Affinità ed opposizioni nelle religiosità
Vincenzo Masini
Emanuela Mazzoni
Homo agapicus e relazione agapica
Sento la necessità di sottolineare quanto possa essere importante la differenza tra homo agapicus e relazione agapica.
Le ricognizioni sociologiche che sono state effettuate intorno ad una possibile teoria agapica a partire dagli scritti di Weber, Simmel, Sorokin fino a Giddens, Boltanski ed Archer indicano un luogo relazionale come sede delle realizzazioni dell’amore.
Credo che l’ambito di ricerca debba dunque essere la relazione piuttosto che la persona.
L’homo agapicus può infatti essere il frutto della evoluzione umana mediante il potenziamento della affettività e lo sviluppo della coscienza, ma affinché queste virtù possano diventare valori condivisi è necessario che tale homo abbia superato il peso degli archetipi dell’inconscio collettivo e che, come la Madre di Cristo, sia addirittura concepito libero dalle pulsioni e dalle strutture inconsce che transitano nelle generazioni attraverso il DNA.
Gli archetipi sono serviti da scheletro funzionale alla riproduzione della specie per garantirne la sopravvivenza ma, ad un certo livello evolutivo, essi sono ostacolo per ulteriori sviluppi di coscienza e di affettività.
Noi siamo coscienti meno a lungo di quanto pensiamo, perché non possiamo essere coscienti di quando non siamo coscienti (Julian Jaynes, “Il crollo della mente bicamerale”, Adelphi pag. 40) e la coscienza ha la sua base nella conversazione interiore (Archer, 2006) mediante la quale la voce interna del nostro io dialoga con altre parti, o con le voci esterne che abbiamo interiorizzato. Tale coscienza si espande, o si contrae, a seconda della possibilità umana di contenere la complessità della autoriflessione. Maggiori sono le contraddizioni, o i conflitti interni, minore è la possibilità della coscienza di estendersi verso la meditazione, la sublimazione, il distanziamento dal sé, l’osservazione dei pensieri e delle passioni, la contemplazione.
Gli stati della coscienza sono parte di un continuum: “La nostra intera vita psichica può avere gradi di coscienza differenti, che vanno dalla coscienza più lucida fino all’incoscienza. Ci possiamo figurare la coscienza come un’onda. La coscienza lucida, chiara, è l’apice dell’onda…. che diventa sempre più bassa fino al suo completo defluire nella perdita di coscienza” (K. Jaspers, Psicopatologia Generale, pag.150).
Non basta quindi analizzare la coscienza riflessiva, e cioè la dialettica tra conscio e inconscio, ma occorre osservare le polarizzazioni tra lucidità e confusione mentale e quelle tra vigilanza e sonno. Il concetto di “fusione”, forma primitiva di affettività, implica la diminuzione di tutte e tre le dimensioni della coscienza (conscio, lucidità e vigilanza) e la regressione verso le strutture archetipiche e la loro micidiale potenza: le appartenenze, la gelosia sessuale, il fanatismo, l’invidia, il possesso dell’altro, l’inimicizia verso l’estraneo, l’autogiustificazione della malafede, ecc…
Tali passioni emergono in condizioni di caduta di vigile coscienza (Vegliate!, esorta il Cristo - Marco 13,33 – 37) e la loro forza terribile si manifesta nel tradimento e nell’infedeltà che producono all’offeso sofferenze atroci, e non metabolizzabili poiché slatentizzano archetipi inconsci, e fanno vivere al colpevole sensi di colpa ingestibili se non con ulteriore distacco dalla vigile coscienza.
Ma il solo sviluppo della coscienza non può bastare all’evoluzione verso l’homo agapicus; contemporaneamente è necessario un aumento dell’affettività. Essa ha un crescendo progressivo nell’evoluzione umana: la pulsione libidica, l’attaccamento materno, l’intimità famigliare, la solidarietà verso il clan, la generalizzazione dell’amore a tutti gli esseri umani fino all’amore agapico. Gli ultimi due passaggi di questo sviluppo evolutivo possono apparire utopici solo se non si prende in considerazione il fatto che i processi di crisi nelle relazioni affettive a breve raggio sono proprio connessi alla mancanza di questo orizzonte affettivo universale.
Se concepiamo l’affettività come diretta solo ed esclusivamente verso le persone che fanno parte della sfera intima, ci imbattiamo nelle contraddizioni insanabili della gelosia e dell’invidia. Il mito di Abele e Caino ne è testimonianza e la potenza di questo archetipo si riproduce nella gelosia del fratello maggiore verso il minore e nell’invidia del minore verso il maggiore. Tale invidia e gelosia non sono un “difetto” della singola persona ma una invarianza nella nostra specie poiché tutti gli esseri umani sono “figli unici”; anzi solo la piena esplorazione di tale sentimento negativo consente il suo superamento e conduce al traguardo ambito della “amicizia” tra fratelli.
I limiti della coscienza e della potenzialità affettiva non possono essere superati all’interno del vissuto della persona poiché l’agape è una condizione relazionale e solo in questa sua dimensione può essere compresa.
L’agape relazionale
L’agape è un banchetto in cui i diversi si incontrano ma non si fondono in una unica entità ma ciascuno interagisce con l’altro a seconda di sottili linee che si piegano verso le possibili o potenziali affinità di temperamento, di personalità e di cultura. L’incrocio di queste linee è un’antenna che capta la dimensione spirituale e cioè l’agape con Dio. E’ la Sua mediazione che consente il potenziamento delle affettività affini. La metafora dell’antenna, o della Comunione dei Santi, sta a significare che ogni relazione affettiva interconnessa con altre eleva di un grado il potenziamento della ricezione della oceanica empatia di Dio.
Le teorie sulla relazione che attualmente possediamo sono ancora balbettanti poiché intrise di una sociologia idealistica che ha inteso costruire sistemi e sottosistemi a prescindere dall’effettivo network di relazioni esistenti tra soggetti.
Per rilevare la qualità delle relazioni, e non solo il peso quantitativo del network, possediamo i concetti sociologici di struttura (nella AGIL parsonsiana), di relazione simbolica (nella teoria dei sistemi), della protodifferenziazione (l’implicatura di Goffman), di interdipendenza (Elias) e di empatia (nella sociologia di Ardigò) e quelli psicologici di simbiosi e identità (nella psicodinamica), attaccamento e distacco (in Bowlby), simmetria, complementarità, up e down (nella scuola di Palo Alto).
Con questi nuclei teorici si può abbozzare un modello di studio che affronti il problema dell’agape relazionale intesa come una realtà che emerge occasionalmente tra persone a certe condizioni che consentono un sentire comune che le trascende.
In questo senso l’agire agapico supera le opposizioni relazionali, sempre che esse siano prima razionalmente comprese e inserite nei limiti oggettivi dell’agire relazionale umano. Le opposizioni tra umani e tra culture sono state prodotte da meccanismi di difesa implementati nel singolo o nella sua cultura, si accendono attraverso proiezioni, negazioni o scissioni e si manifestano in insofferenze, delusioni, logoramenti, evitamenti, fastidi, incomprensioni, equivoci. I limiti delle relazioni oppositive possono essere controbilanciati da relazioni affini di dialogicità, disponibilità, riconoscimento, incontro, complementarità, mediazione, integrazione.
Con questo modello si è cercato di superare le teorie della reciprocità integrando le propensioni personali con le disposizioni relazionali attuate nella vita quotidiana, non solo nei mondi della vita ma anche nelle istituzioni, senza particolari privilegi per il micro o per il macro, ma con grande attenzione alla possibilità di misurare la qualità delle relazioni e la loro intensità.
Il modello[1], applicato in diversi contesti e progressivamente perfezionato, si fonda su sette dimensioni di personalità individuale e collettiva idealtipica e le connette mediante le relazioni tra di loro. Studia e analizza cioè sia le strutture (intrapersonali, personali, gruppali), che il tipo di rapporto esistente tra di loro.
Il limite e il pregio del modello è quello di essere chiuso, ciò lo rende apparentemente etichettante, ma facilmente fruibile nelle sue applicazioni pratiche di counseling relazionale.
Le relazioni tra religiosità
Le ricerche sul dialogo interreligioso sono in genere focalizzate sui criteri generali di incontro tra i modelli ideali di religione e le possibili compatibilità. Non è quasi mai messa in luce la specifica religiosità delle persone che praticano una religione. L’occasione per l’applicazione del modello relazionale allo studio delle religiosità mi è stato offerto dalla possibilità di interpretare l’analisi fattoriale sui questionari della ricerca sui pellegrini del Giubileo [Cipolla, 2002, Cipriani, 2003].
L’idea guida è stata quella di connettere ai principali sette fattori le tipologie delle sette chiese a cui Giovanni si rivolge nell’Apocalisse. Sono così stati individuati sette idealtipi di religiosità: il ritualista (bisogno di definire, difendere, ordinare e gestire l’ordine della legge. La sua religiosità si rivolge al Deus absconditus che ha dominato per secoli l’immaginario religioso con punti di contatto con la tradizione dualistica manichea). Il militante (l’uomo che agisce volendo realizzare la giustizia nell’ordine delle cose, e che spesso perseguita o viene perseguitato per il suo impegno ed è spinto dalla sua energia a dare il massimo con ardore). Il ricercatore (colui che vuole conoscere la verità e si spinge verso il nuovo, lo sconosciuto, con un approccio a metà tra il mistico e lo scienziato). L’emozionale (che cerca il piacere inteso come desiderio di vissuti intensi e coinvolgenti e di nostalgia nell’allontanamento). Il convenzionale (che vive nella «religione come memoria» e tradizione). L’intimista (incline al processo penitenziale, al sacrificio ed alla purificazione). Il devoto (caratterizzato dalla ricerca di attaccamento e di appartenenza al gruppo, alla comunità ed a Dio). Dalla analisi di queste tipologie si è intravista la possibilità di applicare tali categorie ad altre religioni ed analizzare la relazione tra i vari tipi di religiosità, per osservare quali fossero le affinità (le simpatie) e le opposizioni (le antipatie) tra i diversi tipi di religiosità all’interno di una stessa religione o tra le diverse possibili religiosità in religioni diverse. L’obiettivo della ricerca è stato la comprensione delle ragioni psico- sociologiche dei conflitti religiosi.
La tesi è che gli ostacoli al dialogo interreligioso non sono solamente prodotti dalle resistenze ipostatizzate nelle teologie, ma sono radicati nelle visioni culturali e psicologiche inscritte nei vissuti religiosi dei gruppi e dei singoli. Inoltre le teologie sono particolari prodotti culturali, esito delle narrazioni dei plurimi modi di concepire la religiosità.
Del resto tali declinazioni della religiosità sono presenti nei diversi ordini religiosi e fanno la differenza tra di loro:
Gesuiti, Benedettini, Marinisti, Domenicani, Rosminiani, Carismatici, Carmelitani, Francescani, Camilliani, Clarisse,
Passionisti, ecc. esprimono un mix di forme di religiosità ben individuate nelle Regole redatte dai Fondatori[2].
Gli atteggiamenti di religiosità appartengono, pur se con diverse prevalenze, alle diverse religioni e l’analisi incrociata tra le disposizioni alla religiosità hanno dato un importante riscontro: le incompatibilità sono correlate ai modi di intendere la religiosità piuttosto che ai diversi credo religiosi.
Il questionario di religiosità
Nel questionario viene chiesto se la religione è la stessa dei genitori, della cultura di appartenenza originaria e della comunità sociale del luogo in cui il soggetto vive; inoltre vengono all’inizio poste alcune domande sullo specifico vissuto dell' esperienza della conversione religiosa, intesa come scoperta o riscoperta della fede tradizionale tipica della famiglia o della cultura, oppure dell' abbandono della fede caratterizzante la famiglia o la cultura, o nel senso di adesione ad un'altra religione. Questi dati hanno avuto lo scopo di valutare il consolidamento dell’appartenenza religiosa in funzione della comprensione dell'afferenza del soggetto ad una certa tipologia di atteggiamento religioso e cioè: la modalità ritualista, militante, da ricercatore, da emozionale, convenzionale, intimista e devozionale. Naturalmente tali atteggiamenti convivono nella stessa persona con qualità e sfumature diverse.
I soggetti intervistati (Cristiani con diverse confessioni - cattolici, ortodossi, valdesi, ecc. -, Ebrei, Islamici, Buddhisti, Spiritualisti post-moderni - es. New Age-, Atei) ed appartenenti a diverse realtà associative, sono stati invitati a scegliere una o, al massimo, due tra i gruppi delle successive affermazioni circa la visione di Dio, il rapporto con Dio e la pratica della preghiera:
Dio è sopra tutte le cose |
Dio è il punto di arrivo del destino degli uomini |
Dio è in tutte le cose del mondo |
Dio è nel rapporto tra gli uomini |
Dio è irraggiungibile |
Dio è dentro di me |
Dio è vicino a tutti gli uomini |
Sono scrupoloso nel rispettare le regole che Egli ha dato |
Cerco di impegnarmi a fare ciò che Egli chiede |
Cerco di conoscerLo sempre di più |
Cerco di entrare in un contatto emozionale con Lui |
Cerco di stare in pace con Lui |
Lo sento dentro di me |
Gli chiedo di essermi vicino |
La scelta tra questi item costruisce l'indicatore del tipo di atteggiamento religioso degli intervistati e non mostra significativa correlazione con le appartenenze dichiarate (ad eccezione delle mancate risposte all'ultime all’ultimo gruppo di item da parte degli atei). Le domande sull’atteggiamento religioso sono poi corroborate dalle successive, circa il valore dell' esperienza religiosa ed il possibile futuro del dialogo interreligioso.
Qual è il valore che lei considera più importante in una esperienza religiosa? (al massimo due risposte) |
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la responsabilità delle proprie azioni |
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la volontà per il miglioramento dell'uomo |
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la ricerca interiore |
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il misticismo |
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la pace |
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il sacrificio |
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la fedeltà e l'unione |
In un futuro, anche lontano, lei pensa che le diverse religioni: (al massimo due) |
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si rispetteranno reciprocamente di più |
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convergeranno in un unico fine |
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prenderanno il meglio di tutte |
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si fonderanno l'una nell'altra |
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saranno più tolleranti |
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rinunceranno alla ricerca di un primato |
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faranno amicizia tra di loro |
Il rischio più grande nel rapporto tra le religioni è: (al massimo due) |
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la diffusione dell'equivoco ecumenico e la necessità di regole più serie |
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l'insofferenza reciproca e i conflitti |
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la delusione per il permanere delle differenze |
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il logoramento per le discussioni estenuanti e la superficialità emozionale |
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l'evitamento reciproco e la regressione nelle tradizioni |
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il fastidio per i comportamenti altrui e la fuga nel privato intimistico |
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l'incomprensione e la chiusura ottusa nelle proprie comunità |
La speranza più grande nel rapporto tra le religioni è: (al massimo due) |
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1. il riconoscimento reciproco di figli di un unico Dio |
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2. ladisponibilità nel dare alle altre religioni il meglio di sé |
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3. il senso del limite di ciascuna e la complementarità con le altre |
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4. l'incontro tra gli stessi sentimenti pur se vissuti con diversi gradi di impegno e di rilevanza |
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5. il dialogo aperto e continuo |
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6. l'integrazione nel rispetto reciproco |
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7. lamediazione degli atteggiamenti religiosi più estremi |
L’analisi delle risposte consente la costruzione di punteggi per ciascun intervistato descriventi il grado di afferenza alle tipologie del ritualista, militante, ricercatore, emozionale, convenzionale, intimista e devoto, indipendentemente dalla religione confessata.
La parte centrale del questionario è stata incentrata sulle affermazioni circa i sentimenti di opposizione verso le diverse religioni, anche quella praticata dall’intervistato, sottoforma di domande quali: “Qual’è il principale difetto nei cristiani?, nei mussulmani, negli ebrei,..” ripetute per le otto più note confessioni religiose, inclusa la “religiosità” new age e l’ateismo. A queste domande l’intervistato poteva rispondere scegliendo tra le seguenti caratteristiche, con un massimo di quattro scelte:
l'inquietudine ed il continuo cambiamento |
la petulanza bigotta |
la gerarchia religiosa |
la militanza intransigenze |
il tormento interiore |
l'esteriorità |
la politicizzazione |
la deresponsabilizzazione |
il sentimentalismo |
l'immobilismo della tradizione |
il moralismo |
il comunitarismo |
l'oppressione delle norme |
la poca fratellanza |
La correlazione tra il grado di afferenza alle tipologie e le preferenze date agli item di "antipatia" verso specifiche forme di religiosità (o attribuzioni di forma alle religiosità) mostra come gli atteggiamenti personali di religiosità si associno o si oppongano a processi culturali e strutture normative dell’altrui comportamento religioso.
Le 49 correlazioni (7 tipi per 7 possibili meccanismi di rifiuto degli atteggiamenti presenti nelle culture religiose) attribuiscono una misura al rifiuto o alla propensione verso specifici modelli di religiosità. In altre parole un certo tipo di atteggiamento religioso implica un rifiuto verso i suoi opposti, indipendentemente dal credo professato.
Le relazioni di insofferenza, di logoramento e di incomprensione, leggibili nei principali modelli di relazione, individuati dalle correlazioni, che possono intercorrere tra queste tipologie (insofferenza tra il "ricercatore" e il "ritualista"; logoramento tra il "ricercatore" e il "convenzionale"; incomprensione tra il "ritualista" e l "'intimista"; ad esempio) sono però attenuate da relazioni positive (quando le correlazioni di opposizione assumono valori negativi significa che sono presenti affinità). L’ “emozionale" presenta una relazione di disponibilità con il "devoto"; il "devoto" con il sentimentalismo dell"'emozionale", ecc.
L’agape e la dimensione interreligiosa
La dimensione relazionale dell’agape non poteva non confrontarsi con il luogo più difficile, l’atteggiamento religioso, per la realizzazione dell’unità, intesa non come un contenitore precostituito ma come il nesso tra molteplici rapporti interumani la cui densità costituisce la misura delle potenzialità di sviluppo affettivo e di apertura della coscienza.
La realizzazione dell’agape, il contesto del convivio, è possibile solo a partire dalla analisi delle relazioni effettive tra uomini e dal loro miglioramento. Tale miglioramento prende il via dalla possibilità di spostare le relazioni di opposizione verso quelle di affinità mostrando come anche ciò che si rifiuta reattivamente nell’altro possa essere ricompresso modificando il punto di vista da cui lo si osserva. Tutti i nomi di Dio hanno dunque significato nelle relative modalità che gli uomini esprimono pronunciandoli e la presa di coscienza dei diversi nomi di Dio implica l’innesco di relazioni affettive precedentemente impraticabili.
Ma ciò non è una consolazione semplicistica giacché l’agire agapico richiede alti livelli di competenza relazionale interumana che utilizzino volta per volta gli strumenti appropriati per attuare la conversione dei punti di vista. Le modulazioni relazionali possono evolvere mediante strumenti di counseling relazionale come la rassicurazione, l’incoraggiamento, l’illuminazione, il coinvolgimento emotivo, la tranquillizzazione, il sostegno e la conferma gratificante. Queste modalità spostano le relazioni di opposizione verso le affinità ma debbono essere usate in modo pertinente con le caratteristiche psicologiche e relazionali dei soggetti a cui ci si rivolge e non in modo autoreferenziale. Del resto San Paolo propone di vivere da giudeo con i Giudei, da greco con i Greci (1Co 9,19-23).
Riferimenti Bibliografici
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Vincenzo Masini, 60 anni, sociologo, psicologo e psicoterapeuta. Professore presso l’Università di Palermo, Trapani, Roma “La Sapienza”, Università Pontificia Salesiana, LUMSA, SSIS del Lazio e della Toscana, Siena e Perugia. Attualmente direttore della Libera Università del Counseling. Ha studiato i processi di relazioni interumane, i conflitti e le affinità interpersonali dagli anni ’80 a partire dall’analisi dei processi criminali, devianti e di patologia psicosociale. Ha analizzato i percorsi di uscita dal disagio nei gruppi sociali attraverso l’interazione empatica e linguistica e la ricomposizione nelle personalità collettive di gruppo. Dirige il progetto nazionale Prevenire è Possibile (PREPOS). Ha sviluppato le tematiche del counseling in ambito relazionale ed educativo.
Emanuela Mazzoni, psicologa e counselor. Professoressa di “Teorie relazionali” presso l’Università di Siena e presso la Libera Università del Counseling. E’ Consulente per il Ministero degli Esteri- Commissione Pari Opportunità e collabora con Azione per Famiglie Nuove per il miglioramento delle relazioni nelle famiglie in attesa di adozione e nel post-adozione. Lavora privatamente con problematiche relazionali intrapersonali e interpersonali, (emarginazione, bullismo, disturbi dell’apprendimento, dislessia, mutismo elettivo, problematiche legate alla scelta di genere maschile/femminile, personalità dipendenti, fobie sociali e disturbi da attacchi di panico, personalità borderline, personalità schizoide, ansia generalizzata, depressione, lutto, abusi).
[1] pubblicato in Personalità collettive, valori ed economie nel terzo settore in Interessi, valori e società (a cura di ) A. Gasparini, Franco Angeli, Milano, 1998; L’artigianato educativo e la pedagogia dei gruppi nella scuola, nella famiglia, nelle comunità, Ed. Prevenire è Possibile, Todi, 1999; Dalle Emozioni ai Sentimenti, Edizioni Prevenire è Possibile, 2000; Affinità e opposizioni, Per un agire comunicativo mirato all’intesa ed alla regressione del conflitto, Relazione presentata al Convegno Comunicazione e risoluzione dei conflitti, Università di Arezzo, 2002; Idealtipi di religiosità e dialogo interreligioso, in Berti, De Vita, Pluralismo religioso e convivenza multiculturale: un dialogo necessario, Angeli, 2002; Relazionalità e cultura del civile, in Melchior C. (a cura di) , La rappresentazione dei soggetti collettivi, A.I.S., Udine, 2003; Le personalità collettive nel gruppo di lavoro, in Sociologia, n.2, 2003.; Psicoterapia implicita nella comunicazione narrativa, simbolica e interattiva con il paziente in Atti del 37° Convegno Nazionale della Associazione Italiana di Psicoterapia Medica, 2004; Valutazione della qualità relazionale e predittività del burn out e del mobbing nei gruppi di lavoro dei servizi per la giustizia minorile, (in coll.), Rassegna di Servizio Sociale, N.2 2005; La famiglia e le reciprocità in Orientamento e Counseling famigliare nella scuola, a cura di Emanuela Mazzoni, Valdarno, 2005; Il contributo delle scienze sociali all’analisi della crisi dell’impresa in S. Pacchi (a cura di) , Il Nuovo Concordato Preventivo, IPSOA, Trento, 2005; Vincenzo Masini , Relazioni di personalità collettiva, equilibrio, empatia sociosistemica e governance, in Riccardo Prandini La realtà del sociale: sfide e nuovi paradigmi, Angeli, 2005; Dai valori alle relazioni interpersonali, Atti per Convegno Relazioni e valori, Università di Perugia, 2007; Dalle Emozioni ai sentimenti, (riedizione rivisitata), edizioni PREPOS, 2009; Miglioramento relazioni interpersonali nel gruppo classe, in L cultura della legalità, Ministero Istruzione, Università e ricerca, Roma 2010; Medicina Narrativa e counseling in medicina generale, Istituto Superiore di Sanità, Marzo 2010.
[2] sottoponendo ad analizzatore lessicale le diverse Regole emergono maggiormente ricorrenti lemmi come umiltà, servizio, fraternità, obbedienza, comunità, fratelli, ecc. a testimonianza del diverso approccio alla vita religiosa.