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Essere un Counselor

di Emanuela Mazzoni

 

Entriamo in classe, con facce perplesse i ragazzi ci osservano, ci guardano e si chiedono.. chi sono questi?
Orientare fin dal primo momento significa dare il là, cominciare a far entrare i ragazzi in un percorso di conoscenza che li porterà lontano. Le prime parole all'entrata in classe sono di apertura, ci lasciamo guardare, ci lasciamo vedere da loro che sono curiosi  e si chiedono.. ma chi sono questi? Cercando di capire cosa vogliamo, dove andremo a parare.

Di solito la domanda successiva alla prima pausa del discorso è: quante ore di scuola si perde? ed è vero, nella loro ottica, come per ognuno quando aveva quest'età, la parte più interessante di ogni avvenimento extrascolastico è "che bello perdiamo un'ora di matematica, due ore di latino, un'ora di diritto, così scampo all'interrogazione, così evito la prof che non sopporto, ecc".

E oltre a "perdere" un'ora di scuola che si fa? Cominciamo con il questionario di personalità di  classe. Le caratteristiche degli studenti, di  ognuno come singolo, ma inserito nel gruppo classe, emergono di  domanda in domanda. Saltano all'occhio delle relazioni importanti, in quel gruppetto le ragazze danno spesso la stessa risposta, questo vuol dire che si sentono simili, quindi sono amiche; quando le incontreremo individualmente o in gruppo parleremo con loro del significato della loro amicizia e di come questa può essere importante per le scelte future.

Oppure quel ragazzino nel primo banco, un pò laterale, in disparte, tende a stare da solo e anche durante le risposte non si confronta con nessuno, dice la sua e poi torna in silenzio. Con lui partiremo nel colloquio su come si sente a stare da solo, se i compagni gli stanno antipatici  o se forse lo prendono costantemente in giro e se è opportuno riporteremo il discorso in classe con tutti i compagni. Oppure quel ragazzo sempre al centro dell'attenzione, che focalizza tutti gli sguardi su di sè, che risponde sempre per primo, che vuole dire la sua, che non aspetta di sentire gli altri ma si butta con la risposta pronta; con lui parleremo nel colloquio del vantaggio di non essere visibile e estroso continuamente.

Durante tutta la durata del questionario di classe si notano tutte  queste piccole e grandi cose che possono essere molto importanti nel colloquio individuale di orientamento.
Dal questionario ricaviamo i dati relazionali della classe e la prevalenza di alcune relazioni di affinità o di alcune relazioni di opposizione, la forma della classe e le dinamiche interne. Avere queste indicazioni ci permette di ottenere una visione chiara e distinta della classe in cui agiscono tutti gli studenti dai gruppetti, a coloro che stanno soli, ai confusionari.
Il questionario collettivo è anche un momento piuttosto divertente per gli studenti, che possono lasciarsi un pò andare, rilassarsi, e intanto rispondere ad alcuni interrogativi sulla propria classe e sulle proprie amicizie. Questo momento che  per alcuni è una novità, per altri può essere un sollievo perchè non vedevano l'ora che qualcuno gli permettesse di dire alcune cose rimaste sempre latenti e nascoste, e che nessuno aveva mai avuto il coraggio di esprimere, per altri ancora è curioso e destabilizzante.
A questo punto conosciamo la classe tanto da poterle dare una forma e con queste informazioni dopo un pò di tempo ritorniamo per discutere con gli studenti la rilevazione. In questi momenti la rilevazione diventa anche intervento e mentre costruiamo la cornice inseriamo degli stimoli per muovere la classe in una direzione o in un'altra. Ci sono classi che hanno bisogno di diventare più unite, classi che hanno bisogno di diventare più sensibili, oppure più funzionali, di imparare il senso di giustizia e avere il coraggio di lottare, di essere coinvolgenti e spensierate, di acquisire calma e fermezza, di capire il senso della libertà. Per ognuna di esse è possibile intervenire in una direzione diversa per lanciarla verso lo sviluppo delle sue potenzialità invece che verso (il caso purtroppo della maggioranza delle classi) un circolo vizioso che porta alla distruzione dei rapporti.

Essere parte di una classe scanzonata che si è appena costituita (come le prime) ha un significato diverso di una quinta confusionaria in cui non si riesce a far durare l'attenzione per più di un minuto. Anche l'intervento si diversifica in quanto in prima è ancora tutto in gioco e le relazioni si devono ancora ben strutturare, più che altro c'è da lavorare sulla basi della classe. E mettere delle buone basi significa certamente vivere molto meglio che non in una classe costituitasi per caso. In una quinta per lo più c'è da limitare i danni e l'intervento sarà mirato a recuperare quella parte non ancora depotenziata e rafforzarla perchè almeno quel gruppo non si dissolva.

Dalla classe al singolo

Dalle discussioni in classe emerge un bisogno forte e concreto dei ragazzi di confrontarsi con adulti significativi riguardo gli aspetti della loro vita come le amicizie, i miei desideri, quello che penso di me, chi sarò tra dieci anni, come mi sento  a stare in quella classe, non avevo mai pensato che questa mia sensibilità fosse una caratteristica importante, non so come si fa a rimorchiare quella ragazza, non so perchè non sono più la prima della classe come alle medie, cosa vuol dire diventare avvocato?, vorrei che la mia famiglia fosse più unita, vorrei non dover fare tanta fatica per rispettare sempre le aspettative degli altri, bisogna essere responsabili delle persone a cui vogliamo bene...

I ragazzi che abbiamo incontrato, all’inizio con un pò di timore, dialogano con noi sulle caratteristiche emerse dai questionari, parlano di quello che pensano, rimangono stupefatti chiedendo “ma come fai a sapere queste cose di me?” così siamo entrati in relazione e qualcuno si è aperto raccontando della scuola che non va e che non si sente compreso, qualcuno rimanendo più rigido e discutendo delle caratteristiche professionali per diventare un buon medico, della differenza tra emozionale e sensibile.

La possibilità di stabilire un dialogo su argomenti comuni e condivisi, nelle classi come individualmente ci ha permesso di rilevare il bisogno latente di discutere apertamente di ciò che vivono.

 

Passare come comete...

Qualche ragazzo ci ha obiettato: “siete arrivati in classe, ho messo delle crocette, abbiamo cominciato a parlare di me, ora che mi sembra di conoscerti da sempre già te ne vai?”

Essere counselor significa anche questo; entrare in contatto con una persona tanto velocemente quanto intensamente, accendere una discussione importante, confrontarsi e poi lasciare che la persona faccia la sua scelta e trovi in se stessa le risorse per metterla a regime. Non risolvere il problema, ma insegnare a farlo, in poco tempo, con grande precisione. Evitando di condizionare esercitando pressioni reiterate nel tempo (come nella propaganda e nella pubblicità, o come insegnano le tecniche di condizionamento mentale) ma solamente offrendo una visone alternativa.

 

Processi di scelta

Operare una scelta consapevole significa essere liberi dai condizionamenti. Il counselor interviene per recidere i condizionamenti che sono alcune amicizie troppo forti, giudizi stereotipati, bisogni affettivi che impastoiano la propria possibilità di vedere senza “prosciutto sugli occhi”.  Il counselor con delicatezza scosta il prosciutto dagli occhi, per vedere cosa c’è oltre, poi discute di quello che si vede.

In psicologia del cambiamento si passa da una fase di immobilità, ad una di reperimento delle risorse, a quella di attivazione delle energie, infine alla presa decisionale.

Per innescare tale processo ed arrivare alla decisione c’è bisogno dell’innesco, come la dinamite ha bisogno del fiammifero. Diciamo che il counselor fa il fiammifero, cercando di fare luce sopra l’apparente confusione, aumenta la consapevolezza e poi scompare per lasciare libera la persona. Perchè la crescita si stabilizzi e l’appreso diventi stabile risorsa della persona, c’è infatti bisogno che essa stessa metta in gioco qualcosa di sè.

Per riuscire a fare tutto questo con il minimo dispendio di energie, di tempo e la massima efficacia, c’è bisogno dello strumento del questionario.

 

Il questionario di artigianato educativo

Un questionario è lo strumento che serve al counselor per avere in mano le caratteristiche principali di una persona senza averla mai conosciuta direttamente. Il grafico a sette assi che risulta dal questionario indica quale combinazione specifica di caratteristiche ha sviluppato quella persona nella sua vita fino ad oggi. Ad esempio ci può dire che una persona è molto responsabile, talvolta fin troppo perchè non si lascia mai andare, o che è estremamente sensibile e chiusa in se stessa tanto da avere timore di esprimersi, o che quella persona è così visibile e coinvolgente che tutti la stanno sempre  a sentire e diventa facilmente l’anima della festa.

Certo è importante sapere che ciò non significa che può bastare un questionario per capire la complessità e le sfumature che animano una persona, ma è comunque una buone dose di indizi per capire come condurre il colloquio e da dove partire.

Adesso che ho il grafico posso già cominciare a rivolgermi a quella persona timida cercando di incoraggiarla, o a quella persona controllata con quiete e tranquillità e alla sballona con una certa serietà e rigore. La discussione parte proprio dalle caratteristiche emerse dal test, s’intreccia con le esperienze e con i vissuti del ragazzo, s’incanala nei suoi desideri, nelle sue aspettative, e si trasforma nella concretezza di un’idea professionale.

 

 

 

 

 

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