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MAURIZIO FEDERIGI

 

 ECONOMIA E COUNSELING

 

Capitolo I

 

L’ECONOMIA

 

“L’albero carico di frutti si china verso tutti” (proverbio libanese)

 

Definizione

 

L’etimologia del vocabolo economia deriva dal greco οίκος [oikos], 'casa' e νομος [nomos], 'norma', cioè "amministrazione della casa").

 

Molteplici i  significati attribuiti al vocabolo quali:

 

ü      impiego razionale dei beni e dei mezzi in modo da soddisfare i bisogni evitando sprechi;

 

ü      moderazione nello spendere, nel consumare; ed estensivamente  risparmio;

 

ü      arte di reggere e ben amministrare le cose della famiglia e dello stato.

La scienza economica

Nell'ambito delle scienze sociali l'economia è definita come la scienza che studia le modalità di allocazione di risorse limitate tra usi alternativi, al fine di massimizzare la propria soddisfazione ovvero la scienza della produzione, distribuzione e consumo delle ricchezze ( intese come  beni e  servizi).

L’economia è una scienza giovane, nata in senso moderno  con la Rivoluzione Industriale  ed  ha  faticato molto lungo i due secoli della sua storia per scrollarsi di dosso l’appellativo di “scienza triste” , nonostante sia sorta dagli “ideali” Illuministi per contribuire alla pubblica felicità e/o al benessere dei singoli e delle nazioni. Il motivo: il modesto o il nullo peso attribuito alla psicologia umana e alle relazioni interpersonali, che portano a comportamenti irrazionali.

Vita = economia

  Ritengo che nella realtà “l’economia” è un tutto uno con la vita umana e dovrebbe essere nata con l'uomo, in quanto capace di scelte consapevoli di scambio volte a soddisfare i bisogni. E’ evidente  che le variabili economiche, come reddito, ricchezza e occupazione, sono collegate ad importanti obiettivi della vita: chi può negare che le persone (e/o popolazioni) più ricche godono, di norma, di una salute migliore, vivono più a lungo , fanno registrare più bassi tassi di mortalità infantile, hanno maggiore accesso a beni e servizi, sono più colte?  Da qui ad affermare che chi possiede maggiore ricchezza (beni materiali) dovrebbe essere, almeno in media, più felice di chi ne possiede meno, il passo è breve.

il paradosso della felicità

Uno dei  risultati degli studi avviati  da circa 30 anni su base interdisciplinare (sociologia, psicologia, antropologia,ecc.) più importanti e più preoccupanti di questi ultimi decenni, è stato invece scoprire che questo “passo” non è né breve, né sicuro e può condurre ad un approdo opposto. A dircelo sono gli studi dei cosiddetti “paradossi della felicità”  i quali non si riferiscono al fatto che aumenti del reddito possono portare a qualcuno meno felicità (ciò non ha nulla di paradossale), ma al fatto che, nei paesi ad alto reddito, non li portino neanche nella media.

Nell’esporre tali argomenti è sempre opportuno aprire una parentesi per  ricordare quel terzo di umanità che vive paradossi ben più gravi: la mancanza di acqua potabile, l’impossibilità di accesso all’istruzione e a cure sanitarie minime; anche se forse vi sarà  capitato di conoscere “poveri” che grazie a una vera vita di relazione (anche con il Se) avete trovato più ricchi e liberi di tanti altri che vivono sommersi dai beni.

 

Con l’espressione “il paradosso della felicità” si fa riferimento a due tipi distinti di analisi,  che secondo Easterlin[1] si possono  così sintetizzare:

Il rapporto tra felicità e reddito è molto complesso. In un dato momento nel tempo, coloro che hanno più reddito sono, in media, più felici di quelli che ne hanno meno, se però si considera il ciclo di vita nel suo insieme, la felicità media di un gruppo rimane costante nonostante una notevole crescita del reddito.

La spiegazione dello stesso autore è la seguente:

La crescita del reddito non causa un aumento del benessere, e ciò è vero sia per alti che per bassi livelli di reddito,  e ciò perché l’aumento del reddito genera una equivalente crescita nelle aspirazioni materiali, e l’effetto negativo di questo aumento nelle aspirazioni  riduce l’effetto positivo dell’aumento del reddito …Alcuni psicologi hanno sostenuto che persistenti differenziali del livello di benessere lungo l’arco di vita mostrano che sono piuttosto la personalità e i tratti genetici a determinare primariamente il benessere relativo  e non tanto fattori “esterni” come il reddito.

Sotto il profilo psicologico è giusto porsi delle domande:

·        c’è una relazione tra il nostro pensiero economico e  il malessere psichico?

·        sono  sempre più frequenti nevrosi e disagi  prodotti da  dispositivi o orientamenti  economici ( ad esempio: consuma  quanto è socialmente richiesto, e guadagna di conseguenza) a detrimento dei bisogni e desideri affettivi?   

Con il presente lavoro cercherò di:

1.       dimostrare le connessioni tra i comportamenti economici dei singoli (ma è trasferibile ai gruppi) e la loro Psiche utilizzando il modello “dell’Artigianato Educativo” espressione del  progetto Prevenire è Possibile formulato dal Prof. Vincenzo Masini.

2.     scoprire che i rapporti interpersonali sono spesso i beni più preziosi , e che i beni diventano ben-essere e/o felicità solo all’interno di relazione umane cariche di senso e di valori.

 

 

Il benessere, la felicità.

“di tutto quello che avrò , non sarò né avaro custode, né prodigo scialacquatore. Nulla crederò di possedere maggiormente che le cose donate. Darò prima di essere pregato, anzi anticiperò le giuste richieste. Se vivrò così, le ricchezze saranno mie; altrimenti sono io che appartengo alle ricchezze” (Seneca)

L’economia contemporanea dipende molto, nei suoi modelli e nei suoi risultati, dall’assunto di comportamento razionale  al punto da poterlo considerare il vero criterio di demarcazione dell’economia dalle altre scienze sociali.  L’assunto base della razionalità economica è che il soggetto abbia preferenze coerenti nei confronti delle alternative che ha di fronte . Alla teoria economica non dovrebbe importare l’analisi del contenuto di quelle preferenze (massimizzazione della funzione di utilità) e una volta che il soggetto le ha espresse , o rivelate, ha tutto di quanto ha bisogno per capire come si comporterà (visione formale della razionalità).

Ma  negli ultimi anni si sono sviluppate nuove teorie, espresse anche da premi Nobel ( l’economista indiano Nobel Amartya Sen  e lo psicologo Daniel Kahneman) che considerano la necessità di un’indagine sui contenuti delle preferenze (teoria sostanziale delle razionalità). In termini sintetici: che cosa il soggetto massimizza quando agisce in modo razionale? La riposta oggi più condivisa è che il massimo sia il benessere dell’individuo, che coinciderebbe con la soddisfazione ottimale delle sue preferenze.

  

Le tendenze più recenti degli studi economici in questo campo cercano di combinare gli indicatori oggettivi della qualità della vita[2] , con quelli soggettivi, ovvero quelli legati al rapporto individuale che ogni persona intrattiene con la realtà circostante  e alla percezione personale della qualità della propria vita .

Ma qual è il significato di benessere e felicità ?

Ø      Benessere: 1 Buono stato di salute | (est.) Stato di soddisfazione interiore, risultato di un equilibrio psico-fisico. 2 Agiatezza.

Ø      Felicità:  1 Stato di chi è felice; SIN. Contentezza, gioia, letizia. 2 Circostanza, cosa che procura contentezza.

Tra i due  il termine più interessante ed antico è felicità , l’eudaimonia degli antichi Greci, su cui gli antichi filosofi, Socrate, Platone e Aristotele, avevano alcune idee fondamentali comuni:

1)      la felicità è il fine ultimo dell’agire;

2)    esiste un legame inscindibile tra la felicità e le virtù;

3)    la virtù da il suo frutto, la felicità, solo se cercata in modo non strumentale.

Queste idee fondamentali si trovano anche in altri universi culturali[3], come se emananti da un archetipo del pensiero umano.

Tornando ai nostri giorni in termini psicologi si distingue tra:

v     Life satisfaction, l’ elemento cognitivo;

v     Affection, la componente affettiva;

v     Subjective well-being, stato di benessere generale.

In psicologia ci sono almeno tre teorie principali che cercano di spiegare il rapporto tra ricchezza e felicità :

1)      La prospettiva comparativa sostiene che la felicità derivi da un confronto tra la propria posizione economica e quella del gruppo di riferimento;

2)    Il raggiungimento degli obiettivi guarda alla ricchezza come ad una fonte potenziale di benessere (well-being), perché pone le persone nelle condizioni di raggiungere gli obiettivi che si sono proposti;

3)    L’approccio edonico considera la ricchezza come un mezzo che permette di vivere in un modo più gradevole (satisfying).

 

 

 

 

Nuove teorie economiche sulla felicità

“I beni più preziosi non devono essere conquistati ma attesi”  (Simone Weil)

Ritornando al “Paradosso della felicità” alcuni economisti contemporanei[4], che si occupano di felicità, ricorrono in prevalenza alla tesi comparativa per spiegarlo; essi partendo dalla considerazione che il rapporto ricchezza/felicità sia profondamente legato al complesso discorso sul consumo, ovvero l’analisi del perché e come la gente vuole i beni e ai fenomeni relazionali e sociali dell’atto del consumo, fanno diretto riferimento al ruolo degli altri nelle scelte individuali di tipo economico. Queste teorie si dividono in due filoni principali.

·        La prima basata sui “beni posizionali”  che ipotizza che  il reddito o il consumo di coloro con i quali ci confrontiamo influisce sulle nostre scelte e sulla percezione di benessere. In termini matematici  indichiamo con Fi la felicità dell’individuo “i”, e con Ii il suo reddito; la teoria del reddito relativo ipotizza che la felicità dipenda principalmente, ma non esclusivamente, da quanto il reddito assoluto (Ii ) si differenzia da quello di riferimento (Im). La funzione della felicità individuale diventa quindi:

 Fi = f [( Ii ), (Ii  - Im)],  e il paradosso trova una sua spiegazione: se il reddito pro capite aumenta ma la differenza tra questo e quello di riferimento non aumenta, o addirittura diminuisce, ecco spiegata la diminuzione di felicità. In altri termini se il mio reddito aumenta ma quello di riferimento (per esempio quello dei miei colleghi) aumenta di più, la  mia felicità potrebbe diminuire.

Puntare al differenziale di reddito (e/consumo) porta però ad una classica situazione di “dilemma del prigioniero”[5]: la ricerca dell’interesse personale porta ad una diminuzione di felicitò pubblica e personale a causa della presenza di esternalità relazionali.  Riprendendo in sintesi Robert Frank:

         gli acquisti che facciamo possono essere per noi attraenti oppure essere semplicemente funzionali alla spesa per consumi, questo fatto presenta analogie con il problema della corsa agli armamenti. Una famiglia può scegliere quanta parte del reddito destinare alla spesa, ma non può scegliere quanto le altre famiglie possono spendere del proprio reddito. Acquistare un veicolo più piccolo della media significa aumentare il rischio di morte in caso di incidente. Spendere meno in un abito per un colloquio di lavoro significa aumentare il rischio di non aggiudicarsi il lavoro. Tuttavia quando tutti gli individui spendono di più nell’acquisto di automobili più robuste o di abiti meglio confezionati, i risultati tendono a compensarsi reciprocamente, come nel caso in cui tutti i paesi destinano sempre maggiori risorse all’acquisto di armamenti. Conclusione spendere meno libera denaro da destinare ad usi più impellenti, a condizione che tutti gli individui si comportino alla stessa maniera.

Questa analisi evidenzia l’importanza del conflitto tra individuo e gruppo che caratterizza la società occidentale moderna.  Dagli antropologi sappiamo che il consumo posizionale esiste in tutti i tipi di società e spesso anche le pratiche di “dono” hanno come principale scopo quello di “ostentare” alti livelli di consumo e ribadire il proprio status. Certo non ai livelli raggiunti dalle società contemporanee, una spiegazione plausibile è la spersonalizzazione delle relazioni sociali che conduce ad una maggior competizione posizionale o consumo posizionale. Nelle piccole comunità , lo status viene comunicato in molti modi e i mezzi simbolici per rinsaldare la propria posizione sociale sono  molteplici. Nelle anonime società moderne il consumo resta di fatto l’unico mezzo per dire ciò che siamo: ecco quindi l’acquisto di auto e abitazioni di lusso o il telefonino di ultima generazione per “comunicare” con i nostri colleghi: una competizione posizionale che è alimentata solo dai beni.

 ·       La seconda teoria, i cui sostenitori ritengono valida la teoria precedente per spiegare l’infelicità ma non la felicità, è basata sui “beni relazionali” dove la nota dominante è l’impossibilità di essere felici senza o contro gli altri e che la partecipazione alla vita civile può essere in se stessa fonte di felicità. 

Partiamo dal secondo punto; l’economista svizzero Frey, partendo da ricerche che hanno mostrato troppo semplicistico ritenere che in economia si possa ottenere qualsiasi cosa con la giusta struttura di incentivi,  ha elaborato la teoria del crowding-out  (spiazzamento). In sintesi il processo psicologico e relazionale in base al quale gli incentivi monetari e i meccanismi di controllo e di regolamentazione introdotti nell’economia del lavoro e delle organizzazioni come strumenti per migliorare l’impegno degli agenti interferiscono invece con le motivazioni intrinseche, indebolendole e creando a volte un circolo vizioso che peggiora anziché migliorare la performance. Non solo in certi casi questo meccanismo può provocare effetti collaterali in aree adiacenti a quelle spiazzate.  Pensiamo ad esempio ad un’amministrazione pubblica che paghi dei cittadini per accettare la costruzione di un depuratore nei pressi del loro paese: ciò potrebbe implicare , e spesso  lo implica, che la motivazione intrinseca   (o etica) che quelle persone potevano avere per approvare la costruzione del bene pubblico  venga “spiazzata” dall’incentivo monetario. Ma quello che accadrà certamente, da quel momento, sarà la richiesta, da parte delle  persone coinvolte, di ricompensa monetaria ogni volta che dovranno agire nell’interesse della collettività. Infine l’effetto collaterale: gli abitanti delle zone limitrofe vorranno, a parità di altre condizioni, essere incentivati nello stesso modo. L’incentivo diventa un bene sostituito della norma etica e della virtù civile (che non può che avere una ricompensa intrinseca); in altre parole gli incentivi danneggiano l’autostima dei singoli, causano una diminuzione degli sforzi a cooperare per obiettivi civili e non immediatamente privati.  In sintesi, parafrasando l’antico detto “la moneta cattiva scaccia la buona”, le motivazioni strumentali scacciano le motivazioni intrinseche come la gratuità e il dono.

L’attività economica, se è solo scambio strumentale , distrugge le virtù civiche e le motivazioni pro-sociali delle persone come ci hanno insegnato vari autori (Marx, Latouche, ecc.), ma il mercato non sempre e non in ogni caso distrugge la vita civile, ciò avviene se l’attività economica dà spazio al suo interno ad altre dimensioni più qualitative e intrinseche (quali la reciprocità e la gratuità) e in certi casi può diventare un “luogo di felicità”,  come dimostrano le ricerche sulla maggiore soddisfazione dei lavoratori dell’economia sociale (nonostante i lavoratori del no-profit percepiscano un reddito in media inferiore).  Purtroppo i paradossi della felicità ci dicono che molte società hanno oltrepassato il “punto critico” che fa scattare il meccanismo dello piazzamento, quando  i beni di consumo distruggono, spesso senza che ce ne accorgiamo, i beni relazionali, ovvero beni intangibili, prodotti nella transazione (incontro) tra due persone, che cambiano il capitale umano dei soggetti interagenti e di natura relazionale perché co-prodotti per essere co-consumati dagli agenti.  I beni relazionali possono essere:

·        beni capitali (assets) come una amicizia. In seguito ad un incontro avvengono cambiamenti nel capitale umano soprattutto in quelli legati all’interazione ripetuta con lo stesso soggetto: dopo ogni incontro con una persona (partner, amico, cliente) aumento la mia conoscenza  specifica che renderà più “produttivo” l’incontro successivo. Gli assets relazionali dipendono anche dallo stato dei sentimenti (state of feeling);

·        beni di consumo, ad esempio come quelli associati al “benessere” o al “malessere” che mi procura una chiacchierata con uno sconosciuto durante un viaggio in treno o un colloquio con un’operatrice di un call-center, caratterizzati dall’assenza di rivalità nel consumo anche se  la contribuzione al bene stesso può essere asimmetrica ( ad esempio tutti godiamo del bel clima relazionale dei convegni organizzati dal Prof. Masini, ma solo pochi hanno faticato per organizzarli ).

La differenza dunque tra i beni relazionali in senso stretto e i beni in cui la qualità della relazione che si instaura tra i contraenti è una caratteristica importante  (servizi alla persona) sta nel fatto che nei beni relazionali è la relazione in sé a costituire il bene economico. La dimensione della reciprocità è fondativa (non posso essere amico di qualcuno in modo unilaterale) ed inoltre altri  elementi essenziali sono  l’identità dell’altra persona (un amico non vale un altro) e la motivazione (“il perché”)  che non deve essere strumentale.

Secondo i suoi sostenitori la teoria dei beni relazionali può essere un importante strumento per spiegare i “paradossi della felicità”.  I  beni relazionali tendono ad aumentare il loro valore con l’uso: la loro utilità marginale è infatti crescente, a differenza dei beni standard per i quali è normalmente decrescente.  Meno tempo investo con gli amici , più costerà costruire un nuovo rapporto di amicizia o tenere in vita quelli esistenti.  Il mercato sta offrendo sostituti anche ai beni relazionali, le chat-lines  e internet offrono amici a basso costo (la telefonata o videotelefonata costa meno, in termini di rischi e tempo, di un incontro vero) che potrebbero diventare una trappola di povertà relazionale. 

La teoria si può esprimere in termini economici (semplificando e non tenendo conto di altri elementi importanti quali la salute) nel seguente modo:

F = felicità di un individuo

I = il reddito (inteso come beni materiali)

R = i beni relazionali (rapporti genuini)

Si può scrivere F = f(I,R) cioè la felicità come una funzione del reddito individuale e dei rapporti genuini con gli altri. La diminuzione e l’aumento della felicità dipendono in modo diretto da I o da un effetto indiretto di I su F, ad esempio un effetto negativo generato da I sui beni relazionali potrebbe compensare o superare l’effetto totale dell’aumento del reddito sulla felicità. In altre parole ciò si verifica se l’impegno per aumentare il reddito assorbe eccessive risorse che sottraiamo ai rapporti umani.  Tale dinamica, supponendo  che l’effetto complessivo del reddito sia positivo a bassi livelli, ma che dopo una certe soglia questo diventi negativo, è rappresentabile con la seguente curva

 

  


 

      Fi

        

                                              X (punto critico)      Ii

   

Il punto critico viene passato, in genere, non intenzionalmente e rappresenta in modo simbolico il momento in cui  i beni diventano “mali”.  La riflessione finale è che i beni sono importanti ma nella ricchezza o nella miseria si traducono in felicità solo se condivisi con altri. 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo II

 

L’ARTIGIANATO EDUCATIVO

“ La vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto al presente” (Albert Camus)

Le Emozioni

“L’Artigianato Educativo”, espressione che dà forma a tutte le attività svolte con il progetto “Prevenire è Possibile”, è quell’insieme di strumenti valoriali e conoscitivi tramandati mediante le routine educative delle diverse culture. I due seguenti paragrafi sono una sintesi, tratta dal libro “Dalle emozioni ai sentimenti”, della teoria elaborata da Prof. Vincenzo Masini.  

Nelle teoria di Artigianato  Educativo sono identificate le sette emozioni di base sperimentate dal bambino nel primo anno di vita. Di queste emozioni è necessario cogliere il senso originario e profondo connesso al particolare momento della loro genesi, quando il processo biologico della sensazione, che a loro corrisponde, si trasforma in evento psichico. La sensazione, a sua volta, è generata dal contatto tra il soggetto ed i fenomeni del mondo (il corpo del soggetto, le cose e le persone intorno a lui).

Paura è il prodotto del dolore. La sensazione del dolore produce l’attenzione ad evitare il ripetersi dell’esperienza. Da questa nascono tutti i meccanismi di difesa e il processo di controllo  su di sé e sulla realtà.

Rabbia scaturisce dal processo di caricamento di energie interne. È reattività “contro”. Con essa si esprime il risentimento o la stizza per non vedere esaudito un bisogno: il bisogno di attenzione affettiva o di nutrimento in primis. Se nella tensione verso la soddisfazione si frappone un ostacolo, la carica si trasforma in aggressività (se poi la rabbia è rivolta al sé, in depressione).

Distacco è simmetrico all'attaccamento. Implica il riconoscimento della distanza tra sé e l'altro (o tra il sé e una parte del sé, mentale o corporeo: “il bimbo scopre il suo piede; si accorge che la mamma non c’è; ha un sussulto perché sente sbattere una porta; si accorge che il carillon si è spento; si accorge che il sapore che sente non è quello del latte materno;…). Il distacco si manifesta oggettivato nelle sensazioni di trasalimento e sorpresa, oppure può ridifferenziarsi in accettazione (e riattaccamento) o rifiuto (il disgusto, sensazione che precede e accompagna il vomito e, cioè, il rifiuto di “nutrimento” insano e nocivo).

Piacere è da intendersi più propriamente come desiderio di piacere, tensione verso il piacere. È intimamente connesso con la perdita di confini e la sensazione di essere tutt’uno con l’altro. Piacere è la fusionalità assoluta nel gioco di carezze ed effusioni con la madre. Si esprime nel sorriso endogeno del bambino, nel sorriso sociale, nella gioia, nell’esultanza, nel giubilo.

Quiete è, in prima spiegazione, l'assenza di emozioni percepite. Essa stessa diventa però un movimento emozionale teso a spegnere tutto ciò che disturba la quiete.

Vergogna è connessa alla sensazione di essere “gettato nel mondo” e, dunque, alla disposizione al percepire il mondo intorno con forte sensibilità. Implica un senso di forte esposizione ai segnali del mondo da cui si sente la necessità di ritrarsi, scomparire, fuggire per nascondere la propria esistenza.

Attaccamento è la base biologica sui cui si è sviluppata l’affettività; il bimbo si sente riconosciuto e amato nel momento in cui incontra il seno e sente un sapore che appartiene al mondo in cui era e percepisce l’attenzione affettiva nel connettersi della sua bocca al seno. La spinta biologica ad esistere lo conduce a succhiare e nel succhiare incontra l’altro. L’attenzione di attaccamento materno, empatizzata, diventa “voglia di essere oggetto di attenzione”, “bisogno di attenzione”, “bisogno di nutrimento”.

L’emozioni di base sopra descritte servono per precisare natura e significato dei vissuti emozionali che possono condurre ai copioni di disagio o alla formazione dei sentimenti. Si formano sentimenti solo dalla condivisione di emozioni e si stabilizzano nella persona attraverso le relazioni e l’attribuzione di valore al vissuto.

 

Le Tipologie di personalità

L’Artigianato Educativo descrive sette idealtipi che corrispondono  alle sette emozioni di base,  funzionali al riscontro delle emozioni, all’emersione di argomenti del vissuto della persona e a suggerire idee per l’analisi della personalità, ben sapendo che una personalità autentica e reale è unica ed è sempre una miscela d’elementi contenuti nei tipi ideali.

Queste tipologie sono qui descritte tenendo conto degli aspetti negativi (-) che conducono al disagio, ma anche di quelli positivi (+) per dare il senso della possibile evoluzione che ciascuna emozione può avere:

1.          - L’avaro: (la paura) dall’esperienza del dolore nasce la paura di non poter controllare gli eventi e il desiderio di difendersi affinché nulla possa ferire. La paura poi si può trasformare in inquietudine, diffidenza, apprensione fino ad avere paura di avere paura. L’avaro si circonda di difese per questo non riesce ad aprirsi all’esterno e ha bisogno di trattenere tutto nel suo interno. E’ conservatore e sistematico, non tollera l’indecisione e il dubbio, ama l’ordine ma il suo è un ordine formale, il suo apparente equilibrio è solo la mancanza di comprensione del vissuto proprio altrui. E’ manipolatorio, nel senso che pensa di essere servizievole riempiendo di cure, ma in cambio vuole sottomissione. Il suo non è un amore incondizionato, non riesce a dare un sentimento sincero di cui l’altro avrebbe bisogno, ma chiede all’altro di farsi totalmente gestire da lui. I possibili tratti caratteristici del disagio: la vulnerabilità, l’inquietudine, l’insicurezza, il possesso, le difese dell’io, l’autoreferenzialità, l’egoismo, l’ansia, l’ossessione, la mania, la cocaina, l’oppressione, il dominio, il controllo.

+ Il saggio: i suoi valori sono la responsabilità, l’attenzione e la cura, la capacità organizzativa. Quando non “è responsabile di” ma “si sente responsabile di” allora la capacità di cura e d’attenzioni che è in grado di attivare lo rendono veramente importante per gli altri verso i quali non si volge per imporre la sua strategia, ma per dare quello che è davvero utile. La sua notevole capacità organizzativa e impegno lo rendono prezioso.

2.         - Il Ruminante:  (la rabbia) la sua rabbia deriva dal un ostacolo nell’appagamento del suo attaccamento alla madre che ha portato il bambino a caricarsi per distruggere l’impedimento. Il movimento dell’Io che è all’origine delle varie espressioni dell’ira è il ruminamento: una voce interna che non tace mai. La carica interna che mobilita le sue risorse e spinge all’azione è percepita come un’emozione intensa: quando si arrabbia sta bene, vive la pienezza di vita. Se la rabbia si spenge, ha paura di spengersi anche lui. E’ capace di trascinare perché trasmette energia e motivazione, ma non ha capacità organizzative e spende troppe energie, per questo non ha successo. Le sue attività sono frenetiche, non per ansia, ma per la grande energia che sente dentro di sé. I possibili tratti caratteristici del disagio: lo sdegno, la reattività, l’autocaricamento, l’irritazione, la rabbia, la collera, l’ira, le anfetamine, l’aggressività verso gli altri, la violenza, la mentalità paranoide, la depressione, la ribellione, il pregiudizio razziale, il conflitto sociale, le tifoserie sportive, la cultura del conflitto.

+ L’attivo: il ruminante evoluto possiede anch’egli una grande energia, ma che è riuscito a convogliare verso un obiettivo da raggiungere e, poiché ha un grande senso della giustizia, si realizza nel sentirsi utile agli altri. La comprensione degli altri porta alla luce il suo nucleo di tenerezza che, una volta esplicitato, lo arricchisce e lo rende capace di grande impegno.

3.         - Il delirante: (il distacco)  la sensazione da cui muove è il disgusto che ha provato quando ha scoperto altre cose o persone oltre la madre che non gli sono piaciute e le ha rifiutate, come se le avesse “vomitate”. Nel periodo dello svezzamento l’attaccamento della madre che promette amore e non lo concede mai, può produrre o una dipendenza o una forte indipendenza perché i nuovi gusti, la sorpresa che ne deriva e il successivo eventuale disgusto-allontanamento (vomito), segnano il passaggio dalla sensazione all’emozione del distacco che diventa il motore delle successive conquiste. L’apprendimento avviene nello spazio tra il sé e l’adulto, nell’area dell’autonomia, ma l’eccessivo distacco porta ad una differenziazione addirittura conflittuale. Il suo modo di analizzare la realtà si basa sull’intuizione, cioè la capacità di separarsi dal modo tradizionale di leggere le cose, cercando soluzioni originali, ma rischiando di perdere il senso del confronto, della concretezza fino ad arrivare alla superbia dell’intelligenza. I possibili tratti caratteristici del disagio: il distacco, il trasalimento, l’eccesso di autostima, l’espansione dell’Io, lo snobismo, la presunzione, il disgusto, la squalifica, la solitudine, la superbia, il capriccio onnipotente, gli allucinogeni, la dissociazione, il pensiero schizoide.

  + Il creativo: il delirante evoluto, che ha umilmente accettato la possibilità di sbagliare, è una persona intelligente e creativa, portatore di libertà, ma nello stesso tempo capace di concretezza. E’ quindi in grado di trovare in modo acuto soluzioni innovative ai problemi o di aiutare gli altri a liberarsi dalle dipendenze attraverso il ragionamento.

4.         - Lo sballone: (il piacere) il bambino, prima della formazione della coscienza, sperimenta uno stato di fusionalità con la madre che gli provoca una sensazione di piacere, ma se il percorso di separazione da lei si rivela problematico, la pienezza emozionale del piacere condiviso con un altro diverso da sé, non riesce mai a realizzarsi pienamente. Lo sballone cerca sempre di vivere in tutt’uno con l’altro, alla ricerca di emozioni intense. E’ romantico, appassionato, spontaneo, ma privo di stabilità. Sta bene quando è nell’attesa dell’emozione, ma quando essa finisce, la malinconia, il pessimismo, se non addirittura l’angoscia, lo pervadono. I possibili tratti caratteristici del disagio: l’insaziabilità emozionale, lo sballo, la ricerca di piacere, del superficiale e dell’effimero, il vuoto esistenziale, l’angoscia, l’isteria.

 + Il generoso: lo sballone evoluto è colui che ha trovato nella responsabilità il rimedio alla volubilità, ai sogni, all’inconsistenza. Diventare importanti per qualcuno perché se ne assume la responsabilità, è una conquista e gli permette di esprimere la sua capacità di coinvolgere anche le persone più difficili per la sua tenerezza e amicalità.

5.         - L’apatico: (la quiete) tende ad essere inattivo, demotivato, da l’impressione di essere assente; questo gli permette di diventare insensibile agli stimoli ed alle sensazioni in modo da non essere coinvolto. Non riesce a tener dietro a più cose contemporaneamente perché è rigido e non vuole cambiare i propri ritmi, difronte a situazioni critiche si dichiara inadeguato e si appoggia a coloro che lo circondano lamentandosi per il suo senso di impotenza e di debolezza.  tutto questo però non porta la quiete, ma un forte senso di vuoto ed una penetrante tristezza fino ad arrivare  all’astenia che lo fa cadere nella noia per la mancanza di impulsi. I possibili tratti caratteristici del disagio: l’apatia, la pigrizia, la fuga dagli impegni, la demotivazione, il parassitismo emozionale, l’astenia, la coscienza sonnolenta, l’oblio, l’eroina, il soggetto abulico, l’autoanestesia

 + Il pacifico:  capace di non lasciarsi coinvolgere dai conflitti e di spengere le tensioni intorno a lui, sa trasmettere la pace intesa come trasformazione al positivo di tutte le emozioni di base conosciute. Ha cambiato la rabbia in impegno, la vergogna in umiltà, il piacere in condivisione emotiva, la dissociazione in libertà riuscendo così a conquistare la vera quiete attiva e contemplativa che è un rapporto di amore con il mondo tutto.

6.         - L’invisibile: (la vergogna) nel momento del distacco dalla madre, scoprendo accanto a lei altre figure, si percepisce sminuito e sente di “essere meno” soprattutto se è anche oggetto di squalifiche. Legata alla bassa stima di sé si instaura la vergogna: cerca di non mostrare nulla di sé per il timore di essere giudicato, fugge dalle relazioni non per amore della solitudine, ma perché ha paura di essere scoperto, non ama mettere in mostra i suoi sentimenti perché li sente inadeguati, cerca di scomparire del tutto per la vergogna di vergognarsi. Talvolta compensa questo stato di cose con un senso di superiorità interna per cui ritiene che gli altri non siano in grado di capire la ricchezza del suo mondo interiore, ma non riesce a concretizzare in nulla questo suo sentire. I possibili tratti caratteristici del disagio: la mancanza di autostima, il senso di inadeguatezza, l’insufficienza del sé, la vergogna, la voglia di scomparire, il complesso di inferiorità, l’alcolismo, la  fobia.

        + L’umile: la sua capacità di sopportare il dolore che lo attraversa e poi lo lascia con un’esperienza che lo rende disponibile a sostenere gli altri, insieme alla sua attitudine al coglimento empatico, lo rendono capace di riconoscere la sofferenza anche nascosta, e di mettersi in un rapporto di aiuto attraverso l’umiltà e le condivisione. Può aumentare la stima di sé attraverso la disciplina perché questa gli offre la possibilità di ottenere risultati verificabili che gli forniscono l’energia per continuare a mettersi in gioco.

7.         - L’adesivo: (l’attaccamento) il bambino sazia il suo bisogno di attaccamento quando scopre l’attaccamento della madre verso di lui, che si ripete in modo routinario. In seguito il bambino, per piena sazietà della vicinanza, può cominciare a volgere il suo sguardo sul mondo intorno a sé. Se il figlio però vede la sazietà a portata di mano, ma questa non gli viene mai concessa per insufficiente capacità affettiva della madre, la sua insoddisfatta tensione di attaccamento rimane sempre accesa e il bambino resta dipendente da questo tipo di relazione. La bocca è l’organo con cui il bambino incontra il cibo insieme al contatto fisico con la madre, così l’adesivo tende a ricercare proprio nel cibo un appagamento sostitutivo. Pur di essere considerato è disposto a fare il “pagliaccio”. E’ appiccicoso, ma se rifiutato diventa ancora più insistente, vuole imitare le persone che gli piacciono. Per questo desiderio di essere accettato rischia di essere manipolato e condizionato. Più vive carenze affettive, più concede potere alla altrui presenza: accetta qualunque ordine o proposta, anche insana, pur di essere parte di un gruppo. I possibili tratti caratteristici del disagio:  le povertà affettive, il bisogno di accettazione, l’attaccamento, l’insaziabilità affettiva, la politossicodipendenza, il soggetto bulimico, la disposizione al condizionamento, l’imitazione, la dipendenza. 

 + Il fedele: se il suo bisogno di attenzione viene soddisfatto, diventa affettuoso, premuroso, sa coltivare le relazioni, ha un grande senso dell’amicizia e sa discriminare le persone che lo hanno ferito da quelle che lo hanno amato. Sa stare nei gruppi perché sa accettare il ruolo di “collante” in quanto quello che gli interessa è il successo di tutti e non il suo personale.

 

Lettura in chiave economica delle tipologie

 

         I comportamenti economici del singolo individuo sono sicuramente determinati da molteplici fattori: contesto sociale, formazione culturale, estrazione familiare, lavoro, reddito, istigazione pubblicitaria, intelligenza ad esempio, che rappresentano la componente razionale. Ma  la componente irrazionale o la razionalità limitata, per dirla come Kahneman[6], sono legate alla psiche. Riprendendo il metodo della proposta di idealtipi può essere costruita una tipologia minima di atteggiamenti economici. Il “sentimento”  economico può essere categorizzato nelle emozioni di base a cui rimanda e che ne formano il personale substrato.

La paura –  conservatore. Vive nel bisogno di definire, difendere, ordinare e gestire la sua “economia”, è una persona che sa fare bene i suoi conti. Vive la paura che le acquisizioni economiche e le migliori condizioni di vita  possano essere perdute e le difende dai nemici, dalla corrosione  e cerca di renderle salde, certe. Per il conservatore il cambiamento è sempre problematico, dunque è diffidente rispetto ai cambiamenti. Per contenere l’ansia organizza sistemi di controllo, quindi: da molta importanza al denaro conosce con esattezza il denaro che ha in tasca, sa se il suo reddito è sufficiente ad arrivare alla fine del mese, è pignolo negli acquisti, i suoi investimenti devono essere sicuri e quindi garantiti da istituzioni che diano piena fiducia , si indebita solo per  motivi “seri”, è  diffidente nel prestare denaro. Spesso strumentalizza le persone ai suoi fini mediante la manipolazione; ha bisogno di imparare l’importanza della relazione quale fine e non quale mezzo e il valore della gratuità. Porta inscritto in sé il valore della responsabilità, che i traduce nel bisogno di rendere stabili le acquisizioni ed i comportamenti più efficaci ed importanti per l’uomo. Il senso della responsabilità conduce il conservatore evoluto a farsi carico dei problemi ed a manifestare un grande bisogno di giustizia.

La rabbia – imprenditore  é colui che è spinto dalla sua energia a dare il massimo dell’impegno per realizzare la sua impresa, con grande concentrazione, senza fermarsi di fronte alle difficoltà e senza lasciarsi distogliere da dubbi e incertezze. Ma troppo preso dall’azione è impaziente, frettoloso e difetta di capacità organizzative.   E’ un costruttore e difende le sua “economia” perché si sente perseguitato dalle ingiustizie. È sicuro di sè e quindi, non sapendo quanti soldi ha in tasca, è certo di non rimanere senza. Cerca sempre di farcela da solo e perciò non trova giusto indebitarsi. Negli acquisti è frettoloso, conscio della sua confusione non utilizza carte di credito per la paura di perderle, non è propenso a concedere crediti (è circondato da nemici) ma conosce la gratuità nei confronti dei più deboli, gli investimenti devono rendere ma di facile comprensione; l’imprenditore non ha tempo da  perdere. L’imprenditore deve essere aiutato a conoscere valori tali da orientare in modo positivo il suo impegno, in particolare  ha bisogno di conoscere  la pace ed imparare a spendere tempo ed energia per le relazioni sempre intese fini a se stesse.

 

Il distacco – investitore  La sua curiosità lo spinge verso il nuovo, lo sconosciuto, la ricerca con un approccio fondato sull’intuizione, sulle capacità intellettive e di comprensione. Ama essere libero ed autonomo. Difetta di concretezza, praticità e senso della realtà. Quindi: non sa quanti soldi ha in tasca, ma,  per essere autonomo, ha molti contanti; preso dai suoi progetti spende senza sapere se arriverà in fondo al mese; non vuole sentirsi debitore e creditore per essere indipendente; è attratto da nuove forme di investimenti, anche a rischio elevato,  specie se complesse. Ha bisogno di umiltà e di scoprire il calore della relazione.

Il piacere – cicala  E’ spinta dal desiderio di fare esperienza di piacere (essere posseduti dal piacere) in modo da lasciarsi coinvolgere in esso  con una perdita di confini. Il motore dell’emozione di base è  un movimento desiderante verso vissuti intensi e coinvolgenti e di nostalgia nell’allontanamento da tali vissuti.  Preso dalla sua ricerca e dalla fantasia non sa fare strategie e calcoli, è incoerente, sognatore, volubile, disordinato, ma sa essere generoso e creare relazioni calorose e amicali. Quindi: non è concreto nella gestione del denaro e del proprio reddito, è portato ad utilizzare moneta elettronica, è ad alto rischio per la facilità a indebitarsi ed investire in modo scriteriato,  è generoso nel concedere credito.  Ha bisogno di conoscere la responsabilità e mettere attenzione e cura nel vivere.

La quiete – opportunista  Vive in una sorta di oblio, quasi una quiete forzata. E’ rigido, ripetitivo, flemmatico; le sue attività sono orientate verso il minimo sforzo, è opportunista. Non riesce a fare più cose contemporaneamente, si culla nella sua pigrizia. Se evoluto sa portare la calma nelle relazioni. Quindi: non dà attenzione adeguata, n’è disposto a spendere energia  nella gestione del denaro,  si appoggia economicamente  spesso agli altri, cerca di sfruttare fino in fondo le cose anche perché fanno parte della “ripetizione”, utilizza il mezzo di pagamento meno faticoso, è orientato a prestare solo per somme modeste per evitare coinvolgimenti, le forme di investimento sono molto semplici.  Ha bisogno di conoscere e vivere in positivo tutte le altre emozioni di base.

 

La Vergogna –  formichina La vergogna di sé gli provoca mancanza di autostima e mancanza di fiducia in sé. E’ introverso, si sottovaluta, evita le situazioni e relazioni che possono causare imbarazzo. Non è in grado di accumulare energia e denaro, non sa difendersi.  Sa sostenere e condividere ed è un grande osservatore.  Quindi: non rimane mai senza soldi in tasca e sul conto in banca per non doversene vergognare, è concreto e propenso al piccolo risparmio, è soggetto a forme di oppressione legate al consumo, la sua sensibilità lo porta a prestare denaro a chi ne ha veramente bisogno, il gran numero di informazioni accumulate e la memoria lo aiutano negli investimenti, ma non è interessato a capirne  i meccanismi troppo aridi per lui.

 

L’attaccamento - usuraio   Mosso dal suo bisogno di attenzione  tende richiamare l’interesse degli altri su di sé  e cerca di essere protagonista. Per essere appagato deve ricevere molto più di quello che chiede. E’ disordinato, possessivo e disloca la propria affettività anche verso gli oggetti per i quali manifesta diritto di proprietà.  E’ molto facile “comprarlo”  con un minimo di ascolto e gratificazione. Se evoluto sa coltivare le relazioni, aiutare gli altri e ha grande senso dell’amicizia. Quindi: è disordinato nella gestione del denaro per cui conta sull’aiuto delle persone vicine, per quanto riguarda gli investimenti, i debiti e i crediti.  Può essere condizionato dalle relazioni con le persone interessate e/o dislocare la sua affettività verso il denaro. Negli acquisti  il desiderio di possesso è superiore agli elementi razionali. Il mezzo di pagamento è determinato dalla situazione.

 

Questionario economico

Partendo dalle tipologie in chiave economica ho elaborato un breve questionario (Istant Test) da utilizzare quale strumento di discussione e/o autovalutazione nell’ambito di  un itinerario educativo e orientativo riferito all’economia della singola persona e volto al miglioramento della stessa.

Nel questionario, proposto di seguito, sono presenti  49 affermazioni, suddivise  nelle sette tipologie, contraddistinte dalle sigle CO (conservatore), IM (imprenditore), IN (investitore), CI (cicala), OP (opportunista), FO (formichina), US (usuraio). Le affermazioni sono state elaborate considerando sette argomenti centrali nella microeconomia:

1)      Il rapporto con il denaro

2)    La gestione del reddito

3)    Propensione al debito

4)    Il consumo

5)    I mezzi di pagamento

6)    Propensione al credito

7)    Il risparmio

 

QUESTIONARIO DI ARTIGIANATO EDUCATIVO

 

QUESTIONARIO  ECONOMICO  di PREVENIRE E' POSSIBILE

 

Compilato da: AA1. Sigla del compilatore________  AA2 Età____ AA3 Sesso____

 

CO1)  So sempre esattamente  quanti soldi ho in tasca

CO2) So  sempre se arrivo in fondo al mese con il mio stipendio (e/o rendita)

CO3) Faccio solo debiti per motivi seri (ad es. mutuo casa) e cerco di rimborsarli

CO4) Quando faccio acquisti verifico i prezzi di ogni cosa

CO5) Utilizzo il mezzo di pagamento più conveniente alla situazione

CO6) Presto denaro solo dopo un’attenta valutazione del debitore

CO7) Curo con attenzione i miei investimenti che devono essere sicuri e garantiti

CO n____ PUNTI

 

IM1) Non so quanti soldi ho in tasca  ma sono sempre sufficienti

IM2) Credo di arrivare in fondo al mese con il mio stipendio (e/o rendita )

IM3) Non trovo giusto indebitarmi

IM4) Compro in genere cose utili e decido rapidamente gli acquisti

IM5) Per pagare utilizzo il contante; ho paura di perdere le carte di credito

IM6) Preferisco regalare denaro piuttosto che prestarlo

IM7) Scelgo  investimenti con un buon rendimento ma non complicati

IM n____ PUNTI

IN1) Non so quanti soldi ho in tasca, ma ho sempre parecchio contante

IN2) Solo gli ultimi giorni so se arrivo in fondo al mese con il mio stipendio (e/o rendita)

IN3) Non mi indebito per non dipendere da altri

IN4) Ho difficoltà a programmare gli acquisti

IN5) Pago in contante e con assegni; non mi fido del bancomat e carte di credito

IN6) Non mi piace prestare denaro

IN7) Sono attirato da investimenti complessi anche se presentano un  alto rischio

IN n____ PUNTI

 

CI1)  Non so mai quanti soldi ho in tasca

CI2) Mi capita di arrivare in fondo al mese senza soldi

CI3) Mi indebito facilmente e non conosco l’esatto ammontare dei miei debiti

CI4) Mi capita di fare delle spese avventate o comprare qualcosa che non utilizzo

CI5) Pago soprattutto con  carte di credito e bancomat

CI6) Non ho problemi a prestare soldi, anche se spesso non tornano

CI7) Non programmo i miei investimenti che  spesso si sono rilevati rischiosi

CI n____ PUNTI

 

OP1) Non so di preciso quanti soldi ho in tasca; qualche volta sono rimasto senza

OP2) In un modo o nell’altro arrivo sempre in fondo al mese

OP3) Non mi faccio particolari problemi ad indebitarmi

OP4) Aspetto che le cose siano usate al limite prima di acquistarne di nuove

OP5) Per i pagamenti utilizzo quello che capita: contante, bancomat, ecc

OP6) Presto solo piccole somme di denaro

OP7) Spesso mi sono accorto di trascurare i miei investimenti che sono comunque semplici

OP n____ PUNTI

 

FO1) So all’incirca quanti soldi ho in tasca e non rimango senza

FO2) In fondo al mese ho sempre messo qualcosa da parte

FO3) Non voglio debiti, mi vergognerei troppo se avessi difficoltà a restituirli

FO4) Non ho il coraggio di dire ad un venditore che il prezzo è troppo alto

FO5) Utilizzo tutti i mezzi di pagamento ad eccezione delle carte di credito

FO6) Presto denaro senza problemi solo a chi ne ha davvero bisogno, ma fatico a chiederne la restituzione

FO7) Negli investimenti ho un certo fiuto, ma non mi interessa approfondirne il funzionamento

FO n____ PUNTI

 

 

US1) So in maniera approssimativa quanti soldi ho in tasca

US2) Se non arrivo in fondo al mese con lo stipendio posso contare sull’aiuto di chi mi sta vicino

US3) Mi indebito se la proposta di finanziamento è fatta da persone e situazioni di cui mi fido

US4) A volte compro cose che so bene di non potermi permettere

US5) Pago con il mezzo adeguato al contesto in cui mi trovo

US6) Presto denaro con facilità agli amici, anche troppo

US7) Nei miei investimenti mi faccio guidare da persone di cui ho fiducia

US n____ PUNTI

 

In questa fase sperimentale ho somministrato una decina di test. Visto il numero ridotto di item ho impostato la scala dell’asse dei valor su –1 per ottenere un migliore visione grafica, il risultato:

Vediamo il confronto con il grafo di artigianato educativo della stessa persona:

In questo caso si può notare una certa corrispondenza tra il primo grafo e i rapporti con il mondo, che ho riscontrato in altri due casi.

Nella maggior parte degli altri casi ho potuto notare uno spostamento verso la tipologia conservatore e imprenditore ad esempio

propongo la somma del risultato dei test proposto a tre persone affette da psoriasi:  

Perché è interessante notare il vuoto sulla cicala che può essere un ulteriore spunto di ricerca per chi segue questi pazienti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo III

 

iL COUNSELING ECONOMICO

Metodologie d’intervento

Il Counseling “ è una relazione d’aiuto che muove dall’analisi dei problemi del cliente, si propone di costruire una nuova visione di tali problemi e di attuare un piano di azione per realizzare le finalità desiderate dal cliente (prendere decisioni, migliorare relazioni, sviluppare la consapevolezza, gestire emozioni e sentimenti, superare conflitti)"[7].

 

Il Counseling può riguardare  vari ambiti: scolastico, educativo, psicologico, familiare, aziendale, corporeo e ovunque si richieda un sostegno ed un aiuto  personalizzato, che consideri l’unicità di ogni essere umano e quindi anche l’ambito economico.

Il Counselor deve saper creare un clima empatico in modo da cogliere l’altrui vissuto[8]. L’empatia interiorizza la comprensione, stabilizza l’intuizione dandole struttura profonda. La conoscenza autentica non può passare solo dai processi associativi o intuitivi, non si può prescindere dalla comprensione del vissuto e dell’esperienza attraverso i sentimenti dell’altro.

Il Counselor sa offrire ai suoi clienti  la possibilità di confrontarsi, di far luce  su di sé, liberarsi dai condizionamenti e di conoscere le proprie risorse per operare scelte consapevoli volte a superare  le proprie difficoltà e al miglioramento della propria esistenza.

In altri termini il Counselor deve saper entrare in relazione con una persona  velocemente e intensamente, avviare una discussione profonda, confrontarsi, offrire una visione alternativa, insegnare in poco tempo e in modo preciso a risolvere il problema  e poi lasciare libera  la persona di fare la sua scelta, trovando in se stessa le risorse. Per riuscire a fare tutto questo con il minimo dispendio di energie, di tempo e con la massima efficacia, c’è bisogno dello strumento del questionario.

 

Un questionario è lo strumento che utilizza il Counselor per conoscere le principali caratteristiche  di una persona di cui non sa nulla. Nello specifico il grafico a sette assi sviluppato, dal questionario economico da informazioni “flash” sull’economia dell’individuo e può precedere o seguire il questionario di artigianato educativo che fornisce informazioni sulle  caratteristiche  sviluppate da quella persona nella sua vita fino ad oggi.

Certo è ovvio che non può bastare un questionario per capire la complessità e le sfumature che animano una persona, anche sotto il profilo economico, ma è comunque una buone base  per decidere  come condurre il colloquio e da dove iniziare.

Con il grafico mi posso rivolgere a quella persona utilizzando la modalità educativa (la tranquillizzazione, il sostegno, la gratificazione, il rimprovero, l’incoraggiamento, l’insegnamento, il coinvolgimento emotivo) e il modello di comunicazione (narrativo, dinamico, simbolico) più indicato. Inoltre il questionario offre la possibilità d’apertura della discussione, proprio dalle caratteristiche emerse dal test, che si orienterà poi sull’emersione delle esperienze e dei vissuti della persona (cliente) ed infine s’incanalerà verso i suoi desideri e le sue attese.

 

Equilibrio e miglioramento della persona in termini psico-economici

 

“ Esiste un’eredità che non è fatta di ricchezze. E’ tutto ciò che abbiamo intuito, seminato, tutto ciò che abbiamo donato. Tutti  coloro che ci hanno amato la faranno crescere” (Gianfranco Ravasi)

Una volta ottenuto un quadro complessivo dell’economia della persona e/o della famiglia, che in alcuni casi può comportare anche un’investigazione, è possibile applicare il metodo di artigianato educativo di Prevenire è Possibile.

         Il primo passo riguarda lo spostamento verso emozioni adiacenti verso le quali la trasmutazione è più semplice e può essere perseguito ponendo l’attenzione agli eventi del mondo e utilizzando le modalità educative prima citate. Ad esempio un avaro-conservatore può essere spostato verso l’attaccamento facendogli sentire che la presenza di altri garantisce sicurezza e stabilità o uno sballone-cicala spostato verso il distacco, e quindi una fase progettuale, facendogli sentire il disgusto per l’eccesso di fusionalità. Tra l’altro, contrariamente alla diffusa convinzione che una fredda stima delle probabilità e un calcolo di tipo logico siano in grado di condurci sempre alla decisione migliore, e che quindi sarebbe auspicabile eliminare le emozioni dal processo di elaborazione razionale per non intralciarlo, gli studi di A. Damasio[9] danno ben altre indicazioni. Le osservazioni di pazienti che a causa di lesioni prefrontali manifestavano cambiamenti della personalità con tratti comuni (punteggi normali nei test di memoria, quoziente intellettivo e capacità logiche inalterate, normali abilità manuali, deficit di capacità decisionali nella vita quotidiana, una riduzione delle capacità di giudizio, di pianificazione, di organizzazione temporale) spesso culminanti  in scelte chiaramente sfavorevoli per loro stessi. Ma l’aspetto più significativo era la riduzione di attività emotiva in misura tale da mandare la loro vita a rotoli. Ecco la descrizione che Damasco dà di un suo paziente con una lesione dovuta ad un intervento chirurgico:

            “Elliot era stato, prima, un buon marito e buon padre; aveva avuto un impiego in un rinomato studio legale, e ovunque aveva rappresentato un modello, per fratelli e colleghi. Dopo l’intervento le sue doti intellettuali e la sua capacità di muoversi e di usare il linguaggio erano rimaste intatte. Ma Elliot non era più Elliot. Non si poteva fare affidamento su di lui, in fatto di scadenze, Quando il lavoro richiedeva di interrompere un’attività per passare ad un'altra, accadeva spesso che egli continuasse con la prima, perdendo di vista a quanto sembrava lo scopo principale. Si comprende, quindi, come egli perdesse il lavoro. Finì con l’inevitabile bancarotta, nella quale perse tutti i risparmi che vi aveva investito. Era sconcertante vedere un uomo come Elliot, con il suo passato, imbarcarsi in affari e decisioni finanziarie così malcerti. La moglie, i figli e gli amici non riuscivano a capire come una persona tanto accorta potesse agire in modo così sciocco; alcuni non ressero. Vi fu un primo divorzio, seguito da un breve matrimonio con una donna che né la famiglia né gli amici approvavano; quindi un altro divorzio. Privo di qualunque fonte di reddito continuò ad andare sempre più alla deriva. Quando visitai Elliot per la prima volta ne fui colpito: era una persona piacevole e interessante, dotata di un fascino profondo, ma controllata nelle sue emozioni. Mostrava una compostezza riguardosa e piena di tatto, appena contraddetta da un lieve sorriso ironico indicante una saggezza superiore e una blanda condiscendenza verso le follie del mondo. Appariva freddo, distaccato, imperturbabile, anche nel discutere di vicende personali

La mancanza di emozioni impedisce di assegnare valori a differenti opzioni rendendo il processo decisionale piatto in modo irrimediabile; gli stati emotivi agiscono come un segnale automatico d’allarme (attenzione al pericolo) e ci consentono di marcare le scelte e i loro effetti. Le decisioni corrette, se dissociate dall’emozione che le rende salienti, sono dimenticate e non ci consentono più di agire sulla base dell’esperienza passata o di quanto abbiamo appreso. Le emozioni e l’attivazione degli stati somatici pertinenti, in questo senso, mantengono attiva la memoria operativa e l’attenzione connessa con gli scenari futuri risultando imprescindibili al processo decisionale.   

Il secondo passo si configura nella trasformazione delle emozioni in sentimenti tramite lo sviluppo dell’affettività. I sentimenti sono molto più complessi delle emozioni; un sentimento è stabile e profondo ma non è mai semplice o lineare ed è frutto della consapevolezza piena che si riflette sui propri comportamenti.  L’intervento si fonda sulla modulazione dei sentimenti del counselor nella relazione con il cliente, in quanto i sentimenti nascono nelle relazioni quando alla condivisione di valori si aggiunge una salda tensione affettiva, consentendo una cosciente riflessione sui valori e sugli stessi ad orientare le scelte.  Risulta evidente il collegamento con la teoria relazionale della felicità descritta nel primo capitolo; la relazione “vera”, “profonda” e non strumentale diventa un mezzo per far nascere sentimenti positivi e indirizzare ad un miglioramento della persona, e nel nostro caso specifico, ad una migliore gestione dell’economia personale.

Il terzo passo deve portare alla scoperta dei valori, intesi come elaborazione cosciente dei sentimenti nati da ciascuna emozione in relazione al proprio vissuto, a quella persona  sconosciuti. Non tutti i valori hanno la stessa importanza nelle varie persone e nelle varie culture; nel modello di Prevenire è Possibile ogni tipologia possiede un valore centrale (vedi descrizione delle tipologie), il Counselor ha il compito di far scoprire valori propri di altre tipologie cercando di trasformare principi etici in valori mediante la sperimentazione del cliente nel vissuto di quel principio.

Da notare che “valore” è un termine prestato dall’Economia dove identifica la quantità di denaro (o dell'unità di scambio in uso nel sistema economico di riferimento), o comunque di merce alla quale un bene od un servizio può essere scambiato (rispettivamente ceduto ed acquisito dal venditore e dal compratore). In altri termine per valore di un bene o servizio si intende generalmente il prezzo monetario al quale esso è venduto. Il valore di qualsivoglia oggetto sul mercato è determinato dalla sua desiderabilità e dalla sua scarsità. Qualunque cosa sia allo stesso tempo desiderabile e scarsa, come i diamanti, possiede un elevato valore di scambio. In tale ambito un interessante tema di discussione con il cliente può riguardare il valore che diamo ai soldi sottoponendolo a due test realizzati da psicologi cognitivi:

Prima prova: immagina, è il giorno di un importante evento cui sei molto interessato (il derby di calcio, un concerto, un balletto, ecc.). Appena arrivi all’ingresso  ti accorgi di aver perso il tuo biglietto del costo di 100 euro. Cosa fai? ricompri il biglietto?

Stesso scenario, sei sempre all’ingresso ma questa volta ti accorgi di aver perso i 100 euro che avevi messo nella tasca della giacca per acquistare il biglietto. Cosa fai, compri il biglietto?

In entrambi i casi prendi il tempo che ti occorre e rispondi in  modo onesto.

La maggior parte delle persone che si è  sottoposta ad un esperimento simile non ricomprerebbe il biglietto nel primo caso ma lo acquisterebbe nel secondo. Eppure in termini puramente economici il dilemma è il medesimo. In entrambi i casi dobbiamo decidere se vedere l’evento e in entrambi i casi abbiamo avuto una perdita di 100 euro.

Seconda prova: è tempo di saldi natalizi. Stai comperando un telefonino che avevi adocchiato da tempo. Il telefonino è in vendita a 70 euro. Mentre lo stai comprando, un amico ti informa che in un altro negozio, a dieci minuti di strada lo stesso telefonino costa 60 euro.

Cosa fai? Vai nell’altro negozio dove costa meno?

Stessa situazione. Solo che questa volta stai acquistando un televisore che costa 1.490 euro. Il solito amico ti informa che in un altro negozio, a dieci minuti di strada lo stesso televisore costa 1.480 euro.

Cosa fai? Vai nell’altro negozio dove costa meno?

La maggior parte delle persone risponde in modo affermativo alla prima domanda ma non alla seconda. Anche in questo caso il dilemma è identico, 10 euro in cambio di una perdita di tempo di soli 10 minuti.

Dunque per la maggior parte delle persone non tutti gli euro hanno lo stesso valore. Sembra  che ognuno di noi tende ad organizzare i soldi in categorie diverse e a trattarli in funzione della loro provenienza, del modo in cui sono conservati e del modo in cui vengono spesi. In sintesi ognuno di noi fa dei “conti mentali” secondo un aritmetica che ha ben poco da spartire con quella imparata a scuola. Ripensiamo alle scelte fatte nei test precedenti. Nel primo caso la maggior parte delle persone codifica la perdita del biglietto all’interno del conto mentale divertimento (o passione sportiva, musicale, ecc); il riacquisto del biglietto andrebbe così a sommarsi al costo già sostenuto per il biglietto smarrito, dobbiamo quindi decidere se spendere 200 euro di divertimento e la maggior parte delle persone rinuncia. Non è così nel secondo scenario, qui la perdita di 100 euro “senza nome” ed il costo del biglietto appartengono, in qualche modo, a due categorie diverse, visto che per la maggior parte delle persone la scelta di comprare il biglietto è accettabile. Nel secondo esperimento (acquisto telefonino / televisore) il valore da noi attribuito ai soldi che potremmo risparmiare muta in relazione alla spesa complessiva. Insomma nella nostra testa i soldi non sono un’entità logica, esatta e assoluta, ma tendiamo ad attribuire loro un valore relativo a secondo delle emozioni e del vissuto che vi associamo. Quindi spesso consideriamo e spendiamo diversamente i soldi di un eredità, quelli vinti alla lotteria e quelli che ci siamo sudati lavorando. In modo analogo facciamo calcoli distinti per l’acquisto di beni, se per esempio abbiamo deciso di investire una parte consistente di nostri risparmi per comprare un bene costoso, finiamo col non badare a spese, ovvero a non considerare quelli che percepiamo come dettagli marginali, rispetto all’acquisto che vogliamo fare.

 

Proposte alternative della gestione economica: Il tempo, l’energia, il capitale umano

“I poveri mi danno molto più di quanto io doni loro: la loro gioia (tutto li fa felici), la loro vitalità per continuare ad esistere, la loro accoglienza, la loro pazienza. Quale ricco può vivere ogni giorno senza cibo né vestito? Milioni di poveri lo fanno. Il contatto con i poveri ha trasformato completamente la mia vita” (Madre Teresa di Calcutta)

Nel mondo si sono sviluppate diverse forme di scambi non monetari, complementari ai sistemi monetari tradizionali e non alternative, mosse da diverse motivazioni e da diversi obiettivi specifici, ma il principio è sempre quello di restituire all’uomo l’economia  con i suoi prodotti, e farla ritornare ad essere, a tutti gli effetti, uno strumento di benessere condiviso. 

Queste esperienze che in Italia si chiamano ad esempio  Banca del tempo, Monete locali, Rete d’Economia Locale, Sistema di Reciprocità Indiretta, ecc.  hanno la caratteristica di essere meccanismi auto organizzati in cui qualsiasi aderente può ottenere beni e servizi semplicemente mettendo a disposizione, e quindi offrendo in cambio, i beni e i servizi che può autoprodurre, nel senso più esteso della parola.

I sistemi di scambio non monetario[10]non hanno un peso economico rilevante, ma danno comunque un  contribuito. Leggi, contratti, infatti, non sono sufficienti a garantire stabilità e prosperità alle società moderne, dato che la vitalità delle istituzioni economiche dipende anche da una società civile integra e dinamica, caratterizzata dalla presenza di sentimenti e valori che non si comprano e non hanno prezzo ad esempio la fiducia. la generosità, l’impegno, ecc.

Da segnalare, visto che sono socio di una società che aderisce a questa iniziativa, anche un’esperienza “l’Economia di Comunione (EdC), nata nell’ambito del movimento cattolico “dei focolari”[11],  un progetto che coinvolge imprese dei cinque continenti. I proprietari di aziende, che liberamente aderiscono al progetto, decidono di mettere in comunione i profitti dell'azienda secondo tre scopi e con pari attenzione:

·        aiutare le persone in difficoltà, creando nuovi posti di lavoro e sovvenendo ai bisogni di prima necessità, iniziando da quanti condividono lo spirito che anima il progetto;

·        diffondere la "cultura del dare" e dell'amore, senza la quale non è possibile realizzare l'Economia di Comunione;

·        sviluppare l’impresa, che deve restare efficiente e competiva, pur se aperta al dono.


L'EdC cerca di coniugare efficienza e solidarietà, punta sulla forza della cultura del dare per cambiare i comportamenti economici, non considera i poveri principalmente come un problema, ma come una risorsa preziosa.

 

La proposta di visioni alternative al cliente può prendere spunti  anche da queste esperienze. In breve:

Possiamo proporre una rilettura dell’importanza del tempo[12],  nell’accezione di “parte di un periodo destinata ad un determinato impiego”. Il nostro tempo (la vita) ha una durata limitata e incerta, ne dobbiamo fare quindi un buon uso; ad esempio cogliendo l’attimo (carpe diem) o in altri termini vivere il momento presente, oppure imparando ad utilizzare anche piccoli tempi morti della nostra giornata  con micro-meditazioni, o in altri casi insegnando a programmarlo.

Al tempo è collegata l’energia, si può insegnare ad aumentarla con una leva ( la motivazione) o con la relazione con gli altri (impegno collettivo), a spegnerla con la pace, a indirizzarla con l’assunzione di responsabilità, a concentrarla con l’attenzione all’altro (affettività e amore)    

Un’ altra riflessione può riguardare  l’importanza di destinare adeguato tempo ed energia agli investimenti, istruzione e formazione,  per accrescere il proprio Capitale Umano ovvero le nostre qualifiche, competenze, conoscenze e abilità, in sintesi migliorarsi. Aspetto che riveste particolare importanza nella nostra società post-industriale centrata sullo scambio più di servizi che di beni, quindi dove il nostro Capitale Umano è una risorsa strategica per lo sviluppo sociale ed economico, nostro e dell’intero sistema.

In ultimo la proposta di sperimentare forme di dono o di scambio non monetario, come offrire ad amici una vacanza in una casa situata in una località turistica, o riciclare i vestiti usati tra diverse famiglie, fornire una consulenza accettando in cambio un invito a cena, ecc.     

Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Capitale_intellettuale"

 

Conclusioni

 

«tutte le forme di realizzazione hanno un aspetto paradossale:sembra che in esse l’io venga dimenticato e invece ne esce arricchito. Quando faccio un lavoro peril piacere di farlo non penso a me; quando ammiro o comunico indietreggio sullo sfondo. Eppure, ogni volta, rafforzo la mia esistenza» (Todorov)

L’obiettivo finale del counseling economico può essere visto come la ricerca di un equilibrio tra i valori umani, quali la responsabilità, l’impegno, la libertà, la generosità, la pace, l’umiltà, la fedeltà che porti a comprendere nella sfera economica dell’individuo i tre elementi essenziali riassunti nella formula:E=GxRxC, cioè

ECONOMIA=GRATUITA’xRELAZIONExCONTRATTO

Tale formula rispetta la legge matematica dell’annullamento del prodotto, cioè se anche solo uno dei tre fattori è pari a zero, allora anche  l’economia non funziona.

Per esempio, perché in alcuni casi non funzionano gli interventi di coaching nelle aziende? Siamo di fronte ad un paradosso: tutti sappiamo che un dipendente felice lavora meglio, ma paradossalmente se sa che il suo datore di lavoro lo mette in situazione di lavorare bene e felice, e quindi è interessato, allora non è contento. Manca infatti la gratuità.

Ai fini di una migliore comprensione cito un esperimento realizzato nel 1998, ad Haifa,  in 10 asili-nido dove, come in tutti gli asili del mondo, i genitori a volte arrivavano  oltre l’orario di chiusura a prendere i loro bambini. Questi ritardi gravavano sulle maestre le quali dovevano trattenersi oltre l’orario di lavoro. Su consiglio di economisti, si decise di introdurre una multa, sulla base della teoria economica che vede la multa come un aumento del “prezzo della flessibilità”, determinando così una riduzione dei ritardi.

L’esperimento diede invece risultati contrari: l’introduzione della multa fece aumentare i ritardi del 40%. Visto l’insuccesso, alla quarta settimana la multa fu tolta, ma … i ritardi non tornarono indietro.

Perché il meccanismo economico introdotto non ha funzionato? Che cos’è successo con l’introduzione della multa sui ritardi? Prima della multa, molti genitori ragionavano più o meno nel seguente modo: “le maestre, fino alle 16.00 fanno il loro normale lavoro per il quale sono retribuite. Se io faccio ritardo, loro mi aspettano e non abbandonano il bambino, sulla base di un altro principio, la gratuità, o del senso del dovere. Questo loro comportamento induce in me una risposta anch’essa basata non sulla logica dello scambio di mercato, ma sulla gratuità. Allora cerco di arrivare il più possibile puntale”.

Quei genitori sapevano cioè che l’asilo funzionava grazie ad un “di più” di gratuità delle maestre che non stavano a “mercanteggiare” i minuti non dovuti dal contratto. L’obbligazione morale di non strumentalizzare e approfittare della gratuità portava i genitori (almeno una parte di loro) a investire risorse pur di arrivare puntuali.

Che cosa ha cambiato l’introduzione del meccanismo economico della multa monetaria? I genitori hanno dedotto che da quel momento in poi l’asilo poteva funzionare anche senza il “di più” della loro gratuità, e hanno considerato la multa come un prezzo, come la nascita di un mercato dove prima c’era un meccanismo diverso, cioè “la multa è un prezzo”. Una volta nato il “mercato dei ritardi”, i genitori hanno iniziato a fare i calcoli in termini di costi e benefici economici e, ad esempio, se un’ora di lavoro valeva per loro di più della multa, arrivavano tardi e pagavano.

In altre parole, prima della multa la razionalità che portava all’impegno era il rispetto al valore: i genitori non sceglievano la quantità di ritardo sulla base di un calcolo costi-benefici ma sulla base di un valore, di una norma etica: “non è giusto far attendere le maestre”. Dopo la multa la razionalità è cambiata, ed è diventata quella tipicamente economica, ovvero quella strumentale del calcolo economico.

Un’altra spiegazione del paradosso fa leva sulla ricompensa intrinseca della gratuità: quando i genitori, prima dell’introduzione della multa, arrivavano puntuali, quel loro atto aumentava la loro autostima, era una forma di remunerazione non monetaria, intrinseca, che era sufficiente a far loro vincere la pigrizia o a far saltare un appuntamento di lavoro pur di non arrivare in ritardo; una volta introdotta la multa, i genitori hanno cominciato a pensare che da quel momento in poi il loro arrivare puntuali poteva essere giudicato dalle maestre non un comportamento gratuito e quindi degno di stima, ma dovuto al desiderio “strumentale” di non incorrere nella multa.

Ma l’esperimento negli asili non finì con l’introduzione della multa: visti i cattivi risultati, di segno opposto rispetto alle aspettative delle maestre, ad un certo punto la multa fu tolta, ma … il ritardo medio non diminuì, non tornò indietro, attestandosi invece sugli stessi valori delle settimane in cui operava la multa. L’interpretazione di questo fatto può essere semplice: una volta che la gratuità viene rimpiazzata dal contratto quel rapporto resta contratto per sempre: “una volta che un rapporto diventa merce, resta merce per sempre”, commentano gli economisti autori dello studio. Se, per esempio, inizio a remunerare un lavoratore volontario, difficilmente potrò chiedergli un domani di tornare a lavorare gratuitamente.

Cosa ci dicono questi e simili fatti?

a)     La gratuità non ha quasi mai buoni sostituti;

b)    La gratuità funziona meglio in molti ambiti “relazionali”: non è solo più “umana”, è anche più efficiente;

c)     Non si può  accrescerne l’offerta tramite incentivi monetari, ma solo con forme coerenti con il principio di gratuità. Se una ricompensa è percepita come “prezzo” scatta la logica tipica del mercato e si riduce la gratuità; se invece una ricompensa viene percepita come un “premio”, allora rafforza le motivazioni intrinseche (gratuità).

d)     Un incentivo monetario può rafforzare (invece di spiazzare) le motivazioni intrinseche. Deve però essere percepito all’interno di un rapporto dove la gratuità è valorizzata.

In ultimo nulla vale di più di un atto di gratuità: paradossalmente per essere felice devo togliere qualcosa di me.  Per renderci conto di quanto valga la gratuità basti pensare che ciò che rende l’amicizia, l’amore, la preghiera e la bellezza, i beni più preziosi della nostra vita, è proprio il loro essere essenzialmente faccende di gratuità

 

Per quanto riguarda la relazione, già esaminata  nel primo capitolo,  l’economia classica non si tiene conto della seguente relazione che lega Felicità, Introiti e Relazione:

F(a)=F(I(a),R(a,b))

Ossia la Felicità dell’individuo a è una funzione che dipende sia dagli Introiti di a, ma anche dalla Relazione esistente tra a e b, con effetto positivo tanto più la relazione è profonda e carica di affettività e amore.  Questo rapporto ha assunto maggiore importanza con la modernità, che può essere definita, in una lettura legittima,  come l’affermazione dell’individualismo. Il riconoscimento del valore dell’individuo, dei suoi diritti e libertà, è una delle principali eredità dell’occidente, della civiltà greca e in modo tutto particolare del Cristianesimo. Il punto di riferimento non è più il clan, la tribù o il gruppo parentale: l’individuo-uomo diventa persona. Il processo di valorizzazione della persona inizia quindi in tempi molto lontani, ma nel ‘700 con la modernità esso raggiunge una sua maturazione e nello stesso tempo una trasformazione con la nascita del mercato la cui logica  afferma: io ti pago e mi libero dalla dipendenza della tua benevolenza. Al contrario nel passato tale relazione era meno forte perché il rapporto  tra a e b passava sempre dalla mediazione di un terzo: la comunità, il nobile, il Divino. Ma spesso il prezzo della libertà individuale è la solitudine.

La relazione spesso è negata o rifiutata perché l’altro è per me benedizione ma anche ferita. Se però, per non soffrire, non considero l’altro, non avrò nemmeno il positivo che egli mi può dare. Così, per esempio, una persona che lavora tantissimo, a volte lo fa per fuggire la relazione. Al contrario, se do del tu alla segretaria,  mi metto in relazione con lei e finché tutto va bene…, certo quando le cose vanno male questa relazione mi può creare delle  difficoltà.

Non meno importante è la capacità di soffrire. Anche i vecchi, quando moriva una persona da bene dicevano: “come era brava! Ha tanto sofferto!”. Il mondo, tramite i mass media, ci illude di poter avere relazioni senza soffrire. Così si comprano oggetti che simulano la relazione; per esempio la televisione, ma alla sera poi la spengo.

            Tutto ciò non significa vedere il contratto, da intendere in senso ampio  come mercato, denaro, norma, legge, come di per sé negativo o distruttivo: Il contratto è un elemento indispensabile dell’economia, ma deve essere ben gestito, non burocratizzato, quindi chiaro e comprensibile da tutti gli attori e armonizzato con la gratuità e la relazione. Mi ricordo un colloquio, rubato in un magazzino di prodotti edili[13],  tra due artigiani che non si incontravano da diverso tempo, dopo i convenevoli:

B “e tuo fratello lavora sempre con te?”   

A “no sono ormai 2 anni che lavoro da solo, sai a volte con i familiari…

B “ma avete avuto dei problemi?

A “no ci siamo divisi per ragioni economiche, sai la divisione degli utili…

B “ma a lui come va?

A “non lo so, sono due anni che non lo vedo (profonda amarezza), da allora non abbiamo più rapporti”;

in questo caso è certo che una relazione è stata distrutta. Ovviamente i motivi   potrebbero essere diversi e di molteplice natura, però posso ipotizzare che uno sia la mancanza di contratti precisi e chiari tra i 2 fratelli.

Non sono fedele di nessuna religione, ma mi piace concludere con una parabola tratta dal Vangelo[14], visto che durante il corso ho scoperto che Gesù era anche un grandissimo maestro della psicologia e della comunicazione:

“La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e miei beni. Poi dirò a me stesso: anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio.”    

        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Aristotele, Etica Eudemia, Bari, Laterza 1999

Barbagli L. Orientamento e Counseling sito internet di Prevenire è Possibile

Binetti P. – Bruni R Il counseling in una prospettiva multimodale, Roma, Magi

Bowlby J. (1973) Attaccamento e Perdita, Torino,  Boringhieri

Bruni L., (2001), note sul consumo e la felicità <<Nuova Umanità>>, n. 138

Bruni L. (2002), Economia e paradossi della felicità, Roma, Città Nuova 

Bruni L. – Porta P.L: (2004), Felicità ed Economia, Milano, Guerrin

Damasio A.R. (1995) L’errore di Cartesio, Emozione, ragione e cervello umano, Milano, Adelphi

Easterlin R.  (2002), Happiness in Economics, Te International Library of Critical Writing in Economics, Cheltenham, Elgar

Frank R. (2004), L’importanza del reddito assoluto, in Bruni e Porta (2004)

Frey B.S: (1997) Not Just for the Money: An Economic Theory of Personal Motivation, Cheltenham, Elgar,

Fromm E. (1976) Avere o Essere, Milano, Mondatori

Gibbons R  Teoria dei Giochi, trad it., Bologna, Il Molino

Latouche S. (2000), La sfida  di Minerva. Razionalità occidentale e ragione mediterranea, Torino, i Boringhieri

Lubich C., (1999) L’economia di comunione, Roma, Citta Nuova

Masini V. (2001) Dalle emozioni ai sentimenti, Prevenire è Possibile

Mazzoni E. Essere unCounselor   sito internet di Prevenire è Possibile

Motterlini M. (2006) Economia Emotiva, Milano, Rizzoli

Pittau M. (2003) Economie Senza Denaro,  Emi  

Sen A.K. (1998) Il tenore di vita, Bologna, Il Mulino

Smith A. (1776) La ricchezza delle Nazioni, Torino, Utet 1984

Todorov T. (1998) La vita in comune, Milano, Nuove Pratiche Editrice

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Indice

 

Capitolo I: L’economia

Definizione

La scienza economica

Vita = economia

il paradosso della felicità

Benessere e felicità

Nuove teorie economiche sulla felicità

 

Capitolo II L’artigianato educativo

Le Emozioni

Le Tipologie di personalità

Lettura in chiave economica delle tipologie

Questionario economico

 

Capitolo III Il counseling economico

 

Metodologie d’intervento

Equilibrio e miglioramento della persona in termini psico-economici

Proposte complementari all’ economia classica:scambi non monetari,  tempo, energia, capitale umano;

conclusioni 

 

bibliografia

 


 

[1]  I primi studi empirici sono stati compiuti dall’economista e demografo americano Richard Easterlin

 

[2] tra i più evoluti l’ Indice Sviluppo Umano (HDI dell’Onu) che  agli indicatori economici tradizionali (reddito nazionale, prodotto interno lordo, reddito pro-capite, ecc) ha inglobato nuovi indicatori, ad esempio la democrazia,

il capitale sociale. La salute, condizioni lavorative, ecc..

[3] ad esempio il libro sacro induista Bhagavad gita, ruota intorno all’idea che la felicità arriva dalle virtù solo se cercate come fine e non come mezzo.

[4] Fra gli altri cito Tibor Scitovsky Robert Frank, Luigino Bruni

[5] Il dilemma del prigioniero è un gioco a informazione completa proposto negli anni Cinquanta da Albert Tucker  come problema di Teoria dei giochi.

[6] Psicologo cognitivista premio nobel per l’economia nel 2002

[7] Vincenzo Masini, Federazione Associazioni Italiane di Psicoterapia

[8] il coglimento empatico può essere definito come: 1) innesco del desiderio di imparare, 2) esperienzialità vissuta, 3) scoperta delle risposte.

 

[9] Neurologo di origine portoghese

[10] In Italia studiati in particolare dall’economista Maurizio Pittau

 

[11]  fondato nel 1943 da Chiara Lubich conta ca. 6 milioni di aderenti  ed è presente in 182 nazioni

[12] «All'economia di tempo si riduce in definitiva tutta l'economia» (Lev Trotsky)

[13]  durante un tirocio ero nascosto in uno scatolone per sperimentare l’invisibilità, l’ascolto e la percezione delle modalità di relazione.

[14] Luca 12,16