Il counseling artistico

Indice

INTRODUZIONE pag. 4

1. LE EMOZIONI E I SENTIMENTI NELL’ARTE

1.1 L’umano: il dolore la gioia, la malinconia, la sensualità, la maternità, la pace, il coraggio… opere d’arte 6

1.2 Evoluzione storica del concetto di arte (definizione d’arte e di discipline artistiche) 10

1.3 Rappresentazioni antiche e moderne nella pittura: materiali tecniche e obiettivi 12

1.4 Arte terapia ieri e oggi 14

1.5 Il counseling artistico 17

1.6 Ermeneutica dell’opera come ermeneutica di sé: Autobiografi a di una restauratrice che è riuscita ad uscire dagli schemi - Dall’invisibile al delirante 17

2. IL COUNSELING ARTISTICO

2.1 Aumento dell’affettività e della consapevolezza attraverso la visione dell’opera d’arte 22

2.2 L’opera d’arte come un mezzo specifico per la persona che favorisca il superamento di blocchi, sofferenze attraverso la visualizzazione 23

2.3 Lettura di un’opera d’arte secondo le affinità 26

2.4 I santi in arte a protezione dell’umanità in vari ambiti di soff erenza 27

2.5 La Croce di Santa Giulia, il recupero del coraggio 28

3. IL MODELLO DI PREPOS NEL COUNSELING ARTISTICO

3.1 Costruzione del questionario di counseling artistico 31

3.2 Risultati ed interpretazione 40

3.3 Giro del cerchio con opere contemporanee 43

3.4 Opere d’arte per il superamento delle opposizioni interne 44

3.5 L’ermeneutica del restauro e il restauro come pre-visione 48

3.6 Tecniche di art counseling (Laboratori, Corsi) 50

4. IL MIGLIORAMENTO NELL’ART COUNSELING

4.1 Il counseling e la ricognizione dinamica: l’uso dei colori e l’effetto dei colori 58

4.2. Il counseling e la ricognizione dei simboli 65

4.3 Il counseling e la ricognizione emozionale 67

CONCLUSIONI 70

BIOBLIOGRAFIA 71

a mio padre

Introduzione

L’idea di sviluppare un argomento che potesse trovare un collegamento tra la visione di opere d’arte ed il vissuto delle persone, per il miglioramento delle relazioni con se stessi e con gli altri, nasce dall’esperienza personale. Non solo, infatti, il mio lavoro di restauratrice mi ha da sempre portato a contatto con l’arte, ma attraverso una sequenza di introspezioni ed esercizi ho potuto sperimentare come, utilizzando e modificando opere d’arte a me care e sviscerando poi i contenuti e i blocchi che le modifiche operate facevano emergere in me, fosse possibile ampliare e modificare miei vissuti. L’arte, infatti, suscita emozioni improvvise, rimanda a significati simbolici e descrive situazioni in modo narrativo. Talvolta queste modalità sono distinte altre volte più intersecate, trovare per un counselor la modalità più adatta al cliente che ha di fronte è importante per entrare velocemente in risonanza e pensare ad un tipo di percorso adatto a lui. Le opere possono essere somministrate, ma anche ricercate dallo stesso cliente dando, sia al cliente che al counselor la possibilità di attuare delle precise valutazioni già a partire dalla scelta. Su me stessa ho colto la forza e la potenza di cambiamento e di ampliamento dei modelli relazionali che può offrire il lavoro di riflessione su opere d’arte svolto attraverso la relazione con un counselor, sia con l’ascolto e la descrizione della risonanza che può avere la visione di un opera d’arte, sia attraverso l’esecuzione di esercizi concreti legati all’espressione libera di manufatti artistici a supporto della persona, al fi ne di veder meglio alcune tematiche non ancora esplicitate. Oppure utilizzando piccoli compiti creativi per intuire e trovare nuove strade attraverso la operatività concreta. La possibilità di un counseling artistico imperniato sul modello Prepos ha la sua radice nell’aumento dell’affettività e della consapevolezza attraverso la visione dell’opera d’arte e la successiva discussione e investigazione ed interpretazione del vissuto della persona di fronte all’opera. Come per fare arte ed esprimere il bello e il vero del sentire è necessario utilizzare sia la tecnica che la sensibilità così nel counseling la relazione di aiuto si basa sull’empatia con il cliente e sulla tecnica di intervento educativo possibile nella comune tensione verso il miglioramento. Il counseling artistico si può inserire nei processi di miglioramento delle rappresentazioni degli schemi corporei e psichici delle identità delle persone. Per l’evoluzione da un copione è indispensabile lavorare insieme alla persona per trovare le emozioni che occorre far sperimentare.

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Non è “terapia” fondata sull’effetto di immagini viste o prodotte, ma discussione, ricognizione ed interpretazione del vissuto del cliente di fronte al manufatto visto o prodotto.
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Non è “critica d’arte” poiché lo studio delle tecniche e della loro evoluzione ha solo un senso ermeneutico per comprendere le emozioni ed i sentimenti invarianti nell’umano nello spazio e nel tempo. La tesi si muove a partire da dati sperimentali raccolti; nel tentativo di ottenere dati più oggettivi rispetto alle sensazioni sperimentate di fronte ad opere d’arte si è costruito un questionario di art counseling con immagini scelte in funzione di ogni idealtipo, dopo la somministrazione del test si è poi calcolato la correlazione con le personalità dei partecipanti. I campi di ampliamento della ricerca sono ancora aperti, anche al fine di raccogliere un numero ampio di immagini divise per idealtipo e per modalità di comunicazione (simbolica, dinamica e narrativa) in modo da off rire ai counselor uno strumento concreto nella relazione di aiuto con un cliente. Venire a contatto con un’immagine giusta al momento giusto può infatti fornire le risorse per uscire da una posizione emozionale di opposizione che depotenzia la nostra affettività interna passando ad una di affi nità. Selezionare e defi nire alcune immagini suddividendole per idealtipi potrebbe pertanto fornire una specie di catalogo visivo, all’interno del quale poter trovare un’immagine utile al cliente. Sarebbe interessante muovere la ricerca anche sulla differenza che intercorre fra la posizione relazionale della persona che vede l’opera d’arte e con la quale entra in risonanza, e la posizione in cui la stessa persona si pone nel crearla. Dagli ultimi studi sulla neuro estetica e dall’esperienza descritta da numerosi libri di arteterapia si può intuire come durante la fase creativa la persona sia portata a sperimentare tutte emozioni di base, attraversando, per così dire, l’intero cerchio idealtipico e fermandosi nella zona dell’adesivo. Con il risultato di affezionarsi all’opera prodotta, ma anche di percepire una certa piacevolezza. Integrare la visione giusta con il giusto esercizio creativo può fornire una strada di veloce e un concreto supporto per il cambiamento o per il consolidamento di nuovi schemi.

1. LE EMOZIONI E I SENTIMENTI NELL’ARTE

1.1 L’umano: il dolore, la gioia, la malinconia, la sensualità, la maternità la pace il coraggio… opere d’arte

L’arte descrive con una comunicazione immediata le emozioni e gli stati d’animo umani, in particolare la lettura di alcune opere rinascimentali ci trasmette la mimica e la postura dei vari stati d’animo. È sorprendente pensare come l’osservazione del mutare espressivo della fi gura umana sia ritratto e fissato in modo sapiente in momenti epocali difficili, quando cioè non vi era ancora la tecnica della fotografia e molte immagini erano riprese da modelli dal vero, ma anche descritte perché conosciute in modo approfondito, quotidiano e quindi trattenute nella memoria. I modelli espressivi erano fi no al 1500 più uniformi in Europa e un modo di espressione artistica (l’espressione di Adamo nella cacciata dei progenitori di Masaccio) veniva imitato a riprodotto attuando piccole modifiche, ma complessivamente mantenuto, costituendo una uniformità di comunicazione che permetteva alle persone di fissare un modello e di assorbirlo nella memoria e nella devozione religiosa. Il dolore fisico espresso con mimiche accigliate, il dolore per un lutto, la rassegnazione, la maternità, l’allattamento, erano argomenti e opere d’arte immediatamente riconoscibili, sia nel vissuto quotidiano che nei dipinti. Oggi i vissuti e gli ambiti di vita piuttosto frammentati: scuola, lavoro, famiglia, ospedale, obitorio, riducono a noi uomini e donne del 2000 la possibilità di orientarsi fra la naturale connessione fra mente e corporeità espressa dalla mimica nei vari ambiti di sofferenza e gioia umane. Con stupore ho osservato tratti di elevata affettuosità fra la Madonna e il Bambino espressi in sculture e pitture del 1300 e 1400 dove la vicinanza e la dimestichezza con i comportamenti infantili è resa in modo inaspettato e lontano dai nostri modelli di riferimento, tanto da sembrare eccessivi o sconvenienti. Se pensiamo alla maternità, ad esempio, si nota una forte distanza tra la realtà psicofisica di questa esperienza ed i modelli mentali che abbiamo, molto influenzati dallo stile comunicato dai media, incentrato su una mamma dinamica e moderna, magra, scattante, che velocemente torna al lavoro, molto lontana e in contrasto con la visione di una maternità, espressa chiaramente in opere scultoree e pittoriche del 1400, vissuta nel dettaglio dei momenti di tenerezza e imperniata sulla centralità, fermezza e rintracciabilità della mamma per il bambino. Con questo non voglio dire che in passato la condizione della maternità sia stata migliore di quella attuale in Italia, ma ritengo che i modelli mentali a cui ci rifacciamo come donne potrebbero essere orientati meglio osservando libri sull’arte rinascimentale italiana, piuttosto che osservando anche di sfuggita la televisione, e, a seguito dell’osservazione, potrebbe essere utile confrontarsi sulle aspettative e sulle immagini di riferimento interiori. Oggi siamo tempestati di immagini e di mezzi di comunicazione e di tecnologia, ma probabilmente non abbiamo mediamente come società una capacità più alta rispetto al 1400 di cogliere gli stati d’animo delle persone osservando la loro mimica.

Alcuni esempi di opere d’arte dhe toccano ambiti dell’umano

Esempi di Maternità

Pietro di Giovanni d’Ambrogio (Siena, 1410-1449)

Madonna del Latte Matteo, Civitali

Natività della Vergine, Pietro Lorenzetti (Siena 1306-1348)

Il Paradiso, Giovanni di Paolo (Siena 1398-1482) Annunciazione, Simone Martini e Lippo Memmi (La paura della Madonna)

La cacciata dei Progenitori, Masaccio (La disperazione)

Cristo morto, Mantegna (Il lutto)

Nudo, Amedeo Modigliani (1884-1920) (La sensualità)

Danae, Tiziano (1545-1546) (La sensualità)

1.2 Evoluzione storica del concetto di arte

«L’arte è un frammento di contemplazione caduto nella materia.»

(André Frossard, da Il Vangelo Secondo Ravenna)

L’arte, intesa come capacità di intervento riconoscibili anche in regole codificate, ha molto in comune con il counseling, inteso come artigianato educativo che muove da un’analisi oggettiva di ciò che c’è. “L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana - svolta singolarmente o collettivamente - che porta a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Nella sua accezione odierna, l’arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni, per cui le espressioni artistiche, pur puntando a trasmettere “messaggi”, non costituiscono un vero e proprio linguaggio, in quanto non hanno un codice inequivocabile condiviso tra tutti i fruitori, ma al contrario vengono interpretate soggettivamente. Alcuni fi losofi e studiosi di semantica sostengono però che esista un linguaggio oggettivo che prescinda dalle epoche e dagli stili e che dovrebbe essere codificato per poter essere compreso da tutti, pur se gli sforzi per dimostrare questa affermazione sono finora stati infruttuosi. Nel suo significato più sublime l’Arte comprende ogni attività umana creativa di espressione estetica, priva di uno o più di quei pregiudizi da parte dell’artista che compie l’opera (o del gruppo di artisti) rispetto alla sua situazione sociale, morale, culturale, etica e religiosa che le masse del suo tempo stanno invece subendo. L’Arte indica l’espressione estetica della propria interiorità. In questo senso non v’è concetto di bellezza. L’arte può essere considerata anche sotto l’aspetto di una professione di antica tradizione svolta nell’osservanza di alcuni canoni codificati nel tempo. In questo senso, le professioni artigianali

- quelle cioè che afferiscono all’artigiano - discendono spesso dal Medioevo, quando furono in qualche modo sviluppate come attività specializzate e gli esercenti arti e mestieri vennero riuniti nelle corporazioni. Ogni arte aveva una propria tradizione, i cui concetti fondamentali venivano racchiusi nella regola dell’arte, cui ogni artiere doveva conformarsi. L’arte può avere il cosiddetto scatto in avanti, vale a dire un’intesa intima con le possibili società future. Analizzando la storia del concetto di arte vediamo che nel corso del tempo esso subisce una trasformazione graduale ma radicale. Nel periodo ellenistico iniziarono le prime classificazioni e le arti vennero divise in comuni e liberali, a seconda che richiedessero uno sforzo fisico o uno sforzo intellettuale. Nel Medioevo si cominciano a rivalutare le arti comuni, che verranno chiamate meccaniche, ma continueranno ad avere un ruolo subalterno rispetto alle arti liberali. Dalle arti “meccaniche” vennero escluse diverse di quelle che noi oggi chiamiamo “belle arti”, come la pittura e la scultura; le arti liberali e meccaniche erano state ridotte al numero di sette, e tra quelle che richiedevano lo sforzo fisico, si annoveravano soltanto le arti che miglioravano la vita dell’uomo, che lo nutrivano, lo riparavano dalle intemperie, ovvero quelle arti il cui punto peculiare era l’utilità quanto la piacevolezza. Dalla fine del Settecento cominciarono le prime crisi del concetto di bello e di arte. Stavano nascendo nuove forme di espressione come la fotografia, l’architettura industriale, l’oggettistica per la casa, e bisognava farle rientrare nel concetto di arte. Per tale motivo nel Novecento si è abbandonata l’idea di una definizione onnicomprensiva di arte e di opera d’arte. Il termine arte diventa un concetto aperto, in cui tutte le possibili definizioni dell’arte confl uiscono. Il Novecento si fa portavoce della crescita intimista portata avanti dai pensatori del secolo precedente, ma rinnova le necessità più interiori dell’artista e si fa portavoce dell’innovazione tecnica, di cui i nuovi materiali (il ferro e gli elementi prefabbricati) sono gli elementi fondamentali. Quando all’entusiasmo per il progresso industriale segue la consapevolezza della trasformazione che opera nelle strutture della vita e della società, attorno al 1910, all’interno del “Modernismo”, si formano le “avanguardie” artistiche con l’obiettivo di mutare le modalità e le fi nalità dell’arte. Dal francese avant-garde (trad. “prima della guardia”), il termine, tratto dal linguaggio militare (l’avanguardia è il reparto che precede il blocco forte dell’esercito per aprirgli il varco), è impiegato anche per indicare i diversi movimenti artistici del primo Novecento, caratterizzati da una sensibilità più “avanzata” rispetto a quella dominante: l’Espressionismo, l’Astrattismo, il Futurismo, il Cubismo, il Dadaismo e il Surrealismo. In tale prospettiva il termine passò dal linguaggio militare a quello politico intorno al 1830 per indicare il nuovo compito assegnato agli intellettuali, per lo più di sinistra, che consisteva nella guida morale e orientativa delle battaglie politiche del liberalismo dell’epoca. A partire dalla fine del XIX secolo, la nozione di avanguardia è stata usata metaforicamente per caratterizzare i movimenti letterari ed artistici che volevano essere più “avanti” rispetto ai contemporanei. In particolare ritenevano “moderno” rompere con la tradizione e criticare chi imitava i “classici”. Il primo ventennio del XX secolo ha visto il susseguirsi di fenomeni artistici di avanguardia, che attraverso i loro manifesti proponevano nuove forme pittoriche e plastiche in sintonia con il mutare dei tempi. I movimenti di avanguardia erano formati da gruppi spesso in polemica tra loro, ma dalla critica e dal contrasto scaturiva una grande spinta creativa. Che si chiamassero cubisti, futuristi, espressionisti, metafisici, surrealisti, dadaisti, gli artisti di questa generazione volevano cambiare tutto. Le loro battaglie artistiche diedero una nuova impronta a tutta l’arte del Novecento.

1.3 Rappresentazioni antiche e moderne nella pittura: materiali tecniche e obiettivi Per capire meglio il momento di passaggio culturale fra l’arte antica e moderna visto come un cambiamento graduale, è significativo leggere un racconto “Il capolavoro sconosciuto” di Honorè di Balzac, scritto nel 1845 e preso ad ispirazione da Pablo Picasso nel 1930 per numerosi disegni. Questo racconto anticipa il cambiamento di prospettiva della pittura antica, rivolta principalmente all’imitazione della natura, e l’arte moderna, tesa verso l’espressione del sentire e del “vedere” inteso come un insieme fra la parte estetica e spirituale. La storia ambientata nel 1600 racconta il rapporto di amicizia e di stima fra alcuni pittori francesi Poussin e e Porbus ed il loro stimato maestro un diretto allievo di Mabuse. I giovani pittori sottopongono le loro opere alla visione del maestro per ricevere indicazioni in merito ad alcuni dettagli naturalistici e tecnici per migliorare l’effetto di realismo dei soggetti. Il soggetto più raffigurato è la donna amata in posa, come nudo. Ogni volta il maestro con grande abilità giustappone correzioni sapienti e parla di una sua opera sublime che raffigura la sua amata più bella di ogni donna al mondo. La curiosità del giovane Porbus per vedere l’opera maggiore del suo maestro lo spinge addirittura ad off rire al maestro come modella a la sua bellissima amante in cambio della visione del capolavoro del maestro. Per valutare, attraverso il confronto se sia più vicino il dipinto del maestro o la ragazza del pittore all’archetipo della femminilità. Quale sia l’immagine sublime della femminilità l’opera raffigurata dal maestro o la perfezione e grazia della modella di Porbus? Dopo numerose valutazioni il maestro concede la visione dell’opera per paragonare le bellezze femminili. I due pittori Poussin e Porbus si ritrovano davanti al dipinto: ad un intrerccio di righe e segni incomprensibili applicati sopra una raffigurazione dal vero. Sbigottiti gli allievi si credono addirittura beff ati dal maestro e chiedono di vedere la vera opera, non capendo che per raggiungere quel tipo di pittura “astratta” il maestro ha vissuto in continua ricerca nell’accanimento di trasmettere in pittura la sua visione e il suo sentire. La profonda delusione degli allievi genera un tale dolore e senso di solitudine al maestro che, non capito e non riconosciuto, nella notte si uccide dopo aver dato fuoco ai suoi dipinti. Il maestro si offende perché il raggiungimento di quel livello di intrecci confusi è nell’accanimento di descrivere l’anima della donna amata. Per lui il lavoro incessante di fronte all’opera è la sua vita stessa. Gli spunti di riflessione sono molti: la realtà da raffi gurare è più complessa di quello che si vede con l’occhio e la tecnica benché raffi nata è una convenzione per trasmettere qualcosa di più profondo che sta nell’anima del soggetto amato. È importante possedere la tecnica ma per poi superarla nell’amore e la tensione e l’accanimento per descrivere il sentimento di dettaglio dell’anima del soggetto. L’evoluzione dell’arte da antica a moderna può essere presa come modello rispetto ad un percorso che aumenti la consapevolezza di sé. Il percorso può procedere dalla descrizione più oggettiva e descrittiva (arte antica) alla parte più intima di sé a cui dar voce (all’arte moderna). Così, in parallelo, con l’arte antica tesa a descrivere quello che c’è ora dal vero si può riflettere su quali siano le caratteristiche principali del carattere, dei modi del temperamento, delle gestualità, gli ambiti di espressività della persona, la struttura su cui contare, anche riferendosi alle punte del grafo di personalità. Osservando un dipinto antico infatti è possibile stendere una descrizione piuttosto oggettiva delle tecniche, dei materiali, dei suoi bilanciamenti o sbilanciamenti estetici, dell’uso di linee, dei colori pieni, velature… Un percorso con l’arte moderna ci può portare verso quella parte del sentire meno visibile, ma che mediamo ogni momento, legata alle emozioni e ai sentimenti vissuti, ed esprimerla con toni, colori linee. Descrivere cioè il proprio modo di sentire a cui diamo voce e che riconosciamo come nostro, per poi procedere verso quella parte di sé a cui non diamo voce, perché per qualche motivo non ce la concediamo e che ci appare estraneo (i punteggi bassi del grafo). Questo lavoro di ampliamento dei i nostri modelli e degli schemi corporei e psichici di riferimento può avvenire attraverso l’arte, utilizzata come strumento nella relazione instaurata con il counselor, che sempre aiuta a descrivere, indagare, riflettere sui commenti e sui risvolti che una diffi coltà pone. Questi percorsi, si intende, sono sempre un mezzo utilizzabile nella relazione di aiuto con il counselor, anche portando avanti eventuali compiti concreti su cui poi effettuare delle valutazioni e considerazioni orientate dal counselor stesso, per apprendere modalità a noi estranee. Ciò significa lavorare per espandere quelle parti del grafo con punteggio più basso, provare ad entrare nei vincoli che ci impediscono di aprire nuovi stili e descrivere gli stati d’animo ad essi connessi. Come potremmo esprimerli in pittura? Un esempio personale che può forse chiarire una modalità di intervento: uno dei miei limiti è la difficoltà a raccontare le barzellette, l’emozione della vergogna mi riduce la concentrazione e quasi sempre non tengo il filo del discorso, dimenticandomi spesso le parole chiave e portandomi a distrarmi, vedendomi dall’esterno e trovandomi estremamente ridicola fino a rinunciare. Mi piacerebbe molto diventare più sciolta in questa attività, peraltro apparentemente semplice. Potrebbe essere utile provare ad esprimere in pittura, liberamente, la sensazione della vergogna e vederla poi dall’esterno come un dipinto. Valutando poi l’emozione che suscita potrei pensare anche di strapparla o accartocciarla e quindi concedermi il piacere di trasformare questa emozione dipinta in qualcos’altro, che abbia a che fare con le emozioni coinvolte durante la narrazione di una barzelletta. Mi viene in mente un bambino che sta su una sedia in mezzo ad una stanza e tutti lo stanno ad ascoltare. La prossima raffigurazione si deve spostare assolutamente su una componente che abbia una forza di coinvolgimento emotivo e controllo, ben integrata diremmo, con una modalità relazionale utile per lo stato d’animo e la concentrazione suffi cienti per raccontare una barzelletta. Pensare di riutilizzare il foglio precedente e trasformarlo in quello che non ho. Mettendo in pratica queste modalità posso attingere poi ad un modello creativo di trasformazione dal disagio all’espressione. Mentre lavoro concretamente mi si apriranno spesso delle immagini e dei simboli che potranno rimandarmi a qualcos’altro, a qualche esperienza del passato.

1.4 Arteterapia ieri e oggi «L’Arte Terapia è un trattamento psicologico che compare nella seconda metà del XX secolo a seguito delle sperimentazioni di psicoterapia dinamica derivate dalla Psicoanalisi anche se in alcuni campi, quali la musicoterapia e il teatroterapia, vanta origini più antiche. Si conoscono infatti vere e proprie pratiche di musicoterapia passiva (somministrazione di brani musicali con scopo ansiolitico) nei Manicomi arabi già dal 800 d.c. e con Pinel la terapia morale comincia proprio come pratica teatrale nei Manicomi europei. Ma è dal 1950 che si conferma come terapia individuale per poi espandersi sempre di più al gruppo e sempre di più in contesti rigorosi di espressione non verbale. Il setting delle arti terapie è un laboratorio dotato di materiali informi a basso costo e di spazi ampi e sicuri per consentire la libertà dei movimenti, che sono del corpo espressione non verbale. Per questa ragione alcuni esercizi preliminari di significato psicomotorio possono precedere le sedute di espressione fi gurativa o musicale o quant’altro. Generalmente il terapista non fa consegne particolari, nè suggerisce il tema: ma dà la consegna di non usare la parola, la voce sì, ma la parola no. L’abbigliamento deve essere informale e deve potersi sporcare, le scarpe si devono poter togliere con facilità e si deve poter camminare scalzi senza preoccupazioni. Tutto il setting è volto a favorire la libertà dell’espressione non verbale purchè spontanea. Il tema, fondamentalmente libero, può essere stimolato da alcune consegne che facilitino l’attivazione di meccanismi proiettivi: quale quegli stimoli basilari che indicano la costruzione di una maschera o di una scatola. Entrambi questi suggerimenti portano nella dimensione del Self e della sua rappresentazione, che comunque non deve avere la benchè minima preoccupazione estetica. Costruire una scatola è dare forma al contenitore, che poi si riempie di contenuti, così che diventa la rappresentazione del Self e la sua presentazione all’esterno. Analogamente la maschera è il personaggio che si rappresenta. Tratto saliente alla base dell’Arte Terapia, che si estrinseca in tutte le discipline artistiche, è l’evidenza che esiste una comunicazione non verbale che passa nella relazione in modo più effi cace e più diretto. La situazione di un setting Arte terapico è un contesto che passa dalla confusione magmatica e caotica, spesso chiassosa, al silenzio percettivo. Il silenzio verbale non è il silenzio del corpo e il movimento è sempre perciò consentito senza limitazione alcuna. Quando un’Arte Terapia è prevalentemente centrata sul linguaggio del corpo, movimenti ritmici o non ritmici, aggressivi o dolci, in ogni modo spontanei si definisce danza terapia. Non è ininfluente distinguere dall’Arte Terapia tutte quelle attività, individuali o di gruppo, che rientrano più propriamente nella Terapia Occupazionale, che si estrinsecano con i mezzi e le tecniche delle Arti, figurative o plastiche, musicali o di canto etc. Queste ultime sono sempre direttive e definite dallo scopo che è eterocentrato, mentre l’Arte Terapia è autocentrata e meramente espressiva. Anche se il processo dell’Arte Terapia è realizzare cose concrete perché apprezzabili percettivamente con i sensi, esso risponde alle leggi dell’immaginazione fantastica che può essere messa in relazione alla patologia così come lo è il sogno dal punto di vista psicodinamico. Il processo, simile a quello dell’Arte, che prevede una creazione dal nulla perché il pensiero è amaterico, porta ad acquisire una dimensione simbolica e/o metaforica. I prodotti in Arte Terapia quindi possono essere utilizzati per conoscere meglio chi li fa e chi li riceve, nel complesso intreccio di meccanismi di difesa ed espressione della relazione trasferale che passa per l’agito, anziché per la parola, un agito che è comunicazione non verbale attraverso il sensibile. Il sistema della comunicazione sensopercettiva dovrebbe essere autosufficiente per un certa ortodossia delle Arti Terapie ed il trattamento raggiungerebbe risultati attraverso un processo essenzialmente catartico, perché consente l’espressione inconscia sottraendo gli impulsi alla rimozione, essi infatti diventano ammissibili nella rappresentazione d’oggetto, anche se non necessariamente avvertiti dalla coscienza. Appare evidente che l’aspetto terapeutico è strettamente connesso ai processi creativi che, come la parola, sono aspetti peculiari dell’Homo Sapiens a cavaliere tra ragione e sentimenti. Anche la parola è coinvolta nelle Arti Terapie, prima fra tutte la poesia, la dove il confine tra sogno e fantasia è sempre più impalpabile. Ma la poesia è la parola dei sentimenti ed è cosa assai diversa dalla parola che ci spettiamo in un setting psicoterapico psicoanalitico, che è parola al servizio della ragione. Alla base delle capacità creative vi è una predisposizione genetica con caratteristiche innate che possono essere in parte favorite dall’educazione o dal sistema sociale. Occorre però ipotizzare dal punto di vista metapsicologico una terza funzione, che non è semplicemente sub-conscia. Vi è, infatti, evidenza biologica che una funzione parallela all’inconscio opera nel sistema dell’elaborazione poietica (artistica).Tale funzione è inconscia come l’inconscio, ma come la coscienza presenta la capacità di rendere concreto un prodotto attraverso un coordinamento psicomotorio finalizzato ad esprimere però cose che non esistono nella realtà ma solo nell’ordine della capacità di immaginare. Le diverse scuole di psicoanalisi hanno affrontato il tema tra Arte e Metapsicologia, ma occorre ancora qui una volta distinguere le Arti Terapie non solo dalle Terapie Occupazionali, ma anche dall’Arte. L’Arte, infatti, non è un processo necessariamente terapeutico, ma è semplicemente una modalità di esistere dell’Homo Sapiens che risponde a tre regole fondamentali: comunica, risponde a regole estetiche, ripresenta temi universalmente condivisi. L’Arte Terapia condivide con l’Arte solo il primo presupposto che è quello d’essere mezzo efficace di comunicazione valido però nei limiti del qui e ora e di chi lo produce: cioè soggettivo come tutto il processo psicoanalitico. Anche per quanto concerne l’Arte occorre ricordare come anche l’Arte Naivees non deve essere confusa con l’Arte Terapia, perché i suoi prodotti, metafore e simboli che rappresentano una realtà trasfigurata, rispondono alle regole estetiche dell’Arte anche se non espresse in maniera accademica. Analoghe considerazioni si debbono fare su tutta l’Arte primitiva, comprese le pitture rupestri che tante informazioni preziose ci danno sulla rappresentazione artistica, che non è copia della realtà, ma frutto dell’immaginazione come gli animali raffigurati nelle pitture rupestri che con certezza sappiamo che non potevano allora essere stati visti. Ridonda anche nell’arte primitiva, prevalentemente espressa nelle maschere cerimoniali, il tratto suggestivo del personaggio alla ricerca della persona, che si basa sull’associazione per analogia al Sé del Personaggio, cosa che equivale ad un processo terapeutico che ricompone le parti scisse del sé.

Ma in quest’Arte dei Primitivi c’è comunque qualcosa di più che attiene alla sfera del segno che è il simbolo e la metafora di un messaggio culturale, che risponde più o meno efficacemente a bisogni di conoscenza collettivi ed universali e non certo al bisogno di cura del singolo. Infine un’altra distinzione importante deve essere fatta tra l’Arte del movimento Espressionista e l’Arte terapia. Infatti, quand’anche l’Artista esprime essenzialmente i sentimenti profondi, gradevoli o sgradevoli, buoni o cattivi, quand’anche angosciati o angoscianti, la composizione armonica figurativa ha un ordine intrinseco che non appartiene alla patologia, ma solo all’Arte. Medesime riflessioni si devono porre tra l’Arte Astratta o informale e le macchie di colore che l’Arte Terapia produce in modo esperenziale: nel primo caso il messaggio e la comunicazione appartiene ad un ordine logico che, anche se non immediatamente percettibile in senso figurativo, comunque esiste nelle scelte d’accostamenti di linee e colori, mentre in Arte Terapia quest’ordine logico non è richiesto e le licenze fantastiche hanno significato solo soggettivo ed in ultima analisi meramente espressivo per evocare una comunicazione attraverso l’emozione che dalle macchie può trasparire per essere letta da chi ne ha interesse esclusivamente nell’ambito della relazione trasferale. L’Arte Terapia è una disciplina giovane che ancora risente di difficoltà di sistematizzazione che a fatica si afferma dal punto di vista operativo, accademico per l’estrema diffi coltà di distinguersi per un verso dalle terapie occupazionali, dove troppo spesso è impropriamente collocata, e per l’altro dalle psicoterapie dinamiche che la rifiutano perché manca l’elaborazione verbale. Certamente è un trattamento d’elezione quando la patologia compromette la comunicazione verbale o le capacità d’introspezione, ma il suo valore psicodimanico, può essere esteso in parallelo al trattamento psicoterapico tradizionale che poggia sulla parola e sull’introspezione che la parola conferma. Per queste difficoltà che sono non trascurabili sul piano tecnico e metodologico si afferma sempre di più un doppio sistema defi nito Arte PsicoTerapia, là dove all’espressione non verbale si fa seguire un setting verbale destinato all’elaborazione dei contenuti, che sono stati espressi nel prodotto (maschere, musica, canto, danza, personaggio, piece teatrale etc. Un’altro degli aspetti fondanti le Arti Terapie è la figura del Terapista e la sua preparazione. Se è vero che la comunicazione è non verbale, è anche vero che il mezzo di comunicazione non verbale è disciplinarmente diverso e richiede una specifica formazione artistica per essere sia letto, cosi come facilitato in senso propedeutico. Ed allora il Terapista deve essere uno Psicoterapeuta formato in una disciplina artistica, o un professionista d’arte formato come Psicoterapeuta? In realtà il problema si risolve con una cooterapia, dove il professionista d’arte è coterapeuta e svolge un ruolo di facilitazione dell’espressione non verbale. Fermo restando quindi che occorre sempre distinguere se una proposta d’Arte Terapia è invero proposta occupazionale o proposta psicoterapica integrata o semplicemente un trattamento a sé è indubbio che, in senso autentico, l’Arte Terapia non produce Arte, ma trae un valore terapeutico dalla messa in atto di un processo creativo che consente di sperimentare una strutturazione delle funzioni dell’IO attraverso una regressione caotica che ripropone il caos pre creativo. Nel prodotto si ricompongono le parti scisse e si va ad indurre un cambiamento, anche se non consapevole, nel senso di una migliore integrazione del Self che può corrispondere al miglioramento sintomatologico. Poiché la sperimentazione del caos creativo è fenomeno naturale lo sviluppo di un trattamento d’Arte Terapia appare più rapido e meno artificioso di un trattamento psicoterapico dinamico. D’altra parte d’ogni donde gli psicoanalisti non hanno mai cessato di indagare nei propri setting di comunicazione verbale quest’aspetto sfuggente ed affascinante del processo mentale creativo che talvolta, anche se non sempre, produce Arte. Materiale prodotto in gruppi d’Arte Teatro Terapia (maschere in cartapesta etc. per gentile concessione dal CITAT diretto da G. Pino Bartalotta) è stato messo a confronto con materiale artistico (documentazione fotografica in proiezione di prodotti dell’Arte Naivees - Primitiva-Espressionista-Informale) durante i lavori seminariali che hanno anche previsto un breve setting esperenziale sulla comunicazione non verbale.»

Anna Maria Meoni

1.5 Il counseling artistico

Il counseling artistico cerca di uscire da questo uso dell’arte piuttosto nebuloso e non defi nito che caratterizza l’arteterapia per passare a modalità semplici di intervento partendo da dati concreti. In particolare il counseling artistico del modello Prepos ha l’obiettivo di far aumentare l’aff ettività del cliente e la sua consapevolezza partendo dai risultati del grafo di personalità. Dato che le persone riescono a riconoscere opere d’arte che corrispondono a modalità comunicative e stili in affi nità con la propria personalità, è possibile intervenire facendo vedere opere affini ai punteggi alti del grafo di personalità aprendo delle riflessioni per ottenere un miglioramento ed un naturale arrotondamento della personalità. Se quindi ad un invisibile facciamo vedere opere con stile ruminante, quindi molto dinamiche e d’impulso con una forte carica e con contenuti di spinta, egli potrà acquisire un modello ruminante che gli sarà assolutamente necessario in momenti della vita in cui la carica e l’attivazione sono indispensabili. Attraverso la relazione con il counselor la persona potrà inoltre approfondire altri significati che le immagini comunicano e su di essi aprire riflessioni importanti sul proprio vissuto e comportamento. In questo modo la visione di opere d’arte selezionate per la persona, in affinità con i valori alti del grafo di personalità, e l’esecuzione concreta di elaborati artistici mirati, possono per il counselor diventare strumenti concreti per una comunicazione veloce e per l’innesco di un cambiamento.

1.6 Ermeneutica dell’opera come ermeneutica di sé: autobiografia di una restauratrice che è riuscita ad uscire dagli schemi - Dall’invisibile al delirante

L’idea di sviluppare un argomento che potesse trovare un collegamento tra immagini e personalità, parte da una mia esperienza sul modo di vedere la realtà, attraverso un esercizio suggerito dal Professor Vincenzo Masini. In quel periodo stavo restaurando un dipinto su tavola dove era raffigurato un San Giorgio con caratteristiche fisiche, in particolar modo il volto, contrastanti con la sua vera natura. San Giorgio, santo armato e potente, era raffigurato con un volto dolce, incerto e malinconico. Ho cercato di trovare un altro personaggio con un volto che avesse una coerenza con il corpo e l’armatura del cavaliere. Questo esercizio per me é stato molto faticoso e coinvolgente al tempo stesso. Il rapporto intenso e quasi sacro che avevo instaurato con l’opera durante le varie fasi del restauro mi impediva di trovare una solu-Madonna con Bambino e santi,

A. Aspertini - Bologna 1474-1552.

zione alternativa in merito, condizionata anche dal fatto che l’opera in questione era stata scelta come icona per pubblicizzare una mostra dedicata interamente all’autore Amico Aspertini.

Solo l’idea di apportare delle modifi che, anche se virtuali, richiedeva per me un livello di libertà interiore simile a quello che si chiede quando si valutano le proprie relazioni familiari o aff ettive d’origine, tuttavia percepivo nell’esercizio una possibilità di cambiamento. L’esercizio, sebbene all’apparenza semplice, mi portava a rompere una serie di preconcetti e mi spingeva a farmi alcune domande rispetto alle relazioni che avevo con alcune persone di cui la faccia, come nel dipinto, non corrispondeva alla personalità. Ho da subito intuito che la strada che stavo percorrendo mi avrebbe portata ad aff rontare un profondo cambiamento interiore, spingendomi a modificare alcune relazioni, senza avere però ancora un sufficiente carico di autostima e consapevolezza delle mie capacità. Nell’esercizio inoltre ero condizionata dal fatto che avrei dovuto operare nell’ambiente dove per me era più difficile essere libera da condizionamenti ed eventuali critiche. Stavo vivendo una relazione difficile all’interno e ciò aggravava la mia posizione, nel tentativo di alzare la testa e modifi care qualcosa in modo autonomo. In quel momento affrontare l’idea di fare qualcosa da sola senza approvazioni richiedeva il coraggio il del Santo cavaliere. Avrei anche dovuto chiedere aiuto a mio marito per poter fare la sostituzione virtuale dei due volti raffigurati per poter realizzare l’esperimento. La mia debolezza interiore mi aveva portato ad evitare i conflitti, mettendomi nelle posizioni che ritenevo meno pericolose e spendendomi al massimo, senza però il coraggio di emergere. Arrivavo poi ad un livello di confusione simile all’ansia, perché alcune voci interiori più forti della mia valutavano il mio agire e quindi non ero mai libera nelle valutazioni. Nonostante questo panorama complicato sono riuscita a portare a termine l’esercizio.

Ho sovrapposto al viso poco coerente di quel cavaliere uno più deciso e virile in linea con la forza del San Giorgio raffigurato in un’altra opera dell’Amico Aspertini. Mi sono divertita e ho provato il piacere dell’andare oltre in modo autonomo, scoprendo così una mia caratteristica importante, che fino ad ora avevo tenuto ingabbiata per paura di chissà quali conseguenze immaginarie o semplicemente per paura di non essere accettata. Le intuizioni, il senso critico, certe idee di sintesi innovative e originali, mi sono sempre appartenute, ma mandavo sempre avanti altre persone, regalando loro meriti ed energie. Analizzando la stampa del fotomontaggio ho scoperto che l’immagine ottenuta sostituendo il volto ingenuo e infantile del San Giorgio con quello più virile e duro preso dall’altra opera, mi suscitava disagio. Sicuramente l’immagine ottenuta era più coerente al ruolo del santo, ma i miei condizionamenti mi impedivano di andare oltre ai miei preconcetti e ai miei vincoli mentali. L’attaccamento alla figura dura con l’armatura ma con il volto gentile e dolce di cuore, era per me l’immagine mentale della persona con cui vivevo relazioni di equivoco, insofferenza, e da cui mi sentivo oppressa, manipolata e squalificata; spesso duro, ma in realtà buono: la sua aggressività e durezza per me erano dovute solamente alle sue debolezze e difficoltà. Analizzando però l’immagine col volto virile del Santo mi ero resa conto che era più calzante ma allo stesso modo non mi piaceva e mi faceva paura. Grazie a questa analisi sono arrivata a capire che la persona con la quale ero in conflitto in realtà é un armato combattente che vuole primeggiare e ogni tanto indossa la maschera del dolce indeciso.

Grazie alle immagini ottenute dai fotomontaggi, é stato relativamente facile arrivare a capire il mio disagio e su questo ho iniziato a lavorare in profondità alla ricerca delle mie motivazioni. Mesi dopo, frequentando la scuola di counseling, ho pensato che come su di me le immagini e i loro messaggi avevano fornito dei modelli e delle visioni di cambiamento per andare oltre il proprio schema, potevano essere utilizzate opere d’arte per comunicare stati d’animo e altri modi di sentire oltre quelli consueti. Lo spostamento di posizione interna in questo caso partiva dall’invisibile, completamente schiacciata e appiattita sotto una serie di carichi, verso il delirante, nell’azione creativa e di distacco necessaria per effettuare e visualizzare dei cambiamenti. Alcuni mesi più tardi, pur avendo condotto su di me un percorso di cambiamento, mi trovavo spesso ad assorbire le tensioni trovandomi in posizione down, perché il mio atteggiamento da invisibile, umile e indifeso, prestava il fianco a critiche e a continui cambiamenti di programma con aggiunte di carichi di responsabilità e di lavoro senza avere mai una restituzione in termini di riconoscimento. Si accendevano così periodicamente conflitti pesanti con discussioni inutili. Avevo assolutamente bisogno di un modello interiore difensivo che schivasse i colpi e che mi facesse sentire protetta. Questa volta il professor Masini mi chiese per il giorno dopo di trovare un’immagine di un dipinto che mi potesse dare questi modelli mentali. Come sempre il cambiamento e la velocità della richiesta mi avevano generato paura e senso di inadeguatezza… ma ci provai. Il primo pensiero fu questo: se immagino l’avversario come un armato io devo trovare una eroina armata per raffrontarmi, tipo Giovanna d’Arco, questa però non mi faceva pensare protetta ma piuttosto costantemente esposta a battaglie stancanti… dovevo puntare più sulla strategia, la diplomazia,… perché no, la regalità. Inseguendo questo pensiero mi venne alla mente l’immagine della regina Elisabetta d’Inghilterra.

Erano due le immagini che avevo scelto, ma mi riconoscevo particolarmente in quella con l’abito nero per il modo meno disponibile e più decisionale con la mano in fianco ed il volto esposto a

tre quarti. Inoltre colsi l’occasione per leggermi la storia della regina, che per certi versi mi fu da incoraggiamento e modello. Ricordando solo le immagini non potevo sapere che la sua ascesa al potere fosse stata tanto faticosa ed ostacolata dalla sorte e dalla famiglia. La sua postura, l’abbigliamento, lo sguardo erano quello che ci voleva per me. Iniziai così ad “indossare” l’abito della regina e da subito percepivo in me un senso di struttura e di legittimità dei miei pensieri, che non mi ero mai data. Come in una posa teatrale il rinforzo di copione sulla personalità dell’avaro per me fu di grande cambiamento, per la possibilità di concedermi di essere autoreferenziale, per il controllo verso gli altri, per la misura e un certo distacco formale dalle situazioni. L’unica difficoltà reale fu il presentarsi di un certo mal di schiena dovuto alla nuova postura più eretta e laterale, risolto poi con esercizi di rilassamento. Acquisiti questi schemi mentali basta evocarli in modo da porsi velocemente nella posizione strutturata di cui si ha bisogno.

2. IL COUNSELING ARTISTICO

2.1 Aumento dell’affettività e consapevolezza attraverso la visione dell’opera d’arte.

La possibilità di un counseling artistico imperniato sul modello Prepos ha la sua radice nell’aumento dell’aff ettività e della consapevolezza attraverso la visione dell’opera d’arte e la successiuva discussione e investigazione ed interpretazione del vissuto della persona di fronte all’opera. L’aumento dell’affettività verso sé stessi e verso gli altri può essere ampliata semplicemente per imitazione, osservando scene in cui sono espressi atteggiamenti affettuosi ed atmosfere, paesaggi e personaggi carichi di affettività, e scegliendoli a modello. Osservare più volte un’opera che ci dà piacere o che risponde ad un immaginario di affettività che non abbiamo ricevuto può nutrire lo spirito nel trasferimento di quel modo su di noi, attraverso l’immedesimazione. Per trovarla bella bisogna che generi in noi una sorta di ammirazione e piacere, diversa per ognuno di noi

Chiedete a un rospo che cos’è la bellezza, il bello assoluto, il to kalòn. Vi risponderà che è la sua femmina, con i suoi due occhi rotondi sporgenti dalla piccola testa, la gola larga e piatta, il ventre giallo il dorso bruno. Interrogate un nero della nuova Guinea: il bello è per lui una pelle nera, oleosa, gli occhi infossati, il naso schiacciato. Interrogate il diavolo: vi dirà che la bellezza è un paio di corna, quattro artigli e una coda. Consultate infine i fi losofi: vi risponderanno con argomenti senza capo né coda; han bisogno di qualcosa conforme all’archetipo del bello in sé, al to kalòn. Assistevo un giorno a una tragedia seduto accanto a un filosofo. “Quant’è bella !”, diceva.” Cosa ci trovate di bello?” domandai. “ Il fatto “ rispose “ che l’autore ha raggiunto il suo scopo”. L’indomani egli prese una medicina che gli faceva bene” Essa ha raggiunto il suo scopo,” gli dissi, “ ecco una bella medicina!” Capì che non si può dire che una medicina è bella e che per attribuire a qualcosa il carattere della bellezza bisogna che susciti in noi ammirazione, e piacere. Convenne che quella tragedia gli aveva ispirato questi due sentimenti e che in ciò stava il to kalon, il bello. Facemmo un viaggio in Inghilterra: vi si rappresentava la stessa tragedia, perfettamente tradotta, ma qua faceva sbadigliare gli spettatori. “ OH! OH!” disse, “ il to kalon non è lo stesso per gli inglesi e per i Francesi”. Concluse dopo molte riflessioni che il bello è assai relativo, così come quel che è decente in Giappone è indecente a Roma e quel che è di moda a Parigi non lo è a Pechino; e così si risparmiò di comporre un lungo trattato sul bello1.

Io stessa quando avevo 16 e mi sono avvicinata alla pittura con il disegno dal vero e la riproduzione di dipinti antichi con la tecnica ad olio. Per fare le riproduzioni il maestro di pittura mi aveva richiesto di scegliere due immagini da copiare, era necessario scegliere un’immagine o una parte di un’opera d’arte da riprodurre. La scelta dell’immagine fu piuttosto difficile perché cercavo un brano di pittura che suscitasse in me piacere ed ammirazione… quindi bello. Pur conoscendo molte immagini di opere d’arte la ricerca per trovare un soggetto simile fu molto lunga e faticosa. Ma utile ai fini del lavoro perché poi la fase pratica dell’esecuzione della copia fu fonte di

1. Voltaire, Il bello in sé.

piacere. Durante l’esecuzione artistica in me si trasferirono senza particolare fatica, dei modelli di dolcezza ed eleganza comunicatemi dalle opere stesse. Guardando a ritroso le immagini scelte in quella precisa età osservo come essi off rivano dei modelli di aff ettività e di eleganza che sono stati per me un riferimento negli anni.” Nell’esecuzione pittorica della copia l’analisi d’insieme, e la ricostruzione dello stile, del disegno e dei tratti pittorici compresa l’imitazione della tecnica (olio, tempera, acquerello…) e la pennellata, portano il copista ad una analisi talmente profonda che al termine del lavoro si possono trasferire nella memoria i tratti principali di quelle opere che rimangono a modello impressi nella memoria.

2.2 L’opera d’arte come un mezzo specifico per la persona che favorisca il superamento di blocchi, sofferenze attraverso la visualizzazione Facendo la restauratrice mi trovo continuamente a contatto con opere d’arte di varie epoche, stili, soggetti, e livelli di raffinatezza pittorica. Da tutte traggo un nutrimento dello spirito, perché entro in relazione con ambiti, culture, significati, modi, contenuti e aneddoti della vita degli artisti che sono una fonte di contatto fuori dal tempo, estranea al senso del tempo e della velocità e limitatezza della vita umana, dal momento che le opere sopravvivono agli stessi autori. Per questo forse spesso mi dicono che sembro una persona fuori dal tempo storico in cui viviamo. In questi ultimi due anni sono state almeno tre le opere di elevata qualità pittorica che mi hanno fornito dei modelli di counseling artistico che vale la pena descrivere e condividere. In particolare la Madonna della Misericordia di Frà Bartolomeo,1505 firmata e datata conservata al museo Nazionale di villa Guinigi. Non conoscevo il significato della Madonna della Misericordia per la cultura del rinascimento italiano, questa iconografia è caratterizzata dalla presenza della Madonna al centro, che sotto il manto azzurro accoglie l’umanità, interessante come messaggio di speranza, nella direzione dell’auto accettazione: la Madonna ci protegge tutti, anche con i nostri difetti. Importante è anche il valore della parola: Misericordia=sentimento di profonda compassione che induce all’aiuto e al perdono Compassione=moto dell’animo, che porta a soffrire dei mali altrui come se fossero i nostri. Il sentire specifico è quello struggimento del cuore simile ad un dolore che spinge verso l’altro. Nonostante la bellezza del significato espresso dalla parola, in realtà durante la mia vicinanza fisica all’opera e la mia osservazione in profondità dei personaggi raffigurati e dei particolari pittorici sentivo crescere in me una profonda angoscia. Spesso le opere d’arte mi suscitano delle emozioni, ma qui io provavo una serie di turbamenti legati a delle tematiche che l’opera stessa mi poneva. Solo durante il restauro, grazie all’esecuzione di alcune indagini che mettono in evidenza il disegno preparatorio dell’artista, ho capito l’origine del mio stato di angoscia. L’umanità raffigurata include anche gli stati angosciosi dell’anima e le anime che potremmo dire del purgatorio, quelle raffigurate immediatamente al di sotto del manto della Madonna stessa sono raffi gurate come figure maschili accennate su toni scuri con occhi neri senza luce e espressioni del volto di angoscia e sofferenza. Essendo in secondo piano e nella zona in ombra non erano facilmente distinguibili e quindi entravano all’osservatore come emozioni dirette poco elaborate.

Particolare prima del restauro Indagine che evidenzia il disegno preparatorio (infrarosso B/N)

Mi interrogava inoltre la presenza all’interno del dipinto di tutte le stagioni dell’uomo: bambini, fanciulle, donne, uomini, anziani, fi gure potenti, perché sono tutti sotto la protezione della Misericordia? In fondo che bisogno hanno i giovani o i potenti…mi veniva da pensare, aprendo in me una profonda riflessione sul senso della vita, fragile ed esposta ogni giorno al dolore, e della morte unico momento certo. Sono queste quindi le domande implicite che mi apre la visione attenta dell’opera:

Colgo la presenza degli stati angosciosi in me e negli altri e come li vivo? Che senso ha in fondo l’esistenza, dal momento che siamo destinati a sperimentare la soff erenza, il dolore e la morte? Conosco per esperienza personale la misericordia?

Rispondere a queste domande, nel tempo aumenta la consapevolezza di sé sia a livello di sentire che cognitivo. Ogni domanda vede nella risposta due fasce parallele, che sono il valore teorico degli argomenti e quello emozionale personale e condiviso. Un altro aspetto importante è l’educazione visiva al senso di vicinanza e di calore umano espresso dal pittore nel contatto che hanno fra loro i personaggi; Il contatto può essere fisico, con tocchi di diversa intensità fra le persone, od oculare. Insegniamo ai bambini a parlare e a comportarsi e insegniamo con l’esempio l’aff ettività corporea. Cosa data per scontata e poco analizzata nelle diverse sfumature legate alle emozioni o ai sentimenti che muovono il corpo. Il modo di sfi orarsi di tutti i personaggi ci insegna la cura e l’attenzione l’uno per l’altro, una certa calma e serenità presumibilmente rinforzate dalla fede nella protezione della Madonna che i personaggi hanno. Quante volte riesco a diffondere il bene in questo modo? Presente a me stessa e senza fretta? L’eleganza e la dolcezza possono essere imparate come la parola dall’esercizio avendo dei modelli. L’arte può ampliare la casistica di modelli, posturali, di sguardo di intensità, fornendo modelli oltre quelli familiari, magari non sufficienti ad esprimere le varie sfumature del sentire. L’utilizzo dell’immagine per potenziare le affinità interne favorisce l’aumento dell’affettività. L’occasione di trovarmi di fronte all’opera della Madonna della Misericordia in un momento di riconciliazione con il mio passato familiare e personale mi ha fatto riflettere sul significato della parola Misericordia. Il sentire specifico è quello struggimento del cuore simile ad un dolore che spinge verso l’altro. Vedo in questa un collegamento per la lettura del mio passato nel tentativo di riordinare i ricordi e le sensazioni delle relazioni familiari che hanno caratterizzato la mia famiglia durante la mia ètà infantile prima della morte di mio padre avvenuta quando io avevo 12 anni. Mio padre è morto di infarto. Una componente che ho sentito importante nel collegamento con la vita di mio padre è il fatto che egli fosse oggetto di un conflitto tacito fra due sorelle e venisse strattonato da entrambe, non potendo mai verbalizzare i vissuti. La compressione emozionale è stata pesante e troppo prolungata negli anni. Vedo in questo una concausa importante per la sua scomparsa prematura. Al momento che lo vedo però già mi libero e sono compassionevole perché vedo i limiti personali di tutti e tre i protagonisti, sento il mio dolore di bambina e mi consolo usando Misericordia anche per me. Se vogliamo la Misericordia è l’opposto della compressione, scopre le pentole del nostro sentire, chiarisce e eleva Lei le nostre carenze. L’arte media perché libera e suggerisce delle emozioni, compie cioè una mediazione artistica. In questo caso è l’arte che apre delle porte e fa sentire delle cose prima che la mente le analizzi e le blindi, suggerisce emozioni che, se ascoltate, sono portatrici di piccoli e grandi cambiamenti. Sentire prima con il corpo l’emozione che passa attraverso un dipinto e poi rifletterci e anche meditarci è uno spunto importante per il cambiamento. Nel caso della Madonna della Misericordia per me è stata l’angoscia di sentire un malessere e non capire la provenienza, tensioni non chiarite malessere e angoscia dei non detti sono stati fisicamente riconoscibili per una tensione all’addome e ad un senso di paralisi e pesantezza, che mi suggerisce una voglia di distacco e di presa di distanza. Quindi quando sentirò quella precisa sensazione nella mia vita relazionale potrò individuarla e cercare di uscire da un senso di insofferenza e di equivoco, sapendo che quello che sento sta nella realtà e non viene da mie immaginazioni.

2.3 Lettura di un’opera secondo le affinità

All’interno di un’opera, inoltre, possono essere individuati sapori e particolari diversi, utili ad ogni idealtipo perché ad esso estranei, ma affini. La stessa Madonna della Misericordia potrebbe essere analizzata anche pensando alle emozioni che stanno alla base della costruzione degli idealtipi come un’immagine di impronta adesiva, per l’affettività che esprime, avara per la costruzione prospettica con una componente apatica soprattutto nella lentezza del fare e nella torsione morbida dei personaggi e in un senso di eleganza e pace che contagia l’osservatore. È quindi possibile utilizzare questa immagine per contenere un temperamento sballone nello schema preciso del pavimento, per lo sballone e il delirante essa può saziare aff ettivamente nell’osservazione dell’aff ettività espressa come continui tocchi ed abbracci dei personaggi, il delirante viene catturato inizialmente anche dai contenuti concettuali dell’opera e poi può entrare anche in un modello relazionale corporeo che sta nel contatto dei corpi amoroso. Far percepire l’accettazione per la debolezza e l’impronta del coraggio nella figura della Madonna all’invisibile. L’adesivo potrebbe essere attratto dalla figura di Gesù Redentore, che avvolge la scena in alto, creando un coinvolgimento emotivo interessante e anche per l’avaro che può fi nal-mente concedersi di allentare il controllo sotto l’ala avvolgente di Dio. L’apatico potrebbe provare un completamento nell’osservazione del pavimento ben definito e disegnato ripartito in disegni geometrici e il ruminante percepire la lentezza e la pacatezza dell’insieme dell’opera, trovando un senso di calma.

2.4 Immagini a protezione dell’umanità

Gregorio Magno poteva scrivere che “ la pittura serve agli analfabeti come la scrittura per chi sa leggere”; oggi viceversa la sua lingua pare riservata agli eruditi. Chi visita i musei e i luoghi d’arte rischia purtroppo di perdere una parte importante del messaggio delle opere d’arte che raffigurano scene sacre: non si comprendono più l’identità dei personaggi, il senso dell’azione lo svolgimento degli episodi il motivo della presenza (spesso apparentemente incongrua) di “ attributi” particolari. Eppure proprio negli ultimi anni si assiste a un generale crescente interesse intorno ai temi della spiritualità e alle figure della storia, della contemplazione e dell’azione mistica. Interessarsi alle raffigurazioni e ai significati simbolici che stanno nella descrizione delle azioni dei numerosi santi può fornire un insieme di notizie, dati aneddoti vicende storiche intorno ai santi in cui le scritture agiografi che si uniscono alle tradizioni popolari, le leggende sacre alla realtà quotidiana. Molti dei temi trattati intorno alla sofferenza alla vita e alla morte sono ancora attuali e utilizzabili come modelli di riferimento per il superamento di soff erenze, offerte di protezione, difesa, supporto di coraggio, accoglienza e aff ettività. Utilizzare la peculiarità dei santi come un intervento educativo nella direzione di sostenere, confortare, dare pace, proteggere, infondere coraggio può servire come strumento a disposizione di un counselor con un cliente. Io stessa ho sperimentato la possibilità di off rire riparo e conforto attraverso la scelta di un’immagine appropriata per una persona a me cara, che chiedeva un’immagine che rispondesse ad un bisogno di giustizia e di difesa, per superare una sofferenza interna dovuta a violenze subite durante i primi due anni di vita. Ritrovare nella Madonna del Soccorso (la Madonna che difende un bambino con un bastone levato per percuotere il demonio) ha fornito alla persona un rifugio ed un senso di giustizia riconosciuto per se e per quei molti bambini che nei secoli sono stati oggetto di violenze. La difesa operata dalla Madonna è fisica e decisa, per questo potente, contraria a quel modo buono e sdolcinato di vedere i santi spesso lontani dl sentire terreno.

2.5 La Croce di Santa Giulia: il recupero del coraggio Un altro esempio di intervento per l’aumento della consapevolezza e la presa di coraggio è quello fornitomi dal restauro della Croce di Santa Giulia, sec. XII, Lucca

Croce di Santa Giulia, sec. XII, Duomo di Lucca

La Croce di Santa Giulia è stata importante nel mio percorso di recupero del coraggio e della fede. In un momento di delusione rispetto alla morale cattolica e di allontanamento mi sono trovata di fronte ad un vero e proprio Vangelo dipinto, dal quale ho ricevuto un senso di benessere e di speranza nel senso della vita, nella fiducia nella resurrezione e nella certezza che è Cristo che ci salva. Il contatto fisico durante il restauro con l’opera per almeno nove mesi ad una distanza ravvicinata mi suscita sempre delle sensazioni corporee più o meno forti. Nella mia esperienza di restauratrice ho già restaurato almeno quattro croci medioevali e quattro croci dipinte leggermente più tardi, intorno al XIV e XV secolo. Questa di Santa Giulia (chiesa di S. Giulia di provenienza dell’opera) è caratterizzata da un supporto di castagno molto spesso e rozzo e da una raffi natezza tecnica e pittorica di esecuzione molto vicina ad una miniatura. Si presentava molto danneggiata dal punto di vista estetico. Già i materiali utilizzati: in particolare il castagno, legno a cui sono legata per le origini montane della famiglia di provenienza, e la tecnica a tempera ad uovo con fondo oro punzonato e decorato con motivi floreali con l’utilizzo di pigmeti preziosi mi suscitavano un senso di piacere e benessere. Il pensiero poi che l’opera fosse stata oggetto di devozione per quasi mille anni, essendo data alla fine del 1100, mi poneva in un atteggiamento di rispetto e calore comunitario e di collegamento nel tempo che mi fa pensare alla “Comunione dei Santi”. In questa dimensione personale la presenza di una particolare scena dove è raffi gurato l’Angelo che annuncia che “Cristo è risorto” al piccolo gruppo delle donne, mi ha suscitato un senso di serietà e fermezza convincenti, il magnetismo dello sguardo dell’angelo è indubitabile e mi ha saziato. Da quel momento per me quell’Angelo è la raffigurazione della mia fede.

Particolare della Croce di Santa Giulia Durante il restauro poi ho avuto la possibilità di recuperare un brano pittorico di particolare importanza: il recupero della scena raffigurante il diniego di Pietro. Questo frammento di scena era peraltro sconosciuto perché posto al di sotto di una barra metallica apposta per il posizionamento della croce sospesa al centro della navata centrale del Duomo di Lucca. Si può leggere la fi gura femminile che denuncia, affacciata ad un terrazzino e sotto una tettoia di disegno prettamente toscano, e l’aureola di Pietro e la sagoma del gallo che canta tre volte.

Particolare della Croce di Santa Giulia

Dell’immagine di Pietro purtroppo rimane solo l’aureola dorata, perché l’opera è stata resecata per adattarla ad un nuovo luogo di collocazione. Questa scena che il fedele si trovava vicina in ordine di distanza, per la collocazione su un altare, mi ha dato la personale sicurezza del senso di difficoltà quotidiano nella lotta per scegliere il bene. Nonostante tutto il male c’è e la tentazione e il tradimento ci sono, ma alzando di poco gli occhi più in alto subito incontriamo Cristo che ci solleva e ci sostiene con sguardo intenso, è Lui che ci salva. La presenza però di questa marcata lacuna ovvero la mancanza dell’occhio sinistro, l’occhio dell’affettività, mi ha sempre disturbato. Per motivi di continuità storica e per non cancellare la memoria dell’episodio che in passato ha provocato quest’incidente non è stato possibile intervenire con la ricostruzione della lacuna. Per questo con la direzione dei lavori abbiamo optato per una integrazione a neutro che si intonasse ai contorni della lacuna. Ciò nonostante ho effettuato un intervento di integrazione e di ricostruzione dell’occhio, che in parte ha scosso la comunità scientifica, intervento coraggioso perché non richiesto dalla direzione dei lavori e quasi temuto per gli effetti che avrebbe potuto sortire sulla comunità dei presenti durante la presentazione del restauro.

Nonostante questo ho portato avanti l’idea di eff ettuare una ricostruzione dell’occhio virtuale e l’ho presentata il giorno della presentazione del restauro suscitando un certo movimento all’interno del pubblico. Se penso a quel Cristo trionfante lo penso con l’occhio ricostruito e su di me ha un effetto paterno, lo sguardo del Padre.

3. IL MODELLO PREPOS NEL COUNSELING ARTISTICO

3.1 Costruzione di un questionario di counseling artistico

Per costruire il questionario di counseling artistico è stata innanzitutto effettuata una ricerca tesa a trovare un’opera d’arte rappresentativa per ogni idealtipo. Si è poi abbinato ad ogni immagine alcuni aggettivi significativi per l’idealtipo di appartenenza, di valore positivo e negativo. Ogni immagine è stata poi proiettata su uno schermo ad un gruppo di persone, dando alcuni secondi di tempo perché ognuno sentisse le emozioni suscitate segnasse gli aggettivi suscitati dall’immagine stessa. Si è poi confrontato il grafo di personalità di ogni partecipante con quelli del grafo di counseling artistico. Per trovare un immagine che avesse una rispondenza con le tipologie di personalità dei sette idealtipi è stato necessario assimilare il più possibile le caratteristiche di comportamento di ogni idealtipo e cercare di individuare un linguaggio artistico traducibile sia in stili, tecniche artistiche e significati interni all’immagine. Il primo intervento di ricerca è stato condotto nel panorama artistico europeo attraversando epoche varie e scegliendo opere di genere figurativo. Durante la ricerca avevo cercato di trovare alcuni elementi stilistici che facessero risaltare i tratti salienti della personalità.

Queste le opere scelte:

Il cambiavalute e sua moglie - Q. Metsys 1514

Avaro, emozione della paura, controllo: presenza del disegno, tecniche pittoriche legate all‘attenzione del dettaglio, spazi ben definiti, ritmo costante, parti ben contrastate fra i toni chiari e gli scuri, lettura del particolare. Stili e tecniche: uso del disegno geometrico, la prospettiva, ripartizione simmetrica dello spazio, soggetti statici tecniche varie utilizzate in modo meditato, spazio misurato intorno al soggetto principale.

Il Quarto Stato, Pellizza da Volpedo 1901

Ruminante, emozione della rabbia, attivazione: pennellate corpose di colore, vibrazione cromatica, spazi ampi, grandi contrasti accentuati fra chiari e scuri presenza di tinte terrose, movimento e poco senso del disegno, predominanza del colore. Stili e tecniche: uso della scultura, dell‘intaglio e pittura con linee spezzate movimenti ripetuti con colore dato a spessore.

La tempesta, Giorgione, 1507

Delirante, emozione del distacco, controllo e attivazione: alternanza di parti disegnate e dipinte, una calma apparente, atmosfere quasi da sogno, temi intellettualmente alti, parti più contrastate ed altre sfumate, variazione del ritmo della pennellata e della tensione cromatica, non simmetria ma varietà. Stili e tecniche: uso del disegno libero e geometrico insieme, spazi ampi. Tecnica del collage o ad olio, acrilico.

Autoritratto, Jan Steen 1650 circa

Sballone, emozione del piacere, arousal: presenza di molte onde e parti sinuose, poca presenza del disegno e della definizione degli spazi, passaggi graduali e lenti fra i chiari e gli scuri, tratto molto sfatto e insistito. Stili e tecniche: l‘acrilico, l‘olio.

Une baignade ŕ Asničres, Seurat, 1884

Apatico, emozione della quiete, controllo, attivazione e arousal molto sottotono: Arie rarefatte, ritmi lenti toni chiari timbro pulito, poco movimento, tecniche con poco corpo e la luce e la lentezza sono dominanti, contrasti degradanti. Stili e tecniche: uso del disegno geometrico, puntinismo, l’olio steso con pennellate uniformi e lente, il mosaico, i fondi oro, la miniatura, il ricamo.

Giorgio Morandi, 1956

Invisibile, vergogna, arousal e controllo: presenza della pennellata piuttosto insistita, vibrazione del tratto, impostazione statica molte sfumature e presenza di grigi, gli oggetti raffi gurati appaiono piccoli rispetto all‘ambiente circostante, tematiche umili nei soggetti, presenza di molte sfumature e mezze tinte. Stili e tecniche: uso del disegno libero, l‘acquerello, il gessetto, ma anche l’olio a velatura o con tratto vibrante.

Giuseppe Gavazzi, La Grande Madre, 2005

Adesivo, attaccamento, arousal e attivazione: colori pieni e tono caldi figure tonde e volumi ben definiti, tinte calde e contrasti mitigati, la rotondità della scultura, poco spazio intorno tinte piene, poche sfumature. Stili e tecniche: uso del disegno libero, la scultura, la manipolazione della creta ed il colore applicato con tinte piene.

SCHEMA CIRCOLARE

QUESTIONARIO DI ART COUNSELING

Data: ________________________________ La compilazione della scheda va di pari passo con la visione di alcune opere d’arte, pertanto si prega di apporre le crocette nel momento in cui verranno proiettate le immagini, intanto è possibile inserire: Sigla del compilatore (nome o nick name o soprannome…)____________________________ e-mail (per mantenere un contatto diretto)_________________________________________ Inserire UNA crocetta accanto all’emozione corrispondente

Che effetto ti fa?
FOTO n. 1 Il cambiavalute e sua moglie Quentin Metsys 1514 Louvre - cm. 71x67 A B C D E F G Volubilità Superfi cialità Fusionalità Generosità
Pigrizia Demotivazione Quiete Rilassamento
Inadeguatezza Inferiorità Discrezione Sensibilità
Insaziabilità Dipendenza Aff ettuosità Premura
Controllo Possesso Cura Attenzione
Irritazione Rabbia Volontà Impegno
Distacco Solitudine Intuizione Libertà
Che effetto ti fa?
FOTO n. 2 Il Quarto Stato Pellizza da Volpedo1901 Galleria d’Arte Moderna Milano - cm. 293x545 A B C D E F G Volubilità Superfi cialità Fusionalità Generosità
Pigrizia Demotivazione Quiete Rilassamento
Inadeguatezza Inferiorità Discrezione Sensibilità
Insaziabilità Dipendenza Aff ettuosità Premura
Controllo Possesso Cura Attenzione
Irritazione Rabbia Volontà Impegno
Distacco Solitudine Intuizione Libertà
Che effetto ti fa?
FOTO n. 3 La tempesta Giorgione, 1507 Galleria dell’accademia Venezia - cm. 83x73 A B C D E F G Volubilità Superfi cialità Fusionalità Generosità
Pigrizia Demotivazione Quiete Rilassamento
Inadeguatezza Inferiorità Discrezione Sensibilità
Insaziabilità Dipendenza Aff ettuosità Premura
Controllo Possesso Cura Attenzione
Irritazione Rabbia Volontà Impegno
Distacco Solitudine Intuizione Libertà
Che effetto ti fa?
FOTO n. 4 Autoritratto Jan Steen 1650 circa. - cm. 54x44 A B C D E F G Volubilità Superfi cialità Fusionalità Generosità
Pigrizia Demotivazione Quiete Rilassamento
Inadeguatezza Inferiorità Discrezione Sensibilità
Insaziabilità Dipendenza Aff ettuosità Premura
Controllo Possesso Cura Attenzione
Irritazione Rabbia Volontà Impegno
Distacco Solitudine Intuizione Libertà
Che effetto ti fa?
FOTO n. 5 Une baignade à Asnières Seurat, 1884 National Gallery, Londra - cm 201 x 301 A B C D E F G Volubilità Superfi cialità Fusionalità Generosità
Pigrizia Demotivazione Quiete Rilassamento
Inadeguatezza Inferiorità Discrezione Sensibilità
Insaziabilità Dipendenza Aff ettuosità Premura
Controllo Possesso Cura Attenzione
Irritazione Rabbia Volontà Impegno
Distacco Solitudine Intuizione Libertà
Che effetto ti fa?
FOTO n. 6 Giorgio Morandi, 1956 Collezione Giovanardi, Rovereto cm. 40,5x35,4 A B C D E F G Volubilità Superfi cialità Fusionalità Generosità
Pigrizia Demotivazione Quiete Rilassamento
Inadeguatezza Inferiorità Discrezione Sensibilità
Insaziabilità Dipendenza Aff ettuosità Premura
Controllo Possesso Cura Attenzione
Irritazione Rabbia Volontà Impegno
Distacco Solitudine Intuizione Libertà
Che effetto ti fa?
FOTO n. 7 La grande madre III Giuseppe Gavazzi, 2005 Pistoia - cm. 220x65 A B C D E F G Volubilità Superfi cialità Fusionalità Generosità
Pigrizia Demotivazione Quiete Rilassamento
Inadeguatezza Inferiorità Discrezione Sensibilità
Insaziabilità Dipendenza Aff ettuosità Premura
Controllo Possesso Cura Attenzione
Irritazione Rabbia Volontà Impegno
Distacco Solitudine Intuizione Libertà
FOTO n. 1 Risposte A Risposte B Risposte C Risposte D Risposte E Risposte F Risposte G
n. n. n. n. n. n. n.
FOTO n. 2 Risposte A Risposte B Risposte C Risposte D Risposte E Risposte F Risposte G
n. n. n. n. n. n. n.
FOTO n. 3 Risposte A Risposte B Risposte C Risposte D Risposte E Risposte F Risposte G
n. n. n. n. n. n. n.
FOTO n. 4 Risposte A Risposte B Risposte C Risposte D Risposte E Risposte F Risposte G
n. n. n. n. n. n. n.
FOTO n. 5 Risposte A Risposte B Risposte C Risposte D Risposte E Risposte F Risposte G
n. n. n. n. n. n. n.
FOTO n. 6 Risposte A Risposte B Risposte C Risposte D Risposte E Risposte F Risposte G
n. n. n. n. n. n. n.
FOTO n. 7 Risposte A Risposte B Risposte C Risposte D Risposte E Risposte F Risposte G
n. n. n. n. n. n. n.

3.2 Risultati ed interpretazione

Mettendo in relazione i grafi di personalità prepos con le risposte al questionario di counseling artistico, risulta che vi sia una coerenza di lettura per affinità: le immagini e i processi visivi sono congruenti con i punteggi sulla base delle affinità delle persone. Ovvero le immagini sono più definibili quanto più sono affi ni alla persona. Poiché le affinità rappresentano, per così dire, un’evoluzione positiva per la persona, il lavoro di art counseling consiste proprio nel favorire il proiettarsi del cliente in quell’immagine, in modo da aiutarlo ad acquisire quelle caratteristiche che non possiede, ma che lo porrebbero in una posizione di maggiore affi nità, espandendone l’affettività e la consapevolezza. È quindi possibile partire con un percorso di immagini in affi nità, fino ad arrivare alla lettura di immagini con caratteristiche vicine alle tipologie in opposizione, meno conosciute.

DATI

Riporto di seguito l’analisi delle correlazioni tra i grafi individuali e i punteggi di percezione delle immagini2.

DE/SB -0,38701 ADIA

AV/RM -0,17799 ADIA
SB/AP -0,16066 ADIA
DE/RM -0,12625 ADIA
AD/AV -0,11161 ADIA
RM/AV -0,05767 ADIA
AP/IN 0,043779 ADIA
AD/IN 0,07248 ADIA
IN/AP 0,099235 ADIA
AV/AD 0,122559 ADIA
IN/AD 0,152006 ADIA
SB/DE 0,216196 ADIA
AP/SB 0,362734 ADIA
RM/DE 0,472124 ADIA 0,51993
AV/AV -0,2307 RIFL
AD/AD -0,21446 RIFL
SB/SB -0,18473 RIFL
AP/AP -0,15916 RIFL
IN/IN -0,13074 RIFL
RM/RM -0,12595 RIFL
DE/DE 0,386443 RIFL -0,65929
AP/AV -0,38281 AFF
IN/DE -0,2684 AFF
AD/DE -0,25377 AFF
SB/AD -0,09855 AFF
DE/IN 0,014966 AFF
DE/AD 0,050032 AFF
RM/AP 0,108588 AFF
IN/RM 0,121882 AFF
SB/AV 0,122876 AFF
RM/IN 0,134639 AFF
AD/SB 0,23053 AFF
AP/RM 0,231526 AFF
AV/SB 0,255932 AFF
AV/AP 0,294616 AFF 0,562062

2. Per la distinzione tra affi nità, adiacenze, riflessività e opposizioni rimando al capitolo 3 del manuale Dalle emozioni ai sentimenti

Il counseling artistico

AP/DE -0,4487 OPP
RM/SB -0,29886 OPP
AV/IN -0,29831 OPP
AV/DE -0,23131 OPP
IN/AV -0,21935 OPP
AD/AP -0,19507 OPP
AP/AD -0,10933 OPP
DE/AP -0,00608 OPP
RM/AD 0,038286 OPP
SB/RM 0,054024 OPP
AD/RM 0,069222 OPP
IN/SB 0,177972 OPP
SB/IN 0,200294 OPP
DE/AV 0,588616 OPP -0,67859

OPP -0,67859 ADIA 0,51993 AFF 0,562062

MEDIE

DE/SB -0,38701 ADIA
AV/RM -0,17799 ADIA
SB/AP -0,16066 ADIA
DE/RM -0,12625 ADIA
AD/AV -0,11161 ADIA
RM/AV -0,05767 ADIA
AP/IN 0,043779 ADIA
AD/IN 0,07248 ADIA
IN/AP 0,099235 ADIA
AV/AD 0,122559 ADIA
IN/AD 0,152006 ADIA
SB/DE 0,216196 ADIA
AP/SB 0,362734 ADIA
RM/DE 0,472124 ADIA 0,037138
AV/AV -0,2307 RIFL
AD/AD -0,21446 RIFL
SB/SB -0,18473 RIFL
AP/AP -0,15916 RIFL
IN/IN -0,13074 RIFL
RM/RM -0,12595 RIFL
DE/DE 0,386443 RIFL -0,09418
AP/AV -0,38281 AFF
IN/DE -0,2684 AFF
AD/DE -0,25377 AFF
SB/AD -0,09855 AFF
DE/IN 0,014966 AFF
DE/AD 0,050032 AFF
RM/AP 0,108588 AFF
IN/RM 0,121882 AFF
SB/AV 0,122876 AFF
RM/IN 0,134639 AFF
AD/SB 0,23053 AFF
AP/RM 0,231526 AFF
AV/SB 0,255932 AFF
AV/AP 0,294616 AFF 0,040147
AP/DE -0,4487 OPP
RM/SB -0,29886 OPP
AV/IN -0,29831 OPP
AV/DE -0,23131 OPP
IN/AV -0,21935 OPP
AD/AP -0,19507 OPP
AP/AD -0,10933 OPP
DE/AP -0,00608 OPP
RM/AD 0,038286 OPP
SB/RM 0,054024 OPP
AD/RM 0,069222 OPP
IN/SB 0,177972 OPP
SB/IN 0,200294 OPP
DE/AV 0,588616 OPP -0,04847
RIFL -0,09418
OPP -0,04847
ADIA 0,037138
AFF 0,040147

Ciò significa che la percezione di un’immagine che riflette il sé e la percezione di un’immagine relativa ad un copione in opposizione al proprio è negativa (ovvero c’è un correlazione inversa, come dire che quella immagine non la definisco per quello che è nella proposta del test e nella media delle risposte). Quando le immagini sono adiacenti al copione personale (o meglio al punteggio di ciascun copione) la correlazione è positiva. Il massimo di correlazione positiva si ottiene con le immagini e con le loro defi nizioni affi ni al tipo. In altre parole: ciascuna persona ha diversi punteggi sui diversi assi del grafo. Tali punteggi si muovono in sintonia con le definizione delle immagini poste in affinità o in adiacenza con i valori dei diversi assi. Non sono in sintonia ma hanno una correlazione inversa con le definizioni di tipo rifl essivo o oppositivo. Ciò significa che ciascun tipo ha una risonanza non conforme con alcuni tipi di immagini e di loro definizioni in funzione del suo particolare copione. E cioè non riconosce (e quindi non gradisce) immagini e definizioni di immagini che sono in riflessività o in opposizione con lui. Ciò implica un lavoro per ampliare la visione del manufatto artistico al fine di estendere la percezione artistica visiva e contribuire alla crescita. Per fare ciò il counselor deve spiegare ed aprire alla comprensione emozionale di quelle immagini il cliente. Immagine verso cui il cliente ha una particolare resistenza. Come chi detesta andare al mare perché non ha mai avuto il coraggio di imparare a nuotare. Il fare è aprire al nuovo.

3.3 Giro del cerchio con opere contemporanee

Mondrian

Wassily Kandinsky

Joan Miro

Paul Klee

Wassily Kandinsky

Henri Matisse Henri Matisse

3.4 Opere d’arte per il superamento delle opposizioni interne Se riusciamo a raccogliere alcune opere d’arte rappresentative per ogni tipologia di personalità, costruendo una sorta di catalogo per ogni tipologia di personalità, potremmo utilizzare la visione approfondita dell’opera giusta come strumento per l’equilibrio emozionale e per il superamento dei confl itti interni. Studiando la rispondenza fra i grafi di personalità e quelli artistici abbiamo osservato con grande entusiasmo che il riconoscimento delle opere è marcato con le opere in affi nità, ciò signifi ca che ad esempio una personalità delirante riconosce perfettamente le caratteristiche dei suoi affini adesivo e invisibile, o meglio delle opere con tratti e stili riconducibili alla personalità a lui affini. Se quindi entra in contatto con opere di stile invisibile o adesivo queste hanno su di lui un eff etto di aumento della dialogicità interna e di riconoscimento interno, lo tolgono quindi da un eccesso di distacco dalla realtà fisica e da una eccessiva mentalizzazione per riportarlo in una zona più centrata del suo essere. Potrebbe essere interessante quindi offrire un catalogo di immagini come strumento ad un counselor per entrare in contatto con un cliente ed offrire modelli che favoriscano lo spostamento di un copione conosciuto ad un altro a lui affine. La visione dell’opera l’arte rispondente a caratteristiche estetiche e in affinità con la persona può aiutare più di mille parole una persona a centrarsi e ad uscire da situazioni di confl itto interne. Trovare per ogni conflitto interno l’immagine che aiuta a trovare saggezza, coraggio, libertà, piacere, pace, umiltà, affetto e nutrimento ha un effetto immediato di cambiamento molto più veloce di un’azione che fa leva solo su una comunicazione verbale. Quanto già osservato per la creazione di un modello di counseling musicale basato sul modello Prepos è del tutto valido anche per l’arte visiva. Di seguito, pertanto, parafraso le osservazioni già emerse per la musica, inserendo le opportune immagini. “L’esperienza in cui la visione di un’opera d’arte, di una foto, di un film ci ha aiutato a ristabilire un miglior equilibrio interno a svincolarci da posizioni interne di conflitto o comunque a spostarci emozionalmente è tanto diffusa quanto spesso casuale. Vale la pena quindi di tentare di cogliere e delineare le situazioni in cui ciò accade.”

Henri Matisse

Se vivo un momento di forte ansia e di eccesso di controllo ho bisogno di tranquillizzarmi di trovare la pace e la calma ma al tempo stesso ritrovare anche nel coinvolgimento emotivo lo slancio e la leggerezza, per questo le immagini che avranno su di me un eff etto benefico saranno quelle che hanno l’effetto di calmarmi e di coinvolgermi.

Nativitò Amico Aspertini

Se invece sono eccessivamente acceso, sospinto verso l’azione con un’intensità forte ma poco mirata ho bisogno di ripossedere la mia calma interiore per poter direzionare le mie energie in modo efficace, perciò mi daranno benessere immagini che, spengendomi, mi aiutino a seguire in profondità le mie percezioni.

Klimt L’abbraccio

Se sto dissociandomi e disperdendomi mentalizzando tutto a scapito della semplicità e del sentire ho bisogno di immagini che mi unifichino, che restituendomi il contatto con il mio sentire mi

facciano uscire da una vita mentale divenuta eccessivamente vorticosa, ma che abbiano anche un chiaro sapore affettivo capace di contenere la mia dispersione.

Madonna in Trono, Giotto

Se sono in bilico tra l’euforia e l’angoscia, tra la tensione al piacere e ad emozioni intense e la malinconia della separazione devo prima essere avvolto e contenuto da dense in modo da placare l’angoscia, per poi riacquisire controllo e poter ripartire attraverso opere più strutturate con un preciso ritmo costruttivo.

Disegno, Amico Aspertini

Quando mi sento demotivato ed astenico ho invece bisogno di opere che mi attivino motivandomi e dandomi una carica interna.

San Giovanni Battista, Jacopo della Quercia

Se non mi sento all’altezza, bloccato nel mio dolore e nel senso del limite, con senso di vergogna e di inferiorità devo osservare intensamente opere che mi infondano coraggio e che aiutandomi a distaccarmi e quindi a guardarmi dall’esterno mi spingano a trovare fiducia in me stesso.

Natività, Amico Aspertini

Quando sono alla ricerca affannosa di qualcosa che mi sazi senza trovar pace il bisogno di attaccamento può essere superato osservando opere o immagini che mi facciano sperimentare la possibilità e la bellezza di star soli, di gustare la propria identità riaccendendomi il gusto di vivere.

Venire a contatto con un’immagine giusta al momento giusto può quindi fornire le risorse per uscire da una posizione emozionale di opposizione che depotenzia la nostra aff ettività interna ad una di affinità. Potemmo quindi selezionare o definire alcune immagini suddividendole per idealtipi così da fornire una specie di catalogo visivo all’interno del quale ciascuno possa trovare almeno un’immagine ad oc. Le opere d’arte mi aiutano a mettermi nella posizione relazionale che mi serve in quel momento. Le opere quindi possono valere come azioni di incoraggiamento e di responsabilizzazione, e ravvivare così una dialogicità interna bloccata qualora si stia vivendo una dinamica di evitamento. Sostenere e tranquillizzare riaprendoci all’emozionalità di una posizione di disponibilità, la dove si viva una insoff erenza interna. Riportarci ad una posizione di maggior tranquillità e realismo attraverso un’azione di sostegno e gratifi cazione affettiva capace di aiutarci ad uscire dalla deprimente dinamica della delusione. Può altresì incoraggiarci ed aiutarci a raggiungere il grado di imperturbabilità necessario ad acquisire un’ottica più distaccata spostandoci da una posizione interna di fastidio ad una di integrazione. Anche il logoramento interno può trovare nell’avvolgimento affettivo e nel ritmo ordinato e costante di una ascolto una via per risolversi in una dinamica di incontro. Un’opera che tranquillizza e al tempo stesso e ci coinvolge emozionalmente può spostarci dall’opposizione interna dell’equivoco a quella del riconoscimento. Ed infine attraverso il raggiungimento di una giusta distanza e il coinvolgimento emozionale veicolato da un’immagine è possibile rimettersi in moto verso l’azione superando con la mediazione il blocco di un incomprensione interna. Le esperienze a cui si fa riferimento sono quei piccoli movimenti interni capaci di alterare il nostro umore spesso senza che un referente esterno si facilmente individuabile, l’immagine giusta per quel periodo o momento può modificare l’armonia interna su cui si incardina il nostro umore e quando ciò accade si ha un’esperienza piena e consolante che come già detto rientra a pieno nell’ambito arteterapico.

3.5 Ermeneutica del restauro, il restauro come pre-visione

Come restauratrice trovo che vi siano molti aspetti in comune fra alcune tecniche di restauro di opere d’arte e l’approccio con un cliente durante un intervento di counseling. L’obiettivo del restauro è la conservazione e la valorizzazione dell’opera d’arte. Ogni opera è un pezzo unico e pur essendo simile ad altre ha la sua personale realtà potremmo dire “identità” costituita da: materiali costitutivi, forza espressiva, tecniche d’esecuzione, interventi precedenti, ambiente di conservazione. Per stendere un progetto di restauro è opportuno avere una serie di informazioni sulla tipologia di tecniche e opere diffuse e conoscere qual è la condizione media di una opera in equilibrio. Qual è la costruzione e la tecnica esecutiva tipica di un dipinto su tela rinascimentale toscano, piuttosto che un dipinto su tela rinascimentale veneto, come basi per un orientamento, pur sapendo che nell’insieme generale vi sono sempre variazioni e stili diversi. Riconoscere cioè che l’opera è costituita da materiali diversi che stanno in un sistema fra loro (ognuno deve svolgere la sua funzione) e che questo sistema è condizionato dal microclima di conservazione.

La struttura di un’opera dipende dalla scelta iniziale da parte dell’artista dei materiali, dalla tecnica esecutiva e dagli interventi successivi che nel suo tempo vita hanno pesato sullo stato di conservazione. Per la parte pittorica la forza e la bellezza dell’opera devono essere riconosciute dal restauratore andando oltre alla valutazione generale, ma osservando tutti i particolari tecnici e stilistici in modo da individuare eventuali strati successivi come patine o ridipinture applicate nel tempo

o alterazioni dovute all’invecchiamento dei materiali che tolgono forza, freschezza o equilibrio all’opera. L’intervento del restauratore deve essere minimo, ma sufficiente a ristabilire l’equilibrio materico ed estetico dell’opera. Per individuare le caratteristiche di un opera è molto importante osservarla con la massima attenzione trattenendo sia le informazioni oggettive che le impressioni. Se c’è qualche particolare che non convince, sia per quanto riguarda la tecnica esecutiva che per quello che riguarda la parte pittorica (originalità delle stesure presenti sulla superficie), è opportuno verificare le impressioni con test e indagini. Bisogna tenere presente poi l’ambiente di collocazione dell’opera cioè da dove arriva e dove sarà ricollocata in modo da orientare il progetto anche in funzione del microclima dell’ambiente di restituzione dell’opera.

Durante la stesura del progetto di restauro è importante avere alcuni incontri con le opere molto intensi di massima concentrazione, ma di durata temporale non oltre le due ore, ripetuti poi a distanza di tempo in modo da mantenere alta la capacità di coglimento dei particolari generata dall’osservazione di una cosa nuova. Fissare nella memoria i dettagli di stile di un opera è fondamentale per immaginare il livello di restituzione al termine del restauro. Conoscere lo stile, la pennellata, il disegno, le sfumature e i contenuti iconografici dell’immagini oltre che la storia particolare sono elementi fondamentali per poter intuire le potenzialità di cambiamento. Capire i punti critici sia matrici che estetici di squilibrio dai quali iniziare con l’intervento. Partire dal disagio immediato ed effettuare interventi che gradatamente riportino in equilibrio i materiali costitutivi e la parte dipinta. Nel restauro è importante non ostinarsi ad ottenere risultati teorici ma partire da quello che c’è affrontando le problematiche in modo organico. Quale può essere il livello di miglioramento che posso raggiungere al termine del restauro? Quali sono le cose indispensabili da risanare? Quali i punti di forza estetici da valorizzare? Durante la lavorazione è importante tenere presente il progetto, ma anche avere la capacità di variare repentinamente l’intervento qualora l’opera desse risposte inaspettate alla nostre lavorazioni. L’intervento sulla struttura del dipinto spesso è la base indispensabile per una buona restituzione anche estetica dell’opera. Questa parte strutturale spesso vede interventi piuttosto dinamici e di cambiamento e rimescolamento degli equilibri del sistema di partenza e la ricostruzione di nuove condizioni più tenaci e stabili. Per dare importanza alla parte estetica è importante cogliere i caratteri peculiari dell’opera e inziare ad asportare le parti aggiunte, soprattutto sulle zone più caratterizzanti dell’immagine. È un’operazione molto delicata da effettuare gradatamente, con l’obiettivo di migliorare quello che c’è. La domanda di riferimento è: a che livello mi posso spingere per migliorare la leggibilità? Per quanto riguarda poi le lacune di colore sono parti che rendono difficile la lettura dell’opera e quindi il restauratore, entrando nello stile dell’opera, applica il ritocco e fornisce nuovo colore in ambiti ristretti di materia, così che la visione d’insieme possa essere migliorata.

Anche nella relazione di aiuto vedo una procedura simile. La lettura della persona parte dall’analisi dello stile, dei modi della storia e delle numerose comunicazioni non verbali che la persona comunica. Il rispetto l’empatia e l’ascolto incondizionato si alternato ad interventi educativi per aprire nuove strade e mettere in discussione eventuali modelli mentali che, simili a ridipinture, possono essere residui di forme di educazione non sufficientemente elaborate. Lavorare sulle lacune ed intervenire con il ritocco può essere paragonato ad interventi relazionali in cui il counselor fornisce nuovi modelli o porta i clienti su modelli relazionali mancanti.

3.6 Tecniche di art counseling

3.6.1 Breve supporto teorico

Attività artistica spontanea: 1 - La creatività visiva è una capacità umana naturale. 2 - Una persona indipendentemente dalla sua abilità o disabilità è in grado di produrre arte dotata di signifi cato. 3 - Quando in un gruppo che sta svolgendo un’attività artistica vengono liberate energie creative si sviluppano il potenziale di crescita, di cambiamento e di condivisione del piacere.

(Attività artistiche in gruppo. Jean Campbell).

Come funziona: Il coinvolgimento attivo: dipingere disegnare, modellare implicano un’attività corporea leggera, energica, i nostri sensi vengono stimolati e noi veniamo assorbiti visivamente, emotivamente e a volte spiritualmente. Utilizzando le nostre percezioni interne ed esterne le plasmiamo in un prodotto visibile ridistribuendo l’energia sotto forma di linee, curve, ritmo, tono, stati d’animo e colore. L’assunzione del rischio: quando iniziamo un’opera in modo spontaneo senza sapere come sarà al termine è un po’ come se entrassimo in un territorio inesplorato rispetto al modo in cui ci sentiamo in quel determinato momento. Questo può aprire un dialogo interno e rendere più chiaro a noi stessi il nostro modo di sentire. Assumiamo un rischio quando focalizziamo e diamo forma a idee ed esperienze che precedentemente possono averci confusi, spaventati, o al contrario provocato piacere. Questo rischio è con noi stessi, ma lo è anche con il gruppo, al momento che sveliamo qualcosa di noi agli altri. L’unicità dell’espressione di sé: se affidiamo un tema alle persone questo sarà aff rontato in modo totalmente diverso: l’uso dello spazio, dei simboli, dei toni dei colori la sensazione tattile rifletteranno la personalità e gli interessi degli ideatori.

A cosa serve:

1 - Ad aumentare la conoscenza di sè. 2 - A riflettere sul proprio stile. 3 - A individuare i punti su cui lavorare per il miglioramento del proprio stile. 4 - A creare e migliorare la relazione con sé stessi, con il gruppo e con il conduttore.

Prima di iniziare ogni esercizio di gruppo è importante eff ettuare:

Concessione del permesso

1 - Creare uno spazio in cui si possano esprimere le proprie incertezze o i timori. 2 - Spiegare che non c’è giudizio sul lavoro (come a scuola). Ciascuno può attribuire un significato al proprio lavoro. I molti modi di fare arte (astratta, fi gurativa, etc.) e nessuno impone come deve essere la propria servono ad epsrimere quello che sentiamo. 3 - Ricordare ai partecipanti che i colori e le forme possono essere usati per descrivere stati d’animo. 4 - Discutere brevemente il lavoro osservando le associazioni con i colori seguendo gusti personali e collettivi.

Vincoli

Dare un tempo e un luogo. Dare la regola del rispetto degli altri e del loro lavoro, del silenzio in momenti di concentrazione e del non giudizio. La riservatezza e l’esplicitare se l’opera finale sarà di proprietà della scuola o del singolo. La spontaneità non deve essere forzata, ma piuttosto è l’atmosfera del gruppo che aiuta ad esprimersi quando ogni persona si sente pronta.

Struttura degli incontri

Avvio e mettere a proprio agio Esercizio principale Discussione Conclusione dell’attività e scioglimento del gruppo

L’avvio e mettere a proprio agio con l’aiuto di esercizi

Benvenuto, presentazione di ogni partecipante, si presenta anche l’operatore fornendo una breve descrizione del lavoro. Se non è la prima volta che il gruppo si ritrova si può chiedere commenti sulle volte precedenti e chiedere come si sentono i partecipanti, o anche con che idea sono venuti oggi.

L’esercizio principale

Stabilire un tempo sufficiente, dato che, insieme alla discussione che lo segue, costituisce il nucleo della seduta. Il silenzio che si crea perché si sta lavorando è molto importante perché è segno di concentrazione e di apertura, per questo deve essere rispettato. Se qualcuno si blocca proviamo a chiedere il perché, intervenendo con varie modalità:

incoraggiamento ad esprimere la propria paura, rassicurazione sul non giudizio sul proprio operato. Un buon metodo per aiutare chi avesse difficoltà ad iniziare e a lasciarsi andare, può essere di iniziare a colorare o a manipolare ad occhi chiusi per alcuni secondi. Concluso l’esercizio principale si mette a posto il materiale che non si usa più.

La discussione

È importante far esprimere le proprie opinioni, ma non si deve costringere nessuno a parlare. È importante lasciare del tempo per la riflessione: come è stato… le aspettative sono state soddisfatte o no, ti ci rivedi, quali sono state le difficoltà, qual è la parte che ti piace e quella che trovi strana o che ti dice qualcosa? Sai individuare un tuo stile? Cosa senti che manca? Nell’osservazione dei lavori molto diversi fra loro si può dire: potresti dire le stesse cose usando lo stile di un altro fra quelli che vedi? Come dire le stesse cose con altre modalità. Nella narrazione di quello che ognuno ha vissuto può emergere l’identifi cazione del singolo e anche il confronto e il punto di vista complessivo del gruppo. La parte più importante è quello che la persona ha da dire sul proprio lavoro, non di meno anche i commenti dei compagni possono offrire vari punti di rifl essione.

La conclusione attività e lo scioglimento del gruppo

È un momento importante quanto l’inizio del lavoro, può essere opportuno far riassumere ai partecipanti le emozioni provate durante l’incontro e trarre rifl essioni personali e conclusioni. A volte può essere utile creare un rituale di commiato per il gruppo. Ad esempio fare un giro dicendo una parola o un’impressione sull’attività personale o di gruppo.

3.6.2 Laboratorio di counseling artistico COUNSELING JUNIOR - Lucca 22 giugno 2011 - Sarzana 5 Luglio 2011 Tema: l’amicizia Schema dell’incontro

Accoglienza

Breve giro di presentazione, nomi di ognuno compreso l’operatore e spiegazione delle regole dell’incontro. Tema: l’amicizia espressa con i colori. Regole del giorno: non giudizio, rispetto e non derisione, non voto. Il colore come la parola. Una forma d’espressione.

Esercizi per creare un clima adeguato:

Obiettivo: rilassamento e preparazione all’attività artistica. 1 - A terra gambe incrociate ognuno si alza e dice il proprio nome con un gesto, poi ci

si cambia di posto e si dicono i nomi e i gesti di ognuno in senso orario e antiorario. 2 - A terra gambe incrociate, ci passiamo senza parlare un oggetto immaginario o un animale che abbiamo fatto percepire con i gesti e la mimica. 3 - Seduti sulle sedie, visualizzazione attraverso il rilassamento ed il respiro ed il contatto con il proprio corpo, soprattutto nelle zone di tensione, inspirare sulla tensione ed espirare facendo andare via la tensione. Poi immaginiamo una luce colorata, lasciamo che questa luce inondi tutto il corpo fi no a circondarci completamente. Ascoltiamo le sensazioni che ci dà. Lasciamo che la luce si affievolisca. Riprendiamo l’attenzione al respiro e ai rumori intorno fino a riaprire gli occhi.

L’esercizio principale

Attività artistica

Disporre i ragazzi seduti a terra con ciascuno un foglio da disegno a 4 un lapis, un piattino con sopra 7 colori ed il bianco e il nero, un pennello ciascuno acqua in un bicchierino e scottex. Dire di pensare dentro di sé per ognuno qual è in quel momento il colore dell’amicizia

o un immagine figurativa (che si ispira alla realtà) o astratta e dipingere poi sul foglio. Dire quando sta per finire il tempo. Andare in ordine orario ad attaccare i propri disegni su un foglio di carta grande e aggiungere poi dei fogli di colore preparati con stesure piatte e giustapporli al cartellone dove si ritiene meglio. L’adesione al cartellone viene fatta spalmando dal retro vinavil al pezzettino colorato e ognuno lo colloca dove vuole. L’operatore scrive con un pennarello: “i colori dell’amicizia”, poi ognuno passa a fi rmare o a siglare con un simbolo. Vengono messi a posto i materiali.

La discussione

Ci sediamo si fa cerchio e si inizia a raccontare le emozioni provate,… invitiamo tutti a parlare dicendo che sarebbe meglio se ognuno uscisse dicendo qualcosa a limite anche che non vuole dire niente. Possiamo animare e stimolare la discussione commentando le varie fasi del lavoro: intanto dare un significato ai colori scelti. Qual è l’eff etto che mi ha fatto trovare dentro di me un colore… me l’aspettavo? Mi ha stupito? Come lo giudico? Che sapore ha piacevole? Doloroso? Complicato? Mi piace il mio stile? Riconosco lo stile degli altri? Saprei esprimermi con il loro stile?

Le conclusioni e scioglimento del gruppo

Concludiamo l’incontro ripetendo per ognuno una parola significativa e poi ripeterla urlando insieme agli altri e gettandola in aria.

Materiali

Album con Fogli A4 Cartoncino Bristol cm 50x70 grigio chiaro o bianco o rosso mattone Tempere: bianco, nero, rosso, giallo, verde, blu oltremare, blu ceruleo, carminio, arancione 15 Pennelli Piattini di plastica Scottex Piano di compensato per appendere il cartellone Vinavil Pennarellone Pennarelli colorati Puntine Lapis Gomme Forbici Schotc Grandi fogli di carta gialla

Valutazione delle esperienze con i bambini

La vicinanza umana e la piacevolezza di creare insieme mi hanno stupito. Ho provato dal vero che durante la creazione libera e la concentrazione ognuno entra in sé, ma in contatto con gli altri e questo ci fa sentire bene… esseri umani. Il tempo si dilata ed escono da ognuno colori e forme molto diverse e talvolta imprevedibili. La cosa più difficile è osservare tutto e condurre in modo leggero, senza che si veda, così che tutti si possano esprimere. Il canovaccio di partenza è tale e pùò essere completamente modificato durante la lavorazione se qualche parte dovesse risultare negativa per la tipologia delle persone presenti. Al termine del lavoro mettersi ad una certa distanza ad osservare le opere offre scenari nuovi e punti di contatto fra le persone, offrendo qualcosa di intimo di ciascuno. Su uno stesso tema i vari modi di espressione ci fanno entrare in parti diverse come se vedessimo in parallelo proiezioni di diversi fi lm. Quello che dipingiamo spesso non ci è chiaro solo distanziandoci dall’opera osservandola a distanza e esternando le nostre perplessità diamo ai presenti la possibilità di dire qualcosa che a volte ci può essere di grande aiuto. Il tempo di lavorazione utilizzato è stato di circa due ore, ma ritengo che sia un po’ stretto, una mezz’ora in più sarebbe da valutare. Nel primo incontro avevo dato una spinta personale forse verso l’arte astratta e non avevo messo a disposizione dei lapis e vedevo che molti avevano una carica bloccata e non riuscivano ad esprimersi e ad iniziare il lavoro allora ho messo fuori una decina di lapis e matite e si è sentito un sospiro di sollievo. Quando si entra nel nuovo gruppo siamo un insieme indefinito di persone, dopo il laboratorio ognuno di noi lascia la sua aria e il suo stile.

Cosa mi è rimasto: il piacere dell’incontro con altre persone, la luce e la profondità di sguardo degli occhi dei partecipanti, i mondi e gli scenari espressi, l’emozione di ognuno a commentare la propria opera, le età che si avvicinano nell’espressione astratta non si riconosce un adulto da un bambino e la gioia… È ANDATA BENE. Le difficoltà: nel primo incontro avevo la pressione di non sbagliare e della novità, e dell’emozione che mi suscitava il fatto che fosse presente mia figlia Francesca, per questo ho messo anche troppa energia nella parte organizzativa delle tavolozze e nel controllo durante la lavorazione dei disegni, così quando sono arrivata al commento sulle opere mi sentivo molto stanca quasi vuota, senza parole. L’intervento degli altri counselor presenti, che hanno preso la parola invitando ciascun partecipante ad esprimere qualcosa sull’esperienza di laboratorio, mi ha dato la possibilità di riorganizzare le idee e provare a entrare nel ruolo di chi commenta e fa commentare. Durante l’esercizio di avvio una bambina si è trovata in difficoltà e non ha partecipato, il gioco consisteva nello stare in cerchio stretti stretti e con la musica di sottofondo entrare ognuno al centro del cerchio e fare un ballo personalizzato, a quel punto i partecipanti attorno dovevano fare lo stesso tipo di ballo, e questa bimba è rimasta ferma con le braccia incrociate e bloccata nella vergogna e nell’imbarazzo, ho cercato allora di andarle vicino per incoraggiarla ma non è servito, quindi siamo passati oltre al bambino successivo nel cerchio.

Mi è dispiaciuto e ho pensato che a Sarzana avrei improvvisato qualcosa se sentivo della tensione, infatti a Sarzana ho visto che l’esercizio poteva creare degli imbarazzi, già al momento della spiegazione, solo nell’immaginarlo una ragazzina aveva avuto l’istinto di nascondersi sotto il tavolino (reazione scherzosa) ma non volevo trovarmi nella situazione precedente ed allora ho condotto dei balli di gruppo sullo stile della quadriglia sbagliando più volte e mettendomi nel ridicolo… abbiamo riso parecchio. Durante il rilassamento invece a Sarzana, un bimbo accentuava troppo la respirazione risultando ridicolo rischiando di far ridere e così essere al centro. In questo caso ho temuto fortemente per la riuscita di tutto il resto dell’incontro perché la parte di rilassamento e di visualizzazione serviva proprio ad iniziare il percorso di calma e discesa dentro di sé che serve nella concentrazione creativa. rischiando di rompere il delicato clima necessario per poi fare l’esercizio di pittura. Io avevo gli occhi abbassati, ma in questo caso è intervenuto l’altro counselor presente, che ha guardato il bambino con uno sguardo fermo e dando lui l’esempio in modo più marcato. Al termine di queste due esperienze ho capito che ci vuole molta attenzione per arrivare ad un clima giusto e reggerlo in modo che tutti si possano esprimere.

Durante questi laboratori, in particolare quello di Sarzana, mi sono spostata in diversi ambiti: avaro delirante durante la stesura del progetto, apatico all’inizio per entrare nel gruppo e per valutare e per lasciarmi osservare dal gruppo che non mi conosceva, delirante durante la spiegazione e la lettura dei lavori, ruminante e sballona e durante gli esercizi di riscaldamento, invisibile e delirante e ruminante durante l’esercizio stesso e invisibile delirante e adesiva durante la lettura per ritornare ruminante così da trovare l’energia per chiudere urlando in aria una parola significativa e quindi sciogliere il gruppo. Potrei dire inoltre che l’attività creativa in gruppo favorisce una serie di spostamenti all’interno degli idealtipi concludendo con la tipologia dell’adesivo (se si è soddisfatti del lavoro). Anche per questo al termine del lavoro l’affettività complessiva interna al gruppo è aumentata. Il percorso creativo passa dalla quiete all’attivazione poi il controllo di ciò che si è fatto poi il piacere quindi il distacco per vedere meglio, la vergogna per i limiti e quindi l’attaccamento al prodotto finale come una cosa nostra. La relazione fral la personalità e il modo di espressione è un campo ancora aperto di studio. Cioè: se io sono piuttosto delirante la mia esecuzione artistica si porta più verso l’adesivo o trasmette toni più simbolici? Questo è spontaneo o influenzato dalle tematiche affrontate che già spostano il punto di posizione razionale? Lo stile che ci piace è piu quello che risponde alla propria tipologia di personalità o è comunque una elaborazione dello stile in affinità?

3.6.3 Proposte di laboratori

Attraverso la visualizzazione di opere d’arte: 1 - Visualizzare immagini di riferimento per effettuare spostamenti emozionali. Acquisire modelli di immagini di riferimento relative alle emozioni di base. 2 - Entrare in empatia con immagini attraverso l’osservazione approfondita per scoprire e definire emozioni a noi estranee, per ampliare i modelli di comportamento. 3 - Utilizzare le immagini e trasformarle per una trasformazione simbolica di sé. 4 - Utilizzare le immagini per ciascuna persona per descrivere meglio la propria identità. 5 - Trovare tipi di immagine che aiutino a superare i conflitti interni prima visualizzandoli con una immagine e poi trovando l’immagine di riferimento per trovare l’antidoto. 6 - Imparare l’ordine come un fatto estetico, visitando luoghi d’arte dove l’ordine emerge nella sua bellezza.

Attraverso la produzione di manufatti artistici: 1 - Dipingo la mia identità con disegni e simboli. 2 - Dipingo il mio tono dell’umore, solito o di oggi. 3 - Descrivo un’emozione che non riesco a gestire con un colore o con immagini e ci lavoro per superare il disagio e traformarlo, utilizzando i colori complementari. 4 - Dipingo i colori delle relazioni del mondo della vita per visualizzare le dinamiche positive e negative.

Un esercizio per ogni idealtipo: 1 - Trovare per ogni idealtipo l’esercizio artistico che si muova sulle caratteristiche della personalità in affi nità fino a procedere verso il cambiamento e l’ampliamento dei copioni.

4 IL MIGLIORAMENTO NELL’ART COUNSELING

4.1 Il counseling e la ricognizione dinamica

L’uso dei colori e l’effetto dei colori

Chi si avvicina alla pittura e all’uso del colore come materia colorante, sa che i colori hanno delle relazioni cromatiche fra loro che potremmo dire li fanno esaltare o spegnere, portare in primo o in secondo piano, ed utilizza sapientemente i contrasti cromatici per valorizzare o spegnere certi particolari dell’opera.

Il colore è una grandezza tridimensionale e la sola ruota dei colori non è suffi ciente a rappresentare tutto lo spazio colorimetrico. Tuttavia, per spiegare i concetti di colori primari, secondari e complementari, la sola ruota dei colori è più che suffi ciente. In pittura si definiscono colori primari quelli che non si possono ottenere dalla mistione di altri colori. I colori primari sono giallo, blu e rosso. Si osservino i tre colori centrali nella seguente fi gura.

Mischiando due colori primari si ottengono i colori secondari. giallo + rosso = arancio giallo + blu = verde rosso + blu = viola

La figura sopra riportata, mostra come ogni coppia di colori primari generi un colore secondario. Abbiamo quindi ottenuto i 6 colori fondamentali della nostra ruota dei colori che, uniti al bianco e nero, sono gli unici colori disponibili in natura.

Tutti gli altri colori non sono altro che una versione più o meno brillante e più o meno chiara di questi colori. Mischiando un colore secondario con il primario adiacente otteniamo un colore terziario.

Ad esempio: giallo + verde = verde giallognolo giallo + arancio = giallo aranciato rosso + arancio = rosso aranciato rosso + viola = rosso violaceo blu + verde = blu verdastro blu + viola = blu violaceo

Si defi nisce colore complementare di un dato colore quello che gli è opposto nella ruota cromatica. Osservando la seguente figura è facile stabilire che:

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il colore complementare del giallo è il viola e viceversa
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il colore complementare del rosso è il verde e viceversa
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il colore complementare del blu è l’arancio e viceversa

Colori caldi

Colori freddi

È ovvio che, mantenendo lo stesso principio, il complementare di un giallo-aranciato è un blu- violaceo. Il concetto di colore complementare è fondamentale in pittura. Ma perché è così importante il concetto di colore complementare? Attraverso il colore complementare è possibile controllare il grado di saturazione di un colore. Quindi, se ho un colore giallo cadmio e voglio ottenere una versione meno brillante (perché magari voglio dipingere la sabbia), mischio quel giallo con un pochino di viola. Se ho un oggetto rosso, come ad esempio una mela, dipingerò la parte in luce con quel colore, mentre per la parte in ombra mischierò quel color con un pò di verde.

Pontormo (la pittura manierista è caratterizzata dall’uso sapiente dei colori complementari. Le ombre colorate viola o verdi contribuiscono a far risaltare i volumi mettendosi in affi nità cromatica con le tinte principali. L’effetto di volume e brillantezza è stupefacente).

Pontormo, La visitazione - (La pittura manierista è caratterizzata dall’uso sapiente dei colori complementari. Le ombre colorate viola o verdi contribuiscono a far risaltare i volumi mettendosi in affinità cromatica con le tinte principali. L’effetto di volume e brillantezza è stupefacente)

Potremmo associare ad ogni colore primario e complementare un affine a così via ma questo trovo che non abbia una particolare indicazione sull’utilizzo degli idealtipi. Pensare invece alle personali percezioni in termini di colore e provare ad attenuarle od intensifi carle visualizzando un colore complementare o aggiungendo del bianco può suggerire percorsi mentali per un’attenuazione di un’emozione o per la sua definizione: ad esempio la paura che senti di che colore è, a cosa la associ e immaginare un percorso di associazioni in affinità che aiutino un cambiamento. “Se la paura è azzurra, visualizziamola come un immagine o dipingiamola e proviamo a metterci accanto dell’arancio, sempre immaginando qualcosa tipo un sole o un fuoco e sul confine fra i due iniziamo a stemperare dei tono verdi. Come è ora la paura?” Vi sono poi personalità attivate che entrano in risonanza con una componente dinamica di impulso generata dal colore immediatamente come il ruminante, in parte l’adesivo e in parte il delirante e in modo marginale anche l’apatico, prima che in qualche modo la dinamica sia portata ad esaurimento. Anche le sensazioni di media espresse in una precisa relazione possono essere definite con colori e associazioni cromatiche ed aumentare in noi la possibilità di vederle nel suo insieme definendone i toni. Dei protagonisti della relazione cosa posso spostare per bilanciare i toni o eventualmente quale elemento nuovo aggiungere che modifichi una dinamica bloccata. Tinte calde e fredde alternate creano vibrazioni di alternanze che esaltano i vari protagonisti mantenendo le differenze ed esaltando i colori. Anche a livello di definizione del proprio stato dell’umore visualizzando il colore di riferimento può essere utile per aumentare la percezione di sé. Se mediamente ho un tono dell’umore viola chiaro, lilla devo tenere presente la mia delicatezza onde evitare che il primo rosso intenso annulli l’effetto del mio tono e proteggere la mia delicatezza alzando le difese e intensificando il mio tono ogni mattina con amore verso me stessa e cercando di capire quali sono dentro di me le risonanze tonali che mi spengono. Oppure associando il colore ad una modalità comunicativa in senso orario cercare di capire quanto mi appartengono e che effetto mi fanno.

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blu = simbolica, ordinativa (associativa)
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rosso = intuitiva, dinamica (introiezione)
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giallo = emozionale, narrativa (conferma)

Le immagini e la neuroestetica

Riporto alcuni articoloi che trattano l’argomento della neuroestetica dal punto di vista delle indagini effettuate sul cervello e in particolare volte all’individuazione di aree coinvolte durante lo sperimentare di alcune emozioni.

«La neuroestetica è una disciplina recente che tenta di spiegare e comprendere l’esperienza estetica a livello neurale, ossia come il cervello reagisce all’incontro con l’opera d’arte. Il prof. Vittorio Gallese, professore del dipartimento di neuroscienze dell’università di Parma e scopritore, insieme a Giacomo Rizzolatti, dei neuroni specchio, ha pubblicato un articolo su Trends in Cognitive Sciences in cui ipotizza che proprio i neuroni specchio abbiano un ruolo centrale nell’esperienza estetica. Secondo Gallese la risposta della mente al capolavoro artistico è mediata da una sorta di profonda immedesimazione (cognitiva, emotiva e motoria) con l’opera d’arte, un’immedesimazione resa possibile dal meccanismo dei neuroni specchio che ci consentirebbe di vivere, rispecchiandole appunto, le emozioni e le sensazioni corporee vissute dai protagonisti raffigurati nelle opere d’arte: le loro tensioni muscolari, le espressioni facciali, le emozioni, il dolore. Il meccanismo dei neuroni specchio ci consentirebbe persino di rievocare corporalmente dentro di noi anche il gesto dell’artista, il colpo di pennello sulla tela, la martellata sul marmo. Dei Prigioni di Michelangelo, per esempio, ci rapirebbe lo sforzo muscolare dei giganti teso a divincolarsi dalla pietra, sforzo che, per il tramite dei neuroni specchio, si fa concretamente “nostro”, così come nostro diventa il dolore delle vittime dei Disastri della guerra di Goya. Anche lo squarcio della tela di Fontana può essere rievocato nella nostra mente come gesto fi sico dell’artista, benchè è chiaro che aumentando il livello di astrazione della raffigurazione, maggiori diventano gli elementi più cognitivi dell’esperienza estetica: i contesti culturali, le implicazioni storiche, i signifi cati simbolici, le attribuzioni di significato soggettive e così via. Secondo Gallese in ogni modo alla base di tutte le esperienze estetiche ci sarebbe sempre una risposta empatica mediata dai neuroni specchio, che renderebbe questa risposta universale. La sindrome di Stendhal, in questa prospettiva, potrebbe essere concepita come un’ipereccitabilità di questi meccanismi di pervasiva immedesimazione.»

La Neuroestetica: un passo verso la comprensione della creatività umana?

Luca Francesco Ticini

neurobiologo Società Italiana di Neuroestetica “Semir Zeki”

«L’Arte e la Scienza sono espressioni della straordinaria fantasia creativa e dell’unicità della mente umana. Con la pittura, la scultura, la poesia e la musica, l’Uomo esprime in opere di altissimo livello estetico i concetti più elevati, le passioni e le follie, i piaceri, i tormenti e gli intimi pensieri dell’animo umano. Con la Scienza, egli svela gli enigmi della Natura, riuscendo persino ad interagire con la fisiologia del proprio corpo elaborando rimedi per molte patologie. Nell’ambito specifico delle Scienze che studiano il cervello ed il sistema nervoso (le Neuroscienze), i ricercatori hanno compiuto incredibili passi in avanti nella comprensione della fisiologia del cervello, soprattutto grazie al recente sviluppo delle tecnologie mediche. Per esempio, la risonanza magnetica funzionale (o fMRI) ha permesso di visualizzare l’attività del cervello in vivo mentre compiamo un’azione, pensiamo o ci emozioniamo. Assieme ad altre tecniche, la fMRI ha consentito di studiare il pattern di attivazione delle diff erenti aree del cervello, rivelando che ciascuna delle strutture cerebrali è specializzata per uno o più compiti specifici, come l’elaborazione degli stimoli sensoriali (visivi, tattili, uditivi, ecc.), la pianifi cazione ed esecuzione di processi motori o la percezione di determinati stimoli emotivi. Nonostante tali sviluppi, la Scienza non ci ha ancora concesso di aprire lo scrigno che contiene i segreti più arcani, e inviolati della conoscenza, su cui fi losofi e scienziati dibattono da millenni: i misteri della mente umana.

La neuroestetica

Una decina d’anni fa, il celebre neuroscienziato Semir Zeki (University College of London) ha sostenuto l’avvio di un nuovo tipo di ricerca neuroscientifica, chiamato “Neuroestetica”, per investigare i meccanismi biologici dell’apprezzamento estetico (Ticini, 2003a). Già nei secoli passati, scrittori e fi losofi hanno cercato di afferrare l’intima essenza di un’esperienza estetica e di definire il concetto di bellezza. Pensiamo a Platone, Immanuel Kant o allo storico dell’arte Johann Joachim Winckelmann, per citarne alcuni. Tuttavia, queste importanti figure del pensiero occidentale non hanno mai avuto l’opportunità di vedere direttamente cosa avviene nel nostro cervello, per esempio, quando siamo di fronte ad un’opera d’arte. Oggi lo possiamo fare. Per esempio, le ricerche hanno identifi cato l’origine di alcune percezioni elementari e comuni in ognuno di noi. Di fronte ad un’opera d’arte, ognuno ha un’esperienza estetica dissimile: i sentimenti, i ricordi, il piacere percepito, hanno un forte carattere individuale poiché collegati a componenti genetiche e culturali. Tuttavia, oggi sappiamo che molte aree si attivano in modo analogo in tutti gli esseri umani, quando sono di fronte al medesimo oggetto o provano identiche emozioni. Questa base comune ci pone di fronte all’arte sullo stesso piano interpretativo, permettendo di comunicare - attraverso l’arte - impressioni ed emozioni profonde, che talvolta non saremmo in grado di esprimere a parole. Conoscere i meccanismi che permettono di apprezzare l’arte, così come indagare le ragioni biologiche per le quali alcune opere hanno più fama di altre, ha indubbiamente un valore artistico e commerciale. Viceversa, studiare la natura dell’apprezzamento estetico aiuta anche a capire meglio i meccanismi della percezione e le strategie che il nostro cervello utilizza nell’affrontare gli stimoli che giungono dal mondo che ci circonda. Molti ricercatori si dedicano allo studio neurobiologico delle emozioni e del piacere, non soltanto in ambito estetico. Per esempio, qualche anno fa, uno studio di Semir Zeki e del collega Andreas Bartels ha avuto molta eco sulla stampa internazionale perché ha permesso di identificare le aree del cervello coinvolte nell’amore romantico e materno (Bartels & Zeki, 2000a; Bartels & Zeki, 2004; Zeki, 2007). I ricercatori hanno dimostrato che l’amore (sia romantico sia materno) stimola le regioni cerebrali che generano la sensazione di piacere e di ricompensa. Ciò spiega perché l’amore (e anche l’arte) rende euforici e ci fa stare bene. Inoltre, Zeki e Bartels hanno notato che mentre alcune aree del cervello si attivano, altre si disattivano: fra queste ultime ci sono i lobi frontali, che ci permettono di avere un giudizio critico sulle persone.

Questa osservazione è particolarmente importante, in quanto potrebbe spiegare perché il giudizio sulla persona che amiamo ardentemente non sia obiettivo ma attenuato, se non parzialmente sospeso. Non solo, potrebbe anche spiegare perché le madri tendono ad essere meno critiche verso i propri fi gli. In ambito artistico, una simile ricerca non è stata ancora condotta. Non sarei meravigliato di scoprire che fattori suggestionanti esterni (socio-culturali, per esempio) possono causare un’inibizione dei lobi frontali rendendoci meno imparziali nei nostri giudizi estetici. Se si dimostrasse che l’influenza socioculturale disattiva i lobi frontali e modula così il giudizio estetico, avremmo capito scientifi camente come un’opera esteticamente non valida, ma inserita in un contesto a noi noto (ad esempio, quando ci è conosciuto l’autore e quando sappiamo che tale arista è universalmente riconosciuto), possa essere rivalutata esteticamente. Oggi la neuroestetica si occupa principalmente d’arte, ma in un futuro prossimo si propone di aff rontare anche altri campi come la religione, la morale e la giurisprudenza. Si cercheranno così, per vie nuove, le risposte a vecchie domande fondamentali per l’uomo che cerca di capire sé stesso, il suo passato ed il suo futuro.»

Le teorie sopra descritte ci forniscono un supporto teorico e scientifico a quei dati appresi per via empirica: 1 - Il bello e l’arte si apprendono per imitazione e si fissano nella memoria. 2 - Il senso di piacere che la visione dell’arte e la produzione artistica provocano si avvicina al momento della ricompensa e del piacere e sospende momentaneamente il giudizio razionale. Per questo valutando la emozione descritta potremmo definirla di attaccamento e di piacere. Ciò a livello sperimentale si può percepire anche durante esercizi di laboratori artistici in gruppo

o nell’esecuzione di opere d’arte. Tornando alla domanda iniziale sul significato del bello espressa da Voltaire è chiaro che non vi è risposta oggettiva, ma potremmo affermare che, secondo il modello prepos, riconosciamo come bello qualcosa che è in affinità con noi. Quindi il bello maggiormente vicino a noi è quello che risiede con modalità lontane dalle nostre, ma assolutamente in affinità. Per avere sensazioni di piacere e di ricompensa la nostra visione deve partire necessariamente da modalità di immagini vicine al nostro affi ne estetico. 3 - Parlando di neuroni possiamo dire che la reazione è immediata, fisiologica ed assolutamente dinamica, lontana da una scelta ragionata, un impulso.

Catalogo di IMMAGINI DINAMICHE

Possiamo inserire nella parte delle immagini dinamiche sia il ruminante, che il delirante che in parte l’apatico, prima che il suo sistema per qualche complicato motivo si blocchi. Le immagini inserite sono caratterizzate da ritmonei segni, impulsi e contrati cromatici. Creano un eff etto immediato.

4.2 Il counseling e la ricognizione dei simboli. L’uso e la forza dei simboli nella storia e nel presente. Attraverso immagini di rimando simbolico è possibile aprire connessioni fra la propria identità e modelli comportamentali e valoriali socialmente condivisi. Attraverso la mediazione simbolica l’oggetto o l’immagine diventano modello e simbolo di un modo e di una appartenenza. Si possono creare quindi relazioni fra le persone riconoscendo il modello di appartenenza espresso da oggetti e stili che innescano o no relazioni fra persone. In questa luce la scelta di particolari acquisti e modi di essere rispondono non ad una personale visione identitaria, ma ad un modello più generale al quale più o meno in modo consapevole scegliamo di appartenere. Vi sono all’interno di una comunicazione simbolica rimandi veloci e collegati a modi e mondi ai quali più o meno consapevolmente il soggetto sceglie di inserirsi. Max Saidel e Romano Silva, nel libro Immagini del potere e potere delle immagini, ci fanno notare come la scelta delle raffi gurazioni legate al Volto Santo di Lucca, raffigurato incoronato come un imperatore, serva come un imperativo sì religioso, ma anche politico, riconosciuto oltre i confini italiani. Oggi questa azione è spinta dai mezzi di comunicazione che proiettano stili e modelli che diventano modelli e miti per una classe di appartenenza. Riconoscere nelle scelte personali il valore simbolico che diamo agli oggetti acquistati nella sfera dei consumi è molto difficile da individuare ed è effi cacemente studiato dai mezzi di comunicazione che con l’immagine favoriscono il collegamento simbolico di alcuni oggetti ad alcune classi di appartenenza. (Domenico Secondulfo - L’analisi delle rappresentazioni sociali nella cultura materiale). Già l’archeologia individua che anche gli artefatti più semplici rimandano sempre a sistemi di idee, di valori e di usi condivisi dal gruppo con la considerazione che gli oggetti non sono significativi in sé, ma in quanto espressione di un modello culturale e di un patrimonio di conoscenza tradizionalmente valido. C’è una profonda connessione tra oggetti e società, gli oggetti sono proprio la parte visibile della cultura di un gruppo sociale.

I simboli del panorama artistico della città di appartenenza: condizionamenti presenti nel patrimonio culturale

Descrivere i principali tratti della città di provenienza traccia una serie di signifi cati storici più o meno forti, che contengono contenuti densi di simboli e di rimandi culturali dai quali fuggiamo e dei quali portiamo i tratti caratteristici. Quale aria respiro nella mia città? Se vogliamo partire dalla mia esperienza la presenza a Lucca della scultura del Volto Santo è da sempre una unione simbolica di tratti religiosi e politici caratterizzati da controllo e agire canonico. La città di Lucca, da cui provengo, offre un ambiente ordinato e rassicurante, ma anche opprimente nella sua cultura di controllo, lentezza e calcolo di convenienza che la caratterizza. La naturale opposizione verso le innovazioni. che la caratterizza, se individuata in modo consapevole, può spingere il cittadino ad uscire periodicamente dalla provincia per cogliere in luoghi altri altri modi e ventate di novità. L’analisi del contesto in cui viviamo favorisce anche la critica per gli aspetti opprimenti e il riconoscimento degli aspetti positivi con la loro successiva scoperta ed individuazione piena e vissuta. In occasione dell’anniversario del 150° dell’unità d’italia a Torino è stata allestita un mostra sulle città principali d’Italia raccogliendo per ognuna opere d’arte significative e rappresentative dello stile e della storia delle città. Osservare il “sapore” di ogni città attraverso le opere d’arte ci restituisce velocemnte siginficati e modi difficilmente descrivibili a parole.

Catalogo di IMMAGINI SIMBOLICHE

La modalità di comunicazione simbolica appartiene particolarmente alle personalità caratterizzate dal controllo, quindi avare, deliranti e invisibili. Queste opere sono caratterizzate da una precisa progettazione, disegno, e da siginficati “altri” rispetto all’immagine stessa, per così dire c’è un rimando a qualco’altro di valoriale o cognitivo.

4.3 Il counseling e la ricognizione emozionale VEDERE LA PROPRIA VITA COME un’opera D’ARTE La ricerca di un’armonia interiore è un lavoro critico molto raffinato e coraggioso, talvolta faticoso e doloroso, mosso dalla spinta dell’amore verso sé stessi il prossimo e la vita stessa. La costruzione e la produzione di un’opera d’arte richiede un atteggiamento interiore simile che ora provo a spiegare. In pittura provare ad esprimere la percezione di un’atmosfera o di un’oggetto trasmettendo un’emozione richiede un’osservazione interna ed oggettiva di quello che c’è (la descrizione di un oggetto) oltre alla tecnica sapiente che si impara con l’ausilio di doti naturali e la fortuna di aver avuto grandi maestri, e l’aggiunta di una ricerca in profondità di quello che si percepisce nell’aria intorno e nell’anima. Questo si ottiene solo con l’esercizio continuo, ma i momenti di crescita e di contatto trasparente, fra quello che si vuole ottenere e quello che si fa, sono pochi e magici. Nella concentrazione creativa c’è l’accanimento appassionato per assorbire il massimo dei dettagli percepiti dall’occhio e dall’emozione interiore che è soggettiva. Per arrivare a quel punto sono fondamentali alcuni elementi concreti come la pratica del disegno, del colore delle sfumature, ma questi sono solo mezzi. Solo l’amore come energia verso il bello e il vero percepito ci consentono di superare la fatica e avvicinarsi all’anima e alla poesia. In fondo, come descritto dal racconto di Honorè de Balzac, in natura il disegno, la prospettiva, il colore non esistono: sono mezzi attraverso i quali ci esprimiamo e che vanno superati per ottenere dei capolavori. Così la crescita individuale passa attraverso l’ampliamento dei copioni appresi come modelli relazionali, attraverso tutto il linguaggio non verbale, ma questi sono mezzi per far evolvere ed espandere la consapevolezza di sé che ognuno ha, andando a scoprire faticosamente la propria anima. Anche questo percorso deve rimanere però nell’ambito della concretezza delle relazioni umane affrontando cioè le difficoltà relazionali che volta volta si presentano e decidendo di voler ogni volta fare la fatica di salire un gradino.

Visualizzazione di sé e creatività per un miglioramento

Simona Argentieri dal suo saggio Creatività Artistica e creatività di sé. La scultura, secondo il detto Leonardesco che tanto piaceva a Sigmund Freud, è un’arte “per via di togliere” nella quale è più evidente il contrappunto tra il “creare” ed il necessario contrappunto del “distruggere” la forma precedente della pietra: a colpi violenti di scalpello il marmo si infrange e si frantuma per lasciare emergere la nuova immagine (…) ogni creazione (Giulio Carlo Argan) è un atto distruttivo. Quindi saper cogliere quello che c’è della persona ed andare ad aggiungere quello che non c’è richiede un atto di coraggio e di creatività, nella consapevolezza di un continuo cambiamento. La consapevolezza dei tratti fondanti della propria identità possono essere paragonati al disegno, I toni dell’umore più frequenti sono le dominanti cromatiche, gli affetti e le relazioni che ci mettono in affinità con noi stessi sono le sfumature ovvero le mezze tinte.

Spunti e riflessioni per la costruzione di esercizi di visualizzazione

Esercizi concreti di ascolto in profondità: la pittura come l’ascolto di sé profondo è una pratica che richiede silenzio e concentrazione.

Per dipingere qualcosa bisogna vederla con la mente, per vedere si intende far emergere da qualcosa che c’è un insieme di linee che non è immediatamente percepibile. Non un modello astratto, ad esempio per una sedia quattro gambi e una seduta, ma quella precisa sedia che ci sta davanti, singolare per il materiale, la foggia, il sapore, l’età e le proporzioni. Non va confrontato ad un modello va visto. Così se ci ascoltiamo in modo non giudicante ci ascoltiamo e ci vediamo come siamo nel tentativo di esprimerci e di muoverci verso, senza paragonarci ad un modello ideale che ci porta ad omettere parti di noi e a non conoscerci. Il disegno dal vero è un esercizio che potenzia l’ascolto incondizionato e la pazienza oltre la capacità di andare in profondità. Potremmo cioè capire di quale colore interno abbiamo bisogno per migliorare una nostra opposizione interna così da trovare maggiore stabilità. Modularmi cioè sulla gamma di toni giusti per non scivolare in zone d’ombra eccessive. Le mezze tinte appunto in pittura sono le ultime cose e le più diffi cili da apporre per far risaltare quello che già con fatica abbiamo tirato giù: il disegno e dei colori. Con una mezza tinta ad ok il colore si fa risaltare o si spegne. Quando si spegne non è complementare, ma è in opposizione per sintetizzare assorbe, ruba energie. Lo stesso si dica per le relazioni amicali, amorose, familiari, intellettuali che viviamo con altre persone dobbiamo assolutamente capire in che modo si accordano con la nostra vita (far vedere la pittura manierista con i contrasti e le ombre colorate) Come in pittura l’artista chiuso nei suoi pensieri perde il contatto con la realtà e si deprime (il capolavoro incompiuto) così nella vita la ricerca del miglioramento avviene non nelle idee sole, ma nella concretezza di alcune azioni diverse dal consueto che ci permettiamo di fare. Oltre gli schemi delle conferme che la normalità e la forma ci chiedono. Durante il cambiamento non è facile avere conferme perché il nuovo non è mai bello e il bello non è mai nuovo (Beethoven). Per questo dipingere la propria vita passa attraverso il coraggio della propria unicità vissuta anche come solitudine conosciuta solo completamente da Dio. Come in pittura dobbiamo individuare dei compagni di viaggio specchio e stimolo per il nostro operato vedere cosa off re il panorama artistico per confrontarci in alto ed avere un maestro da cui apprendere e con cui misurarsi. L’esitazione e la paura, durante i cambiamenti, si superano soltanto con l’esercizio e con i successi delle proprie azioni “l’abitudine al trionfo attenua il dubbio”. Quando si dice restituire l’anima a Dio intendendo la morte sarebbe bello pensare di arrivarci condividendo il viaggio con colui che l’ha permesso (Dio) e arrivando alla meta quando fi nalmente la propria anima l’abbiamo conosciuta.

Catalogo di IMMAGINI EMOZIONALI

Le immagini proposte seguono una modalità di comunicazione narrativa e sono caratterizzate da tinte morbide, il colore pieno sovrasta il disegno e lo spazio e completamente riempito. La narrazione è fluida e piena di particolari. È una modalità che potremmo vedere nell’arousal e quindi nelle personalità dello sballone, dell’invisibile e dell’adesivo.

CONCLUSIONI

La scienza ci dice che le emozioni del piacere e della ricompensa sono suscitate dalla visione di un’opera d’arte e quindi la visione può generare in noi un senso di piacevolezza. Inoltre i neuroni specchio ci aiutano a imparare per imitazione, anche osservando modelli nell’arte. Durante una relazione di aiuto il counselor può utilizzare lo strumento artistico per aiutare la persona ad ampliare i suoi copioni e a riflettere sul perché di alcuni punteggi bassi. Il lavoro deve essere condotto partendo dalle affinità. Come abbiamo visto a seguito della lettura dei risultati dei test di art counseling messi in relazione con i grafi di personalità, la persona riconosce bene le opere a lei affi ni e questo può essere già un contatto per entrare in risonanza con il cliente e spostarsi gradatamente anche attraverso esercizi concreti, verso il nuovo e quello che non si conosce. L’arte ci fa vedere molti aspetti dell’umano nella sua percezione delle emozioni e dei sentimenti e quindi ci fornisce delle icone di riferimento ideali da discutere con il counselor. Le emozioni soggettive che un’opera suscita ad un cliente possono essere indagati scoprendo i significati più antichi che la persona ha al suo interno anche se non a livello cosciente. Abituarsi ad entrare in risonanza con un’opera gustandone i dettagli cromatici e di contenuto può essere un esercizio di calma e di piacere, che aiuta a contemplazione delle cose e il coglimento dei momenti sublimi. L’arte, espressa direttamente dal cliente come forma di espressione singola o di gruppo, libera e non giudicata, effettuata sia come compito assegnato, sia come esercizio di gruppo, aiuta ad esprimere e fissare parti del vissuto non ancora del tutto chiare. Può aiutare quindi la persona a percepire il proprio stile e quello degli altri, cercando di tracciare le caratteristiche principali e cercando di pensare le stesse cose con stili diversi per ampliare il proprio copione di appartenenza. Per il miglioramento di sé può essere utile anche il paragone con tecniche di restauro di opere d’arte. La visione attenta di quello che c’è e la previsione per un miglioramento sono modelli ed esercizi di pensiero che, utilizzati nella relazione con il counselor attraverso la narrazione e la descrizione di quello che si vede e di quello che manca, forniscono ulteriori strumenti di lettura per una visione attenta e critica, per operare un miglioramento dei propri copioni. Come nel restauro o in pittura il counseling può aiutare a vedere le proprie caratteristiche dall’esterno e i potenziali miglioramenti, per una conservazione e valorizzazione di quello che c’è e per portare a consapevolezza e asportare patine e ridipinture aggiunte in ambiti relazionali non sempre positivi. Il counseling artistico può infine aiutarci a riconoscere le nostre modalità di comunicazione più sperimentate, narrativa, simbolica e ordinativa e a riflettere su quale modalità conosciamo meno e su come è possibile imparare altre modalità e stili comunicativi, osservare di che colore sono io e quali sono i colori intorno a me che mi spengono e mi mettono in secondo piano in modo forzato può diventare una concreta via per operare dei miglioramenti.

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