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PERSONALITA’ COLLETTIVE, VALORI ED ECONOMIE NEL TERZO SETTORE

 

di Vincenzo Masini

in A. Gasparini,  Interessi, valori, società, Angeli

 

Presentazione  

Lo studio fenomenologico dell’empatia, nell’approccio proposto dalla Stein, conduce a prendere contatto con gli studi psicologici sulle emozioni di base e sui tratti di personalità individuali…..

 I sistemi di relazioni, produzione di legami e di beni relazionali sono misurabili sulla base della reciprocità. della distanza intersoggettiva, della pressione, dell’attrazione, della cointeressenza e dell’interdipendenza mediante la sociabilità (Simmel, 1917; Gurvitch, 1957; Gemelli, Malatesta, 1980; Maccarini, 1966) nei reticoli sociali in cui l’individuo è inserito….

 

Il gruppo si configura come area di sovrapposizione di alcuni campi psicologici dei suoi membri….

Gli individui saranno pertanto attratti da un tipo di relazione gruppale piuttosto che un’altra. Da qui lo sforzo per individuare idealtipicamente le tipologie di personalità collettiva “di base”…

Non più disposte in qualche punto del continuum tra polo dei gruppi primari e polo dei gruppi secondari o della Gemeinshaft e Gesellshaft,  ma diversamente dislocate nelle numerose differenziazioni sia delle disposizioni relazionali intersoggettive (la forma “spaziale” del gruppo) che dei cicli di vita gruppali (la durata nel tempo del gruppo).

…nella personalità collettiva la configurazione delle reti è sintonica al modo di sovrapporsi dei campi psicologici. Anche il concetto di reciprocità può dunque assumere diverse sfumature e dimensioni a seconda, ad esempio,  dei campi motivazionali dei singoli e delle loro sovrapposizioni. Ben diverso è un gruppo il cui centro di attrazione è formato dalla sovrapposizione di campi psicologici permeati dalla tensione all’incorporazione rispetto ad un gruppo in cui regna la tensione verso l’affiliazione, o verso il controllo-sicurezza, o verso la separazione-conflitto, o la differenziazione personale, etc. …..

 

 

Economia dei valori

Il modello di analisi sul terzo settore presenta le seguenti tipologie:

1.      Il Volontariato associato non registrato (soggetto collettivo puro)

2.      Il volontariato associato registrato è già polarizzato verso lo stato (Puro + stato)

3.      Le cooperative sociali  (puro + mercato)

4.      L’Associazionismo sociale (puro + reti + mercato)

5.      Il Self-help spontaneo e associato è polarizzato verso le reti primarie (puro + reti primarie)

6.      Volontariato  singolo  o  associato che  opera  nei  servizi pubblici  (puro + reti + stato)

7.      Le cooperative di solidarietà sociale si collocano nel continuum che dalle reti e dallo stato va verso il mercato (puro + reti + stato + mercato)

 

….

 

Il passaggio dalla dimensione dell'agire volontario  verso forme organizzate riconosciute o verso l’impresa sociale è  un  fenomeno  trasformativo importante…

… La delega fiduciaria dello stato nei confronti del TS, con  trasferimenti  anche importanti di risorse, può portare a perdere qualcosa della economia della gratuità di servizio e della produzione di beni relazionali. Ma con i problemi  di  natura  amministrativa, giuridica e sociale che investono le organizzazioni qualcosa si acquista: un processo di  interpenetrazione con il sistema statuale e quello di mercato può mettere in grado l'associazione non profit di gestire in forma continuativa beni e servizi

L’efficacia nella produzione di beni relazionali e nell’organizzazione di una economia centrata sui valori funziona sulla base di altre regole rispetto a quelle che hanno permeato stato e mercato per garantire la loro efficienza ed efficacia.

Il valore non è solo la relazione in sé ma l’orientamento della relazione verso l’espressione virtuosa delle potenzialità dei singoli e delle personalità collettive. A fronte delle crisi di relazione nelle reti primarie già la ricostruzione di rapporti si presenta come un valore in sé; l’auto-aiuto societario, che altro non è che il trasferimento al di fuori dei canali tradizionali familiari dei processi di affiliazione, si trasforma in personalità collettiva di gruppo sempre più complessa poiché si conforma su regole (seppur minimali), su differenziazioni, su sinergie per il raggiungimento di obiettivi. Il volontariato è espressione ancor più complessa rispetto all’auto-aiuto poiché in esso la reciprocità tende verso una umile dissolvenza per stemperare le possibili asimmetrie relazionali. La progressiva organizzazione delle formazioni di TS produce "uno dei maggiori benefici derivanti dalla  ristrutturazione dell'aiuto (che) scaturisce dal suo espandersi e procura accresciute risorse di aiuto alla società e ai servizi  pubblici" (Riessman,1990,p.225).

 

…L’empatia può condurre alla possibilità di crescita e di  apprendimento  di altri sentimenti e di altri gusti interiori in grado di  dar senso  alla  esistenza  umana. Il ricavo  di  vissuti  dalla relazione  riempie  la vita dei soggetti e  la  trasforma.

Può esistere una economia di tutto ciò?

Assumendo come centrale il modello di incontro che dall’auto-aiuto evolve verso formazioni di personalità collettiva più complesse, l’economia del TS può essere letta come un’economia di sentimenti. Sentimento infatti è l'espressione che più si addice a descrivere il vissuto di senso nella realizzazione valoriale. Tale economia è strettamente connessa al processo di  moltiplicazione delle relazioni interpersonali. Godbout  (1992) descrive questo processo come essenza  delle relazioni umane. Gli individui si nutrono attraverso il dono e la relazione è vitale attraverso lo squilibrio mantenuto per impossibilità di saldare il debito...

 

 

 

Questa l’"economia dei valori" di TS, assolutamente non  marginale, nasce, come si è già detto, "senza prezzo",  ed entra successivamente nello scambio e nella regolazione mediante contatto con stato e mercato….

Quando il  valore  aggiunto  è gratuito aumenta la loro ricchezza interna. Se la ricchezza dell’economia dei valori riesce ad erodere spazio al mercato, i consumi vicari e compensatori diminuiscono. Se il mercato riesce a trovare nuove vie di penetrazione consumistica, adeguandosi alle propensioni ai consumi delle diverse personalità collettive (target) i  mondi della vita vedono indebolite le loro relazioni.

 

 

Analisi del terzo settore alla luce  dell'economia  dei valori

 

Bauer  (1993) suggerisce una lettura della società in cui i tre  ambiti di azione (mondo vitale, stato e mercato) presentano una  zona di sovrapposizione in cui si combinano  gli  scopi sociali  delle  singole  aree. Il TS,  e cioè l'insieme delle associazioni, organizzazioni  ed imprese che operano all'interno di questa area di  sovrapposizione  e di interfacciamento dentro cui si mescolano  linguaggi  e  scopi e tipi di azione, non è  un  sistema specifico, un'area disegnabile come porzione del sociale, ma l'esito dell'incontro e della sovrapposizione tra aree. La fluidità e la morfogenesi del TS viene spiegata a seconda della attrazione più o meno forte verso uno dei precedenti ambiti.

Bauer dispone le tipologie di organizzazioni lungo assi  che progressivamente  si allontano dal centro ideale  delle  tre diverse  aree  dello stato, del mercato e  dei  mondi  della vita.

La ricognizione delle economie presenti nell'area di  intermediazione  tra  mondi della vita e stato (da una  parte)  e mercato  (dall'altra) può essere posta su un  continuum  che muove:

a)  dai  processi più spontanei di  "self-help"  (gruppo  di incontro), volontariato e volontariato comunitario,  piccole organizzazioni  di servizi per poi dividersi a  seconda  dei rapporti privilegiati con lo stato o con il mercato:

b)  Se  è  privilegiato il rapporto ed con lo  stato ritroviamo  il  volontariato singolo di lealtà, le associazioni di tutela degli interessi diffusi,  le  organizzazioni  di  servizi  riconosciute,  le associazioni dipendenti dal finanziamento statale.

c) Se è privilegiato il rapporto con il mercato ed il codice della concorrenza troviamo le varie forme di impresa  sociale,  le  cooperative  sociali, le cooperative,  le  mutue  e assicurazioni.

Con una fitta rete di relazioni tra b) e c) che rimiscela le caratteristiche idealtipiche delle due aree.

Le personalità collettive del TS si collocano idealmente in zone più o meno ampie di quest’area di sovrapposizione tra reti, stato e mercato lungo gli assi che collegano in continuum i tre sistemi: le tipologie  organizzative,  le economie ed i valori dei diversi modelli  di personalità collettiva  si incrociano in questo continuum.

 

 Il Self-help spontaneo e associato è polarizzato verso le reti primarie ha un ambito economico rilevante. Questa rete primaria interpersonale, esterna alla relazione parentale è generata  da sentimenti  altruistici  spesso semplicemente reattivi alla vista del bisogno altrui. Tanto è diffusa quanto è ambivalente in ragione della scarsa oggettivazione  dei  valori  che  si  esprimono  nell'azione sociale

I  legami che scaturiscono dalla solidarietà meccanica dell’auto-aiuto spontaneo presentano o una forma  di generosità non mediata culturalmente e riflessivamente o  si specializzano nello scambio attraverso reciprocità richieste ma non preventivamente patteggiate.

Il self-help associato è già  una forma evoluta di relazione  sociale  perché  si fonda  su  due criteri: la comunanza  di  qualche  specifico problema e la necessità della oggettivazione nella  comprensione razionale della empatizzazione del vissuto altrui. L’auto-aiuto muove dalla necessità di:

- trasmettere accoglienza, solidarietà e comprensione a  chi partecipa;

- costituirsi come luogo di confronto e reciproco ascolto  e dare  origine nei partecipanti a qualche forma  di  crescita finalizzata al cambiamento della propria personalità (sovente  nella direzione di insegnare a gestire emozioni di  base non vissute con equilibrio);

-  attivare processi di solidarietà interpersonale  mediante legami anche duraturi nel tempo

L'auto-aiuto  è  attività diffusa  all'interno  dei  sistemi associativi ed è spesso guidato  attraverso programmi  precedentemente  stabiliti. In genere è affidato alla conduzione  di esperti o di operatori che hanno già vissuto tale esperienza o di ex-utenti che attraverso la responsabilizzazione si consolidano nella maturità personale e  nel processo di acquisizione di nuovi equilibri interiori e di rapporto.

Spesso associazioni per la difesa di  interessi  comuni  o di tutela o  associazioni  di volontariato sorgono a seguito di processi di auto-aiuto.

I gruppi di incontro  e auto-aiuto sono esterni  all'economia di  mercato:  i costi economici della loro  conduzione  sono bassi  sia all'interno di servizi pubblici che del mondo  dell'associazionismo  e del volontariato. Nei servizi legati al  mercato sono  più rari e gestiti nella forma della  psicoterapia  di gruppo a pagamento. Le esperienze gruppali di self-help nascono su bisogni di relazione ma, nel momento dell’incontro tra soggettività, non hanno ancora una personalità collettiva di gruppo definita.

 

Il Volontariato associato non registrato è un soggetto collettivo emergente  che presenta  l’emersione di motivazioni personali e collettive più complesse rispetto alla condivisione dell'emozione  di  base (o dei bisogni di base). La  motivazione  è  da considerarsi  un  costrutto di comportamento più  evoluto  e complesso in relazione ai processi di percezione e conoscenza che sottintende ed ai bisogni che tende a soddisfare.

Il  vissuto interno della associazione di  volontariato  non riconosciuta è strettamente connesso con la motivazione alla realizzazione di vissuti valoriali.

Sul  piano  della motivazione sembrano attivi  i  motivi  di altruismo  e i motivi di affiliazione: ambedue portano  alla realizzazione  dei  benessere altrui e sono  prodotti  dalla particolare sensibilità del volontario. Tale sensibilità, che si esprime mediante attiva disponibilità verso il prossimo, dimostra una buona capacità di  coglimento empatico  del  vissuto altrui. Non è un  caso che  sia "prevalente nell'universo volontario la  componente delle fasce di età 18-24 e 35-44 anni" (IREF, 1995,p.50); in tali  fasce di età vi è maggior maturità personale  e  buona disponibilità  di tempo per l'esperienza sociale.  Il  fatto che nella fascia dai 24 ai 35 anni tale disponibilità  diminuisca  (anche se non sensibilmente) si spiega con una  maggiore  propensione verso la cura dei rapporti  interni  alla famiglia nel momento più delicato del suo ciclo  riproduttivo. Le personalità collettive di tali formazioni non riconosciute rispondono spesso a criteri incorporativi. Intorno al “centro” dell'associazione (il leader o il nucleo originario) si incontrano volontari che con umiltà si impegnano e prendono  in carico i problemi emergenti ed una fronda con alto turn over che si incorporano sia per esprimere la loro motivazione all’azione altruistica, sia per vivere una esperienza umanamente formativa. Uno dei  principali  problemi di tali associazioni non riconosciute è la caratteristica del volontario di rivolgere in preferenza il  lavoro verso i concreti portatori di bisogno. Ciò crea resistenza verso i lavori ausiliari. Inoltre chi non è  ben  amalgamato nel centro operativo  della  associazione, rischia  di  rimanere tagliato fuori dalle  informazioni  di lavoro  che  circolano nel centro. Può  essere  così  demotivato a prestare la sua attività per progressiva estraneità al contesto associativo. Un problema organizzativo  specifico  di  tali realtà associative è  quello  di  un continuo doppio lavoro per chi sta al centro dell'organizzazione: tenere informata la periferia dell'organizzazione sul procedere  delle attività ed esercitare lo specifico  lavoro di  volontariato.  Anche per questa ragione il turn over dei volontari che  si  allontanano dalla attività dopo un  certo  periodo è spesso elevato: alcuni  per eccessiva condizione di periferia non  integrata nelle  informazioni, altri per eccessivo carico  di  impegno nella centralità.

Non  è infrequente che le associazioni di  volontariato  non registrate  vivano  nell'ambito ecclesiale  o, comunque che si appoggino ad altre strutture, e non abbiano  problemi  logistici  tali da  aver  bisogno  di registrazione per utilizzare sedi, strutture e  servizi.  La  sede  parrocchiale  supplisce  efficacemente  nella gestione  dei minimi strumenti organizzativi e, grazie  alla rete  di diocesi che si estende in tutto il  territorio,  le associazioni  con un forte spirito religioso  si  dimostrano presenti in quasi tutti i fronti del volontariato.

L'economia  di tali associazioni non ha visibilità perché  è gestita attraverso la contabilità semplice, connessa a quella della struttura su cui si appoggia.

La forte dimensione valoriale ed etica di tale  volontariato organizzato,  ma  non registrato, si esprime a  volte  nella aperta  diffidenza nei confronti del settore  pubblico:  "la maggior  parte delle associazioni considerate non  ha  dubbi nel  definire  pessimi tali rapporti,  soprattutto  a  causa dell'indifferenza  con cui le istituzioni (ministeri,  enti, enti pubblici di vario genere) affrontano i temi sollevati e sostenuti dalle associazioni" (IREF, cit., p.289).

Relazioni problematiche e contrastate sono anche quelle  con i mass media, in ragione della spinta etica e valoriale  che tali associazioni vorrebbero trasferire al contesto sociale.

"In  genere tutte le associazioni attraverso i loro  addetti stampa  cercano di intrattenere rapporti diretti con i  vari mezzi di comunicazione di massa. Non tutte le organizzazioni però  possiedono  gli  stessi mezzi per  farlo.  Quelle  più grandi  dispongono  di  un proprio  circuito  editoriale  di informazione (bollettini e riviste) tramite il quale cercano di divulgare le diverse iniziative, mentre quelle più piccole ricorrono a prodotti più artigianali e spontanei  (ciclostili  e  volantini) che permettono loro  di  far  circolare notizie essenziali" (IREF,cit.,p.131).

Il rapporto critico con le istituzioni rischia di far emergere personalità confliggenti e rendere ancor più alta l’instabilità (anche interna) del volontariato non registrato. Questo processo può far diminuire la forza della sua produzione valoriale esplicata nello slancio affettivo verso chi è portatore di bisogni ma efficacemente bilanciato dalla umiltà di chi regge il peso della fatica del lavoro relazionale.

 

Il volontariato associato registrato è già polarizzato verso lo stato perché la registrazione espone tali organizzazioni alla penetrazione dei codici  del servizio pubblico. La  prima caratteristica di tali associazioni,  esito  della loro  legittimazione, è la struttura formale di  democratica interna con organi e cariche elettive.

La seconda caratteristica attinta dal settore pubblico è  la professionalizzazione  con la conseguente organizzazione  di ruoli all'interno della struttura dell'associazione. Ciò  conduce  ad una maggiore tipizzazione  reciproca  delle persone  e dei comportamenti nella  rete  gerarchica interna alla associazione. Diminuisce di conseguenza quello spazio di incontro  interno alla  associazione che caratterizza i modi più  empatici  di comprensione e disponibilità.

Aumenta la possibilità di organizzazione e di erogazione  di servizi con continuità e competenza. "Sappiamo bene,  scrive Ardigò,  che il tipo di rapporti coinvolgenti parti  di  ambiente   umano   con   sistemi   sociali   sono    oltremodo difficili...Secondo tale interpretazione, organizzazioni  di volontariato riconosciute coinvolte a lungo nella collaborazione retribuita con lo Stato nazionale, regionale o locale, potrebbero  "finire"  per diventare subsistemi  del  sistema politico-amministrativo"  (Ardigò,  1994,  p.45).  "   Anche l'organizzazione  massimamente  proiettata  al  dono   verso altri...ha l'esigenza di rinnovare periodicamente lo spirito interno  di  solidarietà, con forme  anche  gratificanti  di incontro  e  con quelle piccole ma così ricercate  forme  di mutuo-aiuto che vadano a compensare l'enorme insicurezza dei singoli, specie dei giovani" (idem, p.43).  Queste associazioni manifestano già processi interni di differenziazione. Per evitare lo scivolamento verso personalità collettive centrate sul controllo è necessario mantenere contatti plurimi con il bisogno. L’accoglienza all’interno di processi di gruppo di incontro è tra i sistemi più efficaci.  Le  associazioni  riconosciute presentano un maggior numero di vincoli e di problemi:  aumenta al  loro interno il peso del lavoro amministrativo ed  organizzativo, che è non prediletto da parte di chi si è associato al solo fine di contribuire, con il suo lavoro  volontario, alla  risoluzione di problemi concreti. Il volontario preferisce esprimersi nel rapporto diretto con i portatori di  bisogno. Aumentano anche i possibili conflitti tra i dipendenti della associazione ed i volontari e, in generale, le conflittualità legate ai ruoli sociali ricoperti per le specializzazioni funzionali.

Solo  assumendo entro il proprio ambito valoriale la  dimensione  del controllo, che è atteggiamento connesso al  fronteggiare  le insicurezze personali e sociali, ed  accettando la  presenza  nell'associazione  di  segmenti  di  esplicito potere  è  possibile assicurare ad essa la  sopravvivenza  e l'evoluzione.

I vantaggi sono almeno un paio:

- l'erogazione di denaro dal settore pubblico e la  possibilità  di gestire in proprio tipi di servizi per  le  persone che  il settore pubblico non può erogare per  sua  eccessiva rigidità  (la flessibilità della  associazione  riconosciuta rimane infatti una sua caratteristica di fondo nonostante le possibili perturbazioni relazionali, e, a volte, proprio  in ragione di queste);

- la maggiore solidità dell'associazione che si presenta con un più definito sistema di norme e di ruoli e può permettersi  una risposta più forte ai problemi ed ai bisogni di  chi ad essa si presenta. La sua relativa compattezza si  manifesta come guscio protettivo per soggetti che hanno bisogno di contenimento anche residenziale e di sicurezza tipica di  un ambiente  normato  e, come tale, rassicurante.  E'  il  caso delle comunità, delle case famiglie, centri alloggio, ecc.

L'economia  sembrerebbe differenziarsi poco da una  economia di gestione di servizi ma non è così. All'interno del  agire volontario vige un forte criterio di partecipazione  paritaria, in ragione della quale anche il portatore di bisogno  deve svolgere il suo compito lavorativo   nell'organizzazione e nella gestione, e non rimanere utente  passivo dell'erogazione di un servizio.

Questo  processo  partecipativo  determina  due  conseguenze positive: la non estraniazione dell'utente e una quota anche importante di suo lavoro interno all'associazione con  notevoli risparmi di spesa per personale dipendente. Tale  logica, inapplicabile nel servizio pubblico, diminuisce notevolmente i costi di gestione nelle strutture di volontariato.

I valori vissuti all'interno delle strutture organizzate  di volontariato  sono  dunque la pratica  della  disponibilità, della responsabilizzazione e del coinvolgimento dell'utente. Inoltre  cominciano ad apparire criteri di  economicità,  di risparmio  e  di razionale utilizzo delle  risorse.  Più  deboli quelli della partecipazione e della democraticità.

 

Volontariato  singolo  o  associato che  opera  nei  servizi pubblici è il  caso di un  volontariato  di  lealtà che poggia il suo costrutto di esistenza in parte sulle reti in parte sui servizi erogati dallo stato. Escludendo le  situazioni ambigue,  quando  cioè tale volontariato è  in  qualche  modo estorto a giovani tirocinanti che fanno apprendistato e  che attendono  in tal posizione un possibile rapporto di  lavoro retribuito,  magari  dapprima a convenzione e  poi  con  una assunzione stabile, il volontariato del singolo si  presenta tipico di particolari tipologie di volontari.

In  genere  è  esercitato da soggetti in fasce  di  età  più adulte  che  hanno  un forte rapporto affettivo, simbolico o  di  interesse culturale con la struttura e le persone che la  frequentano.

Riferimento  d'obbligo è il volontariato  nelle  istituzioni ospedaliere. La posizione in cui si propone il volontario  è quella di totale adesione alle regole presenti nel  contesto e, pur avendo maggiori margini di libertà e minori responsabilità giuridiche rispetto ai lavoratori dipendenti,  pratica lo stesso stile di vita di lavoro.

Il  valore di riferimento per tal tipo di volontariato è  lo spirito  di sacrificio che è richiesto per  fronteggiare  le situazioni di grande sofferenza umana e di profonda  solitudine esistenziale nei  confronti della quali la propria impotenza è psicologicamente devastante. A tal volontario è anche richiesta una grande umiltà per reggere le squalifiche  spesso provenienti  da altri operatori del servizio presso  cui si presta la attività volontaria.

L'economicità di tale servizio volontario è forse quella  in cui  si riflettono più esplicitamente le caratteristiche  di afferenza  di senso relazionale ai contesti  sistemici.  Dal punto di vista dell'economia materiale il contributo fattivo di  tal  volontariato  è oggettivamente di  poco  conto;  il contributo di senso apportato alla relazionalità interna dei servizi  è  invece  rilevante. Il solo  fatto  che  qualcuno eserciti attività penose e non socialmente apprezzate, pone importanti interrogativi a chi svolge un ruolo  professionale  interno al servizio. Il volontario si propone  così come  modello di un agire sociale che  riesce  a assumere su di sé la sofferenza altrui senza esserne schiacciato  e  senza spersonalizzarsi. La sua  funzione  scardina dall'interno  le prerogative di ruolo e le tentazioni verso l’indifferenza in cui scivolano gli addetti in organico: a seguito di ripetuta esposizione verso la sofferenza matura nel personale ospedaliero un forte atteggiamento di distacca se non di cinismo autodifensivo.

L'economia valoriale di tal tipo di azione  volontaria, che ha come solo compenso l'intima soddisfazione di autostima e di positiva percezione di sé, è il contributo all’umanizzazione dei servizi.

Qualora  il volontariato sia associato vi è  una  importante variazione rispetto al precedente (descritto tipizzandolo  nel contesto ospedaliero mentre è attivo in  molteplici  campi  della assistenza, dei beni culturali  e  della pubbliche  amministrazioni) ed è la maggiore  sicurezza  del proprio  operato determinata dal far parte di una  struttura associativa.

 

L’Associazionismo sociale può essere collocato in  posizione intermedia nel continuum tra reti  primarie  e impresa  sociale. E’ un'area di connessione tra le reti primarie e il mercato ma, contemporaneamente, riesce ad essere  un  gruppo di pressione nei  confronti  delle scelte economiche di politica sociale operata dalle istituzioni.

Nell'ultimo  rapporto IREF si rileva una nuova  tendenza  di "pervasività  distributiva dell'associazionismo sociale":  i membri delle associazioni provengono da più strati  sociali. Un  debole segnale di controtendenza rispetto ai  precedenti rapporti che mostravano l'identikit di "un soggetto di sesso in  prevalenza maschile e collocato per lo più in una  posizione  sociale  centrale:  in età  lavorativa,  con  elevato livello  di  istruzione, occupato e con livelli  di  reddito medio-alti  o  alti. Tale profilo trova del  resto  conferma nella  maggior parte delle analisi sul fenomeno  associativo condotte  non solo in Italia, ma anche in Europa e nel  Nord America,  che pervengono alla conclusione che la  partecipazione  associativa è un fenomeno tipico delle classi o  ceti medi" (IREF, cit., p.14). Questa controtendenza desta un certo interesse e si può forse ipotizzare  che proprio le categorie in condizioni economiche più  difficili e disagiate siano portate a riporre fiducia nel mondo  associazionistico  come alternativa alle strutture pubbliche  di WS in crisi e come opportunità di una efficace tutela sociale.

Altra caratteristica dell'area associativa è rivendicare  la propria  autonomia  da qualunque forma di  collateralismo  o influenza  partitica;  permane  però la  differenza  tra  le associazioni di ispirazione cattolica e quelle laiche nella ricerca di finanziamenti (le prime tendono all'autofinanziamento,  le seconde cercano sostegno pubblico). L'economia delle associazioni è un problema complesso perché i  servizi  che  erogano sono  principalmente  rivolti  alla persona, all'ambiente, ai processi formativi e comunicativi, alla cultura, al tempo libero, allo sport, ecc. e la  diversificazione  delle  categorie rimanda a  tipi  specifici  di ciascuna area dal punto di vista organizzativo e dello stile di personalità collettiva.

Non siamo di fronte alla donazione volontaria verso altri, ma alla  caratteristica  di  lavoro per  un  benessere  comune, spesso però primariamente fruito dai soci, organizzato senza profitto.

L'associazionismo sociale appare come una grande area di mediazione tra le reti primarie, lo stato  ed il mercato e può presentarsi come agorà: luogo dove i diversi linguaggi sociali si  incontrano e si riequilibrano attraverso contatti  e relazioni. Nella attuale crisi di  partecipazione partitica l'associazionismo sta deputandosi come luogo ideale  per un nuovo tipo di confronto. Non  a caso molti parlamentari hanno alle spalle esperienze  e supporto di specifiche formazioni di  associazionismo sociale.

Il  valore da attribuire a questo ambito è l'insieme  fluido di molti valori circolanti nella società:  dall'affermazione di sé e il successo personale, alla convivialità,  all'apertura  verso le relazioni secondarie culturali e  ricreative, al progresso economico e sociale ed alla difesa di valori di democrazia e libertà.

 

Le cooperative di solidarietà sociale si collocano nel continuum che dalle reti e dallo stato va verso il mercato perché, pur essendo finanziate dal settore pubblico, tendono a qualificarsi come impresa sociale che sa stare sul mercato.

Il sorgere delle cooperative di solidarietà sociale è spesso connesso  alla  crescita del volontariato  ed  alla  sua trasformazione.  Adottare  la  formula  della   cooperativa sociale  per  erogare,  in modo più  organizzato  e  costante, servizi è una scelta che trasforma il precedente agire (pur ammessi a fianco  dei soci lavoratori,  le figure di volontari che prestano gratuitamente la loro attività tendono a diminuire) nella cultura del lavoro.

“La prima differenza distintiva dell’impresa sociale riguarda la natura e il significato del lavoro[...] Nell’impresa sociale si preferisce parlare non di lavoro ma di attività[...] è il senso del lavoro che è diverso[...] Si parla di attività perché più che il logos (la razionalità dell’interesse) e più dell’ethos (le giustificazioni morali) del lavoro, si valorizza il pathos, cioè il gusto, la tensione, il piacere del fare. Più delle motivazioni materiali (il guadagno), più delle motivazioni morali (il dovere), contano le motivazioni estetiche, la dimensione sensibile dell’attività” (De Leonardis, cit., p.32)

La spinta di questo valore avvicina al polo del mercato e lancia le  spinte aggregative provenienti dalle reti primarie nell’essere impresa. Anche il  ruolo  delle cooperative  sociali  nella erogazione di  servizi esprime la logica di impresa, proponendosi in modo  direttamente concorrenziale con i servizi pubblici. “Una seconda differenza distintiva dell’impresa sociale riguarda il ruolo del lavoro nell’assistenza[...] Nell’impresa sociale il lavoro non è un campo per allargare l’offerta di servizi, è un volano per trasformare i servizi stessi - o meglio, per trasformare lo statuto dei rapporti tra operatori e utenti, tra addetti all’assistenza e assistiti. I primi non erogano (accanto a colloqui, farmaci, aiuti economici) lavoro ai secondi ma lavorano con loro” (idem, p. 32)

Dalla  tradizione  volontaristica  le  cooperative hanno attinto quella centralità dell'utente che spesso i servizi pubblici non riescono a garantire e potranno costruire cultura della solidarietà ricombinando i rapporti tra stato e mercato nell’area di loro sovrapposizione. In questa ridefinizione di tale area (dove domanda e offerta di servizio si scontra con la prestazione burocratica verso l’assistito) il valore che l’impresa sociale tende a rappresentare è quello della giustizia sociale.

 

Le cooperative sociali

Le cooperative di servizi sociali si distinguono dalle cooperative di solidarietà sociale per diverse strategie: le prime sono guidate da finalità solidaristiche e coinvolgono direttamente i fruitori dei servizi come soci, le seconde sono cooperative formate da operatori professionali. Esse sono dunque un soggetto collettivo che opera nel mercato dei servizi. Tanto più la logica del servizio si sposta sul versante del mercato e dell’aziendalizzazione, tanto più le cooperative sociali diventeranno soggetti di mercato.

La proposta cooperativa nel suo insieme nasce come  proposta operativa e funzionale del "lavoro associato"; a  salvaguardia di ciò è impedita la distribuzione degli utili ai  soci, tranne in una percentuale modesta. Essa, inoltre, ha lo scopo di perseguire l'interesse  generale della  comunità, della promozione umana e  dell'integrazione dei cittadini.

Nella  storia della cooperazione molte imprese sono però  di fatto diventate società di capitali sviluppandosi nel numero di  dipendenti e nel fatturato; questo processo in corso  da due decenni è stato prodotto dalla necessità delle  cooperative  di contrastare la concorrenza delle imprese  di  medie dimensioni nella stessa porzione di mercato: crescenti caratteristiche capitalistiche mescolate alla tradizionale impostazione mutualistica.

Il fatto che "il guadagno" della cooperativa è rappresentato solamente dallo stare sul mercato e dal soddisfare i clienti rende pericolosa la sua concorrenza  poiché non attua distribuzione degli utili né  massimizzazione  del  profitto.

 

Conclusioni

 

Quanto detto nel corso del presente lavoro vuole fronteggiare il pessimismo dell'appiattimento sullo stato del  settore non profit, l'ipotesi della sua possibile crisi per  contrazione di finanziamenti pubblici e il pessimismo del  "fallimento  delle  reti"  e del  "fallimento  del  volontariato", espresso da Salamon (1987 e 1993).

Si avverte diffusamente il rischio della marginalizzazione del TS prodotta  dalla diminuzione  dei finanziamenti pubblici con "il  rischio  di una contrazione del numero e delle attività delle organizzazioni...(tale) ipotesi è da considerarsi grave perché implica  il trasferimento delle funzioni e dei servizi da  queste svolti  sul quarto settore, cioè sulle reti informali  delle famiglie  che  verrebbero sovraccaricate  soprattutto  nelle situazioni più problematiche" (Colozzi, Bassi, 1995, p.156).

Lungo il percorso che dall’empatia va ad individuare le emozioni di base che gli individui empatizzano dalla relazione, dalle relazioni conduce alle reti ed alle personalità collettive di gruppo, dalle personalità al modo specifico di farsi gruppo delle diverse formazioni societarie di TS si dimostra che le reti primarie sono sempre la sede di avvio di processi relazionali, sociali ed economici. Da ciò il ribaltamento del pessimismo verso la attivazione. E’ necessario un ruolo più attivo delle competenze tecniche e scientifiche per orientare il TS verso maggiore efficacia. La direzione dell’orientamento sembra che non possa essere altro che verso le reti: uniche risorse a disposizione dell’uomo per evitare la massificazione passivizzante. La sensazione di  "fallimento  del  volontariato" potrebbe segnalarci un suo processo di trasformazione ed un cambiamento di indirizzo verso il genus a cui la sua  bussola lo orienta. E’ in atto un più generale cambiamento di fase per il TS nel suo complesso anche verso aspetti di economia di mercato (ad  es. distribuzione di voucher alle famiglie spendibili in servizi pubblici, privati o di TS) e di ulteriore controllo da parte del servizio pubblico. Anche questi aspetti richiedono un attento counseling per le formazioni di TS.