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COUNSELING ORGANIZZATIVO E MIGLIORAMENTO DELLA LEADERSHIP

Di Vincenzo Masini e Lorenzo Barbagli

 

Il concetto di delega

Nella letteratura sull’empowerment risulta essenziale la spiegazione del concetto di delega. Questo termine però non riesce a tradurre completamente il lemma anglofono poiché rimanda nel suo significato italiano al concetto di responsabilità. E’ infatti questa che si può delegare.

Empowerment proviene dalla contrattura dell’espressione to give them power, ma la parola power in inglese ed in americano non significa letteralmente “responsabilità” ma piuttosto potere/potenza. Potere e Potenza infatti in italiano non sono la stessa cosa. Il potere è un elemento statico, conservatore e legato in termini intrapsichici al controllo sul sé ed è quindi correlato, questo sì, al concetto di responsabilità che ha matrice comune nel controllo. La potenza è invece espressione significante azioni dinamiche in direzione di qualcosa, innovative e portatrici di cambiamento. Tant’è che dalla parola potenza deriva il lemma “potenzialità”.

Give them power è quindi dare alle persone “potenza di”, “potenzialità”. Espressione quindi di un sè, di risorse profonde ed uniche di cui ognuno è portatore.

Va da sé come la delega non possa essere altro che UNA sola di queste potenzialità. E che l’atto del delegare possa essere riferito solamente a persone che hanno il pregio della responsabilità.

L’integrazione è del resto la matrice della funzionalità operativa dei gruppi di lavoro, che sono però costituiti da persone e da vari livelli di bisogno[1].

Pertanto, una leadership efficace ma anche human oriented (per non scadere nel lato oscuro della leadership[2]) deve sviluppare le potenzialità, la potenza dei singoli e non il potere. Da cui non nasce null’altro che strutture burocratiche. Il potere è utile solo se letto come uno dei possibili strumenti da utilizzare.

Nel modello di Prepos differenziamo sette strutture idealtipiche di personalità a cui sottendono sette differenti valori ma ancor di più sette differenti aree di risorse. Per ognuno di essi il concetto di empowerment, e quindi in senso lato di delega, assume significati e forme differenti.

Responsabilità, Giustizia, Libertà, Generosità, Pace, Umiltà e Fedeltà sono sette valori coessenziali a cui deve sottendere la delega e la “potenza di”.

1.                        Potenza di coordinare, organizzare, analizzare e valutare.

2.                        Potenza di lottare, attivarsi e accendere, rispettare l’impegno e di impegnarsi per qualcosa.

3.                        Potenza di vedere oltre, di visualizzare strade nuove ed alternative, di essere autenticamente ed eticamente liberi.

4.                        Potenza di appassionare, di amare e di conquistare.

5.                        Potenza di mediare, di pacificare gli animi e di spegnere le tensioni.

6.                        Potenza di sostenere, prendere e dare la mira, definire gli obiettivi e di lenire i dolori.

7.                        Potenza di dare affetto, di prendersi cura e di attivare relazioni e mantenerle.

 

Il compito di un buon leader dovrà essere quello di riconoscere nelle persone del suo staff queste differenti potenze e tutte le altre che si possano rilevare. Potenziarle, farle emergere. Sviluppare ed insegnare quelle carenti o assenti.

Rispetto ai singoli del suo gruppo ma anche rispetto alle personalità collettive con cui avrà a che fare esercitando uno stile di leadership corretto e relazionalmente affine.

Ricordandosi sempre che non si può delegare responsabilità a chi non ne sa avere.

Lo stile della leadership deve orientarsi verso forme differenti a seconda di tre fattori determinanti per i contesti di gruppo di lavoro:

 

1.                              La personalità collettiva del gruppo

Ciascun gruppo ha, per la sua storia e le caratteristiche dei membri, una forma particolare che assume la connotazione di personalità collettiva. Tale forma rappresenta lo specifico equilibrio di quel gruppo ma, se estremizzata, può diventare critica e produrre conflitti interni fino al mobbing relazionale ed al burn out individuale[3]. La descrizione delle personalità collettive può essere riassunta in:

A.          Personalità collettiva tipologica di gruppo orientata al controllo versus oppressione. Il gruppo si unisce intorno alle norme, produce norme stabili. Nei suoi eccessi il gruppo è rigido e rallenta ogni cambiamento attraverso controllo e autocontrollo.

B.           Personalità collettiva tipologica di gruppo di attivazione strumentale versus competizione e confliggenza. Il gruppo è energico ed intraprendente, portatore di grande motivazione. Nei suoi eccessi sfocia nella aggressività verso coloro che impediscono la realizzazione dei suoi obiettivi. Il punto di arrivo è il bisogno di nemici esterni per non spostare il conflitto al suo interno.

C.          Personalità collettiva tipologica di differenziazione verus individualismo. Si tratta di raggruppamenti con poca unità interna. Ciascun membro tende a sottolineare la sua specifica identità e la garanzia della continuità del gruppo è data dalla cornice che lo contiene. Può essere una cornice “proiettata” dai membri poiché consente loro di “definirsi” sulla base di una appartenenza ad una élite. Oppure concertata socialmente ed istituzionalizzata come nei gruppi di rappresentanza elettorale dove i membri, pur essendo uniti dalla stessa condizione di eletti, sono portatori di identità e di interessi differenti.

D.          Personalità collettiva tipologica di gruppo fusionale versus simbioticità. Il gruppo può essere una sola coppia o diventare molto numeroso. I membri sono alla ricerca di un contatto personale per rispondere al desiderio di provare le emozioni dell’occasionale fusionalità e dell’incorporazione.

E.           Personalità collettiva tipologica centrata sull’apatia versus indifferenza. Si presenta come un insieme di persone con una struttura inesistente o debole. A seconda dei rapporti che si innescano può evolvere in diverse direzioni.

F.           Personalità collettiva tipologica dissolvente versus sottomissione. Gruppi poco visibili, formati da soggetti con rapporti anche intensi ma non attivi per eccesso di inibizione o per scelta o per mancanza di iniziativa. Pur se maggioranze possono rimanere sempre silenziose e invisibili

G.          Personalità collettiva tipologica affiliativa versus dipendenza. Richiede una forte adesione al gruppo e un processo di duraturo attaccamento. Il legame tra le persone tende alla dipendenza reciproca e consente poca differenziazione.

Il miglioramento della leadership deve dunque essere orientato a far si che gli eccessi critici siano mitigati e la forma del gruppo sia la più armonica possibile. Delega diventa quindi a seconda dei casi: coinvolgimento per i responsabili per dare organizzazione, sostegno per gli impegnati-giusti per aumentare l’attivazione e la motivazione, gratificazione delle idee perché accrescere la creatività e l’innovazione, coordinamento delle differenze e delle mansioni per aumentare la coesione ed il coinvolgimento, per conquistare lo staff, rilevare e far vedere i limiti per aumentare l’armonia interna al gruppo e definire meglio e più realisticamente gli obiettivi, incoraggiamento all’espressione di sé perché ogni persona abbia il suo spazio e la sua riconosciuta umanità e potenziamento dell’affettività reciproca per dare unità.

 

2.                              Il contesto organizzativo di riferimento in cui il gruppo è inserito e che lo sovradetermina.

Le relazioni interpersonali fra i diversi membri di una organizzazione o di un gruppo sono caratterizzate, per loro natura, da un complesso intreccio di dimensioni razionali e irrazionali, di obiettivi e interessi divergenti, di “giochi” complessi che non sono in realtà così tanto determinati dalle norme e dalle procedure formali. Solo in parte le regolazioni dipendono dalle posizioni e dai ruoli istituzionali, molto più spesso le posizioni di ruolo sono possibili solo se la molteplicità di accordi e di scambi tra persone consentono il funzionamento delle connessioni organizzative gestite sulla base delle attribuzioni di ruolo. Ogni gruppo è sovradeterminato dal sistema organizzativo in cui è inserito e dalla sua forma. Ogni gruppo attua un compito e le sue funzioni debbono necessariamente ricondursi all’interno del sistema di compiti, ruoli ed obiettivi che a tal gruppo sono delegati. Dunque non può assumere tutte le forme preferite altrimenti snatura la sua specifica funzione. Il leader pertanto ha un limitato quadro di possibilità operative e, se eccede nella sua personale visione dell’ideale di gruppo, può essere nocivo al sistema complessivo.

 

3.                              La personalità individuale del leader

La consapevolezza delle proprie personali caratteristiche e dei modelli di comportamento messi in atto abitualmente è fondamentale per un leader efficace altrimenti agirà secondo i suoi personali copioni, spesso coperti e giustificati mediante la sua personale ideologia organizzativa, e non sarà utile al miglioramento relazionale ed organizzativo del gruppo. 

 

 

Il miglioramento della leadership

Quindi positivizzare i differenti apporti delle persone in maniera che la differenza non sia più foriera di relazioni oppositive e di atti di mobbing ma base per la costruzione comune di mansioni e aumento delle risorse in gioco. In maniera che i responsabili non diventino oppressori-burocrati, gli impegnati non diventino minacciosi e violenti, i creativi non siano squalificatori, gli emozionali non siano motivo di dispersione e di narcisismi, i quieti non diventino demotivatori, i timidi non siano istigatori invisibili, gli affettuosi non diventino manipolanti ed invischianti.

 

Tipologia di personalità

Stile di empowerment individuale necessario

Analitico

Delega

Pragmatico

Sostegno

Creativo

Gratificazione

Emozionale

Controllo e Gestione, Direttività

Plastico

Motivazione

Percettivo

Incoraggiamento e Difesa

Relazionale

Spiegazione ed Insegnamento

 

Dunque, i sette modelli di leadership individuati nel modello di Prepos prevedono una precisa modulazione del processo di delega onde non cadere nelle degenerazioni della cattiva leadership analizzata dalla Kellerman:

 

Stile di leadership

“Lato Oscuro”

Organizzativa

Rigida

Motivante

Intemperante

Creativa

Insensibile

Consensuale

Corrotta

Opportunista

Incompetente

Invisibile

Malvagia

Affettivo-relazionale

Insulare

 

Un leader che voglia pertanto esercitare una leadership organizzativa che non diventi però rigida e dunque opprimente dovrà aver cura di:

-                     differenziare le mansioni ed i compiti in maniera funzionale e pratica;

-                     evitare che la preminenza della funzionalità schiacci i vissuti delle persone dello staff, curandosi quindi di lasciare spazi aperti di confronto tra le persone in maniera che le scelte non appaiano inique;

-                     costruire strutture solide e di riferimento organizzativo semplici e snelle, capaci di non scadere nella burocrazia fine a sé stessa;

-                     difendere il gruppo all’esterno ed all’interno;

-                     valorizzare chiaramente i successi;

-                     evidenziare gli errori imparando correttamente la differenza tra rimproverare le persone o gli atti;

-                     essere libero dai suoi bisogni di controllo;

-                     fidarsi dei collaboratori che avrà selezionato, dopo attenta analisi;

-                     imparare a gestire le risorse in opposizione al suo modello: la sensibilità e la creatività faticano a trovare spazio in questo modello di leadeship che rischia di essere per queste oppressione.

-                     Superare dunque le sue tendenza all’incomprensione e all’insofferenza

 

Una leadership motivante richiede invece al leader di:

-                     Accendere la motivazione nei singoli componenti del gruppo trascinandoli in maniera incoraggiante ma direttiva verso le imprese  le battaglie da compiere;

-                     Aver cura di tenere unito lo staff dando ad ognuno, pur nelle differenza compiti precisi ed utili (chi guarderà le spalle degli incursori?);

-                     Difendere il gruppo dalle demotivazioni;

-                     Fare attenzione che l’attivazione interna non diventi intimidatoria per lo sviluppo di affettività interna al gruppo;

-                     Fare attenzione che il senso di “battaglia” che si produce in questo tipo di gruppi non sfoci nella paranoia;

-                     Essere comunque aperto a soluzioni alternative;

-                     Lanciare iniziative ed insegnare ai subalterni il coraggio ed il concetto di rischio;

-                     Non risparmiarsi nelle energie e portare a termine i compiti dopo che sono stati scelti ponderatamente.

-                     Avere attenzione per le dinamiche di relazione oppositive interne a questo tipi di personalità collettive: equivoci e delusioni

-                     Aver cura delle emozioni e dell’affettività

 

Per un leader creativo sarà essenziale:

-                     Attivare processi di brain-storming;

-                     Dare spazio dunque alle idee dei singoli se pur valutarle e selezionarle;

-                     Proporre iniziative a attivare connessioni nelle progettazioni;

-                     Spiegare ed insegnare (fare formazione) con pazienza sulle conoscenze e sugli strumenti necessari;

-                     Fare attenzione che il relativismo culturale prodotto non diventi assenza di senso e significati, e dunque perdita dei valori del gruppo e dello staff;

-                     Fare attenzione ai processi di dissociazione interni al gruppo ed alle persone, dentro cui questo stile di leadership rischia di diventare eccessivamente ideologica, integralista e disumana in quanto incapace di comprendere i livelli più profondi delle persone;

-                     Porre attenzione alle dinamiche di relazione interne in opposizione di insofferenza e di logoramento

-                     Ricordarsi la necessarietà di limiti e margini di regola di buon senso e di efficacia produttiva e funzionale;

-                     Accettare i momenti di stasi come fasi di rigenerazione cognitiva;

-                     Visualizzare le sliding doors;

 

Così per una leadership consensuale/coinvolgente:

-                     Entusiasmare il gruppo;

-                     Accenderlo con metafore, evocazioni ed emozioni;

-                     Tenere in gioco ogni persona dello staff facendola sentire importante e felice di appartenere a quel gruppo;

-                     Porre particolare attenzione alle dinamiche di relazione di delusione ed evitamento

 

Le caratteristiche di una leadership opportunistica si presentano come:

                    Basso livello di azione;

                    Rispondere solo agli stimoli utili per diminuire l’aggressività in eccesso aumentando la produttività e il raggiungimento degli obiettivi;

                    E’ uno stile in SOVRATEMPO, risponde solo alle cose essenziali ed importanti a cui si deve rispondere pur nella confusione del gruppo, da cui si deve prendere le distanze;

                    Deve acquisire una grande tranquillità interna tale da distinguere con precisione gli atti;

                    Deve produrre stati interni al gruppo, costruendo strutture ipnotiche di relazione con esso;

                    Porre particolare attenzione alle dinamiche di relazione di Logoramento e fastidio;

 

La leadership invisibile si fonda sui seguenti processi di azione:

                    Il leader invisibile è silenzioso;

                    E’ centrata sul vissuto dei singoli da orientare nella giusta direzione;

                    Deve aprire spazi di contatto sui vissuti dei singoli; attraverso il contatto costante con se stesso insegna come stare in contatto;

                    Deve raccontare i propri vissuti se pur prendere decisioni correlate alle realtà produttive;

                    Deve dare la mira;

                    Deve connettere le risorse dei singoli, in termini di vissuti, desideri e capacità, alle necessità del gruppo e alle necessità degli obiettivi da raggiungere;

                    Costruire punti di contatto tra sensibilità e produttività, sciogliendo attraverso la narrazione i nodi problematici che bloccano il flusso dinamico o che lo trasformano in aggressività autodiretta;

                    Individuati i nodi problematici in eccesso deve raccontare il contorno in modo che tutti lo possano sentire;mediante questo processo deve sfrondare dalle questioni inutili riportando i problemi essenziali;

                    Pertanto non deve spengere tutte le energie ma solamente quelle che hanno aspetti disfunzionale rispetto al gruppo o alla produttività;

                    Porre particolare attenzione alle dinamiche di relazione di evitamento ed incomprensione

 

La leadership relazionale muove nella direzione di:

                    costruire legami affettivi tra i componenti dei gruppi;

                    aprire momenti di condivisone;

                    organizzare incontri oltre la dimensione del lavoro;

                    si esprime maggiormente nei momenti di pausa dalla produzione;

                    attivare incontri tra le persone con interventi del tipo: “sai che Carlo ha la tua stessa passione per le automobili? Dovreste parlarne prima o poi!” oppure “credo che luca e franca potrebbe davvero essere una buona squadra per questo compito perché….”

                    Far presentare le persone in maniera informale;

                    Mettere dunque a proprio agio tutti i componenti;

                    Attenuare, mediare i conflitti pericolosi per il gruppo;

                    Consolare e lenire i dolori dei singoli e del gruppo;

                    Promuover l’affettività esplicita

                    Avere cura dei singoli e valorizzare i comportamenti di aiuto reciproco

                    Porre particolare attenzione alle dinamiche di relazione di fastidio ed equivoco


 

[1] Nel modello di lavoro di Prepos la relazione di integrazione è bene spiegata ed approfondita, per cu isi rimanda al testo di V. Masini “Dalle Emozioni ai sentimenti”, Caltagirone, 2000.

[2] B. Kellerman, “Cattiva Leadership”, ETAS Libri, ed. it. Perugia, 2005.

[3] Valutazione della qualità relazionale e  predittività del burn out e del mobbing nei gruppi di lavoro dei servizi per la giustizia minorile di Lorenzo Barbagli e Vincenzo Masini, Rassegna Italiana di Servizio Sociale, n.4, 2004