FONDAZIONE CESAR
RICERCA “IL DISAGIO SOCIALE A GROSSETO”
La definizione di disagio da cui muove la ricerca è essenzialmente di tipo relazionale ed esso è definito come prodotto del “modificarsi delle strutture sociali” con la “conseguenza di una maggiore complessità nelle relazioni, dell’aumentare delle molteplici trasformazioni e diversità che portano difficoltà di gestire le nuove e frammentate esperienze delle persone” (pag 4). Su questa base la ricerca presenta le articolazioni del disagio degli anziani, dei giovani, dei bambini, delle donne, degli adulti, degli stranieri e dei diversamente abili.
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GIOVANI: Il disagio giovanile viene presentato nelle sua caratteristiche di di natura psicologica, e di natura socio-culturale tipica di una condizione collettiva che, come tale, crea un contesto di unificazione e trasmette la sensazione di appartenenza alla generazione di adolescenti che vi si riconoscono in quel dato momento storico (pag. 5). La sezione sul disagio giovanile è l’unica parte in cui si tenta di affrontare le tematiche della relazionalità famigliare che non è però compresa nella sua articolazione. Manca infatti una analisi approfondita delle trasformazioni della struttura famigliare nell’area grossetana.
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POVERTA’: L’analisi sulle povertà è più complessa in quest’area che presenta, come altrove, la divaricazione crescente fra ceti patrimonializzati e ceti di puro reddito. Le rendite sono correttamente interpretate in connessione all’aumento degli investimenti immobiliari. E’ discutibile, comunque non provato, che dipendano da processi di illegalità come la penetrazione della criminalità viterbese o meridionale al fine del riciclaggio del denaro sporco. Fatto salvo il fenomeno di subappalti irregolari che, a causa della loro natura poco lecita, non garantiscono regolari contratti e stipendi ai lavoratori (pag. 15).
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CASA: Proprio la tipologia delle imprese di costruzione e la loro scarsa attenzione estetica ed ambientale ha prodotto la costruzione di manufatti poco soddisfacenti per i bisogni delle famiglie (in termini di mq e di accessori) in un territorio che poteva contare su ampi spazi e su una bassa densità abitativa. Se si aggiunge la pressione turistica sulla zona si comprende come l’aumento dei prezzi abbia impedito la realizzazione del possesso della abitazione e l’aumento del prezzo delle locazioni fino a soglie insostenibili.
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DISAGIO: non appare con evidenza, ad eccezione degli immigrati impegnati in lavori agricoli, la distribuzione ineguale di reddito proposta dalla teoria della clessidra. Le osservazioni sul disagio economico (pag. 36) sono solo attribuite a processi relazionali e comunicativi: “Accanto ad un disagio sociale dettato dalle precarie condizioni economiche incidono, fortemente, le difficoltà di comunicazione tra i giovani che nascono nell’ambiente familiare e sfociano nella vita sociale scontrandosi con una mentalità chiusa molto legata alla cultura dell’apparire che, di conseguenza, costituisce valori fragili e poco concreti basati su motivazioni artificiose ed ingannevoli”. Nella analisi sul disagio e sulle tossicodipendenze tali motivazioni artificiose ed ingannevoli prendono forma in alcune puntuali osservazioni degli intervistati in cui appare chiaro il riferimento ad una diffusa mancanza di profondità esistenziale (pag. 39): “Tutti si uniformano e la trasgressione diviene uno stimolo per l’emancipazione. Nella società odierna ogni cosa è permessa: ciò che ieri era ribellione oggi è normalità. La nuova famiglia, a differenza dello schema strettamente tradizionale, si schiera a difesa dei figli anche quando commettono grossi errori e ciò esorta la ricerca di emozioni nuove e più forti” inducendo “diffuse difficoltà di tipo relazionale che creano marginalizzazione, dipendenza, isolamento che spesso non includono solo il singolo, ma l’intero nucleo familiare” (pag. 41). Il disagio è pertanto ben sintetizzato nelle tre tipologie: “a) il disagio mutato dal contesto familiare; b) il disagio riconducibile a cause fisiologiche di psicologia dello sviluppo tipiche dell’adolescenza; c) il disagio mutato dall’ambiente e dalla comunità (pag. 44). E’ anche centrata l’interpretazione fornita sui fattori scatenanti del disagio giovanile “l’immaturità emotiva, l’insoddisfazione ed il disorientamento” (pag. 6).
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FAMIGLIA: è un tema carente nella ricerca su cui è necessario proporre alcuni stimoli per collegare il mondo degli anziani con le problematiche delle famiglie con figli adolescenti. Nella transizione dalla famiglia allargata rurale alle formazioni famigliari attuali permane un ruolo molto forte esercitato dai sessantenni, e oltre, che detengono ancora un forte potere economico e culturale sulle nuove famiglie (anche di quarantenni e cinquantenni) sia per la loro forza economica (proprietari delle abitazioni, di rendite e di reddito), sia per le pressioni da questi esercitate sulle organizzazioni famigliari e sugli stili di vita dei nuclei famigliari attuali. La crisi delle relazioni all’interno delle famiglie è prodotta dalla impossibilità delle famiglie più giovani di acquisire una specifica identità di coppia (in ragione dei conflitti sulle regole famigliari provenienti dalle diverse famiglie di origine) e dallo spodestamento delle loro capacità genitoriali. A ciò si aggiunge una dilagante pratica dell’adulterio in tutte le fasce sociali che dissolve legami famigliari già deboli e vede il proseguimento fino ad età matura di pratiche di relazione sessuale di tipo adolescenziale. Tale fenomeno, divenuto tipico delle aree turistiche con flussi stagionali che modificano gli stili di vita della popolazione, assume una particolare rilevanza nella area grossetana. Per la comprensione della struttura dei conflitti intrafamigliari di questa area l’unica fonte consigliata è quella dell’intervista ai numerosi psicologi e psicoterapeuti[1].
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ANZIANI: In questo quadro (il potere degli anziani e l’assenza di politiche per la casa) appare comprensibile il motivo della predilezione per i criticabili investimenti di circa 2 milioni di euro per la casa di riposo Ferrucci (60/80 posti) e di poco più di 1,5 milioni di euro per interventi di vario genere a sostegno di 1.778 utenti (pag. 32); e del fatto che su circa 7.500 cittadini extracomunitari la maggioranza sia composta da donne che lavorano come badanti (pag.33); ed anche il fatto che “La Provincia di Grosseto, che pure non ha competenze né risorse trasferite in questa materia, ha avuto il coraggio di istituire un fondo per la non autosufficienza di 200.000 euro. Per accedere a queste risorse, destinate al sostegno delle famiglie che utilizzano le badanti, occorre una quota di cofinanziamento da parte dei Comuni” (pag. 33).
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DIFFERENZE ZONALI: L’analisi zonale della provincia mostra alcune rilevanti differenze nelle aree dell’Amiata e delle Colline dell’Albegna (pag. 48): “la zona dell’Amiata Grossetano si presenta come quella con la percentuale più alta di ultra 65enni, per lo più persone sole con figli residenti fuori provincia che, molto spesso, devono appellarsi alle disponibilità di altri per soddisfare le proprie esigenze. Poiché il 49% della popolazione risiede in frazioni che pongono elevati disagi nel raggiungimento dei servizi pubblici… sale l’esigenza di una maggiore tutela ed interventi mirati per lo spopolamento dei territori lasciati dalle famiglie locali e ripopolati dai flussi migratori di stranieri (cingalesi, albanesi, macedoni, ecc)”. Nelle colline dell’Albegna, (pag. 51) “la popolazione anziana di ultra sessantacinquenni rappresenta il 23,48 di tutta la popolazione della zona Colline dell’Albegna ed il rapporto tra popolazione anziana e dei giovani e di 2:1….(in tale area) le diverse forme di immigrazione che costituiscono una buona parte di popolazione, non hanno incoraggiato il senso di appartenenza dei cittadini e resta radicata la cultura familiare di ogni gruppo che si presenta come piccolo aggregato chiuso, condizione accentuata anche dalle distanze rese di difficile superamento a causa dalla mancanza di servizi pubblici e dall’assenza di centri di socializzazione. I cambiamenti sociali e culturali hanno attraversato e condizionato sempre di più la famiglia provocando disagi sia sociali che personali abbastanza diffusi come instabilità matrimoniale, separazioni e divorzi, alta presenza di famiglie con un solo genitore, con rete amicale particolarmente ristretta”.
· Il contributo della rete di associazioni del territorio grossetano, descritto come unificato nella rete dell’Altra Città” viene presentato come un fenomeno organizzato e capace di molteplici risposte anche a livello culturale. Questa rete potrebbe fornire importanti risposte ai cittadini attraverso lo sviluppo di processi di counseling relazionale tendenti a far meglio emergere le soggettività ed orientare verso il superamento del disagio relazionale ed esistenziale.
[1] In questa ottica può essere visitato quel passaggio della ricerca in cui viene detto (pag 18) “Inoltre, non di rado, le famiglie di origine delle donne maltrattate, a conoscenza del problema, si disinteressano del fatto accaduto lasciandole sole ed in una condizione di emarginazione. Il fenomeno è diffuso in maniera trasversale e tocca tutte le classi sociali, dalla medio-bassa alle classi più alte ed adagiate. Sembra contraddittorio, a tal proposito, affermare che sono proprio le donne di appartenenza a classi sociali meno benestanti quelle che si rivolgono maggiormente ai centri anti-violenza mentre la vergogna è il freno inibitorio più diffuso nelle donne appartenenti alla, cosiddetta, alta società. L’identikit del maltrattatore descrive una persona che può aver subito traumi infantili, insicuro e fragile, con una bassa considerazione della donna vista come oggetto da possedere e, quasi mai, riconosce di avere un problema e dover cercare aiuto per risolvere il proprio disagio”. E, più avanti (pag 19) . “La donna maltrattata reagisce se e quando scopre il tradimento del suo uomo. Quasi come una sorta di vendetta, e non di stima verso se stessa, la vittima preda della rabbia tende a diffondere la condizione di malessere della sua famiglia”.