ADULTO MALATO O DISABILE
Ruolo dell’adulto (donna e uomo) nella società italiana e rete dei servizi di sostegno
Qualità della Vita dell’Adulto Malato o Disabile nella società italiana
Problemi Etici nel rapporto tra l’Assistente Familiare, l’assistito adulto non autosufficiente e la sua famiglia
NONO INCONTRO
ASSISTERE UN SOGGETTO ANZIANO
Ruolo dell’anziano nella società italiana e rete dei servizi di sostegno
Assistere una Persona Anziana(Malattia di Alzheimer e morbo di Parkinsons)
APPENDICE
Assistere un bambino e un adolescente di Sarah Paluzzi
Esercizi
Alcune Riflessioni del Docente
Verifica dei contenuti appresi
PREMESSA
Nelle pagine che seguono viene illustrato un Training di Tecniche Comunicative e Analisi dei Bisogni rivolto ad Assistenti Familiari Extracomunitari, tenutosi tra marzo e maggio 2006, presso l’Istituto Internazionale Comprensivo “Parini” nel XIII Municipio di Roma.
Il Training presentato fa parte di un corso più vasto, che ha previsto anche lezioni di Lingua Italiana e Igiene, per un totale di 77 ore di teoria e 60 ore di stage in Istituti.
Il Corso è stato realizzato con il patrocinio della Provincia di Roma.
Il C.p.A.F.E. nasce dall’esigenza di preparare gli operatori, che dovranno prendersi cura di soggetti in età evolutiva, o aiutare, sostenere e sostituire soggetti disabili o in età anziana nelle attività quotidiane.
Perciò,offrendo strumenti per sistematizzare le conoscenze già acquisite lavorando, il Training comunicativo intende fornire strategie utili ,che rendano l’intervento dell’Assistente Familiare maggiormente efficace e mirato alla situazione.
Ma, prima ancora, l’apprendimento di Tecniche Comunicative di base, facilitanti la relazione d’aiuto, intende fornire agli Assistenti Familiari un bagaglio di competenze utili per favorire un miglior rapporto sia con la persona da assistere, sia con la famiglia, con la quale, quasi sempre, l’Assistente è chiamato ad interagire e collaborare.
In altre parole, l’obiettivo fondamentale del Training consiste in una collaborazione più adeguata ed efficiente dell’Assistente con la persona assistita e con la sua famiglia, determinata da una maggior consapevolezza del suo ruolo e del suo apporto all’interno del contesto nel quale opera.
A tale scopo, basandosi sul Modello Transteorico elaborato dal Prof. Vincenzo Masini e utilizzato ormai da quindici anni per la formazione di operatori di comunità, operatori sanitari e scolastici, operatori psicosociali e Counselor, il Corso si è articolato in nove incontri, più uno di Verifica dei Contenuti appresi. Ogni incontro ha avuto la durata di circa tre ore, di cui una parte è stata dedicata alla presentazione di contenuti teorici e una parte è stata dedicata a prove pratiche, inerenti gli argomenti trattati. Per la parte teorica sono state distribuite dispense, per favorire la comprensione di quanto spiegato; per la parte pratica sono stati utilizzati esercizi e simulate, che agevolano la memorizzazione degli appresi teorici e consentono di sperimentare, in contesto sicuro, nuove modalità comunicative e di intervento.
Gli argomenti da trattare sono stati scelti in conformità con le direttive standard per la Formazione degli Assistenti Familiari dettate dal Comune di Roma.
Perciò, il Training è stato articolato in due fasi. Nella prima fase (diciotto ore) l’attenzione è stata rivolta alle Tecniche Comunicative, allo scopo di far acquisire le competenze necessarie per chi, oltre ad assistere una persona contraddistinta da peculiarità specifiche, deve inserirsi in un contesto familiare, caratterizzato da dinamiche proprie, provenendo da contesti culturali e linguistici, spesso, assai differenti. Nella seconda fase (nove ore) sono stati forniti ai partecipanti gli elementi teorici e pratici necessari all’analisi e all’individuazione dei bisogni di soggetti in età evolutiva, adulta e anziana. Al termine del Corso è stata effettuata una Verifica per valutare l’apprendimento dei contenuti. La verifica, scritta, è stata formulata in forma di test a scelta multipla, ; le domande e le risposte sono state lette ad alta voce e , laddove necessario, spiegate, per ridurre il più possibile le interferenze dovute alla non comprensione linguistica.
I risultati sono stati eccellenti, dal momento che su 11 domande la media delle risposte sbagliate è stata di due.
Dunque, qui di seguito sono state riportate le dispense teoriche distribuite ai Corsisti. In più, in Appendice vengono illustrati alcuni degli esercizi svolti durante il Training e viene riportata la dispensa elaborata dalla dottoressa Sarah Paluzzi, psicologa esperta nell’Assistenza all’infanzia, che è intervenuta nel corso del settimo incontro.
Peraltro, non sono stati riportati gli interventi degli ospiti di altri Incontri. Infatti, nel corso del Sesto Incontro è intervenuta la signora S. Z., che ha parlato del rapporto dell’Assistente Familiare con la famiglia dell’assistito, dal momento che ha esperienza diretta della questione; mentre nell’Ottavo incontro hanno portato la loro esperienza diretta J. M. e S. M.,giovane coppia coniugata, che utilizza Assistenti Familiari residenziali, dal momento che lei è tetraplegica e lui è paraplegico, entrambi a causa di malattie neurologiche degenerative.
Per concludere, si vuole sottolineare la soddisfazione avuta nel realizzare questo Training.
Inizialmente, erano presenti molte perplessità a causa della difficoltà di spiegare la teoria della Comunicazione e la Psicologia della personalità a persone di lingua e cultura diversa.
Nei fatti i partecipanti (ventuno di undici Paesi diversi, età media trentasette anni, diciannove donne e due uomini) hanno mostrato una motivazione , un interesse e un’attenzione tali, che hanno facilitato molto il lavoro, senz’altro impegnativo, di spiegazione e illustrazione dei contenuti.
D’altra parte, al termine del Training si sono ottenuti risultati soddisfacenti anche da parte di chi, come H. Eritrea, era in Italia solo da quattro mesi.
In più, oltre all’apprendimento dei contenuti, si è verificata la creazione di un gruppo solido, che ha organizzato momenti di incontro al di fuori del Training, gettando le basi per una reciproca solidarietà e amicizia futura.
PRIMO INCONTRO
INTRODUZIONE SULLE QUESTIONI DELLA COMUNICAZIONE
Introduzione
Comunicare significa “agire insieme”. Quindi, per comunicare bisogna essere almeno in due. Chi dà il messaggio si chiama emittente, chi lo riceve si chiama ricevente.
Lo scopo della Comunicazione è la trasmissione di un messaggio. La Comunicazione fallisce, quando il messaggio non viene compreso.
Il significato di un messaggio può cambiare a seconda del contesto.
Per esempio, una cosa è dire “Ti bacerei” ad un amico e una cosa è dirlo al marito.
Esistono tre Regole fondamentali nella Comunicazione, che si trovano in tutto il mondo. Esse sono:Generalizzazione, Cancellazione, Deformazione.
Gli esseri umani cominciano a comunicare fin dalla vita intrauterina e sono programmati per capire e parlare qualsiasi lingua.
Interferenze Comunicative
Il messaggio che viene comunicato può essere distorto a causa di interferenze di diversa natura.
Il primo fattore che disturba la Comunicazione è il passato, la storia personale, attraverso cui ognuno valuta il messaggio che viene dall’esterno.
Per esempio,il suono di una campana per qualcuno può indicare solo l’ora, per qualcun altro può indicare l’allarme per un incendio.
Il secondo fattore di interferenza nella comunicazione sono le emozioni e la personalità.
Per esempio, una persona triste che vede alcune persone ridere può pensare che ridono di lei. Oppure, ad una persona ansiosa il suono del telefono può far pensare a qualche guaio in arrivo; ad una persona tranquilla lo stesso suono può far pensare ad un amico.
Un terzo fattore di disturbo nella comunicazione sono i limiti dovuti alle caratteristiche della specie. Per esempio, un essere umano non può sentire gli ultrasuoni, che, invece, un cane può sentire. Oppure, esistono alcune tribù dell’Amazzonia che possono vedere solo il rosso, il blu e il giallo, mentre la maggioranza della popolazione mondiale è in grado di cogliere diciotto milioni di sfumature di colore.
Un quarto fattore di interferenza nella Comunicazione sono i Disturbi neurologici. Tra questi ricordiamo:l’afasia, la sordità, la cecità, i disturbi motorii.
Un quinto fattore che può distorcere la comprensione del messaggio che viene comunicato dipende dalla vicinanza o dalla lontananza di chi comunica e dalle caratteristiche dell’ambiente, in cui avviene lo scambio.
Un sesto fattore che può interferire con il messaggio che viene mandato, dipende dal contesto ambientale. Per esempio, in Italia il vestito bianco indica il matrimonio, in India indica il periodo di lutto.
Forme della Comunicazione
Le Forme della Comunicazione sono: Dinamica, Simbolica, Narrativa.
La Comunicazione Dinamica è quella che comporta una modificazione nel vissuto altrui. Tutto ciò che è Dinamico tocca l’altro e, conseguentemente, modifica il suo sentire.
Per esempio, se metto una mano sulla spalla di uno di voi, quello comincia a sentire un certo imbarazzo, o un piacere, o una perplessità. Più la mano rimane sulla spalla, più è intensa la modificazione emotiva.
La Comunicazione Dinamica si basa su azioni, che modificano il vissuto.
Per esempio, se, aspettando l’autobus, vi si avvicina una persona che si ferma a meno di 15 cm da voi,ciò vi produce un fastidio, che vi fa allontanare senza quasi rendervene conto.
La distanza che è necessario mantenere per non invadere lo spazio dell’altro è di circa un metro. Tuttavia, questa regola cambia a seconda del Paese di provenienza e del rapporto, che esiste con la persona avvicinata.
SECONDO INCONTRO
LA COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE
Introduzione: la Mappa della Realtà e i Canali Sensoriali
Le parole non bastano a raccontare tutta l’esperienza personale.
Ogni emittente pensa che ciò che dice è la verità; ma è solo una parte della verità.
Spesso si dimentica che ogni persona ha la sua Mappa per comprendere la realtà e capire i messaggi, che vengono inviati dall’esterno.
Più la Mappa è grande, più facile è capire gli altri.
Per ingrandire la Mappa bisogna fare esperienza. Per questo i genitori devono aiutare i figli a fare le cose, invece di vietare tutto per paura che si facciano male.
Oltre alla Mappa, le persone comunicano attraverso l’uso dei cinque sensi, cioè:
Vista, Udito, Tatto, Odorato, Gusto.
Noi esseri umani usiamo poco l’odorato e il gusto per comprendere la realtà.
L’uso adeguato del senso del Tatto permette di entrare in una stanza e capire che atmosfera c’è, che umore hanno i presenti.
Spesso chi parla si dimentica di non conoscere né la Mappa dell’altro, né il senso con cui percepisce la realtà.
Per capire meglio la persona con cui comunichiamo bisogna osservarla.
Una persona che usa soprattutto l’udito per comprendere le cose, tende a spostare la testa a destra e ad abbassare gli occhi, quando sente delle emozioni forti.
Una persona che comunica attraverso il tatto, cerca il contatto fisico con chi ascolta per riuscire a comprendere meglio l’altro dalle emozioni che percepisce. Oppure, rimane fisicamente lontana per non sentirsi invasa e non invadere l’altro.
Le persone che entrano nella realtà attraverso l’odorato, camminano con il naso all’insù e spesso hanno un espressione disgustata.
I movimenti degli occhi danno informazioni su ciò che viene elaborato. Infatti, se la persona guarda verso l’alto, a sinistra probabilmente sta ricordando, verso destra probabilmente stapensando a qualcosa di nuovo; se la persona guarda verso il basso, probabilmente, sta provando emozioni forti.
Per capire meglio gli altri bisogna imparare a osservare alcuni indicatori, che danno informazioni sia su ciò che la persona pensa, sia su ciò che la persona sente. Cioè, bisogna “mettersi nelle scarpe dell’altro, ricordandosi che sono dell’altro”.
Si chiama “Empatia” la situazione in cui sentiamo l’emozione, che l’altro sta sentendo.
L’empatia è fondamentale per capire gli altri e, quindi, aiutarli in modo efficace.
Comunicazione Verbale e Non Verbale
Il ricevente può comprendere il messaggio solo se la Comunicazione Verbale e Non Verbale sono Congruenti, cioè concordano.
Per esempio, un ascoltatore rimane confuso se una persona , mentre dice di essere molto contenta, guarda per terra e trema.
Oppure,può succedere che una persona dica che gli piace una torta, mentre il suo viso esprime disgusto.
Dunque, può accadere che la Comunicazione Verbale abbia un contenuto, mentre la Comunicazione Non Verbale porta il suo opposto.
La Comunicazione Verbale porta il contenuto del messaggio.
La Comunicazione Non Verbale porta l’emozione legata al messaggio.
Gli indicatori della Comunicazione Non Verbale, gradevoli o sgradevoli(per esempio, tristezza o gioia), rinforzano il ricordo del contenuto verbale. Questo fenomeno si chiama “ancoraggio”.
Sia la Comunicazione verbale, sia la Comunicazione non Verbale possono essere trasmesse attraverso strumenti (Comunicazione strumentale).
Gli strumenti della Comunicazione possono alterare sia il contenuto, sia l’emozione del messaggio.
Per esempio, la comunicazione via sms obbliga a riassumere sia il contenuto, sia le emozioni. Possono, perciò, nascere equivoci.
Nella Comunicazione telefonica si perdono molti indicatori della Comunicazione Non Verbale; infatti, solo la voce dà informazioni sullo stato d’animo di chi emette e di chi ascolta.
Nella Comunicazione telematica(via computer) si perde ogni indicatore non verbale e, dunque, è difficile comprendere l’emotività dei contenuti espressi. Quindi, risulta molto complicato stabilire l’autenticità di un messaggio.
Caratteristiche della Comunicazione Verbale (Semantica, Sintattica)
La Comunicazione Verbale riguarda il contenuto del messaggio.
Il messaggio verbale comprende la parte sintattica e la parte semantica.
La parte Sintattica rappresenta il modo, la forma in cui il messaggio viene espresso. La parte sintattica non integrata con l'altra è del tutto insignificante.
Per esempio:
1) Rossi pensieri striati giocano sulla nave travestita;
2) L’insalata dorme nel quaderno sul tetto.
La parte Semantica è quella che riguarda il significato, ciò che un messaggio vuol dire, e può essere compresa anche senza una buona integrazione della parte sintattica.
Per esempio:
1) Io vorrebbi andrei a Parigi;
2) Verrebbe a Roma, se potei.
Indicatori della Comunicazione Non Verbale
Il corpo esprime la verità, o meglio le emozioni autentiche.
A volte, una parte del corpo esprime una cosa e l’altra ne esprime una diversa.Questo fenomeno viene chiamato “lateralizzazione”.
Per esempio, può accadere che con il braccio destro si gesticola molto, mentre il sinistro è abbandonato lungo il corpo.
Oppure, può accadere che il piede sinistro si agiti molto, mentre la gamba destra è posata sulla sinistra come per bloccare i movimenti.
Ciò significa che esistono due emozioni nello stesso tempo, per esempio rabbia e tristezza, o ansia e desiderio di autocontrollo.
Il comunicatore efficace ha una piena padronanza del proprio Non Verbale eed è sempre consapevole di quello che sta esprimendo.
Dunque, la Comunicazione Non Verbale si esprime attraverso l'espressione facciale e la postura del corpo.
Per esempio, la gioia si esprime con un bel sorriso associato ad una postura corporea aperta e alla luminosità dello sguardo.
Anche le variazioni del tono e del timbro della voce esprimono lo stato d'animo autentico e, insieme ad essi, la gestualità.
E' noto che una persona arrabbiata agita vivacemente le mani, mentre una persona sulle difensive tiene le braccia conserte.
L'uso della gestualità,dello sguardo e del tono di voce sono gli indicatori che
maggiormente subiscono il condizionamento ambientale e culturale.
Nella Comunicazione con una persona malata o molto anziana, o con una persona della quale non si conosce la lingua, è molto importante la capacità di leggere lo sguardo , i gesti e la postura.
Tuttavia, non tutte le persone sanno utilizzare con facilità il contatto oculare o quello corporeo come strumenti di comunicazione.
Inoltre, esistono altri indicatori non verbali che, magari, non dicono molto sul messaggio da decodificare, ma dicono molto sulla persona che lo emette.
Tra essi si vuole ricordare: il modo di vestire e di indossare vestiti, la cura dell'aspetto fisico, gli oggetti personali scelti, ecc.
Un Assistente Familiare può comprendere molto della famiglia in cui viene chiamato a lavorare e delsuo modo di comunicare e percepire la realtà tramite l’osservazione del tipo di casa, dell’arredamento, dell’abbigliamento scelto daivari membri della famiglia per stare fuori e dentro casa, ecc.
TERZO INCONTRO
LE EMOZIONI DI BASE E LE LORO MODIFICAZIONI
Le Emozioni di Base
In tutte le lingue è molto difficile parlare di Emozioni e descriverle.
In tutti i Paesi del mondo esistono Emozioni che vengono espresse nello stesso modo (rabbia, piacere, vergogna, ecc.). Ma ogni persona sente le emozioni in modo diverso e con intensità diversa.
Le Emozioni sono la risposta psicofisiologica a eventi interni o esterni.
Questa risposta può esprimersi in molti modi.
Esiste una espressione interna (accelerazione o rallentamento del battito cardiaco, dilatazione pupillare, tremori, iperattività gastrointestinale, ecc.) e una espressione esterna (postura corporea, mimica facciale, tono della voce).
In alcuni casi le Emozioni nascono di fronte a situazioni nuove o impreviste. In altri casi attivano e in altri casi ancora bloccano ogni azione.
Il modo in cui la persona vive internamente l’Emozione è soggettivo, mentre il modo in cui la esprime esternamente è appreso dal contesto familiare e culturale.
Le Emozioni di base sono:Paura, Rabbia, Distacco, Piacere, Quiete, Vergogna, Attaccamento.
Esse nascono tutte entro il primo anno di vita come risposta ad un evento biologico, che, generalizzata, diventa un modo di sentire e comportarsi tipico.
Per esempio, la paura è il prodotto del dolore. La sensazione di dolore più comune nel neonato è quella legata allo svuotamento dell’intestino, che, in più, fa sentire il piccolo vulnerabile.
Esiste anche un’altra paura che può essere vissuta dal neonato e può renderlo insicuro, cioè l’imprevedibilità nelle abitudini della madre.
La rabbia nasce quando il neonato non vede esaudito un suo bisogno affettivo o di nutrimento.
Il distacco nasce quando il neonato comincia a capire che la madre è un oggetto separato da lui. Oppure quando sperimenta situazioni di sorpresa (come una porta che si chiude), o di disgusto (un sapore diverso dal latte materno.
Il piacere nasce dall’esperienza di fusionalità, di essere tutt’uno con la madre e si esprime nei sorrisi e nei gridolini di gioia.
La quiete nasce dall’assenza di qualsiasi bisogno o sensazione e viene vissuta dal neonato quando è appagato e tranquillo.
La vergogna nasce dalla sensazione di essere gettati nel mondo, di essere travolti da tutti gli stimoli esterni. Il bambino vuole ritrarsi, nascondersi, perché si sente incapace di gestire troppe cose tutte insieme.
L’attaccamento nasce dalla sensazione piacevole di essere oggetto di cura, di essere avvolto affettivamente e riconosciuto dalla madre.
Tale sensazione è tanto gradevole, che il piccolo può avere paura di perderla, cioè paura del dolore.
La Paura
Per paura si intende l’emozione che si accende in presenza di un pericolo.Il pericolo è qualcosa che può far male, qualcosa che può produrre dolore.
Il ricordo di un dolore già vissuto in certe situazioni produce la paura.
La Paura si manifesta con la forma di attenzione, all’erta, controllo su di sé e sull’ambiente,valutazione del pericolo per decidere se fuggire o attaccare,studio della distanza relazionale da mantenere.
La Paura non è né buona, né cattiva. Se viene usata in modo costruttivo si trasforma in attenzione, cura, responsabilità,affidabilità, autocontrollo, metodo,organizzazione. Se si esprime in modo distruttivo, diviene:inquietudine, ansia, tensione,insicurezza, preoccupazione, diffidenza, agitazione, irritazione, stress.
Quindi, c’è una paura che porta all’aggressività e all’azione e una Paura che porta alla sottomissione e alla passività.
Per ridurre gli effetti della paura ci sono varie possibilità.
Per esempio,rimanendo al buio all’improvviso, è possibilespostare l’attenzione di un bambino dal buio ad un orsacchiotto, che sta accanto a lui.
Oppure, si può calmare un piccolo spaventato dopo una caduta, dicendogli di punire il pavimento , che gli ha fatto male.
Per ridurre l’ansia di un adulto, si può spostare la sua attenzione su qualcosa che ha bisogno delle sue cure.
Per esempio, una signora che pulisce la casa in modo eccessivo, può essere distratta, attirando la sua attenzione sulle piantine del balcone che hanno bisogno di acqua.
La Rabbia
La rabbia è la tensione interna; l’aggressività è il modo di esprimerla.
La rabbia è una carica interiore, un’energia, che si auto alimenta e spinge all’azione.
La rabbia è una forza, che la persona può continuamente rigenerare attraverso la creazione di ostacoli o nemici immaginari, contro i quali muoversi. Oppure, la rabbia viene diretta verso se stesso, a causa del senso di colpa per azioni aggressive compiute o immaginate.
La rabbia, nella sua forma positiva, si trasforma in coraggio, impegno ed entusiasmo.
La rabbia ha lo scopo di esprimere il risentimento per bisogni non soddisfatti. Quando si trova di fronte ad un ostacolo la persona può caricarsi di rabbia, che la spinge a muoversi per superarlo.
Se la persona non riesce a superare l’ostacolo, la sua rabbia viene spostata altrove, magari attraverso lo sfogo. Ma lo sfogo non soddisfa il desiderio e riempie di sensi di colpa, cioè di rabbia contro se stessi.
Anche il controllo e l’autocontrollo non servono contro la rabbia, perché la incrementano.
Una cosa che può essere utile è trovare una strada, anche immaginaria, per soddisfare il bisogno, o almeno parte di esso; oppure può essere utile far spostare l’attenzione altrove.
Per esempio, un bambino che fa i capricci per andare a dormire,può essere distratto facendogli sentire il vocione del papà che parla contro le scarpe sempre in disordine.Un bambino che sta distruggendo un giocattolo, perché non riesce ad aprirlo, può essere distratto, facendogli vedere un oggetto nuovo, diverso dal solito.
Con un adulto è necessario fare maggiore attenzione, per non alimentare la rabbia. Se si può, è utile allontanarsi, fino al momento in cui lo sfogo è terminato. Altrimenti, è possibile tentare di attirare l’attenzione su una notizia interessante o su un pericolo imminente.
In tutti i casi, la rabbia distruttiva e autodistruttiva viene ridotta solo incontrando una persona calma, che tranquillizza.
Il Distacco
Il distacco è l’emozione della separazione, della libertà da ogni vincolo.
Nasce dalla capacità di prendere le distanze da una situazione, per analizzarla meglio e trovare una soluzione.
E’ l’emozione della sorpresa di fronte ad una intuizione, che cambia i punti di vista delle cose.
Nella sua forma positiva il distacco conduce alla libertà da ogni condizionamento; nella sua forma negativa porta all’individualismo e allo snobismo.
Il distacco è prodotto dalla necessità di liberarsi da un eccessivo controllo del mondo esterno, o da limiti fisici della situazione che si vive. Questo bisogno porta a rifugiarsi in un mondo di pensieri e fantasie, che distaccano da una realtà troppo limitante.
Per esempio, questa emozione è tipica delle persone affette da malattie , che immobilizzano. Spesso queste persone studiano moltissimo, o viaggiano con la mente per ore, in modo da sopportare l’impossibilità di muoversi.
Quando una persona è contraddistinta da eccessivo distacco, può perdersi in mille idee non concrete.
Un modo per aiutarla è volerle bene e abbracciarla, per contenere in qualche modo tutti i suoi pezzi.
Il Piacere
Il Piacere è l’emozione del benessere, la sensazione di essere dentro alla gioia.
Il Piacere più grande, più acuto, è quello condiviso con altri. Condividere significa vivere insieme il Piacere, o anche sapere che l’altro osserva il Piacere vissuto.
Per esempio, il bambino gioisce di più se la mamma lo guarda mentre si diverte in mare.
La possibilità di sentire i diversi gusti del Piacere è consentita solo a chi riesce a lasciarsi andare, a chi riesce a perdere il controllo su di sé. Ma per far ciò, bisogna essere liberi dalla paura del dolore.
Molto spesso le persone bloccano la loro capacità di vivere il Piacere, per timore di perderlo dopo, di rimanere senza.
Maggiore è il controllo e l’autocontrollo, minore è la possibilità di assaporare i diversi gusti del Piacere.
Il Piacere può avere intensità e durata molto varie epuò essere vissuto attraverso tutti i cinque sensi.
E’ chiaro che le persone affette da malattie che comportano la perdita della sensibilità epidermica non hanno possibilità di vivere alcune sensazioni piacevoli. Tuttavia, in molti casi, le sensazioni che sperimentano nelle zone sane sono estremamente intense sia quando si tratta di Piacere, sia quando si tratta di Dolore.
Il Piacere più totalizzante è quello fusionale, in cui i confini tra me e l’altro cadono.
Queste sensazioni si vivono nel rapporto affettivo tra madre e neonato, oppure nel rapporto sessuale, oppure nell’eccitazione per un evento tanto desiderato.
Tuttavia, gli oggetti che producono Piacere sono soggettivi, dal momento che il tipo di emozione vissuta dipende dalla personalità e dalla storia della persona.
Nella forma negativa la ricerca di Piacere costante può portare al bisogno continuo di eccitazione anche attraverso l’uso di droghe, quali la cocaina.
La Quiete
La quiete è lo stato di spegnimento di ogni energia, conseguente, nella sua forma positiva, all’appagamento di ogni bisogno.
E’ la situazione in cui si trova il bambino dopo aver mangiato, non troppo, o al risveglio in presenza dei genitori.
La possibilità di vivere numerosi momenti di quiete favorisce lo sviluppo intellettivo del bambino, che non viene bombardato da troppi stimoli, ma ha il tempo di comprendere e conoscere ciò che ha intorno.
Esiste una forma costruttiva di quiete che significa calma, accettazione,serenità, pace, placidità, mitezza.
Esiste anche una forma distruttiva di quiete, che nasce quando la realtà perde importanza per la persona o quando la persona si sente impotente di fronte alle situazioni. In questi casi, la quiete può assumere forma distruttiva, diventando noia, pigrizia, rassegnazione,svogliatezza, abbandono, fiacca.
Per trasformare la quiete distruttiva, di un adolescente pigro, è necessario coinvolgerlo e sostenerlo nelle varie attività quotidiane.
Per un adulto malato che si abbandona nelle mani degli altri, anche persbrigare attività di igiene quotidiana,è necessario incoraggiamento e costanza nel trovare la giusta via di mezzo tra l’aiuto necessario e le sue effettive potenzialità.
La Vergogna
La Vergogna è l’emozione collegata al sentirsi gettato nel mondo, al desiderio di scompariire e di ritrarsi.
Per questo motivo la vergogna rende particolarmente sensibili agli stimoli esterni.
Una caratteristica della Vergogna è quella di aumentare di intensità, fino a portare a vergognarsi di vergognarsi. Così, la persona vuole diventare sempre più piccola, tanto da scomparire o sprofondare.
Nella sua forma positiva la vergogna può divenire pudore, sensibilità, riservatezza e capacità di stare in disparte.
Nella sua forma negativa la vergogna assume la forma di inibizione, invidia e senso di colpa.
Un assistente familiare di fronte ad un assistito che si vergogna , perché non ha il controllo sugli sfinteri, deve evitare di consolare, ma può dire:
“Non se ne è accorto nessuno sicuramente. E, poi, io ne ho visti tanti con gli stessi problemi!”
Infatti, per ridurre la Vergogna può essere utile spegnerla attraverso la quiete, o attraverso dimostrazioni d’affetto.
L’Attaccamento
L’Attaccamento è una sensazione biologica, che diventa emozione di base nel rapporto con la madre. Esso protegge la sopravvivenza dei piccoli dei mammiferi.
L’Attaccamento è l’emozione che implica sazietà affettiva, nutrimento, sicurezza avvolgente.
Quando l’Attaccamento è avvenuto con amore, si esprimerà nell’adulto attraverso la tenerezza, la fedeltà, la devozione,ecc.
Quando l’Attaccamento materno è stato conflittuale verrà espresso da adulto con
bisogno di dipendenza,avidità affettiva e alimentare.
Infatti, l’eccesso di Attaccamento o la sua carenza rendono la persona insicura della propria capacità di farsi amare, ma anche della propria capacità di fare.
In questo caso, la persona dovrà imparare la libertà, ciòé il distacco dagli altri.In tal modo, avrà la possibilità di mettersi alla prova e di scegliere liberamente di tornare a casa.
Infatti, solo lasciando liberi gli altri, essi avranno voglia di tornare.
Così, per esempio, quando le madri ostacolano il distacco del figlio, egli vorrà solo stare più lontano possibile.
Il Girotondo delle Emozioni
La paura attiva l'attenzione ed il controllo; così, produce un innalzamento della carica interna.
La carica interna serve a far crescere la motivazione all'azione, sia essa costruttiva, sia essa distruttiva(Rabbia).
La tensione interna attiva molte idee ed energie, che non possono essere seguiti contemporaneamente dal soggetto. Quest'ultimo è così costretto a distanziarsi da loro ed ad osservarli più da lontano con distacco.
Dal distacco può prendere forma il processo di intuizione con la sorpresa che veicola. La sorpresa apre le porte al piacere dell'emozione ed al desiderio di sperimentarne la massima intensità, oltrepassata la quale il piacere si riduce, divenendo paura di perdere il piacere.
A questo punto, la persona si difende, spegnendosi nella anestesia emotiva, nella Quiete.Nella Quiete la persona percepisce un senso di bassa autostima, che si trasforma in Vergogna.La Vergogna conduce alla sensibilità dei vissuti propri e altrui.
Così, la persona comincia a percepire il Bisogno di Attaccamento e di condivisione con l’altro.
Quando il bisogno è soddisfatto può innescarsi la paura di perdere l'oggetto dell'attaccamento e quindi si innalza l'attenzione, le difese, l'ansia.
QUARTO INCONTRO
DALLE EMOZIONI DI BASE ALLE TIPOLOGIE DI PERSONALITA’
Introduzione
Tutti gli esseri umani sperimentano tutte le emozioni di base fin dai primi mesi di vita.
Tuttavia, ogni essere umano sperimenta più frequentemente una delle sette, che si trasforma con il tempo in una personalità ben definita, che caratterizza quella persona.
La personalità può subire delle modificazioni nel tempo; tuttavia, l’Emozione di base da cui si è originata può ridursi, non sparire del tutto, tranne nei casi di eventi fortemente traumatici o di malattie neurologiche gravi.
In più, ogni tipologia di Personalità, che non è mai pura, ha sia delle qualità e dei difetti, sia uno specifico stile comunicativo, che la contraddistingue.
Emozioni di Base - Tipologie di Personalità - Stili Comunicativi
Ansia - Avaro - Affidabilità
Dall’Emozione della Paura deriva la personalità dell’Avaro, che si esprime attraverso una stabile affidabilità.
L’Avaro è preciso e meticoloso; cerca di avere il massimo controllo sulle proprie emozioni; tuttavia viene tradito dal corpo che può manifestare disturbi gastrointestinali anche gravi.
E’ un brontolone, che preferisce star fermo, piuttosto che sbagliare.
Ogni attività gli costa una gran fatica, dal momento che ha paura di essere criticato, anche quando ha svolto ogni azione in modo accurato.
Nonostante la sua costante ansia, può apparire equilibrato e controllato, in grado di gestire ogni situazione, anche se teso e contratto.
Difficilmente sbaglia; ma quando accade, è sempre a causa della sua paura di commettere errori.
Nella forma matura è una persona responsabile, affidabile, che sa prendersi cura, anche se rischia di non saper esprimere le proprie emozioni.
Nella forma non evoluta l’Avaro è la persona ansiosa, che a causa dell’ansia rimane bloccata sulle stesse cose per anni.
E’ la signora che continua ossessivamente a spolverare la casa, anche quando è lucida e pulita.
E’ l’anziano che sbraita continuamente, perché gli altri non fanno quello che dice lui.
Chi assiste o educa una persona piena di paura, deve insegnarle il piacere del rilassamento e dell’azione libera da regole e vincoli.
In famiglia questa persona si esprime sia attraverso continui borbottii e prediche, sia attraverso il controllo sistematico degli oggetti e delle persone che circolano in casa.
Rabbia - Ruminante - Energia
Dalla Emozione di base della rabbia prende forma la personalità del Ruminante,caratterizzato da uno Stile Comunicativo carico di Energia.
E’ il tipo che ribolle costantemente,che è iperattivo e sa faticare per ciò che vuole ottenere. Gran lavoratore, è potente e riesce ad attivare gli altri con la sua energia; è forte e resistente.
Quando è maturo, la sua personalità è contraddistinta dalla tensione protettiva, dal desiderio di giustizia, dalla carica interiore, dall'impegno, dalla motivazione al lavoro e dal coraggio. Tuttavia, anche in questo caso si sdegna e si irrita facilmente e facilmente esplode in crisi di rabbia.
Se non ha imparato a gestire la sua carica interna, diventa aggressivo e violento, paranoico,oppure depresso, quando scarica contro se stesso la rabbia fino all’autodistruzione.
Chi educa o assiste una persona caratterizzata da questo tipo di personalità deve insegnare a dare un’armonia e un ritmo alla tensione interna, in modo che non esca come un uragano, ma solo come una pioggerellina, dove serve.
E’ importante che questo tipo impari a spegnersi, per trovare momenti di pace e per dare alle sue azioni una mira più accurata.
In famiglia questa persona incoraggia tutti nei momenti di crisi, dà energia, ma accende anche la tensione e l’ansia degli altri; può diventare prepotente e pericoloso, se non si riesce a tranquillizzarlo.
Distacco - Delirante - Creatività
Dall’emozione del Distacco prende forma la personalità del Delirante, che si esprime attraverso la creatività.
Questa persona vive soprattutto nel pensiero, staccata com’è dal mondo delle relazioni e degli oggetti. Non riesce neanche ad avere un buon controllo sul suo corpo (che appare disarticolato), sui capelli (spesso scompigliati), sul suo non verbale (incoerente con il verbale).
Spesso lo spazio in cui si muove, è disordinato e caotico, pieno di cose diverse, a cui cambia destinazione d’uso a seconda delle esigenze.
Nella sua forma evoluta il Delirante è una persona libera, autosufficiente, capace di gestire la propria solitudine, dotato di un buon livello di autostima ed estremamente acuto e originale.
Nella sua forma immatura questa persona si contraddistingue per la facilità al disgusto, per lo snobismo, per l’emarginazione sociale,per la predisposizione alla schizofrenia e al narcisismo.
Quando si assiste o si educa una persona delirante, è importante , per prima cosa, abbracciarla, per ridurre il suo distacco dalla concretezza, e volerle bene.
E’, poi, importante dare una direzione alle moltissime idee, in modo da concretizzare.
Nel caso in cui, invece, la persona presenti confusione, e farfugliamento, è utile portare la sua attenzione su un dettaglio concreto e farla parlare e descrivere quello, in modo da interrompere o ridurre la confusione.
Nel caso in cui si trovi a lavorare con una persona in pieno delirio, l’Assistente Familiare può aiutarla a fare cose concrete (sistemare un armadio, ordinare le carte nello studio, ecc), in modo che l’intensità del delirio diminuisca.
In famiglia il Delirante è quello creativo, che inventa sempre soluzioni nuove per le cose e se ne sta ore e ore nella sua stanza a smontare e rimontare oggetti.
Piacere - Sballone - Coinvolgimento
Dall’emozione del Piacere deriva la personalità del Fusionale, anche detto Sballone, che ha uno Stile Comunicativo Coinvolgente.
Questo tipo è alla continua ricerca di emozioni intense,in un’oscillazione costante tra angoscia e piacere.
Nella forma matura questa personalità si esprime con la generosità, con il carisma,con lo slancio e l’attrazione verso gli altri, la fantasia, l’entusiasmo e la felicità.
Nella forma immatura questa tipologia si esprime con narcisismo, incoerenza e volubilità, incontenibilità, scarsa capacità di concentrazione.
Chi aiuta o educa un bambino o un adolescente con queste caratteristiche deve, per prima cosa, dare stabilità alle sue azioni, riducendo l’intensità delle emozioni e aumentandone la durata. In altre parole, ha bisogno di disciplina.
E’ necessario imporgli di fare una cosa alla volta e di portare a termine quello che ha cominciato. Inoltre, è utile insegnargli a gustare il sapore delle cose che sta facendo e a godersi la soddisfazione dei traguardi raggiunti.
In famiglia questo tipo è un chiacchierone scanzonato e capriccioso, che conquista tutti, coinvolgendo nei suoi entusiasmi e nelle sue imprese, fino a rendersi conto, poi, che sono “cotte” passeggere.
Quiete - Apatico - Flessibilità
Dall’Emozione della quiete deriva l’Apatico, che si esprime con uno Stile Comunicativo Flessibile, accomodante.
L’Apatico è il tipo flemmatico, , elegante, demotivato e indolente; può essere tanto pigro, da odiare i conflitti, solo perché lo agitano e disturbano la sua quiete
Nei casi positivi è una persona che sa tranquillizzarsi e tranquillizzare, che si rilassa e dona pace a se stessa e agli altri.
Nei casi negativi, è la fuga dagli impegni e dalla realtà attraverso l’incantamento,attraverso l’anestesia emozionale e l’indifferenza.
Questo tipo non va assecondato; chi lo assiste o lo educa deve continuamente stimolarlo e incoraggiarlo, affinché si scuota dalla sua pigrizia e dal torpore.
Diversi sono i motivi, per cui una persona può stabilizzarsi nella personalità dell’Apatico. Può esserci stata una sofferenza alla nascita, a causa della quale la madre ha iperstimolato il bambino, che si è difeso attraverso lo spegnimento di tutte le emozioni.
Oppure il bambino è inserito in un ambiente pieno di confusione, con genitori molto carichi di tensione e fratelli creativi.
Oppure ancora, diventano Apatiche le persone emarginate, quelle che ritengono di non avere speranza di miglioramento nel futuro.
Per esempio, gli uomini anziani dopo la pensione spesso scivolano nella demotivazione e nella svogliatezza.
Anche le persone affette da sordità possono divenire apatiche, a causa della gran fatica, che richiede loro la comprensione del mondo circostante.
Per quanto riguarda gli anziani, può essere utile proporgli dell’attività fisica piacevole, come la pesca o le passeggiate sulla spiaggia.
Per quanto riguarda le persone affette da sordità, un modo di incoraggiarle è aiutarle attraverso una grande espressività della mimica e del corpo a ridurre la fatica della comprensione.
Vergogna - Invisibile - Sensibilità
Dall’Emozione di base della Vergogna si forma la personalità dell’Invisibile, che si esprime attraverso l’empatia e la sensibilità.
L’invisibile è un introverso che non riesce a gestire la sua sensibilità perché i significati , che dà alle cose che succedono, sono troppo carichi di simboli inquietanti. Per questo si sente piccolo e indifeso, inferiore agli altri e incapace, inutile e intrappolato nella vergogna o nel panico.
La sua sensibilità lo può condurre a vissuti di chiusura e timidezza estreme, nei quali rischia di rimanere intrappolato.
Per essere aiutato a vivere meglio, deve essere stimolato a divenire coraggioso, a muoversi e a diventare intraprendente,, attraverso la realizzazione di progetti e cose concrete, . Per far ciò, ha
bisogno di disciplina e metodo, che scandiscano le fasi del suo lavoro, in modo da poterne facilmente individuare i progressi.
In famiglia questo tipo è il Sensibile, in genere il secondogenito. Cresciuto all’ombra di qualcun altro, sa stare in disparte e quasi non ci si accorge della sua presenza. Tuttavia, ha una grande capacità di sacrificio, comprende le esigenze altrui senza che vengano espresse e cerca di esaudire i desideri, senza mai rinfacciare ciò che fa.
Questa tipologia di Personalità caratterizza molti non vedenti, che non chiedono , perché non sanno cosa c’è da chiedere, né pretendono , per timore di disturbare o di essere invadenti.
Attaccamento- Adesivo - Socialità
L’Emozione dell’Attaccamento produce il tipo Adesivo. Questo tipo ha sempre bisogno di essere visto, guardato, riconosciuto. E’ quello che fa sempre i commentino al cinema o in classe; è il signore anziano che staziona sotto il palazzo e cerca di chiacchierare con chiunque gli capiti accanto.
E’ il tipo in soprappeso, perché mangia quando si sente triste. E’ un po’ maldestro, perché mette molta energia nel fare le cose, per conquistare l’amore altrui.
A questo tipo è mancato l’amore e lo cerca ovunque.
Alcune persone affette da danni cerebrali sono spesso adesive. Per esempio, di solito i portatori di sindrome di Down hanno un’affettività molto intensa e un bisogno grande di essere accettati. Anche le persone che si trovano nella fase acuta di una malattia , possono regredire fino a comportarsi come bambini bisognosi di affetto.
Per aiutare queste persone, può essere utile fargli eseguire attività motoria per entrare in contatto con se stessi e le proprie sensazioni (correre, camminare su una linea, ecc).
Può anche essere utile per evitare che rimangano attaccate tutto il tempo, salutarle appena le si vede e far loro un complimento per qualcosa, un complimento ben fatto. Per esempio:”Bello questo maglione! Ti sta proprio bene addosso, perché ti mette in risalto il viso”.
La qualità principale di questa Tipologia di Personalità è la devozione, la fedeltà e la lealtà. Il limite consiste nel grande rischio di diventare dipendente.
In famiglia l’adesivo è l’esperto nella Socialità, quello che crea unione e fa ridere tutti, quando le cose si mettono male; è il tipo che ubbidìsce, se questo gli può far ottenere attenzione e amore.
QUINTO INCONTRO
DALLE TIPOLOGIE DI PERSONALITA’ ALLE COMPETENZE COMUNICATIVE
Introduzione:
Si è detto che ogni Emozione di base (Paura, Rabbia, Distacco, Piacere, Quiete, Vergogna, Attaccamento) può trasformarsi in atteggiamento, in modo di comportarsi, stabile o temporaneo, assumendo, quindi, la forma di una vera e propria personalità.
Perciò, come si è visto, è possibile riconoscere sette tipologie di personalità (Avaro, Ruminante, Delirante, Sballone, Apatico, Invisibile, Adesivo), contraddistinte da specifici modi di vivere le emozioni e da specifici stili comunicativi.
Ogni stile comunicativo si esprime principalmente attraverso una competenza comunicativa, un modo di comunicare, che è suo proprio. Tuttavia, nella relazione d’aiuto è fondamentale conoscere e saper usare tutte le Competenze Comunicative, a seconda delle situazioni e delle personalità di chi si aiuta.
Rimprovero
Di solito si assiste a rimproveri che non sono altro che sfoghi di aggressività o di fastidio. L'esito è quasi sempre l'assoluta inefficacia (il Rimproverato non ascolta e scappa via) o la lite (genitori che litigano con i figli invece di sgridarli) o l'oppressione (individui schiacciati dal peso di partner inquisitori o intimidatori).
Il Rimprovero è una comunicazione ingiuntiva e regolativa. Deve dunque essere espressa senza toni eccessivi e senza tensione. Il rimprovero serve a criticare un comportamento negativo già agito o, più raramente, a prevenire un comportamento negativo sul punto di essere messo in atto. Per rimproverare occorre un tono fermo, deciso, autorevole che si esprime in una comunicazione breve, forte e centrata sui fatti concreti. Al rimprovero deve seguire un silenzio lapidario che fa entrare in profondità il messaggio appena lanciato: il contenuto del rimprovero viene assorbito e vengono analizzate, da chi riceve il rimprovero, le conseguenze di un comportamento.
Il Rimprovero perde efficacia, se ci si perde in una predica; se il Rimproverante ricatta affettivamente squalifica l'intero rapporto interpersonale e produce incertezza; se cerca di consolare fa sentire l'altro ancora più in colpa. La parte più difficile e faticosa della comunicazione di rimprovero non è infatti l'atto in sé, ma la gestione da parte del Rimproverante dei suoi personali dubbi: l'onda di ritorno del rimprovero si gestisce facendo silenzio, esteriormente ed interiormente, soprattutto se il rimprovero si è concretizzato in una punizione. Per questo motivo non è possibile rimproverare con enfasi e aggressività.
Rimproverare con efficacia significa proporre una comunicazione breve, saggia e responsabile, legare il rimprovero ai fatti concreti, oggetto del rimprovero, e gestire bene all'interno del proprio sé le conseguenze del rimproverare. Chi rimprovera deve decidere con se stesso di essere fermo.
La comunicazione di rimprovero è efficace se ben diretta: essa serve a modificare i comportamenti negativi per far sì che un soggetto volubile e irresponsabile sia costretto a distaccarsi dal suo stato emozionale e riflettere sul suo comportamento o che un soggetto demotivato ed indifferente si vergogni del suo scarso impegno.
Invece, nel caso in cui un bambino piuttosto vergognoso ne ha fatta una grossa: ha disubbidito o ha sottovalutato un compito assegnatogli da un genitore, deve essere rimproverato, ma è necessario che chi lo faccia sappia modulare il timbro della voce, sappia presentargli una precisa analisi dei fatti che metta in discussione il suo errore e non lui come persona. Per il permaloso il rimprovero deve essere necessariamente accompagnato dall'ordine di compiere un'azione riparatoria, spiegando con
chiarezza il significato che ha. La concretezza di un'azione gli fa "mettere i piedi per terra" e gli fa scoprire le necessità sue personali e di tutti. "Hai fatto tardi,ci hai fatto fare tardi. Ora apparecchi!”
Incoraggiamento
Incoraggiare significa saper dare carica e trasmettere motivazione ad altre persone. L’Incoraggiamento richiede una preparazione e molta energia, dal momento che chi deve essere incoraggiato si nutre della forza di chi incoraggia.E’ fondamentale definire l’obiettivo da raggiungere e il percorso da intraprendere per raggiungerlo, in modo da rinforzare ogni passo di chi deve essere incoraggiato, sottolineando i traguardi già raggiunti.
Un esempio, consiste nell’incoraggiare durante il periodo di riabilitazione dopo un incidente o durante un ciclo di chemioterapia.
Chi aiuta si prende un impegno e non si deve fare smontare dalla demotivazione dell’altro. Per tale ragione, è fondamentale individuare quali sono i demotivatori o le energie di demotivazione.In tutte le famiglie, in tutti i luoghi di lavoro è sempre presente qualcuno che, di fronte ad una nuova proposta e di fronte all’entusiasmo altrui, trova da ridire e sottolinea la difficoltà dell’impresa. Ciò significa togliere la speranza e la fiducia . Per neutralizzare il demotivatore, è, pertanto, essenziale essere pronto a porre un immediato tappo, che argini l’intervento demotivante. Per esempio dicendo:”Va bé, ma tanto tu hai sempre da ridire!”
L’Incoraggiamento è necessario ai soggetti apatici e demotivati, che vanno accesi emozionalmente. E’ anche fondamentale incoraggiare le persone che hanno scarsa fiducia in se stesse e che vanno aiutate ad uscire dalla loro timidezza, spingendole ad agire, magari assumendosi responsabilità verso qualcuno che ha bisogno di loro.
Per esempio, per un malato deforme può essere utile occuparsi di animali, con i quali non ha il problema dell’aspetto fisico.
Insegnamento
Insegnare significa far prendere coscienza di contenuti, far ragionare e far riflettere. Si apprende per ricezioni, in modo meccanico o significativo, per scoperta attraverso attività progressivamente concatenate di comprendere, ricordare, ragionare, risolvere problemi correlando le nuove informazioni con altre già in memoria e riorganizzando le strutture di conoscenza precedenti.
Il processo di insegnamento, che qui si vuol richiamare, è il processo di trasmissione di concetti e di schemi mentali più generali e quotidiani, non necessariamente didattici. Questa competenza comunicativa è finalizzata a porre la persona alla giusta distanza dal sé, dalle relazioni, dal mondo, a liberarsi così dai pregiudizi e mettere in discussione le precedenti impressioni, convinzioni o condizionamenti.
Il soggetto più portato a questo tipo di comunicazione è il Delirante, creativo, portatore di libertà e di autostima. Infatti, la comunicazione di insegnamento richiede duttilità coinvolgente con le persone ansiose e innesco di incoraggiamento motivazionale con gli apatici. Gli ansiosi hanno necessità di controllare e di ordinare le informazioni che debbono essere proposte come un catalogo da memorizzare, senza dover modificare gli schemi mentali già formati.Anche le persone bisognose di affetto (Adesivi) e quelle con scarsa fiducia in se stesse (Invisibili) hanno bisogno dell’Insegnamento, che permette di espandersi, di uscire da se stessi e dal proprio egocentrismo.
Infatti, l’Insegnamento propone al soggetto Adesivo una più attenta analisi della realtà e depotenzia la vergogna dell’Invisibile aumentando l'autostima attraverso una più serena e pacifica accettazione delle cose.
Lo spostamento dell'attaccamento verso il senso di realtà può avvenire attivando l'attenzione dell'adesivo verso eventi, persone, oggetti a cui egli non aveva precedentemente fatto caso.Oppure,
l’attenzione dal proprio senso di vergogna può essere spostata, ricevendo l’accettazione incondizionata e emotivamente neutrale dell’altro.
E' il caso dell'ammalato o del ferito che presenta piaghe vistose da cui è necessario non farsi impressionare ed, anzi, trattarle con distacco. "La gente qui intorno ha visto di peggio nella vita!".
Coinvolgimento Emotivo
Il coinvolgimento emotivo ha lo scopo di aprire l'altro alla percezione di sensazioni ed allo sperimentare emozioni se la vibrazione emozionale è attiva nel comunicatore e egli è particolarmente trasparente gli altri possono immedesimarsi nel suo vissuto e far proprio il suo stato emotivo. Questa comunicazione può avvalersi di effetti sorpresa, di stimoli incuriosenti, di espressioni seduttive, di eventi che incantano, che commuovono, che suggestionano, ecc. Per coinvolgere emotivamente occorre vincere le proprie inibizioni, caricarsi emotivamente ed eccitare, far sognare, improvvisarsi a raccontare una storia o una favola, a costruire un'immagine, un gioco o un disegno. Questa modalità comunicativa può essere utile al Ruminante e all’Avaro, se il contenuto del coinvolgimento è la pace, con l'obiettivo di comunicare la possibilità di spegnere le tensioni.
L'anziano può essere distolto dall'esercizio del suo controllo sulla realtà e dalla sua ansia attraverso lo spostamento di interessi verso l'azione. Quando riscopre l'impegno riesce a dare il meglio di sè. Per spostare l’attenzione verso l'impegno è necessario trovare spunti affinché egli possa emotivamente coinvolgersi nell'azione. Per questa ragione, anno sempre avuto successo le campagne di arruolamento di nonni per vigilare gli ingressi scolastici, o la partecipazione ad Associazioni di volontariato o di ricreazione attiva.
Oppure, per esempio, al vecchio suocero brontolone, che tiranneggia la famiglia con polemiche infinite, si può chiedere l’aiuto per risolvere piccoli inconvenienti quotidiani, che oltre a farlo sentire ancora utile, gli danno modo di spostare l’attenzione altrove.
Mentre l'anziana signora si agita senza pace, girando in su e in giù per casa, e non presta attenzione al fatto che quel suo comportamento genera tensione nelle persone che la circondano, dall'ambiente può emergere discretamente la sorpresa di una vecchia fotografia che contiene l'impressione di un momento vissuto e su cui dislocare l'attaccamento della signora.
Il coinvolgimento emotivo è molto efficace nei confronti degli adolescenti che manifestano grande bisogno di affetto o che sono ansiosi e affannati alla ricerca di qualche appagamento. Attraverso l'espressività emotiva si fa crescere la loro sensibilità.
Tranquillizzazione
La Tranquillizzazione permette di spegnere l’eccesso di energia interna, che impedisce decisioni e azioni lucide e coerenti. Per essere efficace questa Competenza Comunicativa deve assolutamente rispondere a due caratteristiche: estremamente lenta con grande attenzione a "staccare" le parole pronunciate l'una dall'altra con una pausa forzata nella frase ed estremamente concentrata verso l'altro, affinché "senta" di essere l'oggetto della comunicazione.Per far ciò, è essenziale che chi intende spegnere le emozioni altrui, riesca, prima di tutto, a spegnere le proprie, ovvero riesca a fare calma in se stesso.
Chi intende tranquillizzare deve riuscire ad essere una spugna senza restituire alcun segnale all'altro se non di comprensione e di apertura al fine di far proseguire più a lungo possibile il dialogo, senza modificarne il tono ed il ritmo. A tal fine, non deve deviare dal percorso comunicativo scelto dall'altro, non deve contraddire l'interlocutore, pur smorzandone i toni, e non deve cadere nelle inevitabili provocazioni che l'altro può rivolgergli. Chi riesce efficacemente in una comunicazione tranquillizzante è un soggetto forte e calmo che non si accende e non si eccita ma si esprime
trasmettendo pace(Apatico maturo). Infatti, come si è già detto, tranquillizzare svolge la funzione di spegnere le tensioni che impediscono scelte lucide ed obiettive.
Ha bisogno di tranquillizzazione sia il soggetto in preda all'ansia che quello agitato per paura, rabbia o generico nervosismo legato alla difficoltà di produrre prestazioni efficaci. La tensione rabbiosa ed aggressiva può essere tranquillizzata, invitando ad osservare qualche novità comparsa nell'ambiente. Anche l’inquietudine dell’ansioso, e addirittura il suo panico, può essere ridotta progressivamente, spostando la sua attenzione su un dato dell’ambiente che ha bisogno delle sue cure.
Sostegno
Chi sostiene orienta e guida l’azione.Il sostegno è un rapporto fondato sulla discrezione e sulla disponibilità al sacrificio di qualcosa di sé per favorire un'altra persona. Chi sostiene non è mai in vista, sta alle spalle del soggetto da sostenere: la qualità del sostegno è tanto maggiore quanto meno il sostenitore è apertamente visibile. Infatti se chi sostiene si sostituisce alla persona da sostenere, gli fa perdere forza perché lo fa apparire incapace. Il sostegno può essere aperto e dichiarato solo se diventa comunicazione di fiducia e investimento sulle capacità dell'altro. L'aperto sostegno non può mai esprimere dubbi sulla riuscita di chi viene sostenuto: se chi sostiene esprime le sue paure o titubanze invece che sostenere, rischia di ostacolare il processo in atto.
La comunicazione di sostegno è, a volte, silenziosa: una presenza concreta e fiduciosa è più efficace di molte parole. Comunicare sostegno significa saper sorreggere le difficoltà, le sofferenze ed anche la disperazione. Sostenere impedisce il cedimento della vita mentale di chi ha già subito grandi o piccoli crolli. Sostenere richiede una grande nobiltà d'animo., dal momento che è l’intervento d’aiuto più impegnativo e meno gratificante: chi sostiene non vede i risultati della sua fatica se non quelli del mancato peggioramento delle condizioni di chi si aiuta.Il Sostegno è l’intervento comunicativo che, maggiormente, riesce a indurre modificazione emozionale nei soggetti in preda a confusione, magari dovuta a shock, o a soggetti in preda all’ira.
Quando si incontra una persona in preda alla confusione mentale ed alla confusione di sentimenti, è inutile e controproducente cercare di "distrarla" dai suoi pensieri. Al contrario,è urgente cercare di orientare la sua concentrazione su un dettaglio.
Spesso la confusione scompare (o diminuisce) quando la persona è fisicamente impegnata in qualcosa.Tuttavia, lo spostamento sul concreto va supportato passo passo, fin quando non diviene naturale per chi lo compie.
Per sostenere una persona in preda alla rabbia, è necessario accogliere tutte le sue ragioni, facendola sentire compresa, ma facendo attenzione a non darle ragione. Essere accolta nella rabbia, permette alla persona di trovare un luogo dove scaricare progressivamente l’energia, senza per questo sentirsi in colpa.
Quando il sostegno è orientato verso un soggetto depresso (che rivolge la sua aggressività contro se stesso), il fatto di sentire qualcuno al suo fianco, muto e paziente, appare come una garanzia che quel momento nero avrà termine e consente un dialogo che fa rinascere la fiducia nel futuro.
Gratificazione
Mostrare apprezzamento e riconoscere un merito ad una persona la porta a consolidarsi nelle sue scelte. La gratificazione ha la proprietà di far entrare in contatto le persone con quella parte positiva di sé di cui mai sono del tutto certe. Così, la Gratificazione ha la funzione di scaldare il vissuto emozionale. Se è effettuata in gruppo, è maggiormente potente. Più è numeroso il gruppo, più l’effetto emozionale cresce. Molta gente ha bisogno di conferme. Molti nella vita hanno ricevuto solo disconferme e squalifiche. Il Complimento consente il miglioramento dell’altro. Il Complimento deve essere netto, limpido e oggettivo. La comunicazione gratificante ha un risvolto
di stabilizzazione e di conferma del piacere di un vissuto. La gratificazione è anche un insegnamento alla fedeltà per chi non riesce ad essere stabile a causa della sua vanitosa volubilità emotiva. Un complimento profondo lo fa soffermare su qualche vissuto piacevole per gustarne fino in fondo il sapore. Egli di solito fa sue solo le sensazioni nella loro espressione più dirompente.
Solo le persone affettive sono immediatamente efficaci nel complimentarsi e nel gratificare. Sviluppano questa competenza comunicativa dal loro bisogno di affetto e riescono a capire a fondo cosa l'altro vorrebbe davvero scoprire di sé. Non si tratta di dire ciò che uno vorrebbe sentirsi dire, si tratta di individuare qualcosa di più che l'altro non vede di sé, o di portare l’attenzione su piacevoli esperienze emozionali, altrimenti sottovalutate.
Per esempio, con un Delirante preso dalla sua confusione, può essere utile sottolineare la piacevolezza della brezza marina o la tenerezza di un uccellino nutrito dalla madre.
Oppure, con uno sballone può essere gratificante soffermarsi a ricordare il piacere di un evento vissuto, per fissarlo nel ricordo.
SESTO INCONTRO
FUNZIONI E RUOLO DELL’ASSISTENTE FAMILIARE NELLA FAMIGLIA E NEL RAPPORTO CON L’ASSISTITO
Introduzione
L’Assistente Familiare entra nella famiglia per risolvere il problema dell’accudimento di una persona malata, o anziana o in età evolutiva. Ovvero, questa figura professionale è essenziale per risolvere un momento critico, in cui uno o più dei membri di una famiglia non riescono a gestire un familiare e devono rivolgersi all’esterno.
Il ruolo dell’Assistente Familiare è, dunque, assai delicato, dal momento che diventa sia il supporto dell’assistito, sia il supporto della famiglia. Infatti, grazie alla sua presenza i diversi membri della famiglia possono occuparsi della loro vita personale e lavorativa , sollevati dal peso delle cure necessarie ad una persona dipendente.
A sua volta, l’assistito ha una persona che ha il compito di occuparsi di lui, delle sue esigenze, a cui potersi rivolgere senza sentirsi in colpa o di peso. Per tale ragione, è molto importante che l’Assistente Familiare risolva , per prima cosa, il problema della lingua. Capire e farsi capire da chi viene assistito è il primo passo per poter svolgere con la massima efficienza e serenità possibile un lavoro molto delicato e di responsabilità. In più, come si è visto, per comprendere le esigenze della persona assistita e della famiglia in cui è inserita è necessario anche conoscere il contesto culturale in cui l’Assistente Familiare deve operare e la mentalità , che esiste in quel contesto rispetto agli Assistenti Familiari extracomunitari, rispetto alla malattia e rispetto al far accudire i propri familiari.
La capacità di riconoscere la Tipologia di Personalità delle Persone per le quali deve lavorare, in modo da individuare gli Stili Comunicativi più comprensibili e le Competenze Comunicative più adatte favorisce l’intervento dell’Assistente Familiare, dal momento che facilita la gestione sia della relazione con l’assistito, sia con la famiglia.
Il rapporto con la famiglia può essere molto complesso, se l’Assistente Familiare vive all’interno della casa dell’utente, o trascorre con lui molte ore in casa. Ogni famiglia, infatti, è caratterizzata, oltre che da una sua mentalità, anche da dinamiche sue proprie, in cui l’estraneo viene coinvolto e, se non sa gestirle, viene travolto.
Una famiglia può avere dei genitori molto protettivi, che tendono ad opprimere i figli, anche solo pretendendo che mangino eccessivamente o che si coprano anche quando fa caldo. Un’altra famiglia, invece, pur vivendo una forte aggressività tra i membri, può essere molto chiusa all’esterno; ogni persona estranea, Assistente Familiare compreso,viene accolta malvolentieri ed è costretto a ritagliarsi con molta fatica un posticino. In questi ambienti l’Assistente si sentirà sempre poco gradito e difficilmente parteciperà alle feste familiari, se non per prendersi cura dell’assistito.
Esistono, poi, famiglie molto dispersive, in cui si chiacchiera molto delle cose che si fanno e si scambia poco affettivamente; qui i membri sono impegnati in tantissime attività e nessuno ha molto tempo per accorgersi della sofferenza o del bisogno di qualcuno (e neanche della propria).
Ci sono famiglie in cui viene dimostrata una grande tenerezza reciproca; tuttavia, alcune volte questa tenerezza è più apparente, che effettiva e l’Assistente Familiare, inizialmente ingannato da un clima familiare frizzante, si accorge piano piano che i rapporti tra le persone sono molto superficiali. In altre famiglie si respira una atmosfera tranquilla e pacifica, in cui l’Assistente può lavorare con serenità; talvolta, però, queste famiglie rischiano di lasciare andare troppo e non incoraggiare all’impegno e al miglioramento il bambino o la persona malata.
Ci sono, poi, famiglie in cui c’è un bel clima di comprensione reciproca; questo clima contagia anche l’Assistente Familiare, che viene accolto con il suo carattere e le sue esigenze. Il rischio di queste famiglie è di rassegnarsi di fronte alla malattia. Infine, esistono famiglie unite da un forte legame affettivo, che coinvolge chiunque entri in contatto con i diversi membri;qui la persona più debole (bambino, malato, anziano) viene accudita e assistita con amore; tuttavia, spesso l’affetto è tale da far perdere la lucidità sulle cose da fare concretamente, dal momento che l’amore viene considerata l’unica medicina e l’unica forma educativa efficace.
Oltre alla gestione della relazione con la famiglia, c’è la questione della gestione della corporeità dell’assistito. Dover accudire, lavare, vestire, massaggiare un corpo vecchio, o un corpo malato o piagato, o un corpo giovane e attraente in una persona con sofferenza mentale, può produrre nell’Assistente Familiare tutta una serie di emozioni, che vanno dal disgusto, alla pietà, all’affetto, all’attrazione, all’indifferenza.
Talvolta, chi accudisce diventa insensibile a ciò che deve vedere e toccare; talvolta la sua resistenza viene messa duramente alla prova dalle provocazioni di familiari gelosi o di assistiti capricciosi.
Quando si può scegliere, è importante riuscire a stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione reciproca, se non di affetto, tra l’Assistente Familiare e le persone per cui lavora. In alcuni casi, è possibile anche instaurare rapporti affettivi e di intimità.
Certamente, l’intimità e l’affetto di una persona malata o morente può esporre l’Assistente Familiare al rischio di vivere, poi, una gran sofferenza, nel momento del peggioramento delle condizioni di salute o della morte dell’utente.
Tuttavia, come vedremo, un accudimento amorevole e sereno, quando è possibile, rasserena chi sta male , rigenera le sue energie e favorisce la possibilità di vivere una buona morte.
Ciclo Evolutivo della Famiglia e Rapporto con l’Assistente Familiare
La Famiglia è definita da regole e abitudini che sono tipiche del momento storico e della cultura in cui è inserita.
Nella società italiana si possono trovare tre tipi di famiglie: estesa, allargata, nucleare.
La Famiglia Estesa è quella in cui convivono , nella stessa casa o nello stesso edificio, nonni, genitori, figli, nipoti e zii.
La Famiglia Allargata è quella formata da pezzi di diverse famiglie; per esempio, una madre con suo figlio è unita a un uomo che ha una figlia da un’altra donna.
La Famiglia Nucleare è quella in cui convivono unicamente genitori e figli; solitamente si trova nelle grandi città e ha pochi legami con le famiglie di origine.
E’ chiaro che in tutti questi modelli di famiglia le regole di comportamento nei confronti dei diversi membri sono diverse e diverse sono anche le abitudini nell’allevamento dei figli e nell’accudimento delle persone anziane e/o malate.
Di solito, l’Assistente Familiare è richiesto dalla Famiglia nucleare, in cui i legami con la rete familiare sono molto scarsi e, dunque, è necessario l’intervento di una persona esterna per provvedere all’accudimento di chi ha bisogno di cure.
Può essere utile dire che la vita di una Famiglia Nucleare è di circa venticinque, trent’anni e prevede una serie di tappe evolutive. Esse sono: fidanzamento, matrimonio, allevamento dei figli, nido vuoto, vecchiaia.
Ogni tappa determina dei cambiamenti nelle dinamiche relazionali, che comportano modificazioni della struttura e nuove esigenze affettive e concrete.
In genere, l’opera dell’Assistente Familiare viene richiesta nelle fasi dell’allevamento dei figli e nel momento della vecchiaia.
Viene richiesto la collaborazione nell’allevamento dei figli, per supportare le donne che lavorano fuori e non possono contare sul sostegno familiare.
Spesso queste donne sono piene di sensi di colpa e si sentono inadeguate nel loro ruolo di madre. In questi casi, l’Assistente Familiare è una figura rassicurante, che protegge il figlio e garantisce le cure che lei non può dare per mancanza di tempo, ma , spesso, anche per carenze emotive. E’, quindi, essenziale che chi opera con questa funzione sappia accudire il bambino con responsabilità e tenerezza, senza, tuttavia, far sentire incapace la madre, che, altrimenti, può divenire gelosa e interferire nel buon rapporto con il piccolo.
Nella vecchiaia la figura dell’Assistente Familiare serve ad assolvere quelle funzioni che la persona rimasta sola, o con un partner non autosufficiente, ha ormai difficoltà a svolgere. Molto spesso la funzione più importante è quella di far compagnia, accompagnare fuori e prendersi cura delle faccende domestiche, divenute troppo pesanti.
Psicologia della Persona Malata o Morente.
Si è detto che la capacità dell’Assistente Familiare di capire la Tipologia di Personalità dell’assistito può facilitare il suo lavoro. Più nel dettaglio, si può dire che una persona malata caratterizzata da una personalità Avara, sarà molto metodica nel rispettare le prescrizioni mediche; inoltre, avrà molta paura del peggioramento e degli eventuali rischi collaterali di medicine e terapie. Tenderà, insomma, a lasciarsi condizionare dalla malattia, per tenerne sotto controllo costante gli effetti.
Una persona aggressiva tenderà a reagire con energia di fronte ad una malattia o ad un’invalidità; magari si impegnerà attivamente nelle Associazioni che si occupano della ricerca nel campo della sua patologia e continuerà a mantenere, per quanto possibile, tutti i suoi impegni, lasciandosi andare più frequentemente a scoppi di rabbia.
Un Delirante malato, probabilmente, imparerà tutto sulla sua malattia e sulle terapie possibili per curarla; la sua creatività e la sua originalità (se portatore di qualche disabilità) si spingerà fino alla creazione di strumenti artigianali maggiormente efficaci per svolgere più comodamente attività giornaliere. A volte, rischierà di farsi ingannare dall’illusione di terapie alternative, troppo alternative, che, se non gli procureranno ulteriori danni, tuttavia gli causeranno delusioni terribili.
Il tipo Sballone che si ammala o diviene invalido rischia di sottovalutare la gravità del problema. Dopo grandi momenti di angoscia profonda, si distrae con momenti di entusiasmo assoluto, in cui si può anche convincere di non aver più bisogno di medicine, né di terapie. Tuttavia, il suo entusiasmo può tenere alto il morale sia nella famiglia, sia nelle corsie ospedaliere, in cui, di tanto in tanto può aver bisogno di essere ricoverato.
L’apatico può accogliere con calma e fermezza la presenza di una malattia e integrarla all’interno della sua vita con saggezza e pace; tuttavia, può anche scoraggiarsi di fronte alla fatica di una riabilitazione o al dolore della chemioterapia e lasciar perdere le cure.
Il Tipo Invisibile, abituato com’è a sopportare il dolore, si può accorgere con ritardo di essere affetto da qualche patologia e può rassegnarsi di fronte alla diagnosi, nascondendo agli altri la propria sofferenza e non facendo rispettare le proprie nuove necessità.
Infine, il tipo adesivo, sempre bisognoso di amore, può regredire emotivamente, fino a divenire totalmente dipendente da chi lo accudisce, anche nelle attività che potrebbe svolgere da solo.
Peraltro, c’è da dire che quasi sempre, nella prima fase di una malattia esiste una regressione; ovvero la persona si comporta “come un bambino”, richiedendo molte attenzioni e risultando incapace di compiere anche attività semplicissime.
In questa fase la presenza di un Assistente Familiare deve essere accogliente, ma anche ferma, in modo da risultare rassicurante e incoraggiante per chi, all’improvviso, si trova costretto a farsi aiutare.
Così come può regredire, di fronte ad una malattia la persona può spaventarsi, o arrabbiarsi, o attivarsi per risolvere il problema, o fare finta di niente, o lasciarsi andare o nascondere la propria sofferenza; tutte queste reazioni, soprattutto nella prima fase, sono normalissime e possono avere diversa durata e intensità, indipendentemente dalla Tipologia di Personalità.
Tuttavia, in genere, dopo una fase di intenso malessere, la persona tende a superare la tendenza all’isolamento e alla malinconia, riacquistando interesse ad uscire , a prendersi cura di sé e ad incontrare persone.
Non va dimenticato, comunque, che la tristezza spesso porta con sé l’attivazione di potenzialità creative rimaste inespresse fino a quel momento; la rabbia spinge ad avere coraggio e a mobilitare tutte le energie verso un nuovo benessere e l’ansia, quando non in eccesso, produce attenzione nel prendersi cura di sé. Per di più, dal crollo del delirio di onnipotenza, derivante dal confronto con i propri limiti e con il proprio senso di vulnerabilità e impotenza, spesso si produce una migliore organizzazione della vita personale, più orientata alla qualità che alla quantità.
In altre parole, il sopraggiungere di una malattia o di un’invalidità da trauma possono rivelarsi, se inseriti in un’ampia riflessione sul senso della propria esistenza, funzionali al raggiungimento di un maggior livello di benessere psicoaffettivo e spirituale.
Infatti, le persone, affette da malattia o anziane, che riescono a dare un significato alla loro vita e alla situazione che vivono,riescono ad accettare meglio la loro condizione e la loro necessità di farsi aiutare. Così, si riducono le emozioni sgradevoli,che impediscono di vivere anche ciò che rimane di buono nell’esistenza e riescono a prepararsi ad una buona morte.
In altre parole, la persona che trova un significato a ciò che vive, non subisce più la malattia o la vecchiaia con rassegnazione, risentimento o terrore; ma diventa
protagonista e soggetto attivo nel fronteggiare le nuove richieste del suo organismo.
Perciò, chiunque voglia lavorare con una persona malata, disabile o anziana, deve possedere una fiducia incrollabile nelle risorse umane e nella dignità di tutti gli esseri umani,in modo da poterli rispettare fino all’ultimo momento.
Va detto, in verità, che di solito l’intervento di un aiuto per una persona affetta da patologia viene richiesto dalla famiglia o dalla persona non autosufficiente, quando la malattia è in fase molto avanzata o terminale, o quando la disabilità è molto invalidante.
Peraltro, l’Assistente Familiare può diventare il capro espiatorio della persona alla quale presta assistenza, che gli scarica addosso gli stati d’animo più sgradevoli, non potendolo fare con altri. In più, l’Assistente Familiare può rivedere nella persona che assiste persone a lui care e vivere, perciò, emozioni molto forti e difficili da gestire, che può confondere con la condizione dell’assistito.
Per tali ragioni è fondamentale che l’Assistente Familiare riesca a conservare delle ore libere per rigenerare le proprie energie e per liberarsi dalle emozioni sgradevoli, accumulate durante il lavoro.
I Servizi di Pubblica Utilità nell’emergenza
L’Assistente Familiare a cui viene affidato un soggetto in età evolutiva o una persona non autosufficiente può trovarsi in situazioni di emergenza, per esempio, quando chi assiste ha un malessere o un incidente.
Per i malesseri stagionali è utile sempre avere a disposizione il numero telefonico dei familiari. Se questi non sono disponibili, è utile avere a disposizione il numero telefonico del medico di famiglia, che segue l’utente e della Guardia Medica, nel caso in cui il malessere si verifichi nel fine settimana. Nel caso in cui tutti questi numeri non diano risposta, ci si può rivolgere al 118, che è il numero del Pronto Soccorso.
Nel caso in cui, invece, la persona, minore o incapace di intendere e di volere, sia riuscita a uscire di casa e non abbia con sé un telefono cellulare, dopo aver verificato il suo allontanamento dalle zone
limitrofe all’abitazione, è necessario informare immediatamente i familiari e, nel caso non fossero raggiungibili, il 113, che allerterà il poliziotto di quartiere.
SETTIMO INCONTRO
ASSISTERE UN SOGGETTO IN ETA’ EVOLUTIVA
Introduzione
Nella società italiana attuale il bambino in età scolare sembra avere un ruolo centrale nella famiglia. Frequentemente tutto gira intorno alle sue esigenze anche in modo esagerato, fino a trovare genitori schiavizzati e sottomessi ai capricci del piccolo di casa.
In altri casi, tuttavia, genitori troppo occupati a star dietro alla loro vita obbligano i figli a ritmi da adulti, imponendogli impegni e solitudini assolutamente inadatti per l’età.
Peraltro, c’è da dire che fin dal concepimento, i genitori che lo desiderano possono farsi sostenere e aiutare da una fitta rete di Servizi Pubblici e privati sia per interventi in campo sanitario, sia per interventi in campo psicosociale.
Tra i Servizi pubblici essenziali si vogliono ricordare i Consultori familiari (presenti in tutti i quartieri delle grandi città), che aiutano le donne e le coppie prima, durante e dopo la nascita del piccolo e i Servizi Materno Infantili, che si occupano dei soggetti in età evolutiva e delle loro famiglie dal punto di vista psicosociale.
Dunque, in una società tanto bambinocentrica la funzione dell’Assistente Familiare a cui viene affidato un bambino non è solo quella di custodire il piccolo, ma anche quella di accudire ed educare. Infatti, ogni adulto che si occupa di un bambino dovrebbe sempre tener presente di essere per lui un esempio, un modello alternativo ai genitori.
Dunque, la tata o il baby Sitter sono degli educatori a tutti gli effetti.
Per questa ragione devono ricordarsi di entrare nella relazione con il bambino, tenendo conto della sua fase di sviluppo e della sua personalità.
Fasi dello Sviluppo Relazionale
Il neonato per sopravvivere ha bisogno di essere accudito; cioè, ha bisogno che qualcuno si prenda cura di lui, fin quando non sarà sufficientemente maturo per poter badare a se stesso. Per questo, probabilmente, l’essere umano ha raffinato il sistema di comunicazione e relazione.
Alla nascita il piccolo deve affidarsi completamente agli altri; è impotente e subisce senza poter spiegare ciò che vive.
Per questo chi lo cura deve sintonizzarsi, fondersi con lui, per imparare a sentire ciò che il bimbo non può esprimere.
In questa fase si instaura una Simbiosi con la madre,che impara a comprendere i suoi pianti e i suoi respiri. Una tata esperta può essere molto utile in questo momento per insegnare alla neomamma a relazionarsi serenamente con il piccolo e per rassicurarla nei momenti critici .
Questo periodo dura , di solito, fino allo svezzamento, cioè al momento in cui comincia a ridursi l’allattamento al seno. Per come è organizzata la società occidentale un allattamento sano dal punto di vista relazionale ed emotivo deve durare massimo fino al primo anno di vita. In questo modo si favorisce l’inizio del processo di separazione psicoaffettiva dalla madre, indispensabile per un buon inserimento al nido e alla scuola materna. Inoltre, il periodo dello svezzamento permette alpadre di cominciare ad avere un ruolo più importante nel rapporto con il piccolo e nella sua educazione.
Il padre, insieme ai fratelli maggiori, è l’altra voce, l’altra presenza, che distrae la madre e può venire vissuto dal bambino come ostacolo alla soddisfazione dei suoi bisogni.
Per questo è essenziale che il padre, fin dalla nascita del bambino, abbia la possibilità di trascorrere da solo dei momenti con il figlio, per accudirlo e coccolarlo, in modo da non essere vissuto esclusivamente come un guastafeste.
Intorno ai due anni, quando la maggior parte dei bambini riescono a esprimere a parole i loro bisogni, inizia l’epoca del “No”.
In questo periodo, che può durare anche un paio di anni, il bambino comincia a volere imporre la sua personalità, per distinguersi dai genitori. E’ questa l’epoca in cui il bambino comincia ad allontanarsi da chi lo accudisce, rimanendo però alla portata dello sguardo.In questa fase è importante cominciare a stabilire delle regole, che il bambino deve rispettare. Le regole devono essere poche, soprattutto orientate ad evitare pericoli (non mettere le dita nelle prese elettriche, non arrampicarsi sulle scale da muro, ecc).
In questa età iniziano anche i capricci. Se il bambino fa i capricci in pubblico, è fondamentale abbassarsi alla sua altezza e abbracciarlo molto forte. In questo modo il bambino, che con il capriccio cerca di attirare l’attenzione, si sentirà contenuto e preso in considerazione.
Se il capriccio avviene in casa, è possibile lasciare solo il bambino (in un ambiente sicuro), così che sia libero di sfogare la sua rabbia.
Dopo un capriccio, è inutile che l’adulto tenga il broncio come se fosse un bambino.
Infatti, mostrare ai piccoli di essere spaventati o troppo arrabbiati per i loro capricci, li fa sentire in colpa e cattivi. E se sono cattivi, si continueranno a comportare da cattivi.
Per questo motivo è sempre importante , quando si rimprovera un bambino dire: “Stai facendo una cosa cattiva” e non :”Sei proprio un bambino cattivo”.
Circa all’epoca dei “No” il bambino inizia a frequentare la scuola materna. Il distacco dalla madre o dalla Tata non è quasi mai facile. E’ importante far abituare piano piano il bambino nella scuola, in modo che impari a conoscere l’ambiente, gli altri bambini e le maestre.
Fino al momento dell’entrata nella scuola il bambino è il centro del mondo, anche nei casi in cui i genitori non sono presenti, ma lo affidano per gran parte del giorno ad un Assistente Familiare.
L’entrata a scuola può essere traumatica e al rientro a casa sarà necessario gratificare il bambino, facendolo parlare, coccolandolo e accettando anche la sua vivacità, dovuta alla libertà dalle regole scolastiche. Per facilitare il distacco e l’entrata nella scuola, in genere, il bambino sceglie di avere la compagnia di un giocattolo preferito, un pupazzo o una copertina, che può volere con sé anche fino all’adolescenza, se qualcosa nella crescita emotiva o nel clima familiare non ha funzionato.
Intorno ai quattro, cinque anni i bambini, di solito, spostano l’attenzione sul genitore dell’altro sesso. E’ facile sentire, allora, maschietti che dicono che la madre è la loro fidanzata; così come è facile che le bambine siano gelose delle affettuosità che il padre rivolge alla madre.
In questo momento è molto importante che il genitore dell’altro sesso sappia accogliere amorevolmente le attenzioni del piccolo, senza tuttavia esagerare (per esempio, evitando di dormire nello stesso letto e far andare via il partner).
E’ anche importante che il genitore dello stesso sesso del piccolo non si metta in competizione con il bimbo e ricordi di “essere grande” .
In questa fase il bambino inizia ad avere gli incubi notturni e magari anche fenomeni di sonnambulismo.
Può avere anche delle nuove paure, che non vanno accresciute con racconti di mostri o minacce di lupi cattivi.
Intorno ai sette anni il bambino comincia ad uscire dal suo egocentrismo e sposta l’attenzione sui compagni di scuola o su quelli che praticano lo stesso sport.
La maggior parte dei bambini, soprattutto delle bambine, ha voglia di primeggiare, di gareggiare, di vincere. E’ molto importante saper rassicurare un bambino che non è riuscito a ottenere i risultati che voleva, dopo essersi molto impegnato, dicendogli:
“Capisco che ti senti tanto triste. Ma vedrai, la prossima volta andrà meglio. Proviamo a vedere cosa è andato male, dove devi migliorare”.
Qui il ruolo della Tata può essere essenziale, dal momento che i genitori molto spesso assumono un tono rimproverante o si mostrano sempre insoddisfatti dei risultati ottenuti dal bambino.
Successivamente, intorno ai dieci anni per le bambine e un po’ più tardi per i maschietti, inizia la fase della pubertà. In questo momento della crescita i ragazzi cominciano ad essere molto insicuri e irritabili; diventano , a volte, ancor più capricciosi di prima. L’adulto che si occupa di loro rimane spiazzato dai loro cambiamenti d’umore e dalla loro volubilità.
E’ proprio in questa fase così delicata, che spesso i genitori decidono che è arrivato il momento di fare a meno di un Assistente Familiare. Questo evento può essere ancor più destabilizzante, se i genitori sono molto spesso fuori di casa e il ragazzo si trova all’improvviso da solo.
Per questo è importante che la Tata che va via dopo molti anni sappia esprimere il dispiacere del distacco, ma anche la convinzione che il ragazzo diventerà un adulto in gamba e sarà in grado di affrontare quel momento difficile.
Nell’adolescenza, che in Italia inizia intorno ai 14 anni e finisce quando si abbandona la casa dei genitori, l’Assistente Familiare è richiesto solo nel caso in cui l’adolescente sia portatore di patologie, che lo rendono non autosufficiente o incapace di badare a se stesso.
Assistere un adolescente malato può essere molto complesso sia dal punto di vista pratico, sia dal punto di vista emotivo.
Infatti, anche se il ragazzo è cerebroleso il suo corpo ha le trasformazioni puberali e le stesse spinte ormonali e umorali di un ragazzo normodotato.In più, questi ragazzi, in genere molto sensibili, sanno benissimo di essere diversi e cominciano in questa età a soffrire della loro diversità. Magari si innamorano di una compagna di classe, che, insicura perché anche lei adolescente, li maltratta o li prende in giro davanti a tutti. Oppure non riescono a stabilire rapporti con i coetanei, che li evitano .
In questi casi, non basterà un gelato o un buon panino a dimenticare tutto, anche nel caso di un ritardo mentale. Sarà necessario ascoltare la rabbia e la tristezza del ragazzo e aiutarlo a tornare a fantasticare, immaginando che qualche altra ragazza magari un giorno…o aiutandolo a capire quali compagni sono più avvicinabili e come comunicare con loro.
Sarà anche importante con questi ragazzi farsi abbracciare, ma senza permettere carezze sessuali (se non si vogliono).
Con gli adolescenti sani di mente, ma portatori di un handicap è importante ricordare di trattarli da persone sane, senza pietà inutile o senza accettare capricci eccessivi, solo perché “poverino”.
E’ importante che l’Assistente Familiare che lavora con e per un adolescente disabile fisico o sensoriale ricordi che deve contribuire al suo processo di autonomizzazione. Questi ragazzi devono imparare a svolgere da soli tutte le attività possibili e a chiedere aiuto solo per ciò in cui non sono in grado di fare da soli.
Va, tuttavia, ricordato che essi fanno più fatica degli altri e, quindi, hanno maggiormente bisogno di momenti piacevoli, di momenti di riposo e di rassicurazioni.
Tipologie di Personalità e Interventi Educativi Efficaci
Come si è detto in precedenza, ogni persona mette in atto una serie di atteggiamenti, tipici di un certo tipo di personalità.
Anche i soggetti in età evolutiva, fin dai primissimi mesi, manifestano un proprio modo di entrare in contatto con l’ambiente e con le persone .
Questo modo di relazionarsi è proprio del bambino dalla nascita, ma può essere rinforzato o ridotto dal clima familiare e dal modo in cui i genitori e i fratelli si rapportano con lui e tra loro.
E’ importante, quindi, che chi accudisce il bambino sappia capire la tipologia di personalità, in modo da comprendere il bisogno di quel bambino e l’Intervento Educativo più adatto a lui nei momenti di crisi.
E’ facile così comprendere che un bambino ansioso nei momenti di crisi andrà tranquillizzato, ma anche spinto a distrarsi con cose piacevoli e divertenti.
Con un bambino aggressivo bisognerà sempre mantenere la calma, essere tranquillizzanti, in modo da ridurre l’energia interna in eccesso.
Un bambino creativo andrà abbracciato e contenuto nella dispersione delle sue idee, aiutandolo a concretizzare i desideri, facendoli diventare progetti.
Un bambino Emozionale andrà disciplinato e responsabilizzato, insegnandogli, per esempio, ad occuparsi di rimettere a posto i giochi dopo averli usati.
Di fronte ad un bambino eccessivamente tranquillo l’Assistente Familiare dovrà aumentare il proprio livello di energia interna, per incoraggiarlo a svolgere anche attività motorie , senza lasciar perdere solo per timore di non farcela.
Il bambino Invisibile deve essere aiutato con delicatezza a trasformare la sua sensibilità in creatività, incoraggiandolo nelle attività artistiche e esortandolo a chiacchierare.
Infine, con il bambino adesivo, che rischia di diventare dipendente, è necessario che la tata, anche se gratificata dalle sue affettuosità, imponga una certa disciplina, che gli insegni e gli faccia comprendere che non ha bisogno degli altri per tenersi in piedi e fare le cose.
OTTAVO INCONTRO
ASSISTERE UN ADULTO MALATO O DISABILE
Ruolo dell’Adulto nella società italiana e rete dei Servizi di Sostegno
Parlando di adolescenza si è visto come questa età non abbia un chiaro limite nella società italiana, nella quale i figli rimangono nella casa dei genitori spesso ben oltre i venticinque anni.
In molti casi questa permanenza è giustificata dalla difficoltà di trovare un lavoro stabile e dal costo delle abitazioni.
Tuttavia, in moltissimi casi dietro a queste ragioni concrete si nasconde sia la paura dei figli di assumersi responsabilità proprie, sia la paura dei genitori di rimanere soli.
I genitori italiani, e spesso anche quelli stranieri abituati agli usi dello Stato in cui vivono, con difficoltà accettano di non avere più il controllo sui figli; temono il vuoto e la noia di una vecchiaia non organizzata e, pertanto, rifiutano nei fatti di far crescere i figli, anche se a parole li vorrebbero buttare fuori di casa.
Ma, tranne in rarissimi casi, non lo fanno mai, nascondendosi dietro la scusa dell’amore.
Da parte loro i figli, anche dopo aver terminato gli studi e aver trovato lavoro, guadagnano sempre troppo poco e possono usare come scuse le malattie dei genitori e il desiderio di non lasciarli soli .
In altre parole, la società italiana dagli anni Ottanta sembra voler congelare i genitori nel ruolo dei genitori e i figli dentro quello dei figli, non permettendo a nessuno di crescere ed evolvere.
E’ così che si incontrano settantenni che ancora preparano banchetti per le feste di compleanno di figli quarantenni e figli quarantenni, che trascorrono la serata davanti a alla televisione con mamma e papà e, poi, si assentano dal lavoro per prendersi cura di loro, invece di prendersi cura di una propria famiglia.
Nei fatti la società italiana consente questa distorsione dei ruoli, questo prolungamento dell’età adolescenziale , che cristallizza la famiglia e protegge dalla solitudine e dalla povertà l’età anziana, condannando i giovani adulti alla condizione di dipendenza se non economica, quanto meno affettiva da genitori che non li lasciano liberi.
In altri casi, si trovano giovani adulti che, pur avendo costruito una propria famiglia, tuttavia si appoggiano completamente ai genitori sia nel caso di problemi di coppia, sia per la gestione dei bambini in età prescolare.
C’è da dire che la società occidentale , attraverso il continuo bombardamento dei mass media, spinge verso modelli di adulto piuttosto difficili da raggiungere per la maggior parte della popolazione. Infatti, all’uomo è richiesto il raggiungimento di un alto livello professionale ed economico; in più deve essere affascinante e mantenersi in forma, sempre pronto a risolvere problemi e a proporre divertimenti.
Da parte sua la donna nella società occidentale deve gestire perfettamente marito e figli, rimanere sempre bella e in forma e, in più, lavorare fuori di casa, con piacere e successo; deve anche coltivare delle passioni nel tempo libero per non annoiare il partner!
Qualità di Vita dell’Adulto Malato o Disabile nella società italiana
Insomma, i modelli di adulto proposti spingono alla perfezione fisica e intellettuale, all’efficienza e al successo.
Così, è chiaro come l’adulto malato o disabile possa sentirsi inadatto rispetto alle richieste della società e alle aspettative degli altri.
Per esempio, un adulto che deve assentarsi spesso dal lavoro per problemi di salute, potrà essere malvisto o si sentirà insicuro rispetto agli altri colleghi.
Una donna che viene mastectomizzata a causa di un tumore sentirà di non poter piacere, perché non corrisponde all’ideale di perfezione fisica.
Ancor più complicata la vita emotiva e relazionale sarà per chi, a causa di incontinenza vescicale o intestinale, deve far uso di pannoloni, anche in situazioni sociali.
Insieme al bombardamento sulle apparenze fisiche, comunque, da circa trent’anni in Italia si è verificato un aumento dell’attenzione e un espansione della rete degli Enti che si occupano di assistenza sociale, legale e professionale a disposizione degli adulti malati cronici o disabili.
Tali Servizi e ausili, messi a disposizione dal Servizio Sanitario Nazionale e dalle numerose Associazioni di Volontariato consentono a moltissime persone, anche se affette da ritardo mentale o da difficoltà fisiche, di vivere una vita pressoché normale, grazie all’inserimento, quando possibile, nel mondo del lavoro . Inoltre, attraverso la stessa rete di Servizi queste persone possono instaurare e coltivare interessi sociali e rapporti interpersonali,frequentare luoghi pubblici senza barriere architettoniche e andare in vacanza anche senza assistenti.
E’ così che sempre più spesso è possibile assistere a gare atletiche tra persone disabili, ma anche, grazie alle nuove tecnologie, all’inserimento di persone con ritardo mentale, o mielolese o non vedenti in tornei di equitazione, golf o gare di corsa, regate in barca a o rally automobilistici in mezzo a persone fisicamente sane.
Proprio grazie alla possibilità di vivere una vita pressoché normale, comincia a cambiare anche la mentalità sulle possibilità dei disabili e dei malati cronici di avere una vita sessuale e sentimentale. Così, aumentano i matrimoni sia tra persone con handicap sia tra persone fisicamente normali e portatori di patologie croniche. In più, aumentata la possibilità di sopravvivenza e la possibilità di cura, sempre più spesso accade di incontrare coppie abbastanza giovani, rimaste insieme anche dopo un incidente stradale, che ha provocato in uno dei partner una disabilità.
La rete dei Servizi di sostegno per gli adulti malati e portatori di disabilità consente, sempre più frequentemente, a donne affette anche da tetraplegia, o diabete giovanile grave, o malattie degenerative varie di portare avanti una gravidanza anche fino al nono mese, riuscendo poi a seguire , con i necessari ausili, l’allevamento e l’educazione dei figli.
Dunque, almeno nelle zone socialmente più ricche e evolute del territorio italiano, la qualità della vita della persona affetta da patologia cronica raggiunge un alto livello e , in molti casi, le persone , nonostante le limitazioni fisiche, sentono di poter vivere una vita soddisfacente e di poter raggiungere un buon grado di benessere affettivo, professionale e relazionale.
Problemi Etici nel rapporto tra l’Assistente Familiare, l’assistito adulto non autosufficiente e la sua famiglia
E’ chiaro che per raggiungere un buon livello di qualità della vita l’adulto portatore di disabilità deve farsi aiutare da una rete di sostegno, che lo sostituisca per le cose che non è in grado di fare da solo.
E’ per questo che il lavoro dell’Assistente Familiare assume con l’adulto un ruolo essenziale, per consentirgli di mantenere la sua attività professionale, i suoi interessi sociali e la sua vita relazionale.
Talvolta, infatti, si incontrano avvocati o professori universitari che, eccellenti nel loro lavoro, tuttavia, a causa di gravi danni motori e patologie degenerative, hanno bisogno che qualcuno li lavi, li pulisca e nasconda, ove necessario e richiesto, le loro deformità dietro a vestiti ampi e molto coprenti.
In questi casi, se la persona vive da sola, l’Assistente Familiare diviene un punto di riferimento indispensabile e affettivamente irrinunciabile, che lavora dietro le quinte, in modo da consentire una vita normale all’assistito. Se la personalità dell’utente lo consente, il rapporto può diventare molto produttivo e soddisfacente per entrambi.
Più complicato è il caso in cui l’Assistente Familiare collabori con un adulto malato inserito in una famiglia. Se l’assistito è un uomo, la moglie potrà anche essere gelosa, nel caso in cui esista troppa comprensione tra l’assistente e il marito.
Se assistita è una donna, madre di famiglia e moglie, essa , in genere, riuscirà a mantenere il controllo della situazione, dando le direttive e avendo chiare le cose da fare e quelle da non fare.
Il vero problema per l’Assistente Familiare, tuttavia, è quando l’adulto malato vive ancora con i genitori. In questi casi la madre, di solito, tende a trattarlo come un bambino, resistendo ad ogni desiderio di evoluzione emotiva.
Qui l’Assistente Familiare, molto spesso, si troverà diviso tra le richieste dell’assistito e le interferenze dei genitori.
In questi casi sarà essenziale stabilire da chi devono essere prese le decisioni, in modo da non trovarsi costantemente a fare e disfare compiti già svolti. Anzi, quando è possibile, l’Assistente Familiare può diventare complice dell’assistito e sostenerlo nel processo di autonomizzazione dalla famiglia.
Un po’ meno complessa sarà la situazione in cui l’Assistente Familiare lavori con un adulto affetto da ritardo mentale. Questi pazienti spesso rimangono infantili nei comportamenti e sono incapaci di prendersi cura di se stessi.
Sarà, allora, utile sempre informarsi dai familiari in quali cose l’assistito è autonomo e prendersi un periodo di osservazione per comprendere le sue effettive capacità di comprensione del linguaggio e le sue effettive esigenze.
NONO INCONTRO
ASSISTERE UN SOGGETTO ANZIANO
Ruolo dell’Anziano nella società Italiana e Rete di Sostegno
Nella società italiana”anziani” vengono definiti gli uomini sopra i sessantacinque anni e le donne sopra i sessanta. E’ l’età, in cui, in genere, si chiude la vita lavorativa, lasciando il ruolo di genitori per prendere quello di nonni.
In altre parole, spesso la persona anziana perde un ruolo sociale attivo, per dedicarsi ad attività diverse, apparentemente meno importanti.
Così, si potrebbe credere che in una società in cui esiste un continuo bombardamento mediatico relativo all’eterna giovinezza, alla perfetta forma fisica e all’efficienza a tutti i costi,l’anziano non possa avere un posto centrale e debba accontentarsi del ruolo secondario di utente dei Servizi Sanitari. Nei fatti, la situazione è molto diversa. Basti osservare, per esempio, che la vita politica è dominata da ultrasessantacinquenni, che sono intenzionati a mantenere il potere ancora a lungo!
Infatti, se l’anziano non ha gravi problemi di salute, l’età della pensione diviene sempre più spesso il periodo in cui la persona, libera da obblighi familiari e lavorativi, si gode il tempo libero con viaggi e divertimenti, spesso anche con nuovi amori e con impegni professionali più soddisfacenti.
Le cose, ovviamente, si complicano quando l’anziano rimane solo o si ammala, divenendo spesso un problema per se stesso e per i suoi familiari.
In Italia sempre più sono diffuse le residenze per anziani sia pubbliche sia private, che si occupano di accudire coloro che non sono più autosufficienti. Per entrare in una Residenza pubblica è necessario l’intervento del Servizio Sociale, che stabilisce il diritto e le priorità ad avere il primo posto disponibile. Per coloro che possono pagare esistono Residenze private, in cui l’Assistenza è garantita attraverso l’impiego di Assistenti in genere stranieri, o attraverso il lavoro di religiose.
In altri casi, tuttavia, l’anziano e la sua famiglia scelgono di usufruire di un assistente Familiare a domicilio, per permettere alla persona non più autosufficiente di rimanere nella sua casa e tra le sue cose, in modo da evitare la perdita di punti di riferimento conosciuti.
Assistere una Persona Anziana
Negli anziani spesso si verifica una riduzione della capacità di svolgere in modo autonomo le diverse attività quotidiane. Questa riduzione è determinata da un progressivo danneggiamento della facoltà di trattenere le informazioni in memoria. Ciò produce una perdita di dati già noti e impedisce l’acquisizione di nuove informazioni. Altre volte, può verificarsi un rallentamento delle attività e un progressivo ritiro sociale, che vengono inizialmente attribuiti a forme depressive.
In realtà, nel primo caso si è di fronte, probabilmente, ai primi segni della malattia di Alzheimer, mentre nel secondo caso è presente il morbo di Parkinsons, se il rallentamento e il ritiro sono accompagnati da tremori.
Tuttavia, questi sintomi possono rimanere nascosti anche per molto tempo sia nel caso l’anziano viva da solo, sia nel caso viva in coppia.
Infatti, il comportamento collaborativo consente agli anziani conviventi da diversi anni una simbiosi tale da favorire l'integrazione delle carenze reciproche attraverso un automatico scambio di ruoli. Tuttavia, la morte di un coniuge fa emergere, all'improvviso, carenze già esistenti, ma mascherate dalla collaborazione. Così, inaspettata, appare la malattia e la scarsa indipendenza.
L’anziano, disorientato dalla perdita del partner, perde progressivamente la capacità di ricordare gli eventi recenti e in lui aumentano nel tempo gli spazi vuoti.
Ciò produce una graduale incapacità di programmare il quotidiano; aumenta, di conseguenza, l'incertezza, l'insicurezza e la sospettosità, dal momento che questo malato non sa di non ricordare.
D' altro canto, le reazioni della persona di fronte alle difficoltà dovute a una patologia, che non sa e non ricorda di avere, dipendono anche dal carattere, dall'educazione, dal ruolo sociale.
In tutti i casi, comunque, comincia a ricercare nella rievocazione degli eventi passati quei punti di riferimento necessari per trovare, almeno in parte, orientamento e stabilità. A tale scopo, spesso questo soggetto narra fatti che sembrano inventati, ma che in realtà non sono altro che frutto della rielaborazione di ricordi remoti.
Può anche accadere che, dimenticando per esempio il posto nel quale ha nascosto i soldi, l'individuo cominci a pensare che qualcuno glieli abbia rubati; di conseguenza, aumenta progressivamente la sua sospettosità fino a sfociare in veri e propri deliri di persecuzione.
Ma è del tutto inutile e inopportuno colpevolizzare l'anziano per carenze non volute, né conosciute.
Per quanto riguarda la presunta violenza caratterizzante il malato di Alzheimer, essa, nella maggior parte dei casi, si manifesta come accentuazione di un aspetto della personalità già presente quando il soggetto era in piena salute.
Dal momento che hanno subito un danno alla facoltà di Memorizzare a Breve Termine, queste persone non possono essere educate. Peraltro, poiché vivono e sopravvivono grazie alle loro impressioni, essi sono sensibili e recettivi al dolore che può divenire un rinforzo per la Memoria.In altre parole, questi anziani non sanno e non ricordano il motivo, per cui la presenza di una certa persona riesce a tranquillizzarli o ad agitarli. Tuttavia, da queste reazioni è possibile comprendere se le persone con cui trascorrono il tempo hanno con loro una relazione positiva o negativa.
Per tali ragioni, esistono alcune regole utili da seguire nel trattare questi soggetti:
· assecondare le loro dimenticanze, fingendo che sia effettivamente la prima volta che li si incontra e, quindi, ripresentarsi ogni volta;
· avvicinarsi sempre delicatamente, ma non mestamente, e con un sorriso, che è un segno tranquillizzante di sicurezza;
· integrare le loro insufficienze con una collaborazione silenziosa e amorevole;
· sintonizzarsi sulla loro lunghezza d'onda, benché sia faticoso e doloroso;
· potenziare al massimo la capacità di autocontrollo, per evitare rabbia e risentimento;
· evitare di spostare oggetti o di modificare orari e abitudini, in modo da ridurre al minimo le possibilità di disorientamento;
· evitare lo spostamento in luoghi non familiari, che producono depressione con regressione e deterioramento improvviso.
Dunque, lavorare con un anziano malato di Alzheimer o anche affetto da patologia tumorale in fase terminale richiede non solo molta fatica fisica, ma anche un notevole impegno emotivo. Nonostante le difficoltà di rapporto, in molti casi l’Assistente Familiare si coinvolge affettivamente con l’assistito. Questo certamente aiuta l’anziano a sentirsi accolto e non abbandonato. Tuttavia, il coinvolgimento espone l’Assistente al rischio non solo di sofferenza, ma anche di burn out.
Il burn out è un disagio tipico di tutti gli operatori in campo sociale. Si manifesta quando la persona lavora malvolentieri o ha difficoltà a staccarsi dall’assistito. Possono aggiungersi anche sintomi fisici come problemi di digestione, disturbi del sonno e dell’umore.
In questi casi, è fondamentale riuscire a conservare le ore libere, in modo da poter rigenerare le proprie energie. Oltre a dormire per recuperare il sonno perso a causa dell’accudimento, è utile che l’Assistente trascorra il tempo libero passeggiando all’aperto e trascorrendo ore in compagnia di persone allegre, che permettano di allontanare l’attenzione dai problemi.
APPENDICE
Dott.ssa Sarah Paluzzi
Assistere un bambino e un adolescente
20 Aprile 2006
Parlare del lavoro di baby sitter o tata, comporta un discorso molto ampio che coinvolge anche la famiglia del bambino, in quanto per il ruolo che si deve svolgere, si diventa un punto di riferimento importante dopo i genitori e i nonni.
La scelta della tata a cui affidare il proprio figlio è una scelta difficile per la mamma, che si pone mille domande su chi scegliere: una giovane ma troppo inesperta o una anziana ma magari meno adatta al ruolo? Una che si comporti come lei o una completamente diversa? Pensate ai sentimenti che scattano nei confronti della persona che si occuperà del piccolo: gratitudine, competitività, gelosia o collaborazione. Insomma, il vostro ingresso nella famiglia sarà un evento comunque importante per la famiglia stessa.
Le mamme italiane si affidano alla baby sitter spesso per l’impossibilità di abbandonare il proprio lavoro, oppure perché non hanno nonni in grado di aiutarle: in ogni caso, la presenza della tata, consentirà loro di conciliare le esigenze lavorative con quelle familiari.
Una volta individuata la tata che sembra quella giusta, inizia un periodo di rapporto a tre (madre-bambino- baby sitter) di conoscenza reciproca, di adattamento e di tentativi ed errori che sfoceranno poi nella fiducia da parte delle parti coinvolte. Questo cosa vuol dire? Prendersi del tempo per imparare a conoscere la mamma e le sue esigenze, i suoi timori, la sua personalità, capendo quindi cosa dire e come dirlo.
Che tipo di madri incontrerete? Difficile dare una risposta certa e fare una classificazione sicura, ma la mia esperienza, ha individuato tre tipi di madre:
la madre ANSIOSA (iperprotettiva, ipercontrollante, insicura, invadente). Secondo il mio parere, è facile che persone del genere ci spingano a sentirci continuamente sotto controllo e inadeguate: i primi tempi cercate di assecondare le esigenze, questo tenderà a sciogliere la tensione, e vi permetterà di lavorare meglio dopo. I primi tempi evitate le iniziative, ma tendete a rassicurare la mamma, mostrandole le vostre capacità.
La seconda: madre COLLABORATIVA. Può capitare di incontrare madri che tendono ad avere
fiducia nella persona che si prenderà cura del proprio bambino, ovviamente dopo un periodo di attenta osservazione (mai del tutto invasiva) del vostro operato. E’ di solito innanzitutto una persona sicura di se e delle scelte che fa, quindi vi darà consigli e suggerimenti ma non limiterà il vostro campo d’azione. In linea di massima, anche i bambini sono bambini solitamente tranquilli, con un solido rapporto madre-figlio e ben disposti nei confronti dell'altro estraneo.
In alcuni casi, nascono un confronto e una collaborazione molto interessanti.
La terza: madre ASSENTE. l'assenza di una madre può avere diverse motivazioni: lavoro molto impegnativo con trasferte fuori città; difficoltà nel gestire la maternità e quindi tendenza molto forte a delegare ad altri ciò che dovrebbe fare lei, la nascita di un secondo figlio che porta a calamitare le attenzioni sull'ultimo nato, oppure malattia fisica o mentale che costringe la madre a periodi forzati di lontananza da casa. Cosa fare in questi casi? per ogni situazione la modalità di comportamento è diversa, e soprattutto negli ultimi due casi, importante è non cercare MAI di sostituirsi, ma cercare di affiancare, cercare di lavorare comunque con le madri, dando loro così l'opportunità anche di sentirsi maggiormente supportate.
In ogni caso, le mamme definiranno con la baby sitter delle regole e dei confini: vi consiglio di accettarli, rispettarli e mantenerli perché poi la maggior parte della cura spetterà a voi, e con un po’ di buon senso e sensibilità le cose andranno per il verso giusto. D’altronde, l’interesse principale di una madre è quello di rendere il più possibile serena l’esistenza del figlio, quando lei è assente. Ricordatevi sempre che non siete le madri del piccolo che accudite, ma lo accompagnate durante l’assenza della madre- cioè, non imitatela, non sentitevi lei,anche perché sarebbe dannosa per il bambino una duplicazione della figura materna (insomma, il bambino potrebbe sentire di avere due mamme!!), ma mantenete la vostra personalità, il vostro modo di essere, mantenendovi coerenti sia con le regole proposte dai genitori sia con quello che ritenete giusto o sbagliato. Importante: poche regole da parte vostra, ma cercate sempre di mantenerle!
In tutto ciò, non possiamo tralasciare il lato più importante: il rapporto con il bambino!
Dovrete seguirlo nella sua totalità, dalle cure materiali che possono essere quella di fare il bagno, vestirli, preparare i pasti, giocare, addormentarli, portarli a scuola fino ad arrivare a coccolarli quando sono malati, abbracciarli quando sono tristi, raccogliere le loro emozioni e sensazioni. Si entra nel mondo del bambino ma soprattutto nel microcosmo familiare- si dovrà imparare a conoscere il bambino, ma anche le esigenze della famiglia.
Dalla mia esperienza, posso dire che i bambini devono venire verso di voi, lasciatevi toccare, esplorare, non “aggrediteli” con baci e abbracci, tono di voce troppo alto quando per loro siete ancora una novità. Anche per voi sarà importantissimo imparare a conoscerlo, quindi osservatelo a lungo, cercate di imparare le sue esigenze, i suoi gusti alimentari, il suo linguaggio: solo così nascerà fiducia e il lavoro sarà meno difficoltoso.
Trascorrendo molto tempo insieme al bambino che si prende in carico, può succedere che si verifichino dei piccoli incidenti domestici: il bambino può farsi male o può avere la febbre molto alta. Appena succede qualcosa che ritenete difficile gestire da sole, è bene contattare subito i genitori, spiegate la situazione e se pensate sia stata vostra negligenza, ditelo subito, non aspettate che siano i genitori a pensarlo, altrimenti verrà meno la fiducia nei vostri confronti. Può capitare che un bambino, nel pieno della sua vitalità, si possa far male, e quindi è ovvio che non verrete accusate voi ogni volta che questo accade, i genitori conoscono il proprio figlio e nel tempo conosceranno anche il vostro modo di relazionarvi con lui, però ci tengo a evidenziare che niente deve essere tralasciato, parlate sempre ai genitori se vi accorgete che c’è un livido che il giorno prima non c’era, se è caduto mentre era in vostra compagnia, se vi siete distratte ed è scivolato: è importante perché in situazioni più gravi non ci siano accuse immeritate.
Insomma, dovete entrare in “punta di piedi” in una famiglia e accompagnare il bambino lungo il suo delicato percorso di crescita. A questo proposito voglio richiamare la vostra attenzione sulla responsabilità che avete. Ogni lavoro comporta delle responsabilità, ma in questo caso, per il fatto che c’è un bambino che scoprirà molte cose per la prima volta con voi, è vostro dovere fare in modo che le viva senza “traumi” e che possa essere il più possibile sereno. Dovrete fare in modo che il bimbo non si senta “abbandonato” dai genitori per il solo fatto di essere affidato ad un’altra persona, ma anzi sarà vostra cura fargli sentire sempre l’affetto della mamma e del papà anche quando non ci sono. Ricordate che quel bambino in futuro sarà un uomo adulto e che la sua sicurezza, la sue serenità, dipenderanno anche da voi, da quello che, insieme alla famiglia, gli avete insegnato, come il rispetto verso gli altri e l’educazione.
I bambini osservano tutto e tendono ad imitare tutto: consiglio quindi anche a voi di tenere un atteggiamento sempre corretto, evitando parolacce, gesti volgari, o comportamenti incivili come buttare la carta per terra o scarso rispetto per i luoghi pubblici.
Insomma, un lavoro importante che, ben fatto, vi darà grandi soddisfazioni!
In bocca al lupo!
ESERCIZI
1) Statua Comunicante. Si pone una persona con le spalle al gruppo. La persona deve stare pressoché immobile, in una posizione neutra. Di tanto in tanto emette degli sbuffi.
Al gruppo si chiede di osservare in silenzio e pensare cosa sta facendo la statua in quella posizione.
Dopo aver ascoltato le opinioni di tutti su ciò che la statua fa e su come si sono sentiti ad osservarla, si fa notare come ognuno ha interpretato la situazione in base alla sua esperienza e alla sua personalità.
Esercizio iniziale per dimostrare come ognuno decodifica la realtà in base alla propria Mappa e al suo Canale Sensoriale Dominante.
2) Esercizio della Vergogna.
Si mette una persona in piedi al centro del gruppo per qualche minuto.
Al termine si chiede ad ognuno come si è sentito ad osservarla.
Questo esercizio serve per insegnare al gruppo cos’è l’empatia, cioè il mettersi nei panni dell’altro.
3) Esercizio dei Canali Sensoriali.
Si pone il gruppo in posizione di rilassamento e poi si induce la sperimentazione di fenomeni sensoriali, che possono essere facilmente generati.
Al termine dell’esercizio si chiede ad ognuno di procedere alla verifica del fenomeno che più facilmente è stato sperimentato.
L' esercizio che segue, facilita l' individuazione del Canale Sensoriale più facilmente attivato per entrare in contatto con la realtà.
Per far ciò, è opportuno rilassarsi e chiudere gli occhi, in modo da essere aiutati ad immaginare, sentire e percepire. Verranno usate diverse formule, per favorire la consapevolezza
di quale SR viene attivato più frequentemente.
Immaginate un quadrato rosso, che poi piano piano piano sfuma nel verde e, poi a seguire, nell' azzurro. Oppure potete immaginare una persona che conoscete bene.
Ora potete creare una rappresentazione cenestesica, cioè una sensazione corporea, mettendo le mani sotto la sedia dove state seduti e irrigidendo i muscoli delle braccia, tirando con le mani il sedile, potete premere i piedi per terra, mentre fate
questo e rendervi conto che c'è un pavimento duro e solido sotto i vostri piedi... E mentre state in questa posizione, potete scegliere di avvertire una forte sensazione di calore, emanato da un fuoco che arde in una stanza nel camino...Oppure, in alternativa, la pressione di In alcune leggere coperte sul vostro corpo...
Potete allentare la presa e mettervi comodi... Potete creare una rappresentazione uditiva, un suono, il tintinnio della pioggia fuori sul prato, il suono e il rombo di un tuono lontano, seguito da un rombo ancora più forte...
Potete scegliere di creare una rappresentazione gustativa. Per esempio, il sapore del limone sulla lingua...il salato delle patatine fritte...
Oppure una rappresentazione olfattiva...il profumo di una rosa fragrante...oppure il profumo che avete sentito addosso ad una persona a voi cara...
Quando pensate di averne abbastanza, aprite gli occhi. Dove avete avuto maggiore facilità? Dove maggiori difficoltà?
4) Esercizio del Contatto Oculare.
Si chiede al gruppo di suddividersi in coppie. Ogni coppia deve guardarsi in silenzio per qualche minuto.
Al termine si chiede a ogni partecipante come si è sentito e come ha sentito l’altro.
5) Esercizio del “Sapere come ci si sente”
I partecipanti, divisi in coppie, a turno devono essere bendati (o sedersi su una sedia a rotelle) e farsi accompagnare per circa dieci minuti da un altro.
Al termine si chiede quali sono state le difficoltà emotive e pratiche nel condurre e nell’essere condotti.
ALCUNE RIFLESSIONI DEL DOCENTE
Il gruppo che si è iscritto al corso, inizialmente, è composto da 30 persone (28 donne e due uomini), di età media intorno ai 35 anni.Al termine sono rimasti in ventuno, due uomini e diciannove donne.
I Paesi di provenienza sono: Albania, Congo, Ecuador, Eritrea, Ghana, Marocco, Perù, Polonia, Romania, ,Russia, Senegal, Ucraina.
La presenza in Italia dei partecipanti varia dai vent’anni ai tre mesi, con una media intorno ai sei anni.
La prima difficoltà è stata, senz’altro, la comprensione di quanta padronanza della lingua italiana fosse presente nel gruppo.
La seconda difficoltà è stata quella di presentare una lingua il più possibile comprensibile a tutti, con esempi concreti vicini all’esperienza della maggior parte dei presenti.
La terza difficoltà è stata quella di rispettare la sensibilità culturale di ogni partecipante, evitando stereotipi e esempi maldestri:
“Chi di voi arrossisce quando si vergogna?” Le signore di colore si sono in parte divertite ,e in parte risentite, della domanda ingenua.
Un’altra difficoltà è stata quella di dare per scontato che le ricerche sul linguaggio non verbale risalenti agli anni ’70 fossero attendibili ; si è scoperto che non è poi così vero che le emozioni si esprimono in tutto il mondo nello stesso modo. Per esempio, in Italia quando si litiga, ci si avvicina, nei Paesi dell’Est, ci si allontana.
Anche nelle espressioni del linguaggio Non Verbale esistono delle differenze, che possono indurre in equivoco.
Molto difficile è stato spiegare il processo di insegnamento e, sostanzialmente, tutti gli argomenti da trasformare in esempi concreti. Non è stato possibile espandere e approfondire la Teoria della comunicazione, a causa della difficoltà della lingua, sebbene i presenti partecipassero con numerose domande e interventi ben mirati.
Peraltro, è stato ben recepito il passaggio dalle emozioni di base alle tipologie di personalità, che ha molto interessato il gruppo, per la praticità di uso nel quotidiano.
A causa di un calo di energia del docente (dovuto a una forma influenzale piuttosto vigorosa) è stato complesso trasmettere le peculiarità caratteriali e comportamentali del Ruminante e dello Sballone e, quindi, le Competenze Comunicative dell’Incoraggiamento e del coinvolgimento Emotivo. Infatti, moltissimo del grande scambio che è avvenuto con il gruppo è stato prodotto dalla capacità di adattare il linguaggio Non Verbale alle esigenze del Training.E, dunque, scarseggiando le forze fisiche, ne ha risentito proprio la Comunicazione non verbale.
I partecipanti al Corso hanno trovato molto utile la presenza in tre incontri di ospiti , che hanno narrato la loro esperienza.
La prima ospite (sesto incontro) ha raccontato la sua esperienza di familiare di un anziano, che necessita di assistenza; ha spiegato il significato e l’importanza che l’Assistente Familiare assume nell’alleviare il compito dell’accudimento e nel restituire ai familiari di una persona non autosufficiente la possibilità di avere anche una loro vita.
Nel settimo incontro la Dottoressa Paluzzi , psicologa dell’età evolutiva, che ha scelto di occuparsi a tempo pieno dell’assistenza domiciliare all’infanzia ha parlato del rapporto tra l’Assistente e i genitori e del rapporto tra l’assistente e il piccolo. Ha descritto alcune tipologie di madri e le modalità per avere con loro una buona collaborazione. Ha sottolineato l’importanza di comportamenti eticamente corretti e della fiducia reciproca.
Infine, nell’ottavo incontro è stata invitata una coppia (marito e moglie di giovane età) affetti lei da atassia, che l’ha già resa totalmente tetraplegica, e lui da sclerosi multipla, che per ora gli consente ancora una totale mobilità della parte superiore del corpo. Era presente l’assistente familiare che da quattro anni vive in casa e aiuta la giovane in tutto ciò che le serve.In seguito a questo intervento è nata l’idea di ospitare i partecipanti che lo desideravano ad un giorno di Stage nella loro casa, , che presenta molti ausili automatizzati e telecomandati per aiutare la coppia nello svolgimento delle attività quotidiane.
VERIFICA DEI CONTENUTI APPRESI
Nome e Cognome ………….………………………………..
Data………………………..…………………………………
Voto………………………………………………………….
1) Come si chiama il Disturbo Neurologico che impedisce di dire ciò che si vuole dire e che impedisce di capire quello che gli altri dicono?
A) Sordità.
B) Afasia.
C) Amaurosi.
2) Il Messaggio Autentico della Comunicazione è contenuto:
A) Nel Linguaggio Strumentale.
B) Nel Linguaggio Verbale.
C) Nel Linguaggio Non Verbale.
3) Quando una persona è molto arrabbiata cosa bisogna fare?
A) Accogliere la sua rabbia, parlando lentamente e a voce bassa per tranquillizzarla.
B) Arrabbiarsi con lei per la maleducazione.
C) Abbracciarla forte forte.
4) Chi è l’Invisibile?
A) Una persona capace di amare, che sa gratificare, ma che rischia di dipendere dagli altri, perché è troppo bisognosa di affetto.
B) Una persona responsabile, che sa rimproverare, ma che rischia di non comprendere gli altri, perché è troppo presa dalle sue paure.
C) Una persona sensibile, che sa sostenere, ma che tende a invidiare la spontaneità degli altri, dal momento che si vergogna.
5) La Personalità Delirante è esperta nell’Insegnamento. Ma cosa significa Insegnare?
A) Trasmettere e spiegare nuovi contenuti, facendo riflettere e ragionare.
B) Coinvolgere in nuovi progetti, convincendo e seducendo gli altri.
C) Incoraggiare a realizzare un progetto, spingere ed esortare anche quando sembra tanto difficile e faticoso.
6) La Famiglia Allargata è quella formata da:
A) nonni, genitori, figli, zii, nipoti, tutti conviventi nella stessa casa o molto vicini.
B) genitori e figli, che vivono soli, magari nelle grandi città.
C) pezzi di famiglie diverse, che si uniscono per fare una nuova famiglia.
7) Come si definisce la madre che non si interessa del suo bambino, o che non c’è per motivi di lavoro o per problemi familiari?
A) Ansiosa.
B) Collaborativa.
C) Assente.
8) Quando un bambino fa i capricci in pubblico, cosa si deve fare?
A) Rimproverarlo.
B) Comprargli ciò che desidera.
C) Abbassarsi alla sua altezza e abbracciarlo forte forte.
9) Quando la persona che viene assistita si sente male qual’è la prima cosa da fare?
A) Chiamare i familiari.
B) Chiamare il 118.
C) Chiamare il medico di famiglia.
10) L’anziano malato di Alzheimer dimentica ogni cosa nuova. Come si può capire se ha un buon rapporto con l’Assistente Familiare?
A) Perché non gli fa i dispetti.
B) Perché gli racconta il suo passato.
C) Perché è tranquillo in sua presenza.
11) L’Assistente Familiare come può evitare il rischio di burn out?
A) Non rispettando gli accordi presi inizialmente.
B) Lasciando sola la persona non autosufficiente.
C) Prendendosi le ore libere per riposare, passeggiare e distrarsi dai problemi.