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Dal curriculum vitae al lavoro passando per la ricerca attiva.

Di Lorenzo Barbagli

 

Nel mondo dell’orientamento esiste una realtà di cui solitamente non si occupa chi pone l’attenzione sugli aspetti educativi e formativi. Un Counselor di orientamento deve sapere che a volte è necessaria per la persona disorientata anche l’informazione, apparentemente spicciola e banale, intorno ad alcuni importanti mondi limitrofi a quello dell’orientamento e del lavoro: la selezione del personale ed il mondo dei colloqui  e della ricerca attiva del lavoro; la struttura formativa universitaria e non dello stato italiano e dunque le opportunità presenti nei territori; i processi di scelta individuale; i parametri di valutazione delle realtà professionali.

Mondi questi, sovrapposti e solo teoricamente definibili e contenuti nella realtà dell’orientamento che si esprimono nella pratica di un orientatore in bisogni informativi e di apprendimento di modelli teorici e di modi di fare.

Vediamoli in maniera più approfondita, senza scadere in inutili trattazioni compulsive ed iper-analitiche ma cercando di sintetizzarne i contenuti utili e portatori di senso.

Nella pratica della presa di decisione e dell’investimento verso una carriera ognuno di queste dimensioni da sola è insufficiente, solo intersecate permettono di trovare riscontri e risultati nei propri progetti di vita. Prima di approfondirli vale però la pena riflettere su quello che nel mondo dell’orientamento viene chiamato “progetto di vita”.

 

La costruzione di un progetto di vita.

Espressione abusata e svilita, il “progetto di vita” pare per lo più essere un protocollo burocratico di intervento piuttosto che un nome per definire qualcosa di ben più ampio.

Culturalmente, nel mondo dell’amministrazione e della burocrazia, non avere un chiaro progetto di vita pare essere l’unico problema dei giovani o delle persone “disorientate”. Ormai con questa espressione pare aver preso il posto di quella vecchia formula del dopoguerra che era il “sistemarsi”.

Cambiano i nomi, restano i problemi.

E’ dunque il caso di iniziare a parlare del  senso di un progetto di vita, prima di riempire con questa espressione formulari, database regionali e libri sull’orientamento e sulla pedagogia.

Iniziamo con il dire che un progetto di vita è sempre e necessariamente deve essere relativo; esso è una soluzione possibile e verosimile costruita sulle informazioni che possediamo ad un determinato momento della nostra esistenza, domani o tra un mese potremmo aver cambiato i nostri desideri oppure potrebbe essere sostanzialmente differente la realtà intorno a noi.

Diciamo poi che essendo però un senso vocazionale di carriera e dovendo esso rispecchiare non semplicemente un mestiere da svolgere esso non può che essere assoluto.

Unica risoluzione possibile di questa dicotomia è comprendere come l’assolutezza di un progetto di vita sia legata ai suo aspetti sincronici ma come diacronicamente questa assolutezza sia variabile e relativa.

Considerando conseguentemente il progetto di vita come un’acquisizione di senso e di consapevolezza di sé e della realtà circostante, valida non tanto per le soluzioni che costruisce ma per i processi interni che attiva e di cui è al contempo frutto: la presa di contatto con se stessi che impone ma anche il forte principio di realtà che deve esserne anima.

Intorno a queste due direttrici si intersecano le dimensioni che andiamo a valutare e che compongono le variabili di sistema da cui scaturisce una scelta.

 

La ricerca attiva del lavoro.

Con questo nome si definiscono le tecniche ed i modi utili al reperimento di un incarico professionale, la stessa viene solitamente suddivisa in diversi momenti ognuno con i suoi obiettivi. Vale la pena sottolineare come una processo di ricerca attiva del lavoro sia dal punto di vista del counseling un processo di motivazione dell’utente, al fine di produrre in lui desiderio, individuazione di obiettivi e l’aumento delle energie interne. Pertanto deve rispecchiare in termini comunicativi e relazionali le caratteristiche necessarie allo sviluppo della motivazione: i modelli più usati sono frutto della ricerca Comportamentista e della PNL. Ad una fase di analisi del contesto e del sé si procede ad individuare mediante processi proiettivi ed immaginativi gli obiettivi e conseguentemente le strategie necessarie a raggiungerli. Dopodiché si passa a motivare all’azione l’utente.

Sovente si considera solamente la fase di attivazione senza farne ad essa precedere quella di analisi. Dentro questo processo si trovano differenti step di preparazione di analisi e di formazione della persona.

Il curriculum vitae: è la fase narrativa del processo motivazionale, cioè la ricostruzione della propria storia professionale. La ricostruzione del sé e l’espressione di ciò che si è appreso. Può essere compilato in formato libero o rispecchiando il format europeo[1]. In ogni caso deve rispettare le seguenti caratteristiche:

·         Connesso alla posizione o incarico che si richiede (cioè è inutile scrivere che per due anni si è svolta la professione di baby-sitter se si richiede un posto per responsabile di magazzino merci, mentre è utile se si cerca un lavoro di contatto con il pubblico);

·         Graficamente chiaro e leggero;

·         Completo ma sintetico (soprattutto per chi ha già molte esperienze di lavoro), leggibile in 10 min.;

·         Diacronico[2], cominciando a ritroso dagli incarichi più recenti o attualmente ricoperti;

·         Deve far emergere un profilo complessivo del candidato già nella prima pagina;

·         Contenere le professioni svolte: date (da quando a quando); luoghi; committenze, incarichi, mansioni effettive, nomine e tipologie di contratto;

·         Contenere i titoli di studio (istruzione): tipo di diploma superiore; laurea/e con date e votazioni;

·         Contenere i diplomi e le specializzazioni (formazione): ore dei corsi, qualifiche e competenze acquisite, ente erogante, luogo di svolgimento,

·         Esprimere complessivamente le abilità e le competenze acquisite: trasversali (lingue, informatiche, relazionali) e specifiche del settore d’esperienza;

·         Esplicitare gli interessi professionali e le preferenze (disponibilità allo spostamento ecc.);

·         Può ad esso accompagnarsi una lettera di presentazione in cui specificare le disponibilità e gli interessi, oltre alle motivazioni rispetto alla tipologia di lavoro ricercata;

·         Contenere tutti i dati utili per il reperimento del candidato (numero di telefono fisso e cellulare, indirizzo di casa ed e-mail ecc.);

·         Contenere (per le professioni a contatto con il pubblico) fotografia;

·         Deve essere firmato e autorizzare all’utilizzo dei dati personali;

Alla spedizione infine del C.V. (in formato cartaceo o informatizzato) si consiglia sempre di far seguire una telefonata onde accertarsi della ricezione e per chiedere un eventuale appuntamento.

La ricerca delle offerte e l’analisi del territorio sui cui muoversi: senza perdersi eccessivamente in meticolose e infinite analisi tecniche del mercato del lavoro, è bene imparare a raccogliere informazioni utili e pratiche sulle realtà professionali del territorio su cui abbiamo intenzione di muoversi. Leggere i giornali nazionali ed osservare le tipologie di pubblicità nei tabloid e nelle riviste, guardare le strade, le vetrine ed i negozi e parlare con le persone del posto sono utili metodi per avere idea delle opinioni che serpeggiano nel territorio. Senza prendere queste informazioni come dati certi ed assoluti ma utile base per l’interpretazione. Ricerche su internet sulle pagine dei comuni  e delle province, oppure frequentare informagiovani e CPI (Centri per l’Impiego) ed infine, studiare le pagine gialle e l’elenco telefonico del territorio individuato per individuare le categorie e le sottocategorie professionali presenti, emergenti e la dislocazione dei servizi sono azioni semplici ed alla portata di chiunque ma veloci ed efficaci.

Il piano d’azione: a questo punto non resta che selezionare gli obiettivi. Una buona selezione, come altrove ho già scritto necessita la costruzione di un sistema di riflessione articolato che comprenda e dia il giusto peso a differenti fattori: ambizioni e passioni, obiettivi di vita (economici, valoriali, di soddisfazione o altro), potenzialità e disposizioni individuali, competenze e storia personale di vita e dunque contesto (storiografico, personale, familiare e territoriale). Conseguentemente agli obiettivi si deve poi “far la punta ai sogni”, cioè cercare nella realtà in cui siamo inseriti la massima possibilità di espressione del sé. E dunque individuare con precisione e serietà (pur nella necessaria relatività inevitabile) i passi necessari alla realizzazione dei nostri obiettivi.

I colloqui di selezione e la promozione di sé: sono poche le cose da dire davvero importanti rispetto a questo tema; essenzialmente invito ad essere sinceri e trasparenti nei nostri obiettivi, ma non stupidi. Cioè a tutelare i nostri interessi ma anche a capire se ciò che ci stanno offrendo possa essere adatto al nostro progetto di vita. Poche tattiche e stratagemmi assertivi, tanta onestà e motivazione realistica.

 

L’offerta formativa.

Questo è un argomento in continua evoluzione, soprattutto a causa dell’instabilità governativa e ministeriale a cui negli ultimi anni siamo stati sottoposti, dunque richiede estenuante aggiornamento se visto nell’ottica dell’ orientamento informativo. Da un punto di vista formativo invece diventa tutto più semplice. Perché una sola regola vale: a percorsi formativi a scarso investimento corrispondono scarsi risultati o la necessità conseguente di reperire lavoro tramite percorsi informali (reti familiari, conoscenze, appartenenze politiche) e dunque, dal punto di vista psicologico, all’apprendimento di tecniche di adattamento ed “accontentamento”.

Flessibilità o specializzazione? Dipende dal tipo di professioni e di situazioni professionali a cui si punta. In ogni caso, meglio entrambe.

L’Università (trienni e bienni specialistici), le specializzazioni ed i Master di I° e II° livello, la formazione post-diploma privata o pubblica sono variabili da considerare non in termini assoluti ma a seconda delle possibilità e degli obiettivi: in ogni caso meglio fare scelte nette e chiare, le vie di mezzo di solito espongono a brutte sorprese.

 

Processi di scelta individuale.

Un punto essenziale di ogni percorso di orientamento è la comprensione dei processi individuali di scelta. Senza entrare nel merito dei differenti modelli di scelta che il mondo dello studio dei tratti di personalità ci offre e che ho già sviluppato in precedenti scritti vale la pena in questa sede spendere del tempo ad invidiarne il senso ed il significato e gli aspetti rilevanti intorno a cui scegliere.

In effetti con troppa superficialità molte volte ci limitiamo a “scegliere” tra una scuola ed un'altra oppure tra due mestieri; in realtà dobbiamo stiamo scegliendo un percorso, un impegno e soprattutto dei probabili risultati che hanno a che fare con differenti aspetti.

Scala di valori e priorità sono il primo step da valutare prima di scegliere. Non tutti i mestieri  e non tutti gli ambienti garantiscono contesti simili o possibilità infinite. Facendo esempi estremi è ovvio non potersi aspettare un ambiente caratterizzato dal dialogo e dal confronto democratico dentro una caserma[3]. Se questo è un valore imprescindibile per una persona è automatico sapere che in un contesto militare starà stretta. Più sottile e difficile se usciamo da casi estremi e trasparenti è questo tipo di riflessione, ma non meno importante. Lo scarto tra i nostri valori e quelli del contesto in cui viviamo è un grande parametro di qualità dell’esistenza e della resa non solamente professionale. Nel necessario rispetto di tutte le soggettive e legittime differenze d’opinione e scale valoriali.

Il bilancio di competenze è invece un aspetto molto più pratico e semplice da affrontare. Essere consapevoli non solamente delle nostre potenzialità e passioni ma anche del nostro background di abilità e capacità apprese: il loro livello e la loro utilità, la loro spendibilità ed il loro valore nel mercato del lavoro.

In sostanza far si che da scelte casuali si passi a scelte causali. Sapere cosa cerchi e sapere cosa perdi. Prestando particolare attenzione ad alcuni processi di “non scelta”, ovvero processi preconsci di scelta per mancanza di alternative, anche se percepiti dal soggetto operante la scelta come preferenze reali.

1) Scelte per paura: sostanzialmente quando scegliamo l’opzione che meno ci intimorisce, anche se magari desidereremmo altre alternative che però ci appaiono non alla nostra portata. Scarsa stima di noi stessi, paura della competizione, mancanza di aggressività sono spesso la base di queste decisioni. Il cui prezzo paghiamo quando, ormai tardi magari per tentate di nuovo, ci accorgiamo che per limitare i danni abbiamo perso tutto.

2) Condizionamenti: quando pensiamo di non avere alternative, ma di poter solamente seguire il percorso che vediamo davanti. Non è mai così, come minimo possiamo tornare indietro! Quando accade questo, e ci sembra di dover sopportare perché “solo il sacrificio è ciò che dà qualità alla vita” o perché “ tanto ci si deve abituate” prestate tanta attenzione: evidentemente c’è su voi un’oppressione o un condizionamento proveniente da ciò che vi ruota attorno (famiglia, amici, colleghi di lavoro, luoghi comuni, pregiudizi, ecc.)

3) Comodità: quando pensiamo di essere particolarmente furbi o strategici e non ci accorgiamo del prezzo che paghiamo per le nostre comodità, camuffiamo cioè a noi stessi la pigrizia o la paura con opportunismo che poi pagheremo a caro prezzo. Di solito, chi ti offre comode soluzioni ci guadagna molto di più di quello che sembra, e di solito chi è convinto di fare enormi affari spesso sta prendendo “pacchi”. Per ottenere risultati ci vuole invece impegno e motivazione,anche se non serve necessariamente il sacrificio di sicuro serve la fatica.

La liberta ha il suo prezzo!

 

I tipi di lavoro: alcuni parametri essenziali

E’ importante dunque sapere cosa chiedere al proprio mestiere. Ogni mestiere ha caratteristiche differenti del resto, ancor di più i mestieri non sono necessariamente come vengono descritti.

Per due fattori: perché i mestieri non sono più facilmente osservabili come nel secolo scorso quando per strada si vedeva cosa facesse il fabbro, il meccanico, il calzolaio ecc.; in secondo luogo perché riceviamo tante descrizioni di mestieri del tutto falsate e come minimo romanzate (dalla realtà delle fiction ad esempio: ammesso che il medico faccia ciò che fa il dottor House, sarebbe davvero un buon medico? E quanti poliziotti fanno la vita de “La Squadra” o anche del Maresciallo Rocca o del Commissario Montalbano?). Molto più seriamente conviene valutare tre essenziali indicatori ed incrociarli con le nostre aspettative, valori e tutto il resto.

La retribuzione è un primo indicatore di valutazione del lavoro. Quale sia in termini quantitativi (paga netta, n° mensilità, benefit, non costi: telefono, PC, buoni pasto e simili) e qualitativi (tipo di assunzione e conseguenze: TFR, pensione, numero di ore lavorate, malattia, ferie, tredicesima e quattordicesima oppure libere professioni). Dunque anche chiedersi se la retribuzione corrisponda alle nostre necessità economiche (criterio oggettivo, basta per vivere?)) ed alle nostre ambizioni (criterio soggettivo, basta per vivere come voglio?) di tenore di vita (difficile andare a cena al ristorante tutte le sere con 1000, 00 euro al mese a meno che non paghi qualcun altro per noi).

La soddisfazione è il secondo criterio. E’ ovviamente del tutto soggettivo, anche se è oggettivo che se aumenta la soddisfazione migliorano anche le performances professionali ed è più basso il rischio delle malattie professionali (stress, burn-out ma anche mobbing).

L’immagine è infine un indicatore di relazione con gli altri: immagine di sé ricevuta dall’esterno, immagine offerta e conseguente accettazione di questa immagine. Come mi vedo e mi percepisco e come vengo visto e percepito nel mio lavoro.

Tre valori che in ogni mestiere sono differenti, e che in ogni mestiere hanno maggior o minore importanza.  Senza considerarne di migliori o di peggiori, cosa preferisce nel suo futuro Marco?


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[1] Tema ampiamente dibattuto: da un lato i sostenitori del formato europeo (amministrazioni pubbliche) dall’altro il mondo delle imprese che non riesce a comprendere le abilità del candidato da questo modello di CV.

[2] E’ questa una obbligazione conseguente all’abitudine ormai incistata nelle dimensioni burocratiche, anche se in termini di senso e di trasmissione di una storia professionale sarebbe molto meglio redarre un CV che abbia inizio con il diploma superiore per poi arrivare alla data della compilazione.

[3] La caserma del resto è un ambiente preposto a funzioni di tipo militare nelle quali la decisionalità individuale cede il passo alla gerarchia funzionale agli obiettivi di efficienza e rapidità indispensabili ad un esercito.  Ovviamente non tutte le caserme saranno uguali e negli anni si sono modificati gli stili e gli obiettivi degli eserciti ma la matrice di fondo di quel tipo di gruppo, conseguente alle funzioni di difesa resta la stessa.

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