federazione delle associazioni italiane di psicoterapia
13° CONVEGNO NAZIONALE
PREVENIRE E’ POSSIBILE
Il significato del Counseling
Roma 12 febbraio 2006 Stabilimento Balneare Venezia
ROMA OSTIA
RIFLESSIONI SUL CONVEGNO
LA FORMAZIONE DEL COUNSELOR:
RESPONSABILITA’ VERSO SE STESSO E VERSO GLI
ALTRI
Di Daniela Troiani
“Counselor è un modo di essere!”
Con questa affermazione Vincenzo Masini ha concluso il suo intervento nel corso del XIII Convegno di “Prevenire & Possibile”, tenutosi nel febbraio scorso.
Essere Counselor è un modo di essere. E’ un’ affermazione centrale, che in modo sintetico, ma chiarissimo racchiude tutto ciò che si può dire sul significato e il ruolo del Counselign nella nostra società.
Proprio dalla centralità che assume questa dichiarazione sono state generate le riflessioni che seguono, a proposito della responsabilità del Counselor e della necessità di una formazione seria e adeguata all’impegno da assumere.
Credo, infatti, che, parlando di Counseling, non si può prescindere da un discorso sulla responsabilità personale e professionale, che questo intervento comporta nei confronti dell’altro.
Come è noto, il Counselor, nel suo ruolo strettamente professionale, può essere definito come un Consigliere, colui che accompagna la persona e la sostiene in un momento critico della vita, un periodo di presa di coscienza e di cambiamento. Il Counselor, diversamente dall’amico, non conforta soltanto, ma cerca di individuare il percorso, o i percorsi possibili per quella persona specifica, sostenendola nell’individuazione della strada migliore per un’evoluzione personale e sociale soddisfacente.
D’altra parte, il Counselor, diversamente dallo psicoterapeuta, non destruttura la personalità della persona, non ci prova nemmeno, se non ha la qualifica per farlo.
Il Counselor affianca l’altro, il cliente, in un momento di vulnerabilità, di confusione, quando il fardello personale sembra troppo pesante da portare da solo. Ma non toglie il fardello; semplicemente, aiuta l’altro a ridistribuirne meglio il peso sulle spalle.
Infatti, il Counselor, armato di una incrollabile fiducia nelle risorse umane, sa che in ogni individuo esiste la capacità di gestire efficacemente la sua vita, anche nei casi in cui la sofferenza e gli ostacoli appaiono tali da porre dei limiti inamovibili all’espansione personale o al cambiamento contestuale.
Tuttavia, in qualunque caso, il Counselor è profondamente convinto che il miglioramento della qualità della vita è possibile anche di fronte ad un malato terminale, che può essere solo aiutato a far pace con la sua vita in vista di una buona morte.
Nella mia attività professionale ho avuto la fortuna e il dono di sentire giovani mielolesi, chiaramente dopo la presa di coscienza e l’elaborazione della perdita della funzionalità motoria, affermare che, sebbene avessero perso molte cose con l’evento lesivo, tuttavia la loro vita era qualitativamente migliorata, avendo avuto la capacità di diventare, dopo il trauma, protagonisti di essa, liberandosi da legacci e legacciuoli, da dipendenze e paure, che prima li avevano fortemente condizionati.
In questa prospettiva, il Counselor è, primariamente, colui che aiuta a individuare le risorse disponibili (inespresse o malespresse), le potenzialità alternative, colui che sostiene l’attivazione realistica di esse, in modo che la nuova azione della persona diventi funzionale alla sperimentazione di un maggiore benessere psicoemotivo e ad una più gratificante qualità della vita.
Ovvero, la funzione del Counselor è soprattutto educativa, è un condurre, un camminare insieme per una parte di strada. A tale scopo, questo operatore, per intervenire efficacemente, deve adeguare la sua azione alla situazione specifica presentata dal soggetto, deve adeguarsi ai suoi ritmi e ai suoi bisogni, raffinando la sua sensibilità, in modo tale che, attraverso il processo dell’empatizzazione, possa rivolgere l’attenzione “verso la porta dalla quale bussa la persona”.Solo, così, sarà in grado, a seconda delle circostanze, di incoraggiare o tranquillizzare, di sostenere o rimproverare, di coinvolgere , gratificare o insegnare, .
Tuttavia, per far questo, per operare in questo modo, il Counselor DEVE AVERE UNA FORMAZIONE PERSONALE E PROFESSIONALE ADEGUATA AL RUOLO ASSAI DELICATO, che andrà ad assumere.
Questo è uno snodo essenziale, che troppo spesso viene disatteso dalle Scuole di Formazione in Counseling, sempre più diffuse, che, in tal modo, offrono il fianco alle critiche assai feroci, dell’Ordine degli Psicologi, sicuramente anch’esso condizionato dagli interessi economici dei suoi iscritti, ma anche preoccupato, altrettanto sicuramente, per l’immissione sul mercato del Servizio Sociale di persone, che possano con leggerezza esercitare una professione assai delicata.
Con questo, non voglio affermare che tutti i Counselor diplomati sono incompetenti, né, chiaramente che tutti gli psicologi e gli psicoterapeuti siano eccezionali.
Una tale asserzione sarebbe una banalizzazione fuorviante rispetto alla questione della Responsabilità del Counselor.
Tuttavia, avendo avidamente seguito gli interventi del Convegno sopra citato, peraltro molto interessanti, ho notato come da più parti sia emersa, sotto diversa forma, la questione pressante della formazione e della responsabilità del Counselor, esplicitamente espresse, peraltro, nel vivace intervento della psicoterapeuta Sara Russo.
D’altra parte, non si può dimenticare che il primo ad assumersi una responsabilità è proprio il cliente, nel momento in cui, chiedendo una consulenza, ammette con se stesso e con un altro, per giunta un estraneo, di avere un problema, di non trovare più il bandolo della sua matassa esistenziale.La persona, rivolgendosi ad un Counselor, decide di mettersi in discussione, di mettersi a nudo di fronte ad un altro, di svelare se stessa nelle zone d’ombra, nelle parti più delicate e sensibili di sé.
Così, ogniqualvolta incontro una nuova storia, un nuovo vissuto, mi viene richiesto di penetrare nel mondo dell’altro, nella sua anima; l’altro mi offre se stesso, il suo dolore, la sua vulnerabilità. E io, quell’anima dolorante, la devo maneggiare con attenzione, la devo curare, la devo accarezzare.
Dunque, la presa in carico del cliente è un impegno verso di lui, è un patto di collaborazione, finalizzato al miglioramento della sua vita, che avviene sempre in un momento in cui è presente, in fase acuta, una grande sofferenza.
Affinché tale sofferenza, espressa con modalità molteplici, assuma il valore terapeutico di dolore creativo, l’operatore deve essere in grado, innanzitutto, di maneggiarla con delicatezza, e con misura, con rispetto e senso di responsabilità, senza approfittare del proprio potere di suggestione e dell’autorità attribuitagli dal cliente, per esercitare delirio di onnipotenza e narcisismo.
E’ evidente che per riuscire a far questo chi decide di esercitare questa professione ha il dovere, in primis, di essere consapevole delle motivazioni, che lo spingono in questa direzione.
Non può essere sufficiente il bisogno di uscire dal tedio della routine familiare per decidere di svolgere una professione di tale responsabilità; non può essere sufficiente il bisogno di dare un senso alla propria vita, usando il bisogno che l’altro ha di noi come mera soddisfazione narcisistica, per esercitare questa professione; non può essere sufficiente il bisogno onnipotente di salvare il mondo, mettendo a tacere sensi di colpa per non risolti passati, ad esercitare efficacemente questa professione.
E’ vero che il mercato seleziona attraverso la legge impietosa del passa parola; ma è altrettanto vero che, senza la giusta dose di consapevolezza di sé e senso di responsabilità verso gli altri, si rischia di far male a persone che già stanno male.
In questo senso, la consapevolezza di sé aiuta il Counselor a tenere il polso della sua situazione emotiva sia rispetto al ruolo che vuole assumere, sia rispetto alla persona con la quale si trova a lavorare.
Ovvero, non sto immaginando che i Counselor siano degli esseri angelicati, votati alla santità, neutrali fino all’eccesso. Tra l’altro, ciò sarebbe esattamente l’inverso di ciò che significa Counseling.
Voglio, più concretamente, affermare che essere Counselor sia, e debba essere, il punto di arrivo di un percorso di formazione, che fornisca competenze scientifiche, ma anche aiuta divenire coscienti del tragitto esistenziale svolto, dei propri punti di forza e delle proprie debolezze.
In tal senso, le Scuole di Counseling, prima ancora di formare professionisti, sono chiamate a formare persone adulte, madri coscienti e soddisfatte del loro ruolo di madre, mariti consapevoli e maturi nel loro vivere coniugale, donne liberate dalla follia di un femminismo estremo, che rende ancor più schiave e danneggia la propria femminilità attraverso lo scimmiottamento del peggio della cultura maschile,uomini liberi dagli stereotipi e dai vincoli dell’opinione altrui, che sappiano porsi con maturità sia di fronte alle scelte esistenziali, sia di fronte alle decisioni quotidiane.
Così, la presa di coscienza di sé, in sede di formazione, consente di comprendere , nel concreto, il lavoro, che, in seguito, dovrà essere svolto con e per i clienti; in più, la consapevolezza di sé permette di conoscere, e quindi neutralizzare gli effetti negativi, delle trappole emotive e degli attentati relazionali, di cui si è facili prede.
Per esempio, una persona che intenda svolgere la professione di Counselor deve sapere di essere vulnerabile alle parti scisse di un Sé delirante; in caso contrario, confonderà per emozione e valutazione oggettiva il prodotto di un delirio, dovuto al confronto con un cliente, che presenta un Sé disperso. Altrettanto importante per il Counselor è la consapevolezza di essere suscettibile a istigazioni, seduzioni o manipolazioni; solo questa coscienza lo aiuterà a riconoscerne l’attivazione da parte del cliente e a ridurne gli effetti deleteri per il buon esito della relazione di Counseling.
Stessa cosa dicasi nel caso in cui il Counselor non sappia riconoscere il suo bisogno narcisistico di conferme affettive; questo può portarlo a creare una dipendenza con il cliente, attraverso l’uso improprio del potere di suggestione, per timore di perdere il primato affettivo nella sua vita.
D’altronde, non si può riconoscere un delirio all’interno di una dinamica di Counseling, se non lo si sa riconoscere nella propria vita quotidiana; né si possono riconoscere gli attentati del cliente, se nella nostra vita quotidiana li subiamo senza consapevolezza. Ancor peggio, non è possibile tenere sotto controllo il proprio bisogno narcisistico come Counselor, se fuori dal setting usiamo gli altri per i nostri scopi affettivi, trascurando i loro bisogni e dimenticando le responsabilità che abbiamo scelto di assumerci nei loro confronti.
In altre parole, per operare efficacemente come Counselor, dobbiamo voler bene ai nostri clienti e dobbiamo volere il loro bene, prima ancora di voler saziare il nostro portafoglio e/o l’immagine che abbiamo di noi. Ma non possiamo voler bene ad altri, se non sappiamo voler bene a noi stessi.
In altre parole, anche nell’intervento di Counseling “agire responsabilmente significa conoscere la concretezza dei risultati delle proprie azioni e delle proprie scelte.” (Masini, La prima regola dei Cavalieri di San Valentino, p.51). Solo in questo modo, l’azione del Counselor non risulterà casuale, o prodotta da controtransfert incontrollati e incomprensibili, ma sarà determinata da una accurata analisi dell’interazione in atto, che servirà a definire una strategia relazionale orientata ad obiettivi specifici a breve, medio e lungo termine.
Ovvero, l’agire responsabile all’interno di una dinamica di Counseling non è molto diverso dall’agire responsabilmente nella nostra vita quotidiana; nei fatti, come si vede, le due cose sono inscindibili, dal momento che solo chi è responsabile verso se stesso, può esserlo verso gli altri.
In questo senso, “Counselor è un modo di essere”, che va considerato come il punto di arrivo di un percorso formativo, che parte dall’essere Cavaliere, ovvero responsabile e cosciente di sé; passa, poi, alla sperimentazione con le proprie rudimentali competenze in qualità di Artigiano dell’Educazione e finisce con l’opportunità di accompagnare l’altro nel suo percorso di crescita.
E’ un cammino impegnativo, che non va intrapreso con leggerezza, bensì con la consapevolezza che prendersi cura dell’altro è un dono prezioso e un compito serio.
D’altronde,” affrontato con responsabilità il mondo non appare più così inspiegabile ed enigmatico, ma più trasparente e comprensibile. Il destino non è più capriccioso ed imprevedibile, ma diventa la risposta di oggi a quanto abbiamo fatto ieri.” (Masini, o.cit.p.52).
Programma del convegno
Relazioni di
9,00 On. Paolo Orneli
Delegato del Sindaco di Roma alle politiche del litorale
Saluto ai convegnisti
9,20 Roberto Parrini
I.R.PS. Istituto di Ricerche Psicosomatiche Psicoterapeutiche
Counseling e psicoterapia
9,40 Massimo Saccà
LIPSY Associazione Liberi Professionisti della Psicologia
Il seme sotto la neve: emozioni e pensieri di un counselor
10,00 Guglielmo De Martino
Associazione Siddharta
Il movimento energetico nel processo di counseling
10,20 Gianni Bassi Rossana Zamburlin
Centro Studi Psicanalisi del Rapporto di Coppia
La paura dell’intimità
10,40 Davide Ferraris
O.M. Associazione per la Medicina e la Psicologia Transpersonale
Il consigliere del Re - counseling e scelte di percorso
11,00 Pausa Caffè
11,20 Luigi De Marchi
I.P.U.E. Istiuto di Psicologia Umanistica Esistenziale
Il counseling e la sua sfida al monopolio accademico
11,40 Massimo Calanca e Giuliana Montesanto
Cinemavvenire
Il cinema e l'arte di vivere. Esperienze degli Art Counselors
12,00 Antonio Lo Iacono
A.S.I.P.A. Associazione Italiana Psicologia Applicata
Counseling e creatività
12,20 Emanuela Mazzoni e Lorenzo Barbagli
Prevenire è Possibile
Diagnosi di personalità individuali e collettive e differenziazione degli interventi di counseling
12,40 Monica Leonetti
I.A.P.S.I.P
Il Counseling in azienda e le sue applicazioni
13,00 Pausa Pranzo
15,00 Pierluigi Lattuada
O.M. Associazione per la Medicina e la Psicologia Transpersonale
Trance, campi morfogenetici, costellazioni archetipiche: fondamenti di counseling transpersonale
15,20 Luciano Solaris
S.I.P.C.A.S.D.
Psicoterapia e Counseling
15,40 Vincenzo Masini
Prevenire è Possibile
Il counseling narrativo: storie di counselor e storie di clienti
16,00 Alessandro Vannucci
I.G.R. Istituto Gestalt Relazionale
Il Counseling Creativo Integrato
16,40 Pausa caffè
17,00 Clara Serina
C.R.E.d.E.S. Centro Ricerche Evolutive dell'Essere
Vita da counselor
17,20 Sara Russo
S.I.M.P. Società Italiana di Medicina e Psicoterapia
La formazione del counselor psicodinamico
17,40 Elmar Zadra
Istituto Maituna
Il triangolo: counseling - psicoterapia – meditazione
18,00 Mario Papadia
Accademia per la Riprogrammazione
L’approccio olistico al counseling
18,20 Pausa
18,40 Sandra Pentenero
Dinamiche Relazionali
Ascolto come Presenza a sè e all'altro
19,00 Rolando Ciofi
Mopi
Il futuro del counseling
19,30 Brindisi tra i Cavalieri di San Valentino e consegna dei diplomi di counselor
In preparazione del convegno: Definizioni e discussioni sul counseling
quota di iscrizione di euro 20,00
per chi sceglie di pranzare al buffet la quota pranzo incluso è 30 euro