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Seminario di formazione su

LA COMUNICAZIONE NEL RAPPORTO 

 MEDICO

 PAZIENTE

Medici di Base ASL 9 GROSSETO

 

OBIETTIVO DEL CORSO:

Disporre i medici partecipanti ad una modulazione più consapevole della loro comunicazione verso i pazienti, in particolare con quelli  che hanno:

1) dipendenza da sostanze

2)dipendenza psicologica da altre persone o da abitudini

3)problematiche connesse all’alimentazione

4)eventi che hanno generato ansie, angosce, irrequietezza, depressione o panico

5)malattie terminali

1. La partecipazione del paziente alle decisioni

La partecipazione del cittadino alle decisioni cliniche è un tema centrale nel rapporto medico paziente perché un paziente attivo e consapevole ha più possibilità di ottenere beneficio dalle cure rispetto a un cittadino passivo e non partecipante.

Innanzitutto, come scrive Wear1 vi è una “evidenza sostanziale” per la quale il consenso informato è un fattore chiave nella soddisfazione del cittadino e che i cittadini affrontano meglio le situazioni se si adattano più facilmente.

La partecipazione del paziente diventa effettivamente possibile solo laddove si sia attuato un incontro tra medico e paziente in grado di disporre il paziente ad una relazione efficace con il medico.

Il tema del percorso formativo è inerente alle forme della comunicazione tra medico e paziente orientata sulla personalità di questo ultimo sia esso “sano ma preoccupato” che affetto da qualche patologia.

 

2. Risultati della partecipazione del paziente

Il processo partecipativo conduce al perseguimento di alcuni importanti risultati per i pazienti:

1.      L’anticipazione del dolore e del disagio che si verificheranno tende a diminuirne gli effetti. Preannunciare l’insorgere del dolore permette di diminuirne l’intensità quando questo sopraggiunge, mentre è necessaria un’anestesia più potente nel caso non sia dato tale annuncio. E questo il risultato di numerose ricerche condotte da Wallace2.

2.   Nella misura in cui il problema deriva da comportamenti autodistruttivi del cittadino, è possibile perseguire obiettivi preventivi.

3.   Al cittadino possono essere presentati possibili effetti cronici (conseguenti al trattamento) per il suo stile di vita e può essere assistito per organizzarsi.

4.   Il clinico può spesso migliorare la possibilità di un trattamento efficace generando un cittadino informato, impegnato e persino ottimista3.

5.   Se i risultati dell’intervento sono inferiori alle aspettative, il cittadino accetta più serenamente le conseguenze se ne ha conosciuto i rischi in precedenza.

6.   È dimostrato che una partecipazione comunicativa attiva aumenta l’aderenza al regime di cura (compliance).

Possiamo quindi asserire che una partecipazione attiva del cittadino al processo decisionale accresce la sua soddisfazione per l’istituzione sanitaria. Una maggior fiducia nella struttura sanitaria e nelle persone che la incarnano favorisce decorsi più lieve e meno dolorosi: ma questo non avviene per un implausibile “effetto placebo”, bensì grazie all’empowerment del cittadino e delle sue cognizioni socio-sanitarie e grazie alle accresciute possibilità di aderenza ai regimi di cura e convalescenza.

 

3.    Contenuti del processo formativo

 

Il percorso di formazione si pone l’obiettivo di disporre i medici partecipanti ad una modulazione più consapevole della loro comunicazione verso il paziente. Le modalità’ relazionali e comunicative adottate dal medico sono infatti frutto della sua esperienza professionale e del modello di rapporto che ha stabilito con i suoi pazienti determinati sia dalla specifica personalità del medico che dalla sua frequentazione con i pazienti.

In linea di massima tali modelli sono efficaci e la comunicazione, anche quando si faccia critica, è comunque gestita con autorevolezza dal medico a meno che non si abbia a che fare con personalità che presentano disagi psicosociali non immediatamente visibili attraverso il contatto comunicativo.

Sorge in questi casi la necessità di una diversa interpretazione psicologica dei bisogni del paziente e di pervenire a forme comunicative più efficaci.

Ciò accade di fronte pazienti che associano alla patologia fisica forme di:

1) dipendenza da sostanze

2) dipendenze psicologiche da altre persone o da abitudini (dipendenze da gioco)

3) problematiche connesse all’alimentazione (bulimia o anoressia)

4) crisi delle relazioni interpersonali e somatizzazione del disagio vissuto

5)   eventi traumatici che hanno ingenerato ansie, angosce, irrequietezze, depressioni o panico.

Recentemente sono state unificate numerose scale per analizzare la personalità dei pazienti (Hospital Anxiety and Depression Scale, Illness Perception Questionnaire, Somatosensory Amplification Scale, Private Body Consciousness Scale, Health Anxiety Questionnaire), che valutano l’amplificazione della sensibilità somatica, dell’ansia, della depressione e del pessimismo4 in un unico modello che racchiude le diverse componenti psicologiche presenti nei pazienti.

Tali studi discutono anche sulle implicazioni sociali, famigliari e lavorative del paziente e mostrano la necessità di individuare i tratti socioculturali della personalità, dello stile di vita, di relazione e di lavoro del paziente e modellare su questi l’atteggiamento comunicativo-relazionale più efficace.

Ad esempio: interventi di rassicurazione con coinvolgimento emotivo per pazienti ansiosi; di incoraggiamento per pazienti avviliti e spaventati; di informazione per pazienti dubbiosi o eccessivamente dipendenti; di tranquillizzazione per pazienti inquieti o agitati; di sostegno per pazienti depressi, di responsabilizzazione, anche mediante rimprovero, per pazienti incostanti nella cura e poco attenti ai rischi, di gratificazione e trasmissione di affettività per pazienti inclini alla mentalizzazione dei problemi e alla solitudine.

Tali modelli di relazione sono solitamente messi in atto dai medici, sulla base della loro comprensione empatica, ma possono essere descritti e operazionalizzati anche da parte di chi ha meno capacità empatiche (la riflessione sulle modulazioni relazionali è, in questo caso, un training per svilupparle).

Per questo motivo il processo di formazione consiste in una rielaborazione delle informazioni e degli atteggiamenti messi in atto dai medici in un percorso co-costruito insieme a loro.

Il percorso di formazione proposto ha l’obiettivo di proporre una classificazione di varie tipologie di cittadini in relazione al rapporto con il medico (es. “ansiosi”; “collaborativi”; “partecipativi”...) e di offrire strumenti al medico per incidere sul loro processo di cambiamento.

 

4 Il processo di cambiamento

Attraverso una rielaborazione del modello transteoretico5, è possibile affrontare il tema della relazione medico paziente riguardo a: la comunicazione; la comprensione delle informazioni; le possibilità di incidere nell’interazione; la fiducia; le disposizioni verso la struttura; l’atteggiamento personale nei confronti del proprio corpo, del dolore, del piacere; le autopercezioni corporee; il rapporto con le persone, con gli oggetti e con gli ambienti; gli atteggiamenti psicologici verso le novità, verso le abitudini, verso le routine quotidiane.

Il modello transteoretico viene utilizzato per lo studio dei cambiamenti intenzionali in ambito sanitario attraverso cinque fasi (pre-contemplazione; contemplazione; preparazione; azione; mantenimento) di cambiamento ed ha trovato applicazione in molti aspetti relativi alla educazione alla salute (alcolismo; tabagismo; stili di vita insalubri; ecc) perché permette di esaminare i processi di cambiamento ed è costruito su tre dimensioni fondamentali: gli stadi del cambiamento, i processi che vengono messi in atto ed i livelli coinvolti dal problema6.

Gli stadi della precontemplazione, (assenza di un riconoscimento del problema) della contemplazione (dubbi e contraddizioni), della determinazione (decisione di trovare una soluzione), dell’azione (esperienza concreta del cambiamento), del mantenimento (consolidamento delle nuove abitudini) sono diversi a seconda delle persone: i soggetti, infatti, possono permanere m ciascuno stadio secondo durate temporali molto variabili.

I processi di cambiamento (aumento della consapevolezza, rivalutazione di sé, attivazione emozionale, rivalutazione dell’ambiente, liberazione sociale, liberazione personale, contro-condizionamento, controllo dello stimolo, gestione delle ricompense, relazioni di aiuto) e i livelli in cui tali processi intervengono (sintomatico/situazionale; cognitivo/disadattivo; interpersonale; famigliare/sistemico; intrapsichico che corrispondono agli approcci delle diverse scuole di psicoterapia, rispettivamente, comportamentista, cognitivista, sistemico/relazionale o transazionale e analitica) sono anch’ essi variabili a seconda dei pazienti, dei loro particolari problemi e sistemi di valori7.

Tale innovativa integrazione di stadi, livelli e processi di cambiamento costituisce un modello di riferimento per la costruzione di interventi mirati alla personalità del paziente distinguendo e connettendo le sue caratteristiche personali con i processi di cambiamento necessari e questi ultimi con le metodologie di relazione terapeutica appropriate. L’analisi dello stadio che il paziente si trova a vivere costituisce il punto di partenza per uno studio longitudinale sul suo mutamento.

 

5.      Punti chiave della formazione

Il processo affrontato nella formazione di base alla comunicazione è quello del primo contatto con il paziente: i primi minuti del contatto e le prime parole profferite dal medico possono essere l’avvio di un discorso positivo ed efficace per il miglioramento del paziente oppure presentarsi come ostacolo alla comunicazione futura.

I contenuti del processo formativo vertono su:

1)   Analisi di personalità del paziente sulla base dei suoi vissuti emozionali, relazionali e sociali nella direzione di individuare idealtipi.

2)      L’efficacia della condivisione del medico circa i vissuti del paziente e le procedure comunicative stimolabili per aumentare la condivisione

 

Analisi dell’esperienza organizzata con 130 medici

 di base della ASL 9 di Grosseto

 

Il processo di formazione è avvenuto al seguito di una breve lezione sulla comunicazione (30 min) con la presentazione di un istant test sulla comunicazione medico-paziente che riconosce sia le disposizioni che difficoltà del medico nel rapporto. Al termine della compilazione i partecipanti sono stati divisi in gruppi omogenei a seconda delle loro disposizioni verso l’uno o l’altro atteggiamento ed è stato loro presentato un caso clinico, affrontato non dal punto di vista diagnostico ma da quello della specifica forma comunicativa  necessaria per indurre nel paziente un processo di cambiamento.

Ad ogni gruppo sono stati dati casi clinici in sintonia con le loro disposizioni comunicative, precedentemente rivelate dal test, in modo che potessero discutere e presentare agli altri il loro specifico modo di comunicare con i pazienti.

In particolare è stato messo in evidenza il modo di comunicare più incline con la loro personale struttura di personalità. Ciò ha fatto sì che ciascun gruppo ritrovasse negli specifici casi clinici affrontati il meglio delle proprie disposizione e che, nel successivo dibattito, fossero gli stessi medici a discutere con i colleghi, in un confronto moderato dallo staff dei formatori, le loro esperienze e i loro successi. Ciascun gruppo ha così prodotto una ricognizione esperienziale positiva sul suo lavoro ed a sostenuto, con convinzione, metodi di comunicazione efficace per ciascun particolare target di pazienti.

L’apprendimento per successo ( e non per tentativo ed errore) genera ottimismo e conduce alla formulazione di mappe concettuali sulle disposizioni comunicative. Ciò è avvenuto per tutti e sette i gruppi di discussione sui casi clinici con interazioni estremamente interessanti dei medici tra di loro. La formazione ha così preso la forma di coproduzione di idee in un grande gruppo di lavoro.

 

Risultati dei test   

Complessivamente, su 35 item del test, le preferenze dei 130 medici in formazione sono state:

1)      Gli item del gruppo comunicazione di responsabilizzazione (per esempio a) Quando mi trovo di fronte ad atteggiamenti isterici so essere fermo ed autoritario, b) I problemi di alimentazione sono frutto di una cattiva educazione alimentare, c) E' importante instradare i pazienti ad assumersi la responsabilità personale del mantenimento della loro salute) hanno ottenuto un punteggio complessivo di 236 scelte.

2)      Gli item del gruppo “comunicazione di incoraggiamento” (per esempio a) Bisogna motivare i pazienti a prendere la decisione di uscire dalla passività ed ad impegnarsi in qualche attività fisica e motoria utile alla loro salute, b) Scelgo spesso di stimolare ed incoraggiare quei miei pazienti che, a causa di qualche patologia, si lasciano andare e si piangono addosso c) Non posso criticare chi si butta a capofitto sul cibo perché ha bisogno di sentirsi riempito da qualcosa che lo faccia sentire sazio) hanno ottenuto 200 preferenze

3)      Gli item del gruppo “comunicazione di informazione e di crescita personale (per esempio Mi sono più volte chiesto se alcune patologie di qualche mio paziente non fossero altro che somatizzazioni della loro incapacità di liberarsi da legami famigliari invischianti, Fino a ché il paziente non abbia informazioni chiare e completa della sua malattia non può riuscire a prendere coscienza  dei suoi effettivi problemi) hanno ottenuto  80 scelte.

4)      Gli item del gruppo “comunicazione di coinvolgimento emozionale” ( per esempio a) Anche se sono certo che quel mio paziente sia ben consapevole della sua malattia, dichiarargli verbalmente la verità può togliergli del tutto la voglia di vivere, b) Mi ritrovo spesso a cercare di coinvolgere con fiducia ed ottimismo i miei pazienti) hanno ottenuto 168 scelte

5)      Gli item del gruppo “comunicazione di tranquillizzazione” ( per esempio a) Mi trovo spesso ad insistere nell'invitare i miei pazienti a prendere atto del miglioramento delle loro condizioni o, almeno, nel non peggioramento b) Lo stress della vita quotidiana porta molti dei miei pazienti ad essere "sani ma preoccupati" per la loro salute ed ad avere continuo bisogno di tranquillizazione) hanno ottenuto complessivamente 60 scelte

6)      Gli item del gruppo “comunicazione di sostegno” (per esempio a) Una delle qualità indispensabili per il mio lavoro è saper dare ai miei pazienti un sostegno consistente ma discreto, b) La sofferenza di un alcolista mi muove a compassione, c)  Solo immedesimandomi nel dolore percepito da qualche mio paziente, riesco a sostenerlo ed ad indicargli gli opportuni rimedi o palliativi) hanno ottenuto 112 scelte

7)      Gli item del gruppo “comunicazione di gratificazione” (per esempio a) Cerco di avere particolare attenzione e contatto umano con quei pazienti che si presentano con  una grande confusione  nella loro vita mentale, b) Per preparare i miei pazienti a prendere decisioni sulla loro salute è necessario che mi sentano umanamente vicino a loro anche mediante il contatto fisico connesso alla manualità delle mie manovre) hanno ottenuto 108 scelte. 

Ciò ha comportato l’osservazione del basso numero di medici che è padrone di strumenti comunicativi per la tranquillizzazione (al contrario si presenta estremamente elevato il numero delle scelte verso una comunicazione di responsabilizzazione) e, inaspettatamente, per la comunicazioni di informazioni.

Nel percorso di formazione verso una comunicazione atta a favorire il rapporto tra medico e paziente ed a suscitare nel paziente un processo di cambiamento sinergico con la cura questo risultato a portato ad orientare la formazione in queste specifiche direzioni con un progetto di lavoro comunicativo rivolto ad aumentare nei medici la capacità di gestire le personali ansie (ad esempio di fronte alle emergenze) e la conseguente capacità di trasmettere tranquillità e con un progetto di costruzione di un catalogo di enunciazioni informative per riuscire a centrare meglio il bersaglio del trasferimento delle informazioni. In questo secondo caso si è osservato come la complessità del sapere medico renda infatti oggi estremamente difficile la trasmissione di comunicazioni elementari sulla salute al paziente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ISTANT TEST SULLA RELAZIONE MEDICO PAZIENTE

Indicare, per ciascuno dei successivi gruppi di affermazioni, al massimo due item in cui il medico riconosce se stesso di fronte ad un paziente problematico

 

A1. La presentazione di problemi di tossicodipendenza in un mio paziente mi riempie di preoccupazione

A2. Preferisco non prendere in carico pazienti tossicodipendenti perché mi irritano

A3. Usare farmaci per contrastare una dipendenza da farmaci e da droghe è un paradosso dunque preferisco non occuparmene

A4. Quasi sempre l'abitudine al consumo di droga cessa per dismissione spontanea

A5. Non riesco a riconoscere se un mio paziente è tossicodipendente

A6. La sofferenza di un alcolista mi muove a compassione

A7. Sono sicuramente stato imbrogliato e raggirato da alcuni pazienti tossicodipendenti

 

B1. Se vengo a sapere che un mio paziente sta rovinando se stesso e la sua famiglia con il gioco d'azzardo penso che non ci sia nulla da fare e che sia solo un uomo sfortunato

B2. Non credo che si possa combattere la dipendenza dalle sigarette con i divieti e le multe

B3. Mi sono più volte chiesto se alcune patologie di qualche mio paziente non fossero altro che somatizzazioni della loro incapacità di liberarsi da legami famigliari invischianti

B4. Vedo spesso nei miei pazienti malattie conseguenti o connesse ad una vita sessuale ed affettiva scorretta o insoddisfacente

B5. Nel mio lavoro debbo occuparmi delle patologie visibili ed esplicite altrimenti non è possibile essere obiettivi

B6. Una delle qualità indispensabili per il mio lavoro è saper dare ai miei pazienti un sostegno consistente ma discreto

B7. Per quanto abbia cercato ripetutamente di distaccarmi dai miei pazienti non sono mai riuscito a "non portarmi il lavoro a casa"

 

C1. I problemi di alimentazione sono frutto di una cattiva educazione alimentare

C2. Non posso criticare chi si butta a capofitto sul cibo perché ha bisogno di sentirsi riempito da qualcosa che lo faccia sentire sazio

C3. Le persone hanno un maggiore o minore bisogno di cibo a seconda della loro costituzione e del loro temperamento

C4. Non è possibile vivere senza vizi se un uomo è del tutto perfetto è un mostro

C5. Anoressici e bulimici non hanno sviluppato un senso del senso del gusto e della soddisfazione alimentare capace di feed back autoregolanti

C6. Penso che i disturbi della alimentazione che riscontro nei miei pazienti dipendano dalla loro scarsa cura di sé

C7. Mi viene difficile consigliare una dieta ad un mio paziente perché io non sarei capace di farla

 

D1. Quando mi trovo di fronte ad atteggiamenti isterici so essere fermo ed autoritario

D2. Scelgo spesso di stimolare ed incoraggiare quei miei pazienti che, a causa di qualche patologia, si lasciano andare e si piangono addosso.

D3. Interpreto la rassegnazione dei miei pazienti di fronte alla malattie come una componente psichica della malattia medesima e li rispetto

D4. Mi ritrovo spesso a cercare di coinvolgere con fiducia ed ottimismo i miei pazienti

D5. Lo stress della vita quotidiana porta molti dei miei pazienti ad essere "sani ma preoccupati" per la loro salute ed ad avere continuo bisogno di tranquillizazione

D6. Cerco spesso di comprendere quei miei pazienti che hanno ripetuti incidenti o malattie a causa di comportamenti inconsapevoli di autodanneggiamento.

D7. Cerco di avere particolare attenzione e contatto umano con quei pazienti che si presentano con  una grande confusione  nella loro vita mentale

 

E1.  E' importante instradare i pazienti ad assumersi la responsabilità personale del mantenimento della loro salute

E2.  Bisogna motivare i pazienti a prendere la decisione di uscire dalla passività ed ad impegnarsi in qualche attività fisica e motoria utile alla loro salute

E3.  Fino a ché il paziente non abbia informazioni chiare e completa della sua malattia non può riuscire a prendere coscienza  dei suoi effettivi problemi

E4.  Anche se sono certo che quel mio paziente sia ben consapevole della sua malattia, dichiarargli verbalmente la verità può togliergli del tutto la voglia di vivere

E5.  Mi trovo spesso ad insistere nell'invitare i miei pazienti a prendere atto del miglioramento delle loro condizioni o, almeno, nel non peggioramento

E6.  Solo immedesimandomi nel dolore percepito da qualche mio paziente, riesco a sostenerlo ed ad indicargli gli opportuni rimedi o palliativi

E7.  Per preparare i miei pazienti a prendere decisioni sulla loro salute è necessario che mi sentano umanamente vicino a loro anche mediante il contatto fisico connesso alla manualità delle mie manovre.

 

 

CASI CLINICI

 

1)      (Paziente irresponsabile ed emotivo che deve essere rimproverato  e responsabilizzato )

Il medico è chiamato per una visita domiciliare dai genitori di una ragazza 22enne con malesseri:apatia,sonnolenza,nausea,cefalea ….. che fanno pensare o ad un avvelenamento o ad un'intossicazione da farmaci. I genitori, una coppia abbastanza anziana, sono fortemente preoccupati ma troppo comprensivi  nei confronti dell'unica figlia presa in adozione quando era molto piccola. La ragazza ha smesso di studiare dopo ripetuti fallimenti, ha lasciato cadere senza impegnarsi alcune importanti occasioni di lavoro e vive una avventura sentimentale dopo l'altra senza impegno e senza responsabilità. Il medico sospetta che faccia abuso di farmaci antidolorifici e ipnotici sottraendoli dall'armadietto dei medicinali di casa sempre fornito a causa delle crisi di ansia della madre.

Qual è l'atteggiamento comunicativo più appropriato?

 

2)      (Paziente apatico che deve essere spaventato e motivato al cambiamento )

Marittimo, 40 anni, si presenta per una visita a seguito di problemi epatici con un quadro complessivo di debiltazione

 Nel corso della visita il medico scorge un ematoma in corrispondenza della vena del braccio sinistro. Interrogato il paziente ammette la sua tossicodipendenza ma minimizza il problema attribuendolo ad una condizione temporanea e non cronica.

Qual è l'atteggiamento comunicativo più appropriato? 

 

3)      (Paziente rassegnato e fatalista che deve essere incoraggiato e istruito)

Anziano diabetico con un quadro clinico di poliuria e sudorazione e iniziale chetoacidosi…….

a cui non è più sufficiente l'assunzione di antidiabetici orali e che deve imparare a gestire l'auto-somministrazione di insulina ed a misurare quotidianamente il tasso di glicemia. Si mostra rassegnato e incapace con l'inclinazione a "lasciarsi andare".

 Qual è l'atteggiamento comunicativo più appropriato?

 

4)      (Paziente affannato e petulante che deve imparare a prendere più alla leggera i suoi presunti problemi)

Anziana signora 75enne con svariati problemi di salute :osteoporosi ,artrosi del rachide e del bacino ,ipertensione arteriosa,che si presenta insistentemente in ambulatorio per continui cambiamenti della cura e con la richiesta di prescrizione di farmaci consigliati dalle amiche o da qualche rivista .

Qual è l'atteggiamento comunicativo più appropriato?

 

5)      (Paziente ansioso e ossessionato dai suoi disturbi che deve essere tranquillizzato)

Avvocato 50enne con personalità forte ed autoritaria che teme per i suoi problemi e cambia continuamente medico di fiducia perché non si sente sufficientemente curato e  preso in considerazione. Alle spalle c'è il vissuto della morte del padre per carcinoma al retto e della madre per leucemia.

Soffre di una ernia iatale con esofagite e gastroduodenite, inoltre presenta episodi di colite spastica.

Qual è l'atteggiamento comunicativo più appropriato?

 

6)      (Paziente lunatico, aggressivo o depresso, che ha bisogno di essere capito)

Il paziente si presenta per accompagnare il figlio che ha una trauma riportato a seguito di un incidente in motorino a mesi di distanza da una visita per dei dolori toracici a seguito della quale gli erano stati prescritti alcuni esami : ecg, ematochimici, un holter pressorico. Il paziente è imbarazzato per non aver provveduto e per non essersi più messo in contatto con il medico. A seguito del colloquio con il medico e di una visita, le condizioni del paziente appaiono fortemente peggiorate:P.A 170/95, polso periferico tachiaritmico …………

 Il paziente ha forti preoccupazioni d’ordine economico, lavorativo e famigliare, la preoccupazione per l'incidente del figlio si accompagna a ben più gravi preoccupazioni per lo stile di vita condotto dal figlio e per l'atteggiamento tollerante della moglie nei confronti del figlio. Racconta di avere forti crisi di rabbia aggressiva al termine delle quali se la prende con se stesso per non essere riuscito a mantenersi calmo e spesso si sfoga con violenti atteggiamenti autolesionistici che spaventano moglie e figlio (batte violentemente e ripetutamente, con rabbia, la testa al muro ferendosi). 

Qual è l'atteggiamento comunicativo più appropriato?

 

7)      (Paziente ipercritico e poco aderente alla realtà che ha bisogno di attenzione affettiva )

  La paziente è una professoressa di greco, 40 anni, due figli, separata dal marito. Soffre di una steno insufficienza mitralica di grado lieve-moderato,da qualche tempo presenta dei disturbi circolatori periferici per un’insufficienza venosa.  E' competente sulla sua malattia e si informa costantemente leggendo riviste e consultando diversi specialisti. Il medico ha il sospetto che non abbia assunto i farmaci prescritti o che li assuma disordinatamente senza rispettare la posologia. 

Qual è l'atteggiamento comunicativo più appropriato?

 

 

 

 

1 Wear 5. (1999), Il consenso informato, Apèiron, Bologna, p. 99.

2 Wallace L.M. (1986), Informed Consent to Elective Surgery: The Therapeutic Value, in “Social Science and Medicine”, n.22, pp. 29-33.

3 Wear, op. cit., p. 102.

4 Fabbri 5, Kapur N, Wells A, Creed F.,(200 1), Emotional, cognitive, and behavioral characteristics ofmedical outpatientss a preliminary analysis, in “Psychosomatics”, Jan-Feb; 42 (1): pp. 74-77.

5 Cfr.; Prochaska J.O. & Di Clemente C. (1982), Transteoretical Therapy: Toward a More Integrative Model of Change, in “Psycotherapy: Theory, research and practice”, n. 19, pp. 276-288.

6 Di Clemente C. C. (1994), Gli Stadi del cambiamento: un approccio transteorico alla dipendenza”, in Guelfi G.P. e Spiller v. (Eds), Motivazione e stadi del cambiamento nelle tossicodipendenze, “Il Vaso di Pandora”, II, n. 4, pp. 37-51.

7 Prochaska J.O., Di Clemente C.C. (1982). Transtheoretical therapy: Toward a more integrative model of change, in “Psychotherapy: Theory, research and practice”, n. 19, pp. 276-288.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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