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ANTONIETTA BAIAMONTE

 

 

LA FAMIGLIA COME LUOGO DI “CO-COSTRUZIONE” DELLA PERSONALITA’ E LE  TIPOLOGIE FAMILIARI

UNA RICERCA SUL TERRITORIO  FAVARESE

 

 

Cap. I     ……………………      Famiglia e personalità

             1.1. .………………….  La famiglia : definizione e funzioni

             1.2……………………   Dalle emozioni di base ai copioni di comportamento

             1.3……………………    L’evoluzione dei copioni: il veicolo della relazione empatica

 

Cap. II       …………………..  Tipologie relazionali: relazioni di affinità e di opposizione

             2.1…………………… Le relazioni in opposizione

            2.2……………………. Le relazioni in affinità

       

Cap. III       ……………………………     Le tipologie familiari

 

Cap. IV                          Un lavoro di ricerca sulle tipologie familiari del Comune di Favara

              4.1……………………..Premessa

              4.2……………………  Cenni di geometria relazionale

              4.3……………………  Presentazione della ricerca

              4.4…………………… Analisi dei grafi

 4.5…………………….Alcune riflessioni sui risultati della ricerca

 

                    Riflessioni finali di un aspirante counselor

 

Indice dei testi consultati

Note

             

 

 

CAP. I

FAMIGLIA E PERSONALITA’

 

1.1 Famiglia : definizione e  funzioni.

Dal punto di vista socio-antropologico la definizione oggi più condivisa  di famiglia è quella di “unità di persone interagenti” con un ciclo di vita suddiviso in diverse tappe ( fidanzamento, matrimonio, allevamento dei figli, nido vuoto, vecchiaia). Ogni tappa determina dei cambiamenti nelle dinamiche relazionali che comportano modificazioni della struttura.

Tale definizione si riferisce al modello di famiglia nucleare che rappresenta quello più diffuso nelle società occidentali, ma è possibile individuare diverse forme di famiglia:

-         La famiglia composta, costituita da persone che si uiscono per formare una famiglia proveniente da altri nuclei e portando con sé parti di essi ( figli, genitori, anziani)

-         Il gruppo domestico dove entrano tutti coloro che, temporaneamente o in modo permanente interagiscono con i membri della famiglia dall’interno;

-         La grande famiglia, che è quella al completo, ascendenti e discendenti compresi,

-         La famiglia estesa che può essere formata da due o tre grandi famiglie,

Ogni ordinamento sociale promuove e sostiene un certo tipo di famiglia. Peraltro la concezione di famiglia è funzionale al progetto che si vuole realizzare ossia si può definire famiglia ciò che l’individuo considera come tale in base ai propri desideri e alle proprie credenze.

Secondo il modello Transteorico di “Prevenire è possibile” la famiglia deve avere come obiettivo quello di costruire un processo di potenziamento delle reti di solidarietà interpersonale e di diminuire la disintegrazione individualistica. In questo approccio e a questo fine  la famiglia diventa unità di condivisione tra persone solidali costruita su basi biologiche naturali e parentali su basi affiliative e comunitarie.

Pur tuttavia, qualunque sia la fisionomia da essa assunta  e la concezione a cui essa si ispira,  la famiglia  continua a  svolgere un ruolo  fondamentale nella educazione e nella socializzazione dei  figli. Vorrei citare a questo proposito una definizione  rilevata durante il lavoro preliminare di ricerca bibliografica che ritengo riesca ad esprimere in sintesi quella che è l’idea centrale della  tematica trattata nella  presente tesi:  “la famiglia è quel sistema di relazioni fondamentalmente affettive, presente in ogni cultura, in cui l’essere umano permane per lungo tempo,  e non un tempo qualsiasi della sua vita, ma quello costituito dalle sue fasi evolutive cruciali” (1) , in cui menti adulte, genitori o figure di accudimento, interagiscono in maniera ricorrente e, in certi  momenti, esclusiva, con menti in formazione, i figli,  e in cui le relazioni frequenti, intense durevoli nel tempo generano un alto grado di interdipendenza.

Già a partire del secolo scorso le scienze umane hanno posto l’accento sul ruolo centrale della famiglia nella formazione della personalità degli individui rilevando quanto le mancanze della prima età incidano sulla totale costruzione dell’uomo adulto rilevando, cioè, come l’origine  del disagio della persona non risiedesse “negli individui intesi come monadi  avulsi dal mondo intorno a loro e guidati da istinti connaturati ma nella qualità delle relazioni che essi creano e fanno evolvere nei propri contesti di appartenenza e nelle interazioni che ognuno stabilisce con se stessi gli altri e il mondo” (2)

E’ opportuno a questo punto un utile approfondimento dei termini  personalità e relazione.

 

 

1.2  Dalle emozioni di base  ai  copioni di comportamento

 

Non esistono strutture fisse di personalità, il comportamento non deriva né da qualità caratteriali biologicamente innate né da impronte difficilmente modificabili, frutto di esperienze maturate nel corso dell’infanzia, come sostiene la psicoanalisi.

Una personalità “complessivamente è la risultante delle varie caratteristiche di una persona di origine temperamentale, apprese,  dovute all’apprendimento, genetiche o acquisite per storia personale”(3). A fondamento della strutturazione della personalità troviamo le emozioni. Il modello  teorico di “Prevenire è possibile” (4) inizia il suo percorso di studio partendo dalla individuazioni di sette emozioni di base: paura, rabbia, distacco, piacere,quiete, vergogna, attaccamento.

Esse rappresentano le emozioni sperimentate dal bambino entro il primo anno di vita e universalmente riconoscibili  dalla mimica facciale. Sono strettamente connesse con il temperamento, base genetica della personalità, che si riferisce ai fenomeni caratteristici della natura di un individuo compresa la sua suscettibilità allo stimolo emotivo, la sua forza abituale, la rapidità di risposta, il suo stato d’animo prevalente (5).

Esse possono essere descritte come un dispositivo funzionale al processo adattivo dell’individuo. Tali adattamenti sono ottenuti attraverso la modulazione di emozioni. Ognuna di queste emozioni rappresenta un centro ideale prototipico di una nebulosa di emozioni complesse, intorno a questo centro ideale si dispongono tutte le sfumature emotive ad esso apparentate che rappresentano momenti di passaggio in un continuum che vede ciascuna emozione trasmutarsi progressivamente in un’altra. Così la paura può trasformarsi in rabbia o in attaccamento difensivo,, la rabbia può diventare paura o distacco, il distacco determinare rabbia o piacere, il piacere divenire quiete saziante o essere percepito con sorpresa  e distacco, la quiete in piacevole gusto o vergognosa pigrizia, la vergogna tramutarsi in auto anestetizzante quiete o bisogno di attaccamento, l’attaccamento in dipendenza o in possesso con paura di perdita.  

Dalle emozioni di base, che concernono il rapporto psicofisico delle relazioni  prime dell’individuo, deriva una strutturazione della psiche che determina il primario modo di essere nel mondo di un soggetto.

Ognuna di queste emozioni non ha caratteristica negative o positive intrinseche , ma possiede le potenzialità per trasformarsi in un copione di comportamento come ripetizione involontaria e abituale di una concatenazione di emozioni  non consapevoli che si attiva in eventi interni e/o esterni.  

I copioni descritti da Prevenire è possibile sono quelli dell’avaro , del ruminante, del delirante, dello sballone, dell’apatico , dell’invisibile e dell’adesivo.  E’ opportuno precisare che la descrizione di seguito riportata si riferisce ad idealtipi  che non vanno identificati con il concetto di personalità  che invece è sempre una miscela di elementi contenuti nei tipi ideali descritti.

 

L’avaro: è una struttura centrata sul controllo esercitato sull’ambiente, sugli altri, su di sè, a scopo di difesa dai pericoli e dalle perturbazioni esterne.

 La paura introiettata lo porta a trattenere ogni cosa nascosta dentro di sé;  ciò equivale a mantenersi chiusi e a non esprimere i propri sentimenti reputati come debolezze. Propende facilmente alla rimozione dei vissuti problematici. Non tollera l’indecisione, il disordine e il dubbio: ogni cosa deve trovare una sua collocazione senza indugi o scrupoli che possano creare inquietudine fuori e dentro di lui. Il suo apparente equilibrio e la sua sicurezza sono  manifestazioni della mancanza di comprensione profonda  del vissuto proprio e altrui. Esprime con immediatezza i giudizi di merito nei confronti degli altri spesso sulla base di schemi limitati e carenti, e più giudica, più conferma se stesso accumulando potere nelle relazioni. Le sue difese gli impediscono di accettare le critiche e ancor più di conferire con altri sulla sua personale responsabilità in un insuccesso, tende quindi ad attribuire agli altri responsabilità e fallimenti che sono suoi e, poiché teme che gli altri si comportino con lui nello stesso suo modo, tende a predominare sugli altri utilizzando  e mettendo spietatamente in luce gli errori altrui. L’avaro si inganna considerando amore verso gli altri la sua ansia di controllo che si realizza riempiendo di cure le persone che li circondano per avere però in cambio ringraziamenti e, in qualche modo, la loro implicita sottomissione. Due tecniche particolarmente congeniali all’avaro sono la manipolazione e la condiscendenza accattivante. Egli da una grande importanza a se stesso ed è sempre impegnato a mantenersi e conservarsi sano ed efficiente e proiettato al personale miglioramento delle condizioni di vita.

 

Il ruminante: è il copione di personalità centrata sulla rabbia. La formazione di questa emozione primaria scaturisce dal’aver trovato un ostacolo che impedisce “di andare verso la meta”. La rabbia consiste nell’atto ripetuto di caricarsi interiormente. La carica che si accresce nell’individuo è prodotta dal bisogno di avere maggiore energia a disposizione per raggiungere lo scopo e si trasforma in rabbia quando l’ostacolo permane e il bisogno viene frustrato. Essa può esplicitarsi in azione aggressiva o auto aggressiva quando l’individuo anticipa dentro di sè la soddisfazione che gli avrebbe procurato il raggiungimento della meta. Tanto più il ruminante ha accresciuto in sè il desiderio e le fantasie di anticipazione, tanto più forte sarà l’energia interna con cui convive. La percezione di tale energia interna e l’andamento del suo mantenerla viva ed accrescerla è l’emozione di base in sé. La caratteristica saliente del ruminante è quella di tendere ad

accrescere le energie interne attraverso il rimuginare. Nel caso in cui egli sia ferito da un’azione o da parole di un’altra persona, inizierà il suo tipico movimento interno tornando costantemente con il pensiero sull’accaduto ed arrabbiandosi sempre di più. Tale processo non è visibile dall’esterno ma solo quando sfocia in un comportamento animoso, con ulteriori conseguenze di colpa e di ricerca di espiazione anche autodistruttiva, essa appare evidente. Raramente riesce ad essere un semplice spettatore che osserva e si mette in luce all’improvviso con un intervento che fa crescere d’intensità quanto gli accade intorno. Se è in tensione acuta arriva a dire cose che neanche pensa ma non  le sa trattenere e spesso ferisce senza esclusione i colpi. Nel gruppo sa essere un trascinatore e riesce a trasmettere motivazione al lavoro ed alle imprese ma, troppo carico com’è, senza pazienza e frettoloso, difetta di capacità organizzativa e, pur spendendo moltissime energie viene sopravanzato da soggetti molto più meticolosi e attenti. 

 

  Il delirante: è la struttura idealtipica di personalità centrata  sull’emozione di base del distacco.

Pensiero divergente e grande intuizionismo sono le caratteristiche tipiche di tale copione. Il delirante vive dei suoi pensieri e delle loro connessioni  traendo massima soddisfazione dalle nuove intuizioni che riesce ad avere . Di fronte ai problemi  cerca soluzioni complesse anche se inutili o controproduttive , per questo può risultare facilmente incomprensibile e soprattutto difetta di concretezza e praticità. Si propone con  una grande presunzione fondata sulla sua personale capacità  di comprendere; in effetti egli può avere una visione d’insieme ma difetta dell’analisi del particolare, si riferisce a schemi  di interpretazione personale  e mostra predilezione per le  intuizioni rapide e sommarie. L ‘attività mentale a cui si sottopone nel costruire processi di ragionamento aperti e dissocianti è logorante ed egli conosce solo la pace temporanea dovuta a nuove intuizioni: se non viene aiutato a condensare la sua unità interna attraverso la riscoperta della dimensione affettiva, può produrre una vera e propria scissione in diverse parti della sua personalità.

 

  Lo sballone: è il copione centrato sull’emozione primaria del piacere. Lo sballone vive una forte   attrazione verso il piacere che sa gustare con sensibilità emozionale intensa. Cerca di sperimentare le emozioni più forti nei confronti di tutto ciò che vive, ma non arriva mai a sentirsi appagato. Ama la sorpresa e insegue la fantasia di realizzare finalmente ciò che sente dentro di sé e che sempre gli sfugge, allora lo sballone può scivolare nella malinconia manifestando oscillazioni esagerate nell’umore e nel comportamento passando dalle vette del piacere agli abissi dell’angoscia. L’oscillazione esagerata di tali oscillazioni può  causare molti stati patologici quali: l’isteria, Il disturbo istrionico di personalità, i disturbi sessuali e dell’identità di genere ecc.

Si manifesta spesso come giocherellone come chi non prende sul serio le sue responsabilità Il problema centrale dello sballone è il superamento della fusionalità attuabile solo se anche quest’ultima diventa una emozione e non solo una sensazione. Non sa gestire le emozioni perché è prigioniero delle sensazioni; non sa difendersi dalle emozioni negative e vive male anche quelle positive perché la loro fine fa riemergere il suo profondo vuoto esistenziale. Egli ha bisogno di diventare semplice e scoprire di essere amato per come egli realmente è e per quello che fa  e non per come finge di essere.

 

L’apatico: si struttura sull’emozione primaria della quiete. E’ inattivo manca di motivazione, volontà, desideri  e  non esprime giudizi sugli eventi del mondo come buoni o cattivi, desiderabili o non. Tende a non rendere oggetto il suo personale vissuto chiudendosi così al cogli mento empatico del vissuto altrui. Riesce in questo modo a diventare insensibile agli stimoli ed alle sensazioni in modo da non doversi coinvolgere. Si può scivolare nell’apatia quando non si sono ricevuti sufficienti stimoli e spinte alla motivazione  o quando i propositi o gli impegni assunti sono stati ripetutamente squalificati.  Altra sua caratteristica è quella di avvolgersi nei suoi pensieri e di fantasticare di compiere le azioni che dovrebbe fare nella realtà. Non accetta di stare dietro a più cose contemporaneamente perché dovrebbe cambiare il ritmo del suo pensiero.  La sua vita è piatta ma non sente l’esigenza di modificarla perché occorrerebbe la fatica di accendersi di motivazione o sperimentare l’ansia del cambiamento  Di fronte alle questioni davvero rilevanti si dichiara incapace e si appoggia alle persone vicine piangendosi  addosso e manovrandoli con il  suo senso di  impotenza  e poi gratificandoli con complimenti e moine. Di fatto è un indifferente evita il confronto o la chiarificazione, si limita a comprendere o a dare sempre ragione a chi ha di fronte per accattivarsene la simpatia per poi utilizzarla nel momento di un  bisogno .

 

L’invisibile: è il copione centrato sull’emozione primaria della vergogna che può essere interpretata in due componenti fondamentali. La prima è una forte sensibilità che li porta ad  un forte coinvolgimento nelle emozioni condivise con gli altri, percepisce ciò che vive, ne è partecipe   e lo oggettiva immediatamente con un conseguente senso di forte nudità che si accompagna alla vergogna generata dalla sensazione che gli altri riescano a leggere ciò che lui sente.

La seconda è legata ad un profondo senso di  disistima e sfiducia in se stesso e proprio perché non si ama abbastanza, si espone alla sopportazione ed alla sofferenza.

Il suo “sentirsi meno di” lo porta a  vivere  una forte chiusura introversiva  attento com’è  a non mostrare nulla di sé nel timore di essere svelato e giudicato, pertanto evita di manifestare  i suoi pensieri e i suoi sentimenti nella convinzione che gli altri li reputino inconsistenti banali e fuori luogo, per come lui li reputa. Non cura molto il suo aspetto fisico e l’abbigliamento sia per sottovalutazione di sé, sia perché spera di  passare inosservato e anche se desidera più di ogni altra cosa essere riconosciuto e accettato per quello che è, cerca di non far trasparire nulla di autentico. Non è in grado di accumulare energia e motivazione perché è abituato a sminuzzarsi per timore di occupare troppo spazio per cui anche i suoi sentimenti devono essere deboli e non visibili . Una delle caratteristiche del movimento dell’io della vergogna  è il suo crescere di intensità: si vergogna di vergognarsi. La crescita di questa emozione  è un progressivo avvitamento dell’io che rende l’invisibile ancora più invisibile fino a scomparire anche dalla percezione di sé. Senza sostegno, anche con forte direttività, egli evita il confronto e non si mette alla prova impedendo così  eventuali successi che aumenterebbero la sua autostima. Se non si mette in gioco e perpetua questo  avvitamento su di sé , si dispone alla oppressione psicologica da parte di altri. Inoltre la sua incapacità di difendere apertamente se stesso lo tormenta con invidia e gelosia. Le energie attivate da questi due copioni aprono verso gli aspetti più negativi dell’invisibile: la falsità, le maschere, le insidie mediante istigazione, le strategie di aggressività dissimulate.

 

L’adesivo. Esso corrisponde all’idealtipo di personalità centrata sull’emozione primaria dell’attaccamento. La mancanza della madre, l’assenza di un adulto che la sostituisca, la perdita del padre o la deprivazione affettiva sono fattori che conducono verso tale copione. Quest’ultimo è incentrato sul bisogno di sperimentare la sensazione di attaccamento di cui l’adesivo è continuamente in attesa come una promessa non ancora mantenuta. Il bisogno di attenzioni lo porta a richiamare l’interesse degli altri su di sè mettendosi in mostra fin da piccolo fino al punto di interpretare il ruolo del pagliaccio nel gruppo.  Ama il contatto fisico e si pone sempre a bassa distanza dalle persone. Per essere davvero appagato egli ha bisogno di ricevere più di quello che richiede.

Conseguenza del bisogno di attenzione è una particolare dislocazione dell’affettività verso gli oggetti che diventano bersaglio di una transizione vicariante, considerati come una estensione di sé e dei quali tende a non dismetterne il  possesso. Anche nei confronti del cibo tende a ricercare un appagamento vicario rispetto all’attaccamento ed è pertanto soggetto a sviluppare diversi disturbi dell’alimentazione.

Il suo bisogno di avere degli amici lo rende molto servizievole sottomesso e giunge a sacrificare se stesso purchè vi sia accordo tra le persone e non vi sia nessuna separazione o allontanamento. Pur di farsi apprezzare diventa facilmente condizionabile e manipolabile

Tende ad imitare le persone da cui si sente attratto usati come modelli da cui attingere esempi di atteggiamenti e categorie di pensiero e di azione che copia e introietta senza che siano diventati oggetto della sua riflessione consapevole.

La sottomissione ad altri procede lungo il percorso della condiscendenza. Anche  di fronte ad attenzioni minime, egli prova gratitudine per l’interesse che l’altro gli mostra  ma se,contemporaneamente alla promessa di attenzione crescente per il futuro viene messa in atto la minaccia che se non si comporterà secondo le aspettative avverrà una separazione, determinata dalle situazioni e non dalla volontà dell’altro, l’adesivo si troverà collocato all’interno di una relazione dipendente. L’ansia di separazione, infatti è il motore della personalità dipendente che si sottomette attraverso l’attrazione dell’appagamento e la paura di perdere tale possibilità.

 

 

 

 

 

 

 

1.3  L’evoluzione dei copioni:  il “veicolo” della relazione empatica

 

La descrizione  dei copioni sopra riportata è stata effettuata puntando l’attenzione sugli aspetti più involuti che possono condurre a forme di disagio difatti “ il copione non è in sé un indicatore di patologia,   può diventarlo  in due occasioni:

1)     Quando è composto e interconnesso ad altri sub copioni lungo una sequenza di giochi che si ripetono e si articolano e dai quali il soggetto non è in grado di districarsi;

2)     Quando è totalmente inaccessibile alla esplorazione cosciente, poiché protetto da qualche ordine esterno introiettato, o quando serve come protezione per qualche conflitto interno che il soggetto non vuole scandagliare”.

 I copioni possono modificarsi ed evolversi in una cosciente gestione del comportamento volontario deciso sulla base di valori e disvalori

Il che sarà strettamente connesso  alla relazione empatica con l’altro che l’individuo sperimenterà nel corso della sua vita.

Ma cosa si intende per relazione empatica?

In primis possiamo definire la relazione come un segmento che collega  due persone. Tale segmento è co-costruito dalle esperienze,dagli atteggiamenti,dalle personalità,dai copioni  dei soggetti e dal contesto di comportamento. Essa nasce dalle organizzazioni routinarie di risposta all’altrui comportamento organizzate sulla base di tratti emozionali.

Il concetto di relazione implica necessariamente quello di comunicazione: non può esistere cioè una relazione senza qualche forma di comunicazione tra i soggetti in rapporto.

La teoria dell’empatia di Edith Stein, a cui l’Artigianato Educativo (5) si ispira, propone nell’atto empatico, l’origine di ogni processo comunicativo. Empatia significa capacità di cogliere il vissuto emozionale altrui e ciò vale, non solo per le emozioni già sperimentate e di cui si possiede il ricordo,ma anche  per le emozioni mai vissute in precedenza. Empatia, dunque, concepita come processo attraverso cui si realizza ”l’apprendimento delle emozioni di altri soggetti” (8).  Essa, ci insegna Edit Sthein  “in quanto empatia con le nature affini, cioè con la persone del nostro tipo , porta allo sviluppo di ciò che è assopito in noi, e , in quanto empatia di strutture personali di tipo diverso,  ci chiarisce ciò che siamo e ciò che siamo più o meno degli altri…quando empatizzando incontriamo ambiti di valori a noi preclusi,diventiamo consapevoli di una nostra mancanza o di un nostro disvalore” (9) mentre , l’altro che mi empatizza mi giudica in modo più giusto di quanto io non giudichi me stesso e mi da chiarezza su di me.

La riflessione consequenziale è che l’essere umano non può essere una “monade” ma, solo attraverso la relazione empatica con l’altro, può spezzare la ripetizione del suo copione di comportamento che conduce all’insoddisfazione, al disagio, alle tensioni,alle devianze. E’ attraverso l’empatia che l’uomo può aprirsi ad una più ricca pluralità dei vissuti.  E’ tale apertura,dunque,  che implica il passaggio dalle emozioni ai sentimenti intesi come aggregati  emozionali più stabili che rappresentano l’auto percezione dei copioni.

Le relazioni nascono all’interno di questo incontro tra la percezione delle proprie e delle altrui emozioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cap.II

 

 LE TIPOLOGIE RELAZIONALI

 

 

 

 

 

Attraverso lo studio e la connessione delle diverse teorie relazionali, il percorso teorico di “Prevenire è possibile” è approdato alla definizione di sette tipologie relazionali sia in affinità che in opposizione.

Le relazioni in affinità sono quelle che si instaurano tra coloro che sono affini elettivamente (11  ), tra coloro, cioè, che percepiscono quanto l’altro può rappresentare per lui perché integra parti mancanti di sè stesso e come , attraverso la relazione, sia possibile acquisire modalità di vita, valori atteggiamenti, su cui ciascuno è carente.

Per relazioni in opposizione si intendono invece quelle in cui insorgono delle difficoltà relazionali a causa di modelli di vita e di valori che sentiamo opposti ai nostri. Sono in genere relazioni in cui ci si sente bloccati, oppressi, manipolati, eccessivamente avvolti o sono troppo apatiche rispetto alle nostre disposizioni.

 

2.1  Le relazioni in opposizione

 

-   la relazioni di insofferenza: è una relazione idealtipica che intercorre tra soggetti portatori di due differenti copioni di cui uno centrato sulla paura e sul controllo, tipica dell’avaro, e l’altro centrato sul distacco e sul pensiero divergente, tipico del delirante. I due copioni oppongono tra di loro costrutti articolati di comportamento e sono insofferenti ciascuno nei confronti dell’orientamento complessivo dell’altro. E’ una insofferenza cumulativa perché nelle sequenze della comunicazione sono le parole dell’altro che accendono l’interlocutore e quest’ultimo si diverte ad accendere l’altro. Tra i due vigono squalifiche reciproche: per l’avaro il delirante non è concreto ed affidabile, vive come fonte di potenziale pericolo le sue continue trasformazioni,  si guarda da lui lasciandolo esprimere ma impedendo nei fatti qualunque realizzazione delle sue idee anche attraverso squalifiche. Dal canto suo il delirante non sopporta la disciplina che l’avaro gli impone teso com’è a non dare valore assoluto a nulla ed a relativizzare ogni concetto;l’avaro è percepito come un ostacolo al suo progredire e alla realizzazione delle sue idee.

 

-  La relazione di delusione: è quella che si stabilisce tra un copione di forte attivazione (ruminante) e un copione di forte emozionalità (sballone). L’opposizione tra questi due idealtipi è frutto della reciproca delusione che avvertono nel rapporto l’uno con l’altro. Se prima del contatto può esserci  interesse reciproco, già nell’atto del contatto sentono opposizione ed insoddisfazione reciproca per la relazione.

Lo sballone è sempre alla continua e raffinata ricerca del piacere che lo porta ad entusiasmarsi delle sensazioni  dei particolari del contesto in cui si trova per giungere alla fusionalità più totalizzante possibile con l’altro. Il ruminante è sanguigno e vive tutte le emozioni valutandole alla luce della sua carica interiore; ciò che conta infatti, per il ruminante, è la carica con cui lui si avvicina al piacere piuttosto che la qualità del piacere medesimo. Per lo sballone il ruminante è un soggetto faticoso ed impegnativo perché deve sempre trovare qualcosa da fare e non riesce a prendere cose alla leggera e a godersi le sensazioni della vita,sente estenuante la carica con cui il ruminante si avvicina al piacere con il costante tentativo di dissiparlo. Il ruminante finisce per essere deluso dallo sballone che considera lezioso e lascivo.

La delusione può manifestarsi improvvisamente a seguito di un tradimento o di un inganno,ma cresce lentamente in piccole esperienze poco percettibili. Essa prende forma attraverso il dubbio,non esprimibile e non chiarificabile,diventa negativa certezza,deprimente ed angosciante,e conduce al disorientamento ed alla ricerca di sublimazioni di desideri inappagati.

 

-  La  relazione di logoramento: è quella che intercorre tra copioni di distacco e creatività innovativa e copioni di quiete. Dal punto di vista del delirante nessuno è più noioso e scontato dell’apatico,visto come un fallito,senza prospettive ed ambizioni,incapace di applicare l’intelligenza alla realtà. Per l’apatico il delirante è un pazzo fuori di sé che semina incertezza, instabilità, confusione e fraintendimenti . non entra in relazione con lui e, se costretto dalle circostanze a non poterlo ignorare, esprime concisamente la detestabilità del suo modo di parlare assertivo e sicuro di sé ed aspetta con pazienza l’occasione per metterlo in crisi. Entrambi sono stressati dal comportamento dell’altro. Si avverte attraverso l’angoscia esistenziale o l’emersione di comunicazioni isteriche a cui non viene dato nessun feed-back.

 

-Relazione di evitamento: si determina tra i due copioni dello sballone e dell’invisibile che presentano entrambi una intensa emotività e sensibilità, ma mentre per lo sballone, che reagisce immediatamente nel suo comportamento esteriore senza assorbire in profondità, essa è fonte di ricerca di piacere, per l’invisibile è inibita e causa di sofferenza poiché invaso dalle emozioni che sperimenta. Il loro contatto è impossibile: l’invisibile si vergogna delle modalità ostentate dello sballone che, a sua volta non si sente attratto dall’invisibile poiché non gli trasmette nessuna sensazione intrigante e seduttiva.

 

-Relazione di fastidio: il fastidio ha la caratteristica fondamentale di essere epidermico ed immediato, è la percezione di gesti, modi di fare, odori, rumori, sapori ed immagini emanati da una persona nei confronti della quale si ha una reattività di rifiuto a pelle.

Nella relazione la sua intensità è inversamente proporzionale alla distanza relazionale tra i due membri. Tale relazione intercorre tra le relazioni di distacco e quiete e quelli di attaccamento: l’apatico, desideroso di stare tranquillo, ritiene fastidiosa la richiesta di attenzioni, di attivazione e coinvolgimento da parte dell’adesivo che,a sua volta,non trova alcuna soddisfazione affettiva e risposte al suo bisogno di attaccamento, e vede l’apatico come un’ombra che non emana nessun calore umano e nessuna  attrattiva.

Il fastidio provato si accompagna a forme di rassegnazione o di sopportazione dell’altro.

 

-Relazione di incomprensione: è quella che intercorre tra il copione dell’invisibile e quello dell’avaro. Entrambi sono centrati sul controllo ma, mentre il primo lo esercita su di sé, l’avaro lo esercita sugli altri. Entrambi sono sul controllo ma non si capiscono, non riescono a trovare il senso del comportamento che l’altro mette in atto: sebbene sia chiaro ed evidente ciò che l’altro fa e perché lo fa, non ne viene condiviso il senso. Ciò eleva il livello di controllo: avaro ed invisibile si osservano e si studiano in modo estenuante,ma più si osserva e più si proietta e più si diventa dipendenti l’uno dall’altro; di fatti è nell’incomprensione che si alimenta la dipendenza perché non si sa se quella emozione che si è vissuta è vera o no, non c’è niente che sia inequivocabilmente vero.

 

-Relazione di equivoco: è la relazione che si stabilisce tra due persone le cui azioni non sono sinergiche ed orientate allo stesso fine o, se lo sono, sono svolte in modi e tempi diversi. Non c’è intesa nella realizzazione di attività ed impegni e nella espressione delle energie riversati lungo binari che non si incontrano mai. L’equivoco porta ad una caduta della fiducia,alla diffidenza, al controllo sul comportamento dell’altro finalizzato alla soddisfazione dei propri interessi egoistici.

La struttura dell’equivoco viene a configurarsi nell’incontro tra i copioni dell’adesivo e del ruminante, entrambi con forte attivazione interna ma con diverse finalizzazioni: il primo va verso l’altro per abbracciarlo, il secondo va verso l’altro per aggredirlo. Ambedue si muovono con una grande quantità di energia ma l’esito finale è l’equivoco: quello che l’uno fa viene frainteso dall’altro e ciò diventa una sofferenza reciproca.

 

Quanto finora detto non implica il fatto che soggetti che recitano copioni in opposizione non possano trovare un accordo tra di loro; ciò è possibile a condizione che tali soggetti non restino ostinatamente ancorati ad un solo copione, ma si spostino su altri atteggiamenti modulando il loro modo di porsi nella relazione. Occorre cioè che loro crescano è scoprano altre caratteristiche del vivere relazionale.

Per fare ciò devono scoprire l’importanza di altri punti di vista, essere coscienti del loro copione ed intenzionalmente cercare di modificarlo. Tutto ciò è possibile nell’intersoggettività attraverso l’incontro tra personalità affini.       

 

2.2  Le relazioni in affinità

 

-          La relazione di disponibilità

La  disponibilità è la relazione che fa diminuire la paura dell’abbandono : il coinvolgimento della madre nell’interazione e le richieste affettive del figlio creano le premesse per questo tipo di relazione. In questo senso l’impianto relazionale della disponibilità è  intesa come  gioco di doni reciproci graditi perché opportuni nei modi e nei tempi, per questo motivo la disponibilità dell’uno sazia il bisogno dell’altro.

La disponibilità,infatti, è una potenzialità che si trasforma in atto non appena venga intuita dall’uno la richiesta dell’altro. Non è importante che il dono abbia lo stesso valore oggettivo, ma che sia il meglio che uno può dare. Il nucleo dell’attaccamento dunque si configura come l’elemento affettivo di unione, di contatto con l’altro.

Essa è il tipo di relazione che si stabilisce tra due copioni affini dello sballone e dell’adesivo  dove il primo consente all’adesivo di avvolgerlo nel suo attaccamento, riconosce il valore e la bellezza di quelle emozioni di attaccamento che non è mai stato in grado di sperimentare e finalmente impara a sentire con maggiore continuità e stabilità moderando le sue frammentarietà e contenendo la voragine della sua angoscia. Dal canto suo l’adesivo riceverà dallo sballone la possibilità di nutrirsi emotivamente uscendo così dalla affannosa rincorsa verso chiunque possa dargli attenzione.

Essa rappresenta l’antidoto all’insofferenza perché non valuta la adeguatezza del comportamento ma la sua intenzione.

-         La relazione di dialogicità

Il dialogo tra le parti può avvenire solo se le parti sono separate e solo se non vi è ‘obbligo di raggiungere obiettivi immediati o di negoziazione di qualcosa o di collaborare a qualche fine. Le persone che dialogano riescono a discutere su ogni cosa senza litigare e disperdere la relazione(10) e senza allontanarsi l’uno dall’altro.

La dialogicità è il tipo di relazione che nasce dall’incontro tra il delirante e l’adesivo nel momento in cui l’affinità elettiva tra i due prende il sopravvento e s’innesca un processo virtuoso di crescita reciproca: il delirante si scoprirà affettuosamente amato dall’adesivo, capace di tenere insieme diversi elementi della complessità mentale del delirante. Al di là di ogni congettura, ideazione, ragionamento, il delirante scoprirà in sè stesso un centro che è il luogo verso cui l’adesivo rivolge la sua attenzione e la sua affettività. Il delirante insegnerà all’adesivo la libertà. La sua tendenza alla riflessività a pensare e far pensare alle vicenda personali e sociali condurrà alla costruzione di un dialogo che stimolerà l’emergere del criticismo e quindi del pensiero divergente dell’adesivo  che sarà indotto dal delirante a riflettere e ragionare sulla storia e sulla ragione della sua condiscendenza, a stabilire i confini del suo se e la differenza fra il sé e gli altri. Tutto ciò lo aiuterà a spezzare la riproduzione costante di una ricerca affettiva intorno alla quale ha costruito il copione fondamentale della sua vita.

La dialogicità è l’antidoto ai processi di evitamento poiché ciascuno si mette in gioco senza cadere nella tentazione di coinvolgere in emozioni impressionanti né si lascia ferire da manipolazioni appariscenti.

 

-         la relazione di incontro

L’incontro è la relazione di affinità che si instaura tra i copioni del ruminante e dell’invisibile. Si basa sulla comunicazione autentica dell’empatia, superando la diversità tra persone compresa lì estraneità dei modelli mentali degli schemi di azione. E’ in questa relazione che si manifesta lo stupore di aver trovato nelle potenzialità dell’altro ciò che manca a ciascuno. E’ un incontro tra chi trova qualcuno per cui lottare e chi trova qualcuno che lo protegge.

E’ l’antidoto del  logoramento perché impegna le persone coinvolte nell’obiettivo di scoprire che le diversità sono una risorsa a cui può attingere.

 

-         La relazione di complementarietà

E’ la  relazione che si instaura tra chi attivamente dirige e persegue un fine ( avaro) e chi viene diretto a seguire con pazienza gli indirizzi (apatico) e nasce dalla consapevolezza che l’uno farà le cose che non possono essere fatte dall’altro. Si fonda sulla serena accettazione delle caratteristiche  di ciascuno e sulla naturale scoperta che l’altro abbia fatto esattamente ciò che c’era bisogno di fare o che appariva con evidenza utile e necessario. Lo sfondo della complementarietà è la tranquillità (tipica dell’apatico) ed il realismo (tipico dell’avaro) ed è l’antidoto alla delusione perché non formula aspettative fantastiche sul comportamento dell’altro e non conduce ad illusioni.

 

-         la relazione di integrazione.

 

L’integrazione è la capacità di funzionare insieme. Essa “contiene un valore di reciprocità tra entità complesse che si muovono dinamicamente per far funzionare insieme categorie psichiche opposte: la razionalità con le emozioni,la tecnologia con i simboli, la narrazione con la logica, la partecipazione con la differenzazione ecc..”(11).

Vi è integrazione quando nessuno travalica o tradisce le aspettative che l’altro aveva riposto su di lui;  le aspettative in gioco nell’integrazione, in quanto già oggettivate a priori e non debordanti gli schemi, valorizzano il contributo di ciascuno. L’integrazione è l’antidoto al fastidio relazionale perché, quando le identità sono rispettate, è possibile distinguere le parti di ciascuno che si possono sovrapporre all’altro in un coinvolgimento intimo, da quelle parti che richiedono maggiore distanza relazionale se non reciproco isolamento. Essa è la relazione che si stabilisce tra le tipologie di personalità emozionali (sballone) ed una centrata sul controllo (avaro).

 

-         La relazione di riconoscimento

 

E’ quel tipo di relazione che implica la scoperta nell’altro di vissuti analoghi ai propri tramite percorsi assolutamente differenti: l’uno (il delirante) perviene al riconoscimento tramite un processo intuitivo capisce ciò cosa voglia dire, ciò che l’altro vive mediante un’empatia di tipo cognitivo, l’altro tramite un processo empatico, sentendo e facendo propria l’onda emotiva che muove il primo e la fa sua (empatia affettiva o emozionale). Esso ha in se le caratteristiche di fusionalità di incastro reciproco e di controllo e autoregolazione. Consente di immedesimarsi e di identificarsi nell’altro senza fondersi e senza rimanere schiacciato.

Il riconoscimento è l’antidoto all’equivoco poiché conduce al punto più alto di comprensione intersogettiva: dai movimenti emozionali interni, alle aspirazioni, ai sogni.

 

-         La relazione di mediazione

 

La mediazione è un tipo di relazione che si compone di attivazione e di assorbimento, porta alla scoperta di una terza parte che procede dalle prime due ma che è diversa da entrambe, conduce alla scoperta dell’alternativa.

In una relazione di mediazione la diade trovano accordo che non implica la piena sovrapposizione al vissuto altrui, ma la semplice moderazione del rifiuto o della accettazione incondizionata.

Viene costruito un senso comune perché negoziando sulla quantità di energie necessarie per accomunarsi nell’ottenimento di un fine modera gli eccessi e stimola le carenze individuali nel rispetto dei personali modi di essere.

Essa è l’antidoto alla incomprensione perché negozia i significati e libera dal controllo reciproco. Il blocco delle incomprensioni viene superato dall’azione verso qualche fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cap. III

LE TIPOLOGIE FAMILIARI

  Si è parlato nei precedenti paragrafi di come tipologie di personalità, incontrandosi, si articolano in relazioni tipiche. Tali relazioni diventano ancora più complesse e danno vita a dinamiche più ampie nell’ambito di un gruppo e, nello specifico che si vuole analizzare, di un gruppo familiare. Tali dinamiche possono essere funzionali o disfunzionali  in relazione alla evoluzione delle  persone che formano la coppia genitoriale che da il sapore, l’atmosfera alla famiglia. Secondo l’approccio relazionale un certo tipo di coppia genera un certo tipo di figli, che generano con i genitori uno specifico modus relazionale; difatti, a seconda del loro modo di essere genitori i figli devono adeguarsi nello spazio psicologico che viene loro lasciato. Se i genitori perpetuano un copione di affinità tra di loro e non sanno modularsi con altre modalità nei confronti del figlio, a quest’ultimo viene impedito di essere ciò che magari vorrebbe e tale condizione lo dispone a giocare quel suo lato non espresso di personalità nei confronti di se stesso o nei confronti del mondo o, comunque, a sentirsi incompiuto ed alla ricerca di quella dimensione a lui negata in famiglia. Nel caso in cui il figlio venga a trovarsi a relazionarsi con genitori bloccati all’interno di un copione in opposizione, rimarrà schiacciato in una triangolazione dei copioni della coppia stessa. E’ possibile dunque, affermare che disfunzioni relazionali derivanti dall’incontro tra tipologie di personalità determinano la tipologia comportamentale dei figli e, conseguentemente, la dinamica di quel nucleo familiare.

Inoltre,  in quanto frutto dell’incontro fra diverse personalità in continua evoluzione e reciprocamente condizionantesi, la famiglia  si presenta come entità dinamica poichè soggetta a continue modifiche e trasformazioni.

Essa percorre un ciclo di vita articolata in diverse fasi. Ad ogni fase della storia familiare corrispondono diverse tappe evolutive del rapporto fra persone e ad ogni fase si adatta la tipologia familiare che può riuscire a superare gli elementi di crisi o rimanere bloccata sulla ripetizione di comportamenti involuti che impediscono l’attivazione  di una dinamica di superamento di vecchi modi di azione reciproca limitati e penalizzanti.

A seconda che le dinamiche attivate all’interno della famiglia siano funzionali o disfunzionali al suo percorso di crescita è possibile, in sintonia con lo schema seguito dal metodo di lavoro di “Prepos”  individuare sette modi diversi di essere della famiglia:

 

·         La famiglia effusiva/appariscente

·         La famiglia pacifica/astenica

·         La famiglia comunicativa/atomizzata

·         La famiglia affettiva/invischiata

·         La famiglia comprensiva/rassegnata

·         La famiglia protettiva/oppressiva

·         La famiglia difensiva/antagonista

 

-         La famiglia effusiva/appariscente

 

Si caratterizza per una grande capacità di effusione reciproca tipica della coppia all’innesco del percorso di innamoramento nel corso del quale si sperimenta la bellezza della fusione tra persone con intensità di sentimenti e con la possibilità di riorganizzare tutta la personale esistenza in funzione dell’altro. Il piacere che si sperimenta nella relazione fa nascere delle routine di corteggiamento reciproco e di condivisione che sono le basi su cui impostare le successive fasi del rapporto. Ma non c’è innamoramento che non finisca poiché la dimensione fusionale tra persone è uno stadio della vita e, fondando solo su questo la relazione, il rapporto è destinato a finire. Solo con la consapevolezza che l’innamoramento possa scemare, la coppia e la famiglia cercherà i suoi obiettivi di realizzazione superando la trappola del narcisismo di coppia che è la tomba di ogni rapporto d’amore. È tipico del narcisismo di coppia quel comportamento lezioso e spesso ipocrita con cui le coppie si autorappresentano pubblicamente con ostentate effusioni. La capacità effusiva è di grande importanza nella coppia e deve essere intimamente custodita come un tesoro prezioso che diventerà la base della capacità effusive nei confronti dei figli. Se tale esperienza effusiva non è a fondamento della coesione della coppia (o se viene dissipata in manifestazioni plateali) essa perverrà ad una relazione di logoramento  che determinerà  una  bassa capacità effusiva verso i figli che possono sviluppare una personalità dipendente  (specie se nati in questa fase della vita di coppia), o uno sbilanciato rapporto affettivo verso di loro, con inneschi di gelosie e conflitti tra i partner(5).

 

-         La famiglia pacifica/astenia

 

E’ la fase più istituzionalizzata del rapporto attraverso il quale la coppia costruisce il suo modo comune di essere nei confronti degli altri. Tale processo non è automatico poiché è fondato sulla discussione e sull’individuazione dei comportamenti sociali approvati da entrambi. In questa fase di evoluzione della famiglia non basta più la comprensione emozionale e fusionale centrata sul piacere di stare con l’altro, occorre la comprensione delle caratteristiche di ciascuno e la costruzione di un progetto comune nel quale sono coinvolti anche i figli. In questa fase la nascita dei figli è meno problematica dal punto di vista della loro educazione poiché la coppia è già in grado di esercitare una razionale capacità di discussione e di progetto difendendo, con l’uso dell’intelligenza, la capacità di gustare il piacere di stare insieme.

Se una famiglia resta  però in questa fase corre il rischio di restare intrappolata nella “coppia di colleghi di lavoro” ovvero in una situazione comunicativa tendente alla realizzazione di progetti e di impegni senza riuscire ad evolvere verso ulteriori sviluppi dell’affettività.  La coppia avrà la tendenza a non danneggiarsi esplicitamente ma ad essere indifferente nei fatti. Può degenerare nella tipica situazione dei separati in casa in modo non esplicito. I momenti intensi della vita di coppia rimangono solo quelli legati alle effusioni tra partner che si riproducono nelle effusioni  dei genitori verso i figli e l’analisi costante delle comunicazioni interpersonali con discussioni interminabili sui modi più corretti di comportarsi  l’uno verso l’altro. Tale tipo di famiglia caratterizzata da relazioni di evitamento può determinare figli borderline che stanno peggio di quelli dei separati dal momento che non hanno un evento traumatico esplicito da elaborare né un capro espiatorio su cui dirigere l’aggressività accumulata poiché i genitori spesso dicono di aver sacrificato la felicità proprio per il benessere filiale. La famiglia astenica  appare molto convenzionale e con una scarsa identità che possa adattarsi alle contingenze e se non riesce a trovare chiare regole all’interno si evolve negativamente in una famiglia atomizzata

 

-         Famiglia comunicativa/atomizzata

E’ una famiglia dove all’apparenza tutto funziona, dove esiste un dialogo impegnato tra i genitori ma dove manca un sentimento di comprensione profonda tra i diversi membri. La coppia, che si colloca all’interno di un copione di delusione è incapsulata in un conflitto interno. La differenziazione tra i stili di vita e di lavoro tra i partner si è sviluppata con il massimo di indipendenza dell’uno rispetto all’altro e la comunicazione tra di loro è sempre e solo inerente a questioni che non riguardano la famiglia.

Si discute a tavola dei problemi più disparati da quelli del lavoro a quelli politici, culturali, sociali, ecc... senza rendersi conto che tali discussioni tagliano fuori i figli poiché al di sopra della loro capacità di comprensione. Ne consegue che i figli, fin da piccoli, si sentono inadeguati ed avvertono i genitori come irraggiungibili, troppo alti per i loro problemi e sempre con la risposta pronta a tutte le questione che tentano di sollevare pertanto saranno o invisibili e insicuri o adesivi bisognosi di affetto. E’ una famiglia che si mostrerà sbigottita di fronte alle espressioni e alle richieste dei figli, ai loro problemi, spesso manifestati in modalità dirompenti, anche con vere e proprie patologie ai quali probabilmente risponderanno con vere e proprie squalifiche. Tale tipo di famiglia diventerà comunicativa se  indirizzata verso l’affettività e la comunicazione autentica, attivando relazioni di riconoscimento e di dialogicità.

 

-         La famiglia affettiva/invischiata

 

La famiglia affettiva è l’evoluzione della famiglia pacifica verso una forma più compiuta del vissuto d’amore. La famiglia passa attraverso una fase di coesione affiliativa. Accoglie al suo interno i figli nati in questa fase, o nelle precedenti, scoprendo che il legame di attaccamento biologico verso i piccoli d’uomo è la base per lo sviluppo dell’affetto. In questa fase si realizzano importanti scoperte sull’affettività e si manifesta la caratteristica dell’”amare insieme”, la maggiore soddisfazione del dare piuttosto che del ricevere, lo stato di grazia nel vivere un clima affettivo che coinvolge tutti i membri e la sensazione dell’aumento costante dell’affettività complessiva.

Amare insieme significa scoprire di amare con lo stesso tipo di amore, pur se diversamente modulato, una persona. Proprio perche l’amore si modula a seconda delle caratteristiche e dei bisogni di chi lo riceve, gli atti d’amore rivolti al medesimo soggetto sono uguali.

La soddisfazione di dare è connessa alla scoperta degli effetti del nutrimento affettivo assaporato dall’altro. Il riverbero di tale nutrimento in chi nutre corrisponde ad una sensazione di pienezza e di potenza appaganti. L’affettività complessiva aumenta nel sistema di relazioni e si modifica dinamicamente superano le reciprocità tipiche della coppia. Un gesto di impegno compiuto verso un figlio ritorna alla madre attraverso una carezza effusiva da parte del marito.

Tale situazione può negativizzarsi nel momento in cui non riesce a stabilire dei confini precisi interni eo nei confronti del mondo esterno , consentendo l’interferenza delle famiglie di appartenenza dei coniugi che, nell’intenzione di perpetuare i propri stili di vita e di comunicazione all’interno della famiglia dei figli, tendono spesso a mettere in atto giochi condizionanti e manipolatori nei confronti delle famiglie dei figli, costituendo così pericolose minacce per lo sviluppo delle affettività nelle famiglie in formazione.  L’incapacità di stabilire le giuste distanze relazionali nella coppia  genera una struttura  di dipendenza  che impedisce alla persona di pensare liberamente; la dipendenza ,attraverso la confusione, genera incomprensione. In questa dinamica, c’è un tipo di dipendenza reciproca in cui le persone non riescono né ad avvicinarsi né ad allontanarsi tra loro, sebbene non capiscano perché sia così. Pertanto l’incomprensione genera una famiglia invischiata. In questo tipo di famiglia il rapporto tra i coniugi (uno invisibile e l’altro avaro) è basato sull’oppressione di lui e la sottomissione di lei. Per opposizione il figlio che nascerà sarà inquieto estroverso esuberante . Infatti il clima di controllo e oppressione determinerà un figlio sballone  e/o delirante poiché esso per essere in relazione con il padre avaro, deve essere uno sballone per essere in relazione con la madre invisibile, deve essere un delirante. In ogni caso avrà una personalità attiva esplosiva,emozionale. Il secondo figlio assumerà i comportamenti lasciati liberi dagli altri.

 

-         La famiglia comprensiva/rassegnata

Un processo equilibrato di protezione è indispensabile nella fase del ciclo familiare in cui i figli si aprono alle esperienze esterne alla famiglia. In questa fase le famiglie si presentano con una immagine sociale più forte e rappresentativa, infondono fiducia nei loro figli e li supportano nei momenti delle scelte impegnative e difficili. Se la struttura di protezione familiare è debole, anche a causa della condizione economica e culturale, i figli non hanno sufficiente capacità di presentarsi nelle relazioni sociali esterne e soffrono di scarsa autostima con conseguente difficoltà nella loro realizzazione.

Tuttavia se in tale tipo di famiglia non si attua l’apprendimento del processo affiliativo dell’ “amore comune” opera una traslazione del narcisismo di coppia verso i figli e diventa una famiglia iperprotettiva che tende a sostituirsi costantemente ai figli nelle difficoltà che incontrano nella vita.

E’ una famiglia paternalista che ha il suo centro culturale nell’impegno di realizzare il potere e il successo della famiglia nei confronti del mondo.

La protezione nei confronti dei figli è un copione di poteri: il padre teme che il figlio “gli faccia fare una brutta figura” nella realizzazione di sé nel mondo, cercherà quindi, raccomandazioni e vie traverse per agevolare il figlio in ogni occasione impegnativa che incontra.

 Essa si caratterizza per la presenza di  relazioni di fastidio all’interno della quali la coppia genitoriale si colloca sui copioni in opposizione dell’adesivo e dell’apatico che determinano molto probabilmente in questa fase, la presenza di un figlio ruminante e/o delirante.

 

 

-         Famiglia protettiva/oppressiva

 

E’ un ulteriore degenerazione della famiglia protettiva che non si è evoluta nella dimensione comunicativa della coppia e che ha bruciato tutte le sue potenzialità nelle fasi effusive e fusionali.  La famiglia oppressiva è caratterizzata da relazioni di equivoco che generano  dei conflitti interni per mancanza di fiducia tra i partner che cercano, configgendo, una distribuzione delle reciprocità interne. Ciascuno pensa di dare sempre di più dell’altro e colpevolizza l’altro per non essere abbastanza affettuoso. Su tali stati d’amarezza e di insoddisfazioni si innestano i conflitti ripetitivi all’interno dei quali si esprime il massimo di immaturità dei genitori. Si ha l’impressione che tali famiglie siamo unite più dalla voglia di avere finalmente la rivincita dell’uno sull’altro che da qualche comune progetto di vita. Ciascuno rinfaccia all’altro di non essere quello che gli aveva promesso di essere e si inseguono incontrandosi occasionalmente in qualche episodio di passione fusionale che lascia entrambi ancora più prigionieri della solitudine e dello sconforto. Spesso in tali situazioni si attua la condizione dei separati in casa e i figli vivono uno stato d’animo di paura determinata dal non sapere cosa fare e dal timore di essere loro la causa scatenante di qualche nuovo conflitto. E’ probabile che i figli interiorizzino il conflitto  e ne scoprano le regole entrando anche loro nel gioco dell’oppressione assumendo atteggiamenti di autoritarismo capriccioso. Tale atteggiamento funziona come un tentativo di riequilibrio delle tensioni interne nella coppia e si manifesta come una salvaguardia della loro differenziazione dai genitori. Si tratta in genere di bambini iperattivi con difficoltà nell’apprendimento oppure ragazzi con tendenza alla depressione se vivono con senso di colpa le tensioni che hanno vissuto all’interno della famiglia.

 

-         La famiglia difensiva/antagonista

 

La dimensiona della difensività è un processo importante nel ciclo di vita familiare poiché senza un certo grado di difese e di un senso di appartenenza, la famiglia non è in grado di sperimentare una condizione di sicurezza di base indispensabile per la socializzazione dei figli verso l’esterno. Senza le difese fondate sul sentirsi indubbiamente amati all’interno della famiglia, i figli si propongono all’esterno vulnerabili e fragili. Se essa non riesce a pervenire ad uno stadio di maturità affettivo interno e la capacità di proteggere le relazioni interne diventa una famiglia antagonista esageratamente difensiva. Se tutti i componenti presentano un alto grado di ruminanza , è un tipo di famiglia che, se non trova nemici esterni, rischia di lacerarsi nei conflitti interni a causa dell’insofferenza. I figli nati in questo clima familiare sono abituati a stare con la testa in mezzo alle spalle più chiusi possibili, appartati ed evitano di parlare. Hanno cercato di essere o invisibili e comprensivi nei confronti di un genitore o apatici e tranquillizzanti nei confronti dell’altro, oscillando tra il polo della rassegnazione e dell’indifferenza. Nella vita avranno bisogno di scoprire il coraggio perché, il fatto di aver assorbito tali livelli di tensione li ha anestetizzati.

Nella forma più estrema è una famiglia disposta a tollerare tutto, anche comportamenti amorali, purché non si conoscano all’esterno e purché siano fatti nell’interesse della famiglia. I rapporti con l’esterno sono in genere limitati a quelli con la parentela. In genere la famiglia è saldamente incentrata sulla figura materna  che tende a trattenere i figli all’interno compensando con il “mammismo” le difficoltà incontrate dai figli, per la quale essi hanno sempre ragione e le colpe vanno sempre attribuite a persone esterne alla famiglia.  In tale contesto il padre viene da essa utilizzato come gendarme per fare giustizia, riparare ai torti fatti ai figli e in cambio di tale attività riceverà le effusioni della madre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAP. IV

Un lavoro di ricerca sulle tipologie familiari nel territorio di Favara

 

4. Premessa

L’analisi della famiglia e del tipo di relazioni che la contraddistinguono , costituiscono una parte rilevante del lavoro di  un counselor  poiché gli consente,  nell’ottica del lavoro di “Prepos” di  individuare le aree carenti  o involute, i vuoti da colmare  sui quali orientare il suo intervento per attivare percorsi di consapevolezza e di crescita individuale e di gruppo. Nella rilevazione di tali elementi egli potrà servirsi di alcuni strumenti di rilevazione rappresentati dai questionari di personalità collettiva e dei relativi  grafi che consentono di osservare la tipologia familiare ed individuare le caratteristiche salienti della loro personalità collettiva e le direzioni verso cui si dirige il cambiamento.

4.1 Cenni di geometria relazionale

Al fine di rendere più agevole  la lettura e la comprensione del lavoro di ricerca sotto descritto , si ritiene opportuno, senza voler essere esaustivi su un argomento  abbastanza articolato e complesso,  dare alcuni cenni  sull’uso dei grafi elaborati  sulla base dei dati derivanti dalla compilazione dei questionari di personalità individuali e/o collettivi, predisposti da Prepos,  per una rilevazione contingente delle caratteristiche di personalità e dei relativi  bisogni educativi

I punteggi ottenuti vengono collocati su un grafo a radar con sette raggi corrispondenti alle 7 tipologie di copioni di personalità, posizionate in senso circolare e orario partendo dall’avaro e via via , fino all’adesivo, seguendo il  modello maschile di trasmutazione delle emozioni ( letta in senso antiorario, la trasmutazione delle emozioni ha una caratteristica femminile). Tali assi sono graduati dai punteggi delle singole disposizioni.

GRAFO DI PERSONALITA’

 

Congiungendo tutti i punti corrispondenti ai punteggi ottenuti su ciascun asse, si otterrà un perimetro la cui forma darà una prima indicazione sull’armoniosità della personalità esaminata: più il perimetro tende ad assumere una forma circolare, tanto più la personalità sarà armonica. Se , invece, il grafo appare a stella, con picchi nella direzione di uno o più raggi, significa che il soggetto sta vivendo situazioni di particolare intensità e/o ripetizioni di atteggiamenti corrispondenti ai raggi in cui è alto il punteggio, nella sua fase attuale di vita. Le aree carenti, invece, in cui i punteggi sono molto bassi, indicano la necessità di un potenziamento delle stesse.

 Ogni tipo di personalità ha di fronte a sé altre due tipologie di personalità con cui costruisce relazioni di affinità in reciprocità. Ha di lato sia a destra che a sinistra saltando il tipo immediatamente adiacente, le tipologie di personalità con cui costruisce opposizioni.

 

                        Grafico delle affinità                                        Grafico delle opposizioni

 

 

 

 

Le linee delle affinità, delle opposizioni e le adiacenze sono  molto utili per ragionare sugli interventi da attuare; i punteggi  e le mappe che si disegnano nel grafo a radar indicano su quali dimensioni emozionali i soggetti devono crescere e, laddove sia necessario attuare più di un intervento, aiutano a scegliere la priorità.

Ogni relazione di opposizione può essere trasformata nella relazione corrispondente di affinità. Le relazioni di affinità e di opposizione sono tra loro parallele

 

 

4.2 Presentazione della ricerca

Il desiderio di sperimentarmi nell’uso dei questionari di personalità collettiva familiare e nella interpretazione dei relativi grafi, mettendo così a frutto le conoscenze acquisite, mi ha indotta ad effettuare una ricerca sulle famiglie favaresi. Lo strumento utilizzato per la rilevazione dei dati è stato il Test Analisi di Famiglia. La scelta di tale strumento è stata determinata dal fatto che, trattandosi di un test di tipo proiettivo, rendeva possibile, ai fini della rilevazione della tipologia familiare, la compilazione da parte di uno solo dei componenti della famiglia analizzata; il che ha reso più agevole la rilevazione delle informazioni.

Il campione scelto è formato da 10 famiglie, che vivono nel territorio favarese,  delle quali uno dei componenti di ciascuna , a cui è stato consegnato il Test, presta attività lavorativa nello stesso ufficio pubblico.

La consegna del test è stata accompagnata dalla spiegazione delle finalità di studio e di  ricerca relativa alla stesura della presente tesi, dalla rassicurazione (da alcuni espressamente richiesta) sul rispetto dell’anonimato e da alcune istruzioni per la compilazione. Tutti hanno accolto  favorevolmente la richiesta di collaborazione ad eccezione del componente della famiglia G.A che ha opposto alcune resistenze esprimendo alcuni dubbi sulla propria capacità di rispondere alle domande; tuttavia anche lei mi ha fatto pervenire il test compilato.

I risultati ottenuti, una volta elaborati, sono stati collocati sui grafi a radar, prima illustrati, che vengono di seguito riportati, accompagnati dalla interpretazione e dalle considerazioni emerse dalla loro lettura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4.3 Analisi dei grafi

 

 

 

 

 

Questa famiglia si caratterizza prevalentemente per la presenza  delle due significative relazioni oppositive di insofferenza ed in misura minore di delusione non adeguatamente controbilanciati dalle corrispondenti relazioni di affinità di disponibilità e di complementarietà mentre possiede una discreta caacità di integrazione ad indicare un tipo di famiglia che ha saputo darsi regole precise  per una discreta  organizzazione all’interno della quale ognuno conosce bene e rispetta il proprio  ruolo e quello degli altri. Emerge però il rischio di una eccessiva differenziazione tra i vari membri a fronte del basso punteggio sull’asse 5 e sull’asse 6 che stanno ad indicare una bassissima coesione interna e l’incapacità o l’impossibilità di comunicazione autentica . Sarebbe opportuno potenziare prioritariamente la capacità di disponibilità stimolando momenti di incontro in cui scoprire le cose in comune quelle cose che avvicinano e che entusiasmano e che fanno sentire “l’essere famiglia”. Aumentare la comprensione significherebbe incidere positivamente sull’insofferenza e, quindi, sul conflitto

 

 

Il grafo  presenta una famiglia con un alto grado di coesione interna e una buona capacità comunicativa ed una discreta complementarietà . La caratteristica più evidente è costituita da un punteggio bassissimo sull’asse 4 ad indicare una grossa difficoltà a vivere momenti di leggerezza e di fusionalità. L’immagine che mi rimanda questo grafo è quello di una famiglia troppo centrata  su se stessa  che  prende le cose troppo sul serio o sulla quale  forse conflitti di diverso tipo hanno inciso nel tempo sull’espressione spontanea delle emozioni e sulla capacità di godersi la vita,  o, ancora,  della presenza di  una  coppia che , avendo fondato e investito troppo su una dimensione fusionale del rapporto , non abbia saputo evolversi in una dimensione più compiuta d’amore con il conseguente disinnamoramento e uno sbilanciato rapporto affettivo verso i figli, forse, come forma di compensazione. Sono presenti  tre relazioni oppositive di un certo rilievo  che in ordine di consistenza sono quelle di incomprensione ,  insofferenza equivoco e fastidio. Sarebbe salutare per questa famiglia potenziare  relazioni di integrazione,  quale antidoto al fastidio , ma anche di disponibilità, riconoscimento e mediazione  presenti ma in misura inferiore rispetto alle relative opposizioni.

 

Il grafo mostra una tipologia familiare di tipo protettivo. La relazione di affinità prevalente è quella della complementarietà ad indicare una buona consapevolezza dei propri ruoli e dei relativi compiti. Le relazioni oppositive più significative sono, nell’ordine,  quelle di equivoco e di insofferenza. Probabilmente è presente una coppia che vive un blocco negli scambi comunicativi, oltre il quale non è possibile andare e che fa sì che le cose non si dicano  fino in fondo, e così diventa possibile equivocare Pertanto se si dovesse proporre un percorso di crescita si reputerebbe prioritario potenziare della relazioni centrate sul riconoscimento ; il che significa generare sensibilità e disponibilità all’ascolto mediante momenti di comunicazione autentica, così come stimolare una maggiore apertura verso l’altro ricercando ciò che è possibile darsi reciprocamente , valutato più suulle intenzioi che sul risultato, può sicuramente contrastare le spinte oppositive dell’insofferenza.

 

 

Da una prima lettura del grafo emerge una personalità  familiare caratterizzata da sensibilità affettività e quiete. I punteggi bassi sul primo e sul secondo asse mostrano una famiglia che non ha una forte identità  con conseguente vulnerabilità rispetto alle oppressioni esterne.Immagino una famiglia molto calorosa unita da stretti vincoli di affettività e dove ognuno si sente capito e sostenuto, ma dove forse è presente una scarsa spinta motivazionale all’agire autonomo. Un discreto punteggio sull’asse 3 indica che coesistono all’interno di tale famiglia anche spinte alla differenzazione che possono contrastare il rischio di invischiamenti o che si stanno muovendo in questa direzione. Potrebbe essere utile a questa famiglia scoprire la razionalità e la concretezza per attivare relazioni di integrazione che costituirebbe un antidoto al fastidio riportando i membri alla giusta distanza relazionale. Sono presenti altre due relazioni oppositive ,  di  evitamento  e di logoramento ma sembra che la famiglia abbia saputo trovare in sé le risorse per controbilanciarle.

 

Emerge l’immagine di una famiglia con una forte identità esterna e interna che da un’idea di grande compattezza anche se non mancano segni di comportamenti conflittuali generati dalla presenza di una significativa relazione di insofferenza che non trova un buon bilanciamento nella relazione di disponibilità. Occorrerebbe a questa famiglia scoprire o riscoprire la capacità di emozionarsi, la bellezza del dare e del ricevere come dono reciproco  incentivare azioni comportamenti dettati anche dal cuore e non solo dalla testa. Per quanto concerne le altre due relazioni prevalenti,di   equivoco e di incomprensione appaiono adeguatamente compensate dalla equivalente presenza delle relazioni di riconoscimento e di mediazione.

 

 

Il grafico mostra una famiglia di tipo protettivo. Si caratterizza per un punteggio molto basso sugli assi relativi all’attaccamento e all’attivazione a fronte di un punteggio molto alto sul versante del controllo.

L’immagine che mi rimanda tale grafo è quello di una famiglia che non è riuscita a trovare una forte coesione interna  o che l’ha perduta a causa di un grande lutto; è come se avesse sia difficoltà a stabilire una autentica vicinanza relazionale tra i vari membri ,   e,  nel contempo  paura di un confronto che possa sfociare in un conflitto aperto nonostante  la presenza di una rilevante relazione di insofferenza : paura di legarsi e paura di perdersi sembra il tema dominante di questa famiglia.Essa presenta delle buone risorse derivanti da una buona integrazione e complementarietà, che fa da antidoto alla delusione, e da una buona capacità di  mediazione  che compensa gli effetti dell’incomprensione , ma sarebbe opportuno introdurre elementi di dinamismo   relazionale e di attivazione della disponibilità reciproca verso la riscoperta dell’affettività.

 

Questa famiglia presenta complesivamente un buon equilibrio tra le sue varie componenti relazionali. Ciò ad indicare, probabilmente ,  una buona capacità di adattamento ala fase del ciclo di vita in cui si trova in relazione ai bisogni evolutivi dei suoi componenti. L’unica nota di rilievo è costituita da una evidente propensione alla protettività  che comunque non sembra assumere caratteristiche di negatività  ma semplicemente una caratteristica di questa famiglia.

 

E’ una famiglia che presenta un discreto equilibrio nelle sue caratteristiche relazionali, dove la maggior parte delle forze oppositive presenti  appaiono adeguatamente controbilanciate dalle corrispondenti relazioni positive ad eccezione dell’insofferenza.  Pertanto questa  famiglia avrebbe bisogno di aumentare la sensibilità  per una migliore comprensione  e disponibilità reciproca, tramite momenti di autentico ascolto,  e  la capacità di mediazione.

 

 

Il grafo di personalità di questa famiglia presenta una evidente collocazione sul  terzo asse che è quello in dicativo del livello di differenzazione tra i suoi membri che confrontato con il basso punteggio presente  nel quinto asse , denoterebbe una tendenza alla negativizzazione dell’aspetto comunicativo verso quello dell’atomizzazione in parte mitigato da una discreta presenza di coesione interna. La presenza di relazioni oppositive  legate al logoramento ed alla delusione, non adeguatamente neutralizzate da relazioni di incontro e di complementarietà,  supporterebbero l’ipotesi  di una  “frammentazione” familiare. Questa famiglia avrebbe bisogno di  incontrarsi sul terreno dell’affettività e dell’ascolto reciproco  per scoprire un livello di intimità, di profondità maggiore e riconoscersi.

 

 

Insofferenza e delusione sono le opposizioni prevalenti che appaiono dal grafico in particolare la prima nei confronti della quale questa famiglia non sembra essersi “attrezzata”. L’immagine che mi rimanda il grafo è quella di una famiglia con caratteristiche poco  “familiari” che ha bisogno di riscoprire in primo luogo l’affettività e la comprensione reciproca  potenziando così le relazioni affini di disponibilità e incontro.

 

4.3 Alcune riflessioni sui risultati della ricerca

Analizzando i grafi è subito balzato alla mia attenzione il fatto che 8 famiglie, sulle 10 osservate , presentassero una personalità familiare di tipo protettivo/oppressivo.  La lettura di tale dato mi ha spontaneamente indotta  a cercare delle correlazioni con quello che potremmo definire il modello culturale favarese anche sulla base della consapevolezza che, se è vero che” le relazioni costruiscono gli ambienti e ogni ambiente si esprime in una cultura”, è anche vero che “ogni cultura determina procedure routine, storie e tipi di relazioni tra individui che si trasmettono nelle generazioni successive anche attraverso il temperamento”.  

E allora mi viene in mente il modello del maschio favarese preposto alla protezione e difesa  delle persone per lui significative o comunque, considerate più deboli ( in particolare se di sesso femminile) anche a costo di agire comportamenti violenti: la cronaca riporta spesso ( anche se un po’ meno rispetto al passato) notizie relative a liti tra giovani , con conseguenze anche gravi,  causate da  comportamenti ritenuti  poco rispettosi nei confronti di una ragazza.   Così come sembra ancora dominante nell’immaginario collettivo l’idea della donna che  deve mettere al primo posto, nelle sue priorità di vita, l’accudimento del marito e dei figli verso i quali, tra l’altro, spesso mostra un attaccamento viscerale.

Penso ancora ai tanti giovani, in particolare maschi, che trascorrono lunghe ore della loro giornata “parcheggiati” davanti ad un bar ; al fatalismo ancora imperante, e non solo tra i meno giovani, che diventa opportunistica giustificazione della pigrizia.

Nel contempo mi sembra  di avere adesso una chiave di lettura nuova per  capire  il ricorso agli effetti euforizzanti dell’acool, sempre più diffuso tra i giovani e addirittura tra gli adolescenti, e agli stupefacenti come risposta all’apatia, al “non c’e nulla di interessante da fare”, alla ricerca insaziabile di nuove emozioni, al vuoto  esistenziale.

Con  questi aspetti ne convivono altri quali:  il calore umano, l’ospitalità, la  socio-solidarietà, la difesa dei più deboli, l’intraprendenza, la capacità di pacificazione, la generosità, la gioiosa convivialità ,  aspetti, che uniti agli altri sopra descritti, mi appaiono come  Il dritto ed il rovescio di una stessa medaglia.

A volte questa medaglia per girare su se stessa  con un movimento di miglioramento che dal vizio, dal disagio conduca alle virtù e ai valori, necessita di qualcuno che tale movimento sappia imprimerlo nei modi e nei tempi giusti.

Sostenere  ed orientare qualcuno in un percorso di miglioramento costituisce il compito precipuo di un counselor che nell’attuare i suoi interventi dovrà  rispettare  e “valorizzare” le specificità di ognuno non perdendo di vista lo sfondo entro cui e con cui esso interagisce, ovvero , la “cornice “ culturale che come abbiamo visto,da una parte definisce e connota le “personalità” e dall’altra è dalla stessa modificata e trasformata.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RIFLESSIONI DI UN ASPIRANTE COUNSELOR

 

Le seguenti riflessioni sono frutto di una sollecitazione  offertami dalla D.ssa Emanuela Mazzoni  nel corso di una conversazione telefonica nella  quale esprimevo alcuni miei dubbi circa la parte finale del presente elaborato , in particolare mi venne chiesto di riflettere sul senso della scelta dell’argomento. Tale domanda suscitò in me disorientamento prima e, successivamente, un  “turbine” inarrestabile  di interrogativi, immagini , emozioni ricordi. Sentii allora che era il momento di fermarmi per fare ordine e chiarezza ed arrivare al senso. Mi resi conto che io non mi ero mai chiesta il perché di questa scelta, che per inciso, era stata immediata,  ma a chi mi aveva posto il quesito, avevo risposto  che da sempre lo studio e la comprensione dei meccanismi che regolano le dinamiche familiari avevano destato in me un forte interesse e che, nel proiettarmi nel mio futuro di counselor mi vedevo  preferire come ambito di intervento la famiglia. Ripensando a queste parole le sentivo  ora superficiali , povere di significato, mi era chiaro che  dovevo andare oltre il che mi riportava dietro nel tempo. A pensarci bene, infatti,  scoprii tale interesse quasi per caso quando accolsi immediatamente la proposta avanzatami da una collega di lavoro, psicologa e poi diventata una mia grande amica, di iscrivermi ad un corso di formazione per consulenti familiari di indirizzo sistemico relazionale. Gli argomenti trattati e il lavoro fatto su noi corsisti (ricordo, in particolare, la ricostruzione delle storie familiari transgenerazionali tramite il genogramma e le emozioni forti provate durante la restituzione in davanti al gruppo) mi offrirono nuove chiavi di lettura affascinanti ma , nel contempo, destabilizzanti a seguito di vari turbamenti determinati dalla risonanza che certi argomenti avevano sui miei vissuti e dalla inevitabile analisi e messa in discussione delle dinamiche e dei modelli familiari in cui mi ero trovata prima come figlia e poi come moglie e madre.  Contemporaneamente fui colpita da un episodio depressivo. Non era la prima volta ma a differenza delle altre stavolta decisi di richiedere, accanto al supporto farmacologico, anche quello psicologico. Fu un periodo di acquisizione di nuove importanti consapevolezze, cominciai a capire come le oppressioni e le mancanze affettive vissute durante la mia infanzia, avessero influito pesantemente sulla difficoltà di esprimere quello che provavo nel bene e nel male, sul mio grande bisogno di non deludere le persone che per me erano importanti, sul mio eccessivo autocontrollo, sul mio forte senso autocritico che non mi dava mai pace. Fu allora che colsi l’enorme  importanza e responsabilità  che una famiglia ha nella crescita e nell’educazione dei figli.  Tutto ciò mi aiutò a stare meglio e, nel contempo, fece nascere in me il desiderio di intraprendere una professione di aiuto alle persone. Sostenni gli esami di counseling sistemico-familiare ma non mi sentii pronta ad intraprendere questo lavoro: avevo bisogno di qualcos’altro , ma cosa?    L’incontro con il prof. V. Masini, avvenuto  in occasione della realizzazione di un progetto di formazione per conduttori di gruppi d’incontro, mi colpì molto sia per i contenuti proposti durante i suoi seminari sia per la lettura dei risultati del questionario di artigianato educativo che mi mostravano una persona molto ruminante soprattutto con me stessa. Nuove chiavi di lettura si aggiungevano alle precedenti, potevo vedere tante cose da diverse angolazioni.  Ancora una volta percorsi di formazione professionale si intrecciavano con percorsi di crescita della mia umanità. Decido di partecipare con entusiasmo al Corso di II livello organizzato da Prepos ma   mi ritrovo contemporaneamente a lottare di nuovo con la mia depressione che affrontai stavolta anche con l’aiuto dello stesso Prof Masini  .  Ancora una volta mi trovai al buio in fondo ad un pozzo, ma ,la cosa peggiore, era quella di non riuscire a dare forma in parole a ciò che mi urlava dentro che si ritorceva contro di me in un  tentativo inconsapevole di autodistruzione. Scoprii l’importanza di avere qualcuno che mi aiutasse a dare voce al mio dolore, a dargli un senso  e  che così facendo  la sofferenza può diventare ricerca, che genera consapevolezza, che conduce a curare le tue ferite e diradare la nebbia per vedere cosa c’è oltre, oltre i condizionamenti, oltre le paure.

Ma non è mai un percorso lineare ognuno ha bisogno i suoi tempi per sciogliere i nodi che stringono il suo cuore.

Quando appresi la notizia che il prof. Masini avrebbe aperto una sede della scuola di Counseling Transteorico  ad Agrigento, decisi subito di cogliere questa nuova opportunità. Mi dicevo che era un’ottima occasione per dare una svolta alla mia insoddisfacente situazione lavorativa ma,nel contempo, mi allettava molto l’opportunità offerta dalla scuola di fare un lavoro su noi stessi.

Ho seguito con vivo interesse le lezioni del corso, ma ricordo una sofferenze  particolare vissuta durante la lezione di Lorenzo Barbagli sulle dipendenze relazionali, durante la lezione sulle relazioni di opposizione , durante il discorso del prof. Masini sulla necessità di diventare padri e madri di noi stessi e del profondo senso di solitudine che ciò comporta. Così come ricordo la risonanza che ebbero in me le affermazioni del prof Masini circa l’obbligo per chi decide di esercitare la professione del counselor di avere consapevolezza delle proprie “ zone ombra” delle proprie debolezze a protezione di noi stessi e di chi  ci chiede  aiuto.

Aver dato ordine a tutti questi pensieri, mi fa vedere adesso il senso vero della scelta  che è il senso della ricerca interiore, continua, progressiva della mia vera identità in un percorso, che non sento ancora concluso, che partendo dalla consapevolezza che ciò che siamo è frutto di ciò che abbiamo vissuto, continua e si evolve nella emancipazione da quelle “trappole della psiche” che, come afferma V. Masini ,“ci impediscono di prendere contatto con la nostra anima” e che tutto ciò non  sarebbe possibile senza la presenza di “persone essenziali” che sappiano orientarci  nella confusione e  condurci a vedere gli inganni e gli autoinganni.

Capisco allora che per chi,come me, ha scelto di essere “persona essenziale” aiutando gli altri a percorrere le vie del miglioramento,  il cammino di crescita umana si intreccia  inesorabilmente, arricchendosi  reciprocamente, con quello della  crescita professionale .  Credo che questo in fondo faccia la differenza tra fare il counselor ed essere un counselor.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE

 

(1) G. Nardone, E. Giannotti , Rita Rocchi  “Modelli di famiglia” , ed. TEA, pag. 30;

(2 ) Ibidem, pag. 29;

(3) Definizione tratta dal “ Dizionario Essenziale  di Counseling” a cura dello Staff di Prevenire è Possibile; Cerbara, 2006

 

 

 

 

(5)Il metodo del progetto educativo di “Prevenire è Possibile” nasce dall’applicazione della pedagogia dei gruppi  e dell’artigianato educativo. L’idea centrale dell’artigianato educativo consiste nel riproporre gli antichi strumenti della pedagogia, rivisti alla luce delle attuali teorie psicologiche e, contemporaneamente, resi più facilmente applicabili dalla estrema plasticità sia del linguaggio che degli interventi. Esso propone un lavoro mirato ai bisogni del soggetto cercando di individuare il tipo di disagio e di bisogno educativo del singolo( povertà affettiva, mancanza di autostima, di senso di responsabilità, di motivazione, del senso dei limiti o eccesso di reattività, di aggressività e di controllo). Lo scopo è quello di predisporre itinerari educativi, applicabili ai diversi tipi di soggetti, e in molteplici situazioni, capaci di trasmettere i valori necessari al superamento del disagio per l’armonizzazione e l’equilibrio della personalità consentendo di indirizzare la persona verso un’azione o un’altra a seconda degli obiettivi da r aggiungere

 

(6)  Masini V. Dalle emozioni ai sentimenti , Terni  Prevenire è possibile, 2001, pag. 184)

 

(7) Cerri, Musso R.”La pedagogia dell’Einfuhlung, Saggio su E.Stein,” Brescia, La Scuola 1995, pag.6

 

(8) Stein E., “Il problema dell’empatia”; Roma, Ed. Studium, 1985, pag. 201

 

(10) Masini V. Mazzoni E. ”Saggio su Valori e Relazioni Interpersonali” presentato al Convegno promosso preso l’Università degli studi di Perugina sul tema “Valori e Relazioni”, 2006

 

(11) Sono elettivamente affini le persone che possiedono motivazioni complementari: in esse ciascuno vede qualcosa di sé ma rovesciato. Pur possedendo un tratto di base accomunante, l’altro esprime in modo magnifico quell’aspetto di cui ci sentiamo privi e che desideriamo possedere e vivere.

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