Gruppi e personalità collettive
di Vincenzo Masini
pubblicato in: L. Barbagli (a cura di), "Counseling, Orientamento e Classi", ed. Prevenire è Possibile, 2006
Tipi di gruppo e atteggiamenti in gruppo
E’ necessario aprire una riflessione sulle tipologie dei gruppi che all’interno delle classi come di qualsiasi organizzazione si possono trovare, per poi passare a costruire modelli di intervento nelle varie situazioni.
Le personalità di gruppo[1] si costruiscono qualitativamente sulla base delle interazioni dei copioni dei singoli e sulla presenza quantitativa di alcune prevalenze.
1) La personalità collettiva orientata sul controllo: lo spazio psicologico condiviso dai membri è quello dell’unione intorno alla norma stabilita per difesa dalla paura dell’imprevisto (ansia) e conseguente necessità di sicurezza. Tale personalità esiste tra gli estremi della rigidità (rallentamento del cambiamento) e della differenziazione. La prima modalità di esercizio del controllo è l’autocontrollo formale mediante i ruoli rivestiti e le posizioni occupate per cautelarsi da coinvolgimenti emozionali, considerati disturbi.
La tensione collettiva verso la formalizzazione delle azioni, garantita dal “diritto” e dal “contratto”, corrisponde, sul piano delle emozioni condivise, alla paura trasformata in controllo e difensività per non vedersi sottratto qualcosa (privilegi acquisiti, status raggiunti, opportunità, ecc.).
L’impersonalità dell’ordine razionale - legale diviene però, oltre ad una certa soglia, disfunzionale e tali organizzazioni manifestano il bisogno di rinnovare il loro spirito, l’efficienza e l’efficacia nello svolgere i compiti per cui sono sorte.
La vita di un gruppo centrato sul controllo nasce sulle ceneri dell’affiliazione o dell’incorporazione e muore nella differenziazione. L’affiliazione, espressa da individui o sottogruppi, non si concilia con la logica dell’istituzione e, qualora essa venga accolta nel tentativo di normalizzarla, la struttura gruppale è seriamente messa a repentaglio. La differenziazione è il limite di questa personalità collettiva, nasce dalla esigenza di risposta ad un problema e conduce a costruire una nuova personalità. Nel loro differenziarsi i diversi segmenti prendono altre forme, rispondono a volte ad altri bisogni emergenti, altre volte si riproducono semplicemente per inerzia (vedi personalità collettiva centrata sull’apatia) o entrano anche in conflitto gli uni con gli altri.
2) La personalità di gruppo confliggente: l’andare contro è il motore di questo tipo di gruppo. Le sinusoidi tra il polo dell’aggressività e quello della depressione dei singoli soggetti trovano risonanza nella curva armonica del gruppo confliggente. Il gruppo impedisce l’emersione della colpa nel singolo. Il gruppo confliggente non può provare la colpa collettivamente; trae vita nell’attribuirla ad altri, con cui entra in conflitto. Se l’insoddisfazione aumenta oltre ad una certa soglia, e non è possibile l’attribuzione esterna, il gruppo entra però in conflitto con una parte (espiatoria) di sé e/o si divide.
Il soggetto che partecipa a questo tipo di gruppo sublima in esso due operazioni interne: se in fase depressiva (autoaggressiva) per senso di colpa conseguente ad un suo agito, può trovare nel gruppo comprensione, se sente il bisogno di caricarsi per esprimere la sua tensione contro o per, il gruppo è un ottimo moltiplicatore della energia.
La relazione gruppale garantisce la possibilità di negare la colpa e di rinforzare i vincoli tra i membri che, così facendo, si identificano sempre più nel contesto attrattore del gruppo. Ciò che è "esterno" è sempre nemico per tali gruppi. Il movimento proiettivo del gruppo confliggente lo porta ad estendere i connotati del proprio modo di essere sul mondo esterno, attribuendo le proprie caratteristiche negative (insoddisfazione, invidia, furbizia, diffidenza,..) agli altri.
Le strutture associative della personalità collettiva confliggente sono fortemente instabili e ciò determina i limiti nella possibilità del loro allargamento e la natura del suo ciclo di vita. Nella sola fase di formazione tali gruppi presentano coesione, stringendosi attorno al leader ed animandosi nella ricerca della propria autoregolamentazione. Nell’attimo successivo alla determinazione dei ruoli, dei compiti e delle gerarchie viene messo in moto il conflitto interno. La regolamentazione, infatti, riduce i margini di possibilità ed a ciascuno pare di aver perso qualcosa rispetto alla situazione precedente o di essere stato ingannato.
3) La personalità collettiva di differenziazione: l’Io che si muove nella espansione della curiosità del conoscere e nella estensione del suo essere nel mondo tende a sistemi di relazione fondati più sull’intuizione (e sull’intuizione delle intuizioni) che sull’empatia. La personalità collettiva di un gruppo di differenziazione è rarefatta. Al suo interno si verifica un ribaltamento delle regole: gli individui si “tengono” nella relazione con la comunicazione ma si confrontano metacomunicativamente.
Tale personalità collettiva dimostra come il gruppo non sia solo sede di conformità e di de-individuazione. E’ il caso di gruppi, fortemente elitari, in cui sono raccolti individui che tendono alla loro individuazione in reciprocità, unificati solo nel comune rispetto per i sistemi di espressione dell’identità altrui, pur non concordando con essa.
La personalità collettiva centrata sulla differenziazione non ha un nucleo stabile e confini relazionali. Pur composto da individui reali e concreti sembra un gruppo sempre più virtuale.
Innesco del processo può essere la tensione ad essere Primus inter pares e cioè ad incarnare, in modo più distinto e chiaro degli altri, le condotte di comportamento del gruppo. Passaggio intermedio il modo di esercitare il controllo della comunicazione. Quando due persone cercano di controllare l’un l’altra la comunicazione, colui che vince invia direttive paradossali, in quanto spinge l’altro a non rispondere e perpetua la situazione conflittuale preesistente ma non dichiarata. Punto di arrivo è il gioco del potere sulla definizione delle nuove regole, per impiantare le quali si deve giocare sui margini di possibile scorrettezza rispetto alle regole in atto (si pensi alla dialettica tra elités politiche o alla concorrenza tra professionisti o imprenditori).
4) La personalità collettiva fusionale: Il movimento dell’Io che tende ad essere incorporato va verso un gruppo formato da individui che confluiscono nella occasionale fusionalità; la loro ricerca di contatto personale risponde al desiderio di provare emozioni forti, cariche di piacere ed in grado di contenere l’angoscia della separazione. La forte emozione condivisa in aggregazioni di massa, ad esempio, può rendere possibile la perdita momentanea della sensazione di separazione che è il veicolo dell’angoscia. Tali personalità collettive sono attirate da tutto ciò che possiede e libera energia: grandi manifestazioni, concerti, spettacoli in cui colgono umori e sensazioni.
Il ciclo di vita di tali gruppi è breve. L’angoscia che si manifesta al termine della fusionalità contribuisce al loro dissolvimento che spesso si accompagna nella loro polverizzazione in diadi.
5) Le personalità collettive del gruppo centrato sull’apatia e sulla dissolvenza: Due movimenti dell’Io, quello dell’ auto-dissolvimento, tipico dell’inibito nella vergogna che si ritrae dalla relazione, e quello del mantenimento dello stato inerte, tipico dell’apatico, non danno luogo a raggruppamenti ed a personalità collettive visibili e con un certo grado di stabilità, poiché non hanno espressività sociale sufficiente per costituirsi come centro di gravità della gruppalità. Tali due movimenti dell’Io sono stemperati nella miscela di personalità collettive compatibili di cui possono comporsi le innumerevoli coniugazioni della gruppalità.
Gli individui che cercano di mantenere stabile la dimensione emozionale dell’Io cercano la pace ( e sono portatori di pace) perché stemperano le diverse tensioni fino ad annullarle. Ciò non significa che non possa esistere un gruppo di “pacifici”; significa che se costoro sono gruppo, non lo sono in quanto “pacifici”, ma per contemporanee altre sovrapposizioni di aree di motivazione. Trovano però comunanza nella propensione contemplativa ma perdono pian piano consistenza, se non incontrano lo stimolo critico di altri a cui trasmettere la loro pace. Ancor più evidente è l’impossibilità di dar luogo a personalità collettive da parte di soggetti, inibiti dalla vergogna, che tendono a non mostrarsi o, per meglio dire, l’inesistenza di una personalità collettiva sulla sola base delle tensioni individuali a non esistere, a scomparire ed essere invisibili. Ben diverso il caso di quei raggruppamenti, nati per fronteggiare, con sacrificio e umiltà, bisogni umani di soggetti in sofferenza che, da una condizione di aiuto invisibile, hanno costituito processo associativi finalizzati a meglio rispondere ai bisogni. Gran parte della storia del Terzo Settore è leggibile in questa prospettiva.
6) La personalità di gruppo affiliativa: Il movimento dell’Io che si affilia ad un gruppo tende ad aderire verso situazioni stabili di costante riempimento emozionale, anche se non particolarmente intenso. La personalità di gruppo affiliativa chiede l’adesione totale nella sua forma più classica, e cioè la convivenza. Tanto è più acuta la deprivazione affettiva vissuta, tanto è più forte il bisogno di affiliazione; tanto più è acuta la frustrazione di tal bisogno, tanto più è ambivalente e discontinuo il processo affiliativo. Tali personalità collettive possono così oscillare tra la carenza e l’eccesso di affiliazione.
Hinshelwood[2] ha analizzato alcune personalità di comunità “carenti” che non hanno saputo suscitare all’interno una equilibrata affiliazione e si sono involute trasformandosi in personalità collettive difensive, fragili, rigide, spezzate o demoralizzate. L’eccesso di affiliazione rappresenta un altro tipo di involuzione verso caratteristiche settarie o di “culto”, con potere depositato nella mani di una sola persona, possesso permanente dell’individuo, obbedienza cieca ed alienazione della personalità individuale originaria. I legami interpersonali palesi si trasformano in vincoli di dipendenza e contro-dipendenza. Sottolineo l’importanza della differenza tra incorporazione e affiliazione, perché, contrariamente ai luoghi comuni, esse non coesistono facilmente nei gruppi: inglobarsi nella fusionalità, con perdita di identità, è assolutamente antitetico rispetto all’adesione, anche totalizzante, ma consapevole. Solo un forte senso di identità fa sperimentare, in modo acuto, la solitudine ma accende l’adesione affiliativa. L’angoscia della separazione non conduce invece ad alcun accertamento dell’identità ontologica e chiama all’oblio della perdita di coscienza nell’incorporazione.
Modulazione della reciprocità nelle diverse personalità collettive
Il concetto di personalità collettiva non investe solo i gruppi nel loro agire verso individui o verso altri gruppi, serve a comprendere le qualità di rapporti tra i diversi membri di un gruppo. Ciascuna personalità collettiva funziona da cornice di un gruppo e determina l’assetto dei rapporti interni: gli individui si comportano in modo diverso con i membri della loro famiglia, con i colleghi di lavoro, con i passanti per strada, con gli insegnanti dei loro figli, con gli esercenti dei negozi intorno a casa, con gli amici, con le mogli degli amici, ecc.
E’ anche vero, però, che un’azienda come una classe scolastica oppure un gruppo di amici possono vivere un momento di effervescenza collettiva, carica di impegno e di coinvolgimento, a seguito della quale i diversi componenti si sentono una “famiglia”. Può altresì accadere che si inneschino conflitti tra vecchi amici che non riescono a chiarirsi tra di loro e, pur mantenendo l’abitudine della frequentazione reciproca, trasformano la loro compagnia in un teatro di sottili e perfide schermaglie. Ciò significa che il clima di un gruppo evolve in una, o in un’altra, direzione, indipendentemente dalla relazione interpersonale precedentemente definita. Questo è lo specifico settore di analisi in cui il concetto di personalità collettiva mostra la sua efficacia. Proprio laddove si da’ per scontato che esista un modello abbastanza stabile ed omogeneo di relazioni dobbiamo andare a cercare e definire quale sia la personalità collettiva del gruppo in atto al momento.
In letteratura i gruppi vengono così descritti come bersaglio delle motivazione di potere e di dominio di una persona, della motivazione di affiliazione o appartenenza di un’altra in un processo di soddisfazione differenziale dei bisogni di ciascuno. Nel senso che i bisogni di un membro sono diversi da quelli di un altro. Ciò è valido per bisogni che sono complementari, dominanza (controllo) e affiliazione o incorporazione ad esempio, ma non per quelli simmetrici (conflitto o differenziazione), né per quelli di ritiro o staticità, sempre ad esempio.
Un gruppo presenta un ampio assortimento di personalità individuali, con diverse modulazioni di appartenenza, espressione del significato attribuito da quell’individuo a quel gruppo; per quello stesso individuo un altro gruppo assume un significato diverso ed, in esso, egli gioca un ruolo diverso.
In ordine alle disposizioni personali verso la relazione, è stato già discusso il fatto che l’avaro e il ruminante giochino il ruolo di leader e antileader, l’invisibile quello di capro espiatorio, il delirante quello di “indipendente”, lo sballone quello di giocherellone, l’apatico quello di parassita e l’adesivo quello di mascotte. Al variare della personalità collettiva del gruppo gli stessi individui giocano però ruoli diversi e ciò consente loro di cogliere l’opportunità di uscire dai loro copioni. La disposizione a questi diversi ruoli assume diverso rilievo nello sviluppo e nella modificazione di un gruppo che attraversa molteplici fasi di vita, a maggior ragione tale disposizione appare con valenza accresciuta nelle personalità collettive che la valorizzano.
In un contesto di gruppo affiliativo la mascotte (l’adesivo) è il centro del gruppo e la sua importanza è data dal fatto stesso di esistere, le posizioni divergenti o conflittuali o di controllo sono tendenzialmente depotenziate perché viene loro richiesto un investimento affettivo verso il centro del gruppo. Ove non sia possibile il gruppo vive una assurdità insostenibile e cerca di reagire: analizza le possibili cause, invita allo slancio affettivo fino a quando è possibile e, se non riesce in ciò, si ritrova di fronte alla scelta di sciogliersi e rinunciare ad esistere come relazione, o spezzarsi in sottogruppi con esiti di dissolvenza e di successivo isolamento per i membri, o trasformarsi in un luogo di conflitto.
I due esempi indicano le personalità collettive di gruppo come un campo di esistenza di certe relazioni possibili, non necessariamente in reciprocità tra di loro. Semmai in corrispondenza sulla base della configurazione reticolare interna. La forma delle reti dipende dalla qualità delle personalità collettive.
La differenziazione della reciprocità letta attraverso le personalità collettive presenta una articolazione complessa:
- in una personalità di gruppo confliggente, assimilabile alle azioni dei soggetti sociali in concorrenza sul mercato, la reciprocità non è mai intenzionalmente paritaria; ciascuno degli attori tende ad avere il massimo dei benefici ed a spostare la reciprocità a suo favore per massimizzare il suo profitto.
- In una personalità collettiva centrata sul controllo la reciprocità è regolata nella sua formalizzazione. Il bisogno di sicurezza e la difensività, insita nella cultura della personalità collettiva di controllo, tende a pesare fino al dettaglio i contenuti dello scambio, nell’incessante sforzo di regolazione delle modalità di transazione tra soggetti e gruppi.
- Assolutamente asimmetrica è la reciprocità nella personalità collettiva affiliativa: il bisogno affettivo soddisfatto nel gruppo non ha prezzo per i membri che ne sono psicologicamente dipendenti. Non è misurabile (nemmeno in termini simbolici) la reciprocità tra genitori e figli (il donare del genitore non ha equivalenza nella sua possibile gratificazione personale) o la reciprocità tra aderenti ad una setta e capo carismatico (la dipendenza dei primi è assolutamente sbilanciata per bisogni di identificazione personali rispetto al potere del secondo).
- Nella personalità collettiva incorporativa si attua invece una reciprocità simbolica: i gruppi amicali, la fusionalità della coppia, la partecipazione ad un collettivo in stato nascente, l’interazione ad alta emozionalità in un insieme (folla, pubblico, aggregato) implicano reciprocità concrete o simboliche che vanno dalle attese di comportamento richiesto (stima fiduciaria reciproca nell’amicizia), alle disposizioni affettive complementari nella coppia, alle attese di investimento nell’azione equivalenti da parte dei soggetti nell’effervescenza di un movimento, fino alle minime aspettative di congruenza con l’insieme nel comportamento di un pubblico.
- Lo scambio di “quasi equivalenti” è la reciprocità nel gruppo di differenziazione. Proprio perché gli attori si tengono in gioco mediante la comunicazione ma negoziano tra di loro nel definirsi reciprocamente metacomunicativamente, il “quasi” è la regola nel gioco dell’incertezza di reciprocità.
- Assolutamente non equivalente e nemmeno richiesta, anche se per motivazioni differenti rispetto alle personalità collettive affiliative, è la reciprocità nelle personalità collettive centrate sulla dissolvenza. L’umile autosvalutazione di un gruppo con scarsa autostima dona gratuitamente in base al solo fatto di essere preso in considerazione. L’attribuzione causale intergruppo funziona in tali contesti gruppali assolutamente all’opposto rispetto alla norma. ciò che è esterno al gruppo è positivo e buono, ciò che è interno ha scarso valore.
- La reciprocità nella personalità collettiva apatica è lenta e sospesa. L’interdipendenza dei membri li costringe all’inazione; qualunque scambio è rallentato sia perché il dono può essere accolto opportunisticamente senza reazioni equivalenti, sia perché la sua distribuzione può generare impegnativi e faticosi conflitti.
Personalità collettive e valori
Nel paragrafo precedente sono state discusse le culture produttrici di valori dimostrando come un principio morale si trasforma in un valore quando esso è pienamente sperimentato e verificato nella relazione con l’altro. Il senso di un valore rimanda ai sentimenti condivisi che svelano la conoscenza di un valore (non è possibile conoscere il senso dell’amicizia leggendo un trattato su di essa, ma solo sperimentando il gusto di avere e di essere un amico). La personalità collettiva è la sovrapposizione di campi psicologici individuali che trovano conferme reciproche e diventano coscienti del valore dei sentimenti in essa sostanziati.
Nel gruppo centrato sul controllo può prendere forma il valore della responsabilità. La personalità collettiva che vive sul controllo può degenerare in eccessi di istituzione, formalizzazione e burocrazia oppure può evolvere, attraverso tolleranza e generosità, verso la saggezza. La disciplina, tipica del contesto del controllo, si trasforma in responsabilità, e può essere trasferita verso soggetti che ne sono privi. L’assumersi responsabilità produce come prima conseguenza il diventare, per davvero, importanti per qualcuno.
Il gruppo confliggente può mostrarsi nel suo risvolto positivo di produzione di entusiasmo, di impegno, di lotta per la giustizia. La carica interna, che tal gruppo accumula, può infatti dislocarsi in azioni sociali all’insegna del conflitto o diventare furia lavorativa, entusiasmo trascinante ed energia dirompente.
Nel gruppo di differenziazione può trovare realizzazione l’identità e la libertà. Oppure può avvenire che i soggetti si perdano nelle altezze aeree di tanti Io che inseguono i loro processi mentali con la rarefazione di un pensiero privo del confronto umile e concreto con altri.
Il gruppo tendente all’incorporazione vive costanti slanci ed è capace di generosità. E’ sede di cambiamenti emotivi, anche repentini, che possono coinvolgere nello slancio persone troppo “fissate” e chiuse.
Il valore della pace è connesso alla volontà di stabilità esterna ed interna all’Io. Il primo luogo dove la pace può realizzarsi è la situazione interiore di assenza di conflitto con Sé. Ciò rimanda la valore dell’onestà che conduce allo “stare in pace con se stessi e con gli altri”. Il gruppo che tende alla assenza di movimenti è un luogo di realizzazione di tal valore; può dunque trasmetterlo alle persone con cui entra in relazione. Oppure può scivolare nell’oblio inutile della apatia.
L’assenza di propensione alla gruppalità è connessa alla sensibilità ed alla umiltà. Il gruppo dissolvente non è visibile perché non intende rappresentarsi in nessun modo. La sua capacità percettiva non ha bisogno di conferme esterne per sapere di esistere.
Nel gruppo affiliativo vige un bisogno di affetto e di considerazione. L’adesione a tal gruppalità è un processo costante. Tale gruppo vive sul valore dell’unità.
A seguito dell’analisi delle differenti personalità collettive nei gruppi, possiamo distinguere sette differenti forme di relazionalità interne alle organizzazioni che ne caratterizzano le specificità sulla base delle quali censire le risorse e evidenziare i bisogni di crescita e sviluppo.
1. Gruppi rigidi/organizzati: sono questi gruppi la cui struttura relazionale si fonda principalmente sull’integrazione e la complementarità all’interno e verso l’esterno, i cui obiettivi primari sono il raggiungimento degli obiettivi ed il mantenimento delle strutture, dei ruoli e delle funzioni. Si collegano alla visione meccanica delle organizzazioni e si contraddistinguono per una visone utilitarista delle attività.
I suoi punti di forza sono il realismo e la solidità, il senso della realtà e la saggezza strategica, la difesa dei propri spazi, la stabilità e la capacità organizzativa. I suoi punti deboli sono però la lentezza burocratica, l’eccessiva precisione e scrupolosità, la rigidità e la freddezza nelle relazioni, e la forte gerarchia interna.
2. Gruppi intraprendenti/conflittuali: le dimensioni relazionali in affinità prevalenti in questo genere di gruppo sono la mediazione e l’incontro, pertanto, si connotano come gruppi con un alto livello di energie interne, di attivazione e di dinamicità interna ed esterna. L’intraprendenza e l’azione sono il valore fondante di questi gruppi che esprimono una grande forza propositiva e ottime capacità di problem solving e di organizzazione. In senso negativo, caratterizzati dalla alta conflittualità che si origina dalle dinamiche interne in opposizione di equivoco e di delusione, possono diventare gruppi litigiosi e incontenibili.
3. Gruppi creativi/dissolventi: il gruppo organizzativo di questo genere si fonda invece sulla differenziazione e sul riconoscimento delle libertà individuali, sui diritti personali e sull’ideazione creativa. Dalla loro parte, centrati sulle affinità della dialogicità e del riconoscimento, hanno le ottime capacità di analisi e di riflessione sugli eventi e la presenza di visibili e diversificate esperienze e opinioni. Una grande ricchezza culturale a far fronte al rischio di degenerazioni e dispersioni, causate dagli allontanamenti dei membri (a causa delle dinamiche di relazione oppositive preponderanti di insofferenza e logoramento) che possono causare anche la totale disgregazione del gruppo in sub-unità monodiche autoreferenziali
4. Gruppi emozionali/inconcludenti: centrato sulle dinamiche relazionali in affinità della disponibilità e dell’integrazione questo gruppo si presenta con una forte capacità espressiva, buona intuitività e capacità di ottenere consenso e di coinvolgere nuovi partecipanti in una comune visone. Spensierato, festoso e allegro può anche diventare molto funzionale e ben organizzato, qualora esprima le sua capacità integrative. Il pericolo, per conto, è l’alto livello di delusione interna (dovuto a difficoltà pratiche e organizzative) oppure di evitamento tra i membri.
5. Gruppi quieti/anomici: quasi, a causa dello spegnimento interno, un non-gruppo, per esprimere a pieno le sue potenzialità in merito alla mediazione dei conflitti e alla complementarità ha necessariamente bisogno di un leader sufficientemente energico e direttivo che ne imposti l’azione. Il rischio è quello della disgregazione a seguito delle prevalenti dinamiche di relazione oppositive interne di fastidio e di logoramento
6. Gruppi sensibili/falliti: questo tipo di gruppo, anch’esso bisognoso più degli altri di una leadership netta e strutturata similmente a quelli quieti/anomici, si differenzia però nel più alto livello di sensibilità interna ed esterna. Questi gruppi, percettivi e metodologicamente precisi, esprimono ottime capacità di sostegno interno dovute alla prevalenza di dinamiche relazionali di affinità di incontro e riconoscimento, per cui sono in grado di avere un altissimo rispetto dei valori e d elle scelte e azioni della persone. Possono altresì essere profondamente percettivi e acuti nell’interpretazione delle situazioni, ma rischiano di auto-distruggersi nella scarsa stima di sé e nell’assenza di intraprendenza dovute alle dinamiche interne in opposizione di incomprensione e di evitamento.
7. Gruppi uniti/invischiati: infine, questo tipo di gruppo si presenta con forti caratteristiche di familiarità e affettività interne, sviluppate a seguito della forte presenza di dinamiche di disponibilità e dialogicità, che lo rendo unito e affiliativo. Al contrario, è un gruppo che rischia di diventare settario con l’esterno e manipolatorio all’interno, in cui le libertà individuali e l’innovazione perdono rispetto e importanza per via di dinamiche interne in opposizione di equivoco e fastidio.
[1] Masini V., L’empatia nel gruppo di incontro, Istituto Don Luigi Sturzo, Caltagirone,1996.
[2] Cfr. Hinshelwood R.D., What happens in groups, Free Associed Books, London, 1989.