Istituto Sirani Bologna
Confidare i pensieri
“Questa
è stata una giornata certamente speciale” - scrive Giovanna Lima
dell’istituto Sirani di Bologna. All’interno di un gruppo vero le ragazze
hanno espresso i loro pensieri per la prima volta in maniera libera condividendo
imbarazzi ed incertezze.
L.,
in particolare, dopo aver detto che preferiva un gruppo di diversa struttura,
con ragazzi che si conoscono bene e che hanno confidenza l’uno con l’altro,
e che non avrebbe mai parlato di fronte a ragazzi che non sa nemmeno chi sono,
è stata in realtà un fiume di confidenze: solitudine, necessità di trovare un
punto di appoggio, paura della morte, in particolare della morte di una persona
di cui non ha specificato l’identità, fino alla ipotesi di suicidio se questa
persona venisse a mancare.
Le
si sente il pianto in gola, mi fa una gran tenerezza, ho mille ragioni per
pensare che quella persona sono io. Gli altri la ascoltano e per alcuni istanti
c’è silenzio. Poi M. e T., due ragazze che si sono definite cattoliche fino
in fondo, parlano di fede e della forza interiore che può dare fino a
permetterti di superare i dolori più vivi.
Si
parla di suicidio: è un atto di forza o di debolezza, se non addirittura di
viltà? Si sente nell’aria la voglia di dire i propri pensieri più veri; c’è
una commozione, nel senso letterale della parola, che ci fa sentire
“insieme”.
Parlo
poco, a volte non dico nulla, temo in questo momento magico di ricostruire
un’atmosfera di tipo gerarchico sia come docente che come adulto. lascio che i
ragazzi si confrontino liberamente. I temi in aria sono gravi ma i ragazzi li
affrontano con coraggio.
Dopo
un’ora e mezza li invito ad andare a casa a studiare (sento la necessità di
far cambiare l’atmosfera, anche se carica di tensione positiva, riportandoli
ai problemi quotidiani). Da diverse parti si levano richieste del “mio
parere” sugli argomenti trattati. Questo mi fa piacere, mi sento portata
dentro al gruppo a gran richiesta. Mi vogliono con loro.
Restano
nell’aria le parole di una ragazza: questo pomeriggio mi resterà sicuramente
dentro per sempre.
Oggi,
pur con le fluttuazioni in atto nella composizione del gruppo, e che certamente
si verificheranno anche in seguito, ho la sensazione che “siamo nati”.
“Secondo
me l’unico scopo di questo gruppo è che ti aiuta a capire che ci sono
problemi oltre ai tuoi ed a considerarli in modo diverso; sono qui per capire
come si possono affrontare”.
“Mi
paragono ad una lacrima perché è segno di grande tristezza e di infinita
gioia”.
“Vorrei
sapere come fai a risolvere i tuoi problemi perché io di fronte alla morte non
ci riesco; ho la casa, ho la scuola ma non ho ancora la fede in altro se non in
me; non ci riesco più da sola”.
“Io
sono più fortunata perché ho la fede, ma non sei sola se hai te stessa; è
molto. Anch’io tutte le mattine mi alzo e mi chiedo il perché. Il senso della
vita lo devi trovare anche se la vita non ha senso; bisogna trovarlo”.
“Sono
come in gabbia; in questi ultimi tempi mi è crollato il mondo addosso e vedo la
felicità da una gabbia che mi impedisce di toccarla”.
“Io
in questo gruppo credo molto. Aspetto con ansia che arrivi il martedì; mi fa
piacere sapere che in questo giorno c’è il gruppo che mi aspetta e se non ci
sono si chiede il perché e sente la mia mancanza”.
“Ho
perso un amico; gli volevo bene come ad un fratello ed è morto. Gli ho scritto
una lettera in cui ho messo tutto quello che avrei voluto dirgli e non avevo
detto. Forse questa è la parte più brutta della morte: dopo non puoi più
farlo e ti resta il rimpianto per non averlo fatto. Spero che mi abbia sentito;
io credo che ci sentano”.
Sono
parole delle ragazze, nate in momenti magici. Gli incontri sono improntati ad
una variabilità che ha qualcosa di eccitante: si passa da momenti di allegra
serenità ad altri di tenerezza, di leggerezza, di rabbia, di scontro aperto, di
racconti di amore, di silenzi, sempre meno difficili, di attesa fiduciosa, di
complicità adolescenziale in cui la presenza dell’adulto è naturalmente
inclusa.
Qualcuno
fa capolino nel gruppo per vedere se c’è quello che cerca: alcuni restano,
altri si ritirano dopo essersi a volte scoperti con una immediatezza che rivela
la necessità di “dire di sé”, anche se una sola volta.
Questo
aprirsi di alcuni ragazzi “ospiti inattesi” conferisce al gruppo una
credibilità e capacità di accoglienza che ti porta a svelarti anche se non sei
mai venuto prima e forse non verrai più”.