Presentazione: La pratica
di Vincenzo Masini
E’ da tempo passato di moda il concetto della ricerca-azione o della ricerca-intervento. Il tema, che ebbe un notevolissimo sviluppo negli anni ’70 era stato suggerito ai ricercatori dalla applicazione principio di indeterminazione di Heisenberg (Il fisico che nel 1927 affermava l’impossibilità di misurazione della posizione di una particella perché l’atto di misurarla già interferiva con la sua posizione). In pratica ogni ricerca sociale attiva il campo e l’oggetto della ricerca diventa protagonista della ricerca medesima. Questa evidenza, ben nota nella psicoterapia a base analitica (proprio il fatto di analizzare la storia psichica del paziente mette in moto il processo di cambiamento) e nella ricerca antropologica (ne da testimonianza l’articolo di Giovanni Caselli), suggeriva ai ricercatori sociali una attività di ricerca che avesse addirittura la funzione di mobilitare le persone (come molte ricerche in campo di politiche sociali e sanitarie hanno fatto). Il tema non appassiona più da tempo i ricercatori, in parte perché gli esiti di tale attività sono spesso imponderabili, in parte perché la ricerca teorica nelle scienze umane e sociali si è arenata proprio sul piano della formulazione di interventi pratici. E’ preferibile non rischiare mettendo le proprie ricerche in confronto con la realtà la quale sovente non risponde nei termini desiderati dai ricercatori.
Il senso delle attività di ricerca di Prevenire è Possibile è, invece, tutto orientato alla dinamica del cambiamento collocandosi proprio nel processo di passaggio tra precontemplazione della realtà e contemplazione (nella terminologia di Proshaska) e cioè nel momento della presa di coscienza di sé, degli altri e della realtà del mondo da parte dei singoli o dei gruppi. L’importanza a tale presa di coscienza potrebbe essere di poca importanza se non fosse che l’accensione di processi motivazionali avviene proprio in quel preciso momento e che, ove un progetto voglia attivare una dinamica di partecipazione o di coinvolgimento, non può fare a meno di fondarsi su tale insight.
Per questo motivo sono stati costruiti molteplici strumenti, alcuni denominati “questionari” (redatti per analizzare una realtà non conosciuta) altri “test” (redatti invece per quantificare componenti precedentemente individuate). L’elenco proposto più avanti da Emanuela Mazzoni ne mostra le caratteristiche e i target a cui sono destinati.
La specificità teorica e pratica di questi strumenti sta nel fatto di essere comparabili tra di loro sia nella loro dimensione individuale che collettiva, attraverso la strutturazione di un link tra micro e macro che si sostiene sullo schema di personalità individuali e collettive adottato dal progetto citato. Così come le polarizzazioni individuali si muovano in un ambito idealtipo di sette tensioni, allo stesso modo si è ipotizzati di analizzare sette processi di affinità e di opposizione nei gruppi.
Questo ha significato poter confrontare individui e gruppi utilizzando misure comparabili tra di loro.
Questo ha anche significato motivare i soggetti sulla base di una valutazione che potesse essere immediata, istantanea e immediatamente discutibile.
Il percorso concettuale che sta alla base di tale sistema teorico muove dalla distinzione tra processi empatici e dinamici all’interno dei gruppi; anche questo è un importante tema della ricerca psicosociologica struttural-funzionalista passato di modo che può essere rivisitato con i moderni strumenti dell’analisi dei reticoli sociali. L’empatia riguarda il primario e naturale coglimento del vissuto altrui (pur se moderato nella distinzione psicologica tra empatia affettiva ed empatia cognitiva o distribuito nella sua fenomenologia nei suoi diversi gradi di percezione, immedesimazione riempiente ed oggettivazione); la dinamica descrive la processualità degli scambi sulla base di schemi o di copioni, intrapsichici o relazionali[1].
La dinamica si attua nelle articolazioni dei ruoli sociali nel gruppo, ma la configurazione e funzionale culturale dei ruoli, anche più strutturati è contaminata da simpatie, antipatie ed apatie (le tre essenziali configurazioni relazionali di base in cui si declina l’empatizzazione); di contro ogni coglimento empatico del vissuto altrui s’implementa attraverso frames conversazionali fino ad assumere una specifica tipizzazione dinamica.
Nella tradizionale distinzione tra dimensione empatica e dimensione dinamica possono essere lette come empatiche le tipologie di gruppo fusionale (un gruppo molto poco strutturato, con poche norme interne e senza ruoli definiti: la folla, la comitiva, ecc.), di gruppo affiliativo (accettazione incondizionata e un’esperienza d’amore che soddisfa i bisogni individuali). Il gruppo centrato sul controllo e sull’istituzione è invece un gruppo fortemente dinamico per la forte direttività e l’importanza data all’aspetto normativo. Il gruppo confliggente si configura come gruppo dinamico coalizzatosi internamente in ragione di interessi comuni e chiuso all’interno di un rigido confine. Ha caratteristiche dinamiche anche il gruppo centrato sulla differenziazione: un gruppo rarefatto con legami deboli in cui il sistema di relazione è fondato sulla conferma vicendevole nella differenziazione individuale.
Il richiamo al tema dell’empatia e della dinamica per discutere di processi gruppali è necessario per basare la discussione sulla struttura equilibrata dei gruppi e dei loro sistemi di relazione (o controequilibrata rispetto ad altri sottosistemi) sull’interconnesione tra questi processi. Ciò che si vuole sostenere, infatti, è che un sistema di relazioni in equilibrio favorisce l’empatia e, di contro, l’empatia favorisce lo sviluppo equilibrato del sistema di relazioni. Anche attraverso i processi dinamici si perviene all’equilibrio, ma la loro proprietà è quella di elicitarsi in relazioni più strutturate; la loro minor duttilità rende più fragile il sistema di relazioni gruppali di fronte alle perturbazioni intervenienti. In condizioni di rigidità dinamica i membri del gruppo hanno minori possibilità di cocostruire la personalità collettiva del gruppo e di condividerne il significato.
Per guardare da un’altra angolatura il problema (che è una delle diverse sfaccettature di fondamentali questioni sociologiche come gruppo primario e secondario, comunità e società, mondi vitali e sistemi, gruppo nascente e istituzioni) mi sono impegnato a cercare di costruire un ventaglio idealtipico di relazioni, dal cui incrocio (con le relative diverse prevalenze) si potesse desumere la qualità della personalità collettiva di un gruppo.
L’obiettivo del modello delle personalità collettive è quello di leggere le diverse modulazioni dei gruppi attraverso la riduzione in 14 relazioni interpersonali, qualitativamente diverse, tutte compresenti, ma intervenienti in diversa misura a seconda dell’identità del gruppo e delle relazioni tra i membri. L’identità, cui le persone debbono necessariamente conformarsi attraverso processi dinamici, concerne il tipo di gruppo; il coglimento empatico innesca le disposizioni relazionali in doppia contingenza che cocostruiscono la specifica personalità collettiva del gruppo.
Empatia e dinamica non sono appannaggio esclusivo della dimensione dell’identità o della personalità collettiva di un gruppo; il fatto di averli considerati come due qualità ben distinte e polarizzate (ad esempio processi di effervescenza collettiva di movimento e processi dinamici di organizzazione e di istituzionalizzazione) ha diminuito la loro funzionalità euristica perché non ha consentito la coniugazione dei due processi sia all’interno dell’attrazione sociosolidale sia della repulsione socioantagonista.
Ciò che viaggia nelle relazioni sociosolidali eleva il grado di empatia, fa crescere le persone nell’orientamento della loro apertura emozionale e, a catena, anche nella loro cognizione e disposizione socioaffettiva. La cocostruzione della personalità di gruppo è un percorso, nel ciclo di vita del gruppo, cui concorrono diverse modulazioni relazionali: sia il riconoscimento dell’alterità, l’incontro tra aspettative reciproche, la crescita dell’affettività e la dialogicità, sia i processi di mediazione, di complementarità e di integrazione. Questi ultimi tre sono già afferenti ai processi cosiddetti dinamici.
I processi dinamici s’intendono assoggettati a schemi reattivi ripetuti nei frame comunicativi e relazionali: le simmetrie antagoniste dell’insofferenza, che interpreta in chiave egocentrica le azioni altrui, sono prive d’empatia, lo stesso l’incomprensione o l’equivoco o il logoramento, mentre l’evitamento implica qualche processo d’empatizzazione. La delusione, in molte occasioni frutto d’illusioni proiettive, ed anche il fastidio, più immediato ed epidermico, mettono in gioco la protomodulazione empatica dell’antipatia.
La sociabilità
Il fatto che oggi possa essere ripresa un’analisi dei sistemi di relazioni, produzione di legami e di beni relazionali si deve alla possibilità di misurazione della sociabilità, (Simmel, 1917; Gurvitch, 1957; Gemelli, Malatesta, 1980; Maccarini, 1966) attraverso il calcolo dei reticoli sociali proposto dalla network analysis. Distanza intersoggettiva, pressione, attrazione, cointeressenza e interdipendenza possono diventare fattori della morfogenesi della diversità delle reti gruppali. Se per sociabilità s’intende “la proprietà relazionale delle reti che costituiscono una forma associativa, in base alle quale esse sono capaci di generare determinati beni sociali” (Maccarini, 1996, p. 100), il suo studio richiede livelli d’analisi plurimi. La riflessione sui fattori di sociabilità, amplificata alla luce dell’empatia e della dinamica, non può più condurre ad una semplicistica disposizione dei gruppi in qualche punto del continuum tra il polo dei gruppi primari e il polo dei gruppi secondari o della Gemeinshaft e Gesellshaft, ma impegna in una loro dislocazione spaziale per le differenziazioni delle disposizioni relazionali intersoggettive (la forma “spaziale” del gruppo), dei cicli di vita gruppali funzionali alla sua dinamica, (la finalizzazione temporale del gruppo) e nelle disposizioni di personalità dei suoi membri.
La dimensione della sociabilità non può dunque prescindere dall’analisi multilivello del gruppo: non solo gli indicatori di quantità delle qualità di relazioni (distanza e la densità) ma anche l’area di sovrapposizione dei campi psicologici dei suoi membri. Tale area, che denota in modo visibile il gruppo nascente rimane presente nel gruppo latente, ed è distintiva della tipologia di un gruppo nel suo configurarsi come focus attrattore delle diverse personalità individuali, o, meglio, degli aspetti di personalità che sono messi in gioco in quello specifico gruppo. Gli individui sono attratti da un tipo di relazione gruppale, piuttosto che un’altra, per bisogni relazionali non saturati in altri gruppi cui appartengono.
Gli elementi da prendere in considerazione, in un modello d’analisi multivello di tal tipo, sarebbero così numerosi da invogliare a desistere dalla sfida, a meno di non scegliere la scorciatoia praticata, e ben frequentata, dai maestri della sociologia: fondare l’analisi su idealtipi. In pratica costruire una modellistica idealtipica multilivello in grado di comparare tipi di disposizioni di personalità, tipi di relazione intersoggettiva, tipi di “personalità collettiva di gruppo” e tipi di “identità collettiva di gruppo”. La successiva difficoltà sarà di pervenire ad una comparazione tra i diversi livelli che richiede un procedimento di ricerca qualitativa a base dati per quantificare le diverse qualità idealtipiche presenti in ciascun oggetto concreto d’analisi.
Le personalità e identità di gruppo
Con il concetto di personalità collettiva si vuole intendere la specifica forma di un gruppo prodotta dall’incrocio tra le relazioni dei diversi membri, la sua stabilizzazione in una particolare modulazione relazionale e i suoi esiti organizzativi. Le variabili influenti sul comportamento organizzativo della personalità collettiva sono: 1) la soggettività degli attori, data dai copioni di personalità (inclusi interessi e valori), 2) le pressioni tendenti a conformare i soggetti al loro ruolo per dare al gruppo la struttura più idonea per il raggiungimento dei fini. Il concetto di personalità collettiva è dunque limitato, per così dire, in “basso” dalle personalità individuali ed, in “alto”, dalla pressione culturale e funzionale sistemica.
Le disposizioni delle persone si elicitano in relazioni d’affinità, o d’opposizione, connesse al ruolo rivestito nel gruppo (attraverso cui si esprime la pressione della struttura sui membri)[2]. L’articolazione delle relazioni dà una forma singolare ad ogni gruppo che viene rappresentato in un grafo a radar con sette assi graduati a seconda del punteggio che il gruppo ottiene nell’espressione delle sue caratteristiche di personalità collettiva.. La forma è però sovradeterminata dal contesto specifico di norme, rappresentazioni collettive ed autocomprensioni del significato del gruppo da parte dei suoi membri che scolpiscono l’identità singolare del gruppo in un blocco di “identità tipologiche”: famiglia, gruppo di lavoro, pattuglia, classe scolastica, ecc. anch’esse, a loro volta, determinate dall’implementazione di un particolare modello relazionale che le ha storicamente costituite.
Se il livello relazionale “basso”, è influenzato dagli atteggiamenti individuali in affinità (o in opposizione), il livello “alto” si determina dalla relazione tra “identità gruppale socialmente costituita” e “personalità gruppale relazionalmente cocostruita”.
La dinamica tra personalità gruppale e identità gruppale può ancora essere efficacemente rappresentata con le parole di Bales e della Klein[3]: “Quando l’articolazione di uno qualsiasi di questi aspetti (adattamento, decisione o espressività, nel modello di Bales, n.d.a) non è più sufficiente, per qualsiasi motivo, a conservare o sostenere il flusso totale del processo in corso, oppure quando vi sia un movimento affettivo abbastanza forte, si ha una modificazione del flusso, o processo, cognitivo-affettivo-conativo, nel senso di un restauro o ulteriore sviluppo degli aspetti insufficienti, o dell’espressione dell’eccesso d’affetti. Corretta quella deficienza, o tolto quell’eccesso, il processo si modifica per correggere un altro difetto o superare un’altra barriera che sia di ostacolo al suo fluire” [Bales, 1952: 51]. I termini utilizzati da Bales “cognitivo”, “affettivo” e “conativo”[4] designano le forze relazionali che imprimono alle relazioni, potenziali e latenti, quel particolare tipi di forma al gruppo e lo conducono verso fasi adattative, di decisione o espressive . Quando una di queste “categorie di attività …tende al massimo…il gruppo percepisce il bisogno di passare ad una diversa categoria di interazione. Se il gruppo non si accorge della necessità di cambiare il tipo di interazione si trova di fronte al problema della sopravvivenza: con cui si deve intendere, o la sopravvivenza di quel gruppo particolare, o la sopravvivenza di quel tipo di gruppo” [Klein, 1956: 193].
La riduzione teorica che si vuol proporre è che l’emersione del modello latente di soggettività stia nello scarto tra le linee delle disposizioni medie di personalità individuale dei membri e quelle delle relazioni e che si possa proporre un modello generale di ricerca su ogni tipo di gruppo purché si ottenga la media del più alto numero possibile di gruppi dello stesso tipo a cui rapportare i dati del gruppo in esame.
La struttura delle linee obbedisce a criteri posti su due diversi livelli epistemologici:
1° Livello: le formazioni gruppali codificate (ovvero definite nella loro storia come raggruppamenti con norme, fini e rappresentazione sociale condivisa) hanno strutture, funzioni, cornici di definizione e significato e privilegiano certi tipi di relazione interpersonale piuttosto che altre in ragione dei loro fini[5]. Queste formazioni hanno nomi di senso comune che esprimono la loro identità di funzioni (famiglia, squadra, pubblico, gruppo di lavoro, ecc.,) alla quale si fa corrispondere uno stato emozionale originario condiviso che le contraddistingue.
2° Livello: all’interno delle tipologie di famiglia, pattuglia, gruppo di lavoro, ecc. c’è una ampia oscillazione di stili di relazione che modellano i gruppi nelle illimitate possibili sfumature di esistenza. Esistono tanti modi di essere famiglia, gruppo di lavoro ecc. nei quali si manifestano modulazioni relazionali diversamente orientate. Ed ecco che: “Quel padre è così autoritario che ha trasformato la sua famiglia in una caserma!”, “E’ un imprenditore così aperto e generoso che la sua azienda è una famiglia!”, ecc.
- Nel 1° livello epistemologico si può collocare quell’ampio spazio d’attributi la cui riduzione, in lessico corrente, designa le tipologie “pure” delle formazioni sociali[6]. La riflessione di Simmel sulla determinatezza quantitativa del gruppo è qui rovesciata in senso qualitativo. A designare la personalità collettiva del gruppo, nel senso della forma storicizzata che i modelli di gruppo hanno assunto, sono gli specifici fini cui si è conformata la specifica struttura di relazioni tra i membri. All’interno degli idealtipi ci sono differenze quantitative nel numero dei membri del gruppo ma ciascun tipo manifesta, al suo interno, funzioni di controllo, d’attivazione, di rappresentatività, di fusionalità, d’indifferenza, di passività e d’attaccamento[7]. In tabella 1 sono compendiate, in verticale, tali propensioni mentre, al centro di ogni riga, vi sono uno o più termini pertinenti al nucleo del campo di significato della propensione. In alcuni casi si utilizzano termini che designano il luogo, o la struttura fisica, dove le persone concrete si riuniscono per dar vita a tal tipo di formazione:
Tabella 1
1. ordinamento-costituzione -organizzazione-gruppo di lavoro-ufficio-squadra-collegio-carcere-
2. esercito-plotone-ciurma-squadriglia-commando-pattuglia-cellula-sindacato (advocacy)-
3. assemblea-riunione-consulto-comitato -consiglio-commissione-sinodo-adunanza-
4. meeting-spettacolo-festa-comitiva-compagnia-gruppo di amici-incontro-coppia-
5. crocchio-capannello-assembramento-agglomerazione-folla-aggregazione-gente-insieme-
6. common people-maggioranza silenziosa-seduta-pubblico-condominio-ricovero-mutua-parentela-
7. domestico-corte-famiglia-comunità-confraternita-sodalizio-unione-associazione-
56 espressioni linguistiche, tra le tante rintracciabili nel nostro lessico, che designano categorie di raggruppamenti sociali disposte, con beneficio di inventario, in sette tipi a seconda delle relazioni interpersonali presenti al loro interno[8]. Si può notare anche un percorso che lega questi termini, in un progressivo cambiamento di tipo logico, con il cambiamento delle caratteristiche delle funzioni e dei rapporti conseguenti.
I termini presentati corrispondono agli orientamenti delle identità collettive che sono esercitati sottoforma di ruoli sociali prevalenti in quel tipo di raggruppamento. Il ruolo sociale principale di un sistema tecnico di ruoli è il controllo, della famiglia è affiliativo, di una squadra è la competizione, di un Consiglio è “tener insieme nella differenziazione”, di una comitiva è la fusionalità, di un “insieme” è l’assenza di legami, di un pubblico è la recettività[9].
L’identità collettiva di un raggruppamento è qui vista come il prodotto dello stabilizzarsi nella cultura di una personalità collettiva storicamente costruita e trasmessa, la quale personalità collettiva si è determinata dall’instaurarsi di un certo tipo di relazioni di affinità, o di opposizione, referenti di taluni raggruppamenti umani.
Le relazioni di affinità, o opposizione, scaturiscono dagli atteggiamenti delle personalità individuali afferenti al raggruppamento come espressione dei movimenti della personalità verso l’espressione nel sociale delle emozioni vissute. Le relazioni assumono diversa conformazione in funzione dei copioni, in affinità, in opposizione o di rinforzo, che qui assumiamo riduzionisticamente incentrati su sette emozioni di base[10], e, contemporaneamente, sono proprio le relazioni ad indurre mutamento nei copioni.
Può essere utile, a questo punto, elencare le propensioni emozionale delle personalità collettive, per interpretare la chiave di lettura del precedente elenco di identità collettive:
1. Personalità collettiva tipologica di gruppo orientata al controllo versus oppressione. Il gruppo si unisce intorno alle norme, produce norme stabili. Nei suoi eccessi il gruppo è rigido e rallenta ogni cambiamento attraverso controllo e autocontrollo.
2. Personalità collettiva tipologica di gruppo di attivazione strumentale versus competizione e confliggenza. Il gruppo è energico ed intraprendente, portatore di grande motivazione. Nei suoi eccessi sfocia nell’aggressività verso coloro che impediscono la realizzazione dei suoi obiettivi. Il punto d’arrivo è il bisogno di nemici esterni per non spostare il conflitto al suo interno.
3. Personalità collettiva tipologica di differenziazione versus individualismo. Si tratta di raggruppamenti con poca unità interna; ciascun membro tende a sottolineare la sua specifica identità. La garanzia della continuità del gruppo è data dalla cornice che lo contiene. Può essere una cornice “proiettata” dai membri che consente loro di “definirsi” sulla base di un’appartenenza ad una élite. Oppure concertata socialmente ed istituzionalizzata come nei gruppi di rappresentanza elettorale dove i membri, pur essendo uniti dalla stessa condizione di eletti, sono portatori di identità e di interessi differenti.
4. Personalità collettiva tipologica di gruppo fusionale versus simbioticità. Il gruppo può essere una sola coppia o diventare molto numeroso. I membri sono alla ricerca di un contatto personale per rispondere al desiderio di provare le emozioni dell’occasionale fusionalità e dell’incorporazione.
5. Personalità collettiva tipologica centrata sull’apatia versus indifferenza. Si presenta come un insieme di persone con una struttura inesistente o debole; a seconda dei rapporti che si innescano, può evolvere in diverse direzioni.
6. Personalità collettiva tipologica dissolvente versus sottomissione. Gruppi poco visibili, formati da soggetti con rapporti anche intensi ma non attivi per eccesso di inibizione o per scelta o per mancanza di iniziativa. Pur se maggioranze possono rimanere sempre silenziose e invisibili
7. Personalità collettiva tipologica affiliativa versus dipendenza. Richiede una forte adesione al gruppo e un processo di duraturo attaccamento. Il legame tra le persone tende alla dipendenza reciproca e consente poca differenziazione.
- Nel 2° livello epistemologico si collocano le risultanti tra le relazioni in atto e le disposizioni di personalità delle persone che compongono quel singolare gruppo famigliare, di lavoro, ecc. La trasmissione culturale, l’accomodamento e la pressione normativa producono la costituzione di gruppo in specifiche identità collettive, ma tali identità assumono molte forme particolari in funzione delle relazioni in atto in ciascun specifico gruppo.
Questo è il luogo dove è appropriato il termine di personalità collettiva; l’identità precede la coscienza e di essa si ottiene l’autocomprensione nella sua essenza di fenomeno solo attraverso processi di autoriflessività, possibili solo se la personalità giunge a particolari livelli di equilibrio. Né si può pensare che le identità siano, in qualche modo, autopoietiche giacché sono il risultato di precedenti sedimentazioni delle personalità collettive in processi relazionali dinamici. Le personalità collettive, nel senso descritto in questo secondo livello epistemologico, sono l’oggetto della ricerca relazionale qualitativa tendente a descriverne le caratterizzazioni particolari e, attraverso esse, ad individuare le ulteriori sottocategorie che possano funzionare come modelli per lo studio della comunicazione e dell’azione. Ci si riferisce ai tanti modelli di tipologia famigliare, alle tante modulazioni delle classi scolastiche, e così via.
Sul piano metodologico è utile indicare alcuni prolegomeni. Le ricognizioni possibili per un’indagine sulle personalità collettive sono: l’analisi delle personalità individuali e dei ricorrenti copioni di comportamento dei singoli, l’analisi della qualità dei reticoli relazioni, la quantificazione dei prevalenti e dei più rari, l’analisi organizzativa sulla struttura dei gruppi. Quest’ultima non è però funzionale alla comparazione con i precedenti livelli, se non nello studio delle relazioni intergruppi. Il processo di lavoro, per la costruzione di comparazioni tra l’identità gruppale e la sua personalità collettiva specifica, ha comportato la raccolta di dati per alcune formazioni gruppali[11].
La raccolta di tali dati è servita all’analisi di qualità delle relazioni. La diagnosi sull’equilibrio interno di una singolare personalità collettiva porta, infatti, a riconoscere i punti critici ed i possibili correttivi delle relazioni per condurre il gruppo a maggior armonia con beneficio di tutti i suoi membri. Le personalità collettive sono, infatti, il luogo specifico della socioterapia e della sociologia clinica.
In sintesi la personalità collettiva di un gruppo si può disegnare su un grafo formato da due linee: la prima rappresenta la media delle propensioni di atteggiamento dei membri del gruppo, la seconda è la risultante tra le relazioni presenti in quello specifico gruppo moderata attraverso l’inverso della media delle relazioni in quello specifico tipo di gruppi. L’identità della formazione gruppale è rappresentata dalla linea delle medie, il gruppo latente dalla linea della media degli atteggiamenti, il gruppo concreto sta nella linea delle relazioni in atto in quel gruppo, moderato dall’inverso delle linee della media. La personalità collettiva sta nello scarto tra le due ultime linee.
La citazione della Klein (la sopravvivenza di quel gruppo particolare, o la sopravvivenza di quel tipo di gruppo) ha ora due contesti chiari a cui riferirsi. Infatti, a seconda del tipo di gruppo, la sua identità collettiva “tipologica” presenta valori ben differenti. Se una pattuglia di assaltatori manifesta tratti di personalità collettiva configgente non fa altro che obbedire al suo compito, ben diverso se ciò accade in una famiglia, dove sono mediante più alti i valori dell’affiliazione, la quale ha valori medi più bassi in un gruppo di lavoro, che, invece, ha valori più elevati nell’asse del controllo, e così via. In quest’ottica anche il concetto di frame non si presenta più come una nicchia e può arricchirsi di varie modulazioni nelle sequenze conversazionali: esso non è, infatti, equivalente in tutti i raggruppamenti ma esistono entro certi range dei frame al di sotto, o oltre i quali, la personalità collettiva si frantuma e il gruppo perde il suo significato, si contamina con relazioni improprie, modifica i suoi scopi o si scioglie.
I link
Ciccare su un link significa però cambiare la focalizzazione. Mi sia permessa la seguente metafora: quando il critico d’arte accorcia la distanza dal quadro che vuole analizzare, la sua immagine sfuoca e ciò che da lontano appare come uno splendido paesaggio diventa un insieme disordinato di macchie di colore. In altre parole la specificità del sottosistema scompare per far posto ai singoli attori. Il link tra micro e macro non è diretto, ma richiede salti logici: non è detto che la specificità delle caratteristiche, individuabili come componenti essenziali di quel sottosistema, non ci sia, ma essa non può essere letta come una componente esplicita.
Il passaggio logico tra livelli di analisi suggerisce di affinare le intuizioni delle teorie dell’equilibrio considerando le azioni sociali come processi concorrenti alla costruzione della cultura, la quale però si realizza, con un altro livello di equilibrio, nella effettiva relazione e non negli atteggiamenti individuali.
Il citato concetto di “gruppo latente” di Bales [1952], quasi un fantasma che sta alle spalle del gruppo reale e che ne determina le possibilità d’esistenza, aiuta a comprendere il processo di equilibrio tra le personalità e l’identità. Se un gruppo fosse formato da individui con gli stessi tipi personalità, e le stesse propensioni, perderebbe la sua dinamica interna, la dialogicità tra i membri, il confronto e la possibilità di plasmarsi diversamente a seconda delle perturbazioni che lo attraversano, ridisegnando i ruoli ricoperti e rimodellandoli.
Affinché in un gruppo si realizzi un armonico equilibrio interno è necessario che al potenziamento di un atteggiamento corrisponda l’aumento di un atteggiamento antitodico. All’aumento della tensione aggressiva di alcuni membri deve, ad esempio, crescere l’aumento della capacità di mediazione in altri; altrimenti il gruppo cessa di esistere come “quel tipo di gruppo” o cessa di esistere in assoluto. L’equilibrio interno del gruppo aumenta la differenziazione degli atteggiamenti dei suoi membri, che debbono disporsi in posizioni di articolata e complessa corrispondenza reciproca. Attraverso la teoria delle emozioni di base e delle propensioni delle personalità collettive il concetto di equilibrio si disegna come una distribuzione armonica delle propensioni nel gruppo. Maggiore è l’equilibrio interno in un gruppo, attraverso la copresenza di tutte le sue diverse disposizioni, maggiore sarà la sua elasticità e la sua duttilità nell’assumere la conformazione più idonea agli eventi di perturbazione o agli obiettivi che vuole raggiungere.
Persone, gruppi, sistemi
A seconda della struttura emozionale di base della persona si possono sviluppare, o meno, diverse modalità di comprensione empatica, le quali pongono il soggetto di fronte a diversi snodi delle sue possibilità di comprensione e di rapporto con gli altri. Lo sviluppo della capacità empatica muove dalle forme più semplici (la somiglianza del vissuto con quello altrui e l’immedesimazione conseguente) fino alla generalizzazione del coglimento empatico verso tutti i copioni. I fenomeni di empatia con i gruppi sociali si fondano su un processo inverso che parte dall’oggettivazione del vissuto altrui, passa attraverso l’immedesimazione e perviene al coglimento: l’empatia è, in questa prospettiva, un esplicito atto intenzionale che muta il punto di vista autoreferenziale e si sforza di rendere intellegibile l’azione altrui anche laddove essa possa apparire, in un primo momento, priva di senso. Solo se si accetta l’idea che i processi dinamici siano la ripetizione di schemi di vissuto stabilizzati, alla cui base si è verificato un innesco di empatizzazioni e controempatizzazioni, può essere esercitato uno sforzo cognitivo verso percezioni incomprensibili di vissuto altrui che le categorizzi come esiti di schemi che hanno radici emozionali simili alle proprie[12], ma si sono costituiti con connotazioni molto diverse.
Tale tipo d’empatia cognitiva non è apertura volontaristica ma frutto dell’esperienza relazionale di una gruppalità equilibrata. La rete relazionale gruppale (che è tanto più complessa quanto più è equilibrata, giacché senza equilibrio la complessità dissolverebbe la personalità collettiva del gruppo per le pressioni divergenti del gruppo latente), è una potente antenna in grado di ricevere segnali con le bande più diverse. Fino alla possibilità di comprensione interpersonale assoluta: quella dell’uguaglianza tra esseri umani sulla base della possibilità di sperimentare le stesse emozioni e gli stessi sentimenti, purché posti nella condizione di comunicare il proprio vissuto ed aprirsi al vissuto altrui.
Ciò che vale nell’esperienza personale all’interno di raggruppamenti equilibrati, vale anche all’interno dei sistemi: il sapere ingenuo sui “sistemi”, ovvero sull’organizzazione logico-concettuale del mondo sociale in cui stiamo vivendo, nasce attraverso “narrazioni” di altri o “discorsività simboliche” interiori. Le narrazioni della cultura presentano congruenze o dissonanze cognitive; quanto più le narrazioni sono congruenti ed equilibrate, tanto maggiore è la complessità che possono contenere. Solo quando un sistema culturale è in equilibrio può aprirsi alla comprensione di altri sistemi culturali. E’ innegabile il relativismo culturale ma non è relativo il grado di equilibrio interno di una cultura, più o meno capace di empatizzare, nel concreto dei suoi singoli rappresentanti, per via sociosistemica la cultura altrui. Anche un sistema culturale può essere così letto nella stessa prospettiva delle personalità collettive, anche se non è possibile affrontare qui tale discussione.
La personalità collettiva di un gruppo, che viva in equilibrio le proprio relazioni in affinità possiede anche la proprietà di proteggere i suoi membri da scariche emozionali nevrotizzanti. Tali scariche sono frutto di relazioni di opposizione che si potenziano in funzione dello sbilanciamento delle relazioni di affinità verso una, o poche, modulazioni. Ad esempio: un eccesso di attaccamento porta un gruppo verso l’invischiamento interno ed una conseguente diminuzione dell’identità: tale gruppo deve trovare un riequilibrio attraverso processi d’identità per differenziazione ed aumentare i suoi tratti confliggenti con l’esterno. Un gruppo demotivato produce relazioni oppositive di insofferenza conseguenti alla astenica necessità di riequilibrarsi; un gruppo estremamente differenziato, incapace di trovare complementarità o integrazione tra gli atteggiamenti, soffre il logoramento e il fastidio; un gruppo conflittuale, incapace di disponibilità, vive nella delusione e nell’equivoco; ecc.
Se il controbilanciamento nell’assetto delle relazioni gruppali non avviene attraverso nuove relazioni di affinità, si sviluppano relazioni di opposizione le quali servono per garantire la sopravvivenza del gruppo o la continuazione di quel tipo di gruppo. Naturalmente un gruppo così squilibrato non sarà in grado di afferrare empaticamente le strutture relazionali di altri gruppi perché impedito dalle giustificazioni culturali prodotte per difendere le opposizioni relazionali interne.
Sul piano dei processi di società civile lo sviluppo di governance è dunque indispensabile per comprendere le altre culture ed individuare le vie non autoritarie per la diffusione delle democrazie nel mondo, condizioni questa indispensabile per ulteriori sviluppi della governance.
Relazioni, empatia sociosistemica, equilibrio e governance sono i termini che descrivono, in questa prospettiva di ricerca, le componenti indispensabili per il miglioramento.
Strumenti e ricerca psicosociopedagogica
Questo modo di pensare i link tra persona, gruppo e sistema è il concetto portante della organizzazione della ricerca intervento, dei questionari e dei test di Prevenire è Possibile. Il questionario individuale di artigianato educativo è nato come strumento di verifica dei risultati del Questionario di Personalità Collettiva utilizzato nelle classi scolastiche (Masini, 1995). Lo scopo del test era quello di valutare le caratteristiche dei soggetti appartenenti ad un gruppo e verificare la relazione esistente tra personalità collettiva di un gruppo e personalità individuali nel loro complesso. La prima stesura del questionario è stata somministrata nei gruppi di incontro (50 test), tra gli studenti del corso di psicologia sociale alla L.U.M.S.A. (30) e tra i residenti di un centro di recupero (40) nel corso del 1996; l'anno successivo è stata elaborata una seconda stesura a cui sono stati sottoposti 94 soggetti di diversa estrazione culturale e provenienza. Il questionario di artigianato educativo completo è stato somministrato a Terni (160 soggetti contemporaneamente sottoposti al questionario di artigianato educativo) nel convegno nazionale del 1998. Dalla elaborazione di quello strumento ad oggi sono state apportate alcune modifiche per rendere più bilanciati i diversi item ed è stato utilizzato per l'analisi dei copioni con circa 2000 soggetti tra centro, nord e sud.
Il questionario è stato in progress sulla base di un procedimento piuttosto semplice: mano a mano che i grafi esito dei questionari compilati erano analizzati, si valutava quali affermazioni apparivano sovrapposte e dunque scartate perché poco discriminanti. Gli item sono stati modificati sulla base di due soglie (se il numero di sovrapposizioni/numero complessivo di risposte nel singolo questionario è superiore a 1/30 e se quella sovrapposizione compare più di cinque volte ogni cento questionari). Ai soggetti che hanno compilato il questionario di artigianato educativo esprimendo punteggi eccessivamente elevati (superiori a 130) manifestandosi come personalità eccessivamente complesse, è stato proposto il Questionario di Artigianato Educativo a risposta vincolata che dispone gli stessi item ma obbliga a scegliere solo una delle sette possibili affermazioni per ogni questione. Dal conteggio delle risposte è possibile individuare la tipologia prevalente e comprendere il perché dell’alto numero di item scelti in precedenza. In particolare è possibile interpretare se il soggetto si è riconosciuto in un alto numero di item per dispersione di personalità (le scelte vincolate lo mostrano come delirante o sballone) o per superficialità e semplificazione (se appare apatico) o per aspettative di valutazione da parte del compilatore (se appare adesivo) o per atteggiamento di rifiuto nei confronti del questionario (se appare ruminante).
Per questo tipo di questionario non esiste una validazione empirica, con gruppo di controllo. Si tratta di uno strumento che misura una realtà complessa e dinamica che non può essere correlato ad un criterio esterno. La prima validazione si è basata sull'esperienza. Oltre duemila somministrazione che hanno accolto positivamente il test giudicandolo un valido supporto per facilitare la crescita del gruppo.
L'attendibilità interna del questionario è stata organizzata sulla base dei risultati delle analisi fattoriali che hanno consentito di verificare sia le tipologie di personalità che le connessione delle une con le altre. La misurazione dell'addittività dei diversi item, ad esempio, ha migliorato l'attendibilità interna e sta consentendo la produzione di un test più sofisticato che verrà proposto in veste informatizzata. Sono stati già proposti ed utilizzati questionari diversificati e/o semplificati (con un minor numero di item) da somministrare per la ricognizione di particolari tipologie di soggetti: un questionario per tossicodipendenti da nuove droghe sintetiche, un test per l'analisi delle tipologie di paternità e maternità ed alcune schede di osservazione per il comportamento dei bambini.
Con l'analisi fattoriale sono apparsi significativi il fattore 1 (varianza spiegata 0,097) che raggruppa 8 item della tipologia ruminante, 6 del delirante e 6 dell'avaro, il fattore 2 (0,097) 9 item dell'adesivo, 4 dell'avaro, 3 dell'invisibile, due dell'apatico e del ruminante, il fattore 3 (0,089) che raggruppa 10 item del ruminante, 4 del delirante, 2 dell'avaro e 4 dell'invisibile, il fattore 4 (0,078) con 10 item della tipologia dell'invisibile, 7 dell'adesivo, 8 dell'apatico, il fattore 5 (0,061) con 10 item dell'avaro, 3 del ruminante, 3 dell'adesivo e 6 dell'invisibile, il fattore 6 (0,058) con 13 item dell'adesivo, 6 dell'invisibile, 2 dell'avaro, il fattore 7 (0,056) che raccoglie 10 item dello sballone, 5 del delirante, 8 dell'apatico e 5 dell'invisibile, il fattore 8 (0,055) che raggruppa 6 punti sull'invisibile, 6 sull'apatico e 5 sull'adesivo.
L'aspetto più significativo che emerge dalla analisi fattoriale non è il semplice riconoscimento degli idealtipi ma il loro associarsi in un numero significativo di individui concreti nelle loro adiacenze a conferma della corretta impostazione del processo di trasmutazione delle emozioni e della loro associabilità.
Ogni individuo concreto ha una sua peculiare mappa emozionale estesa lungo i raggi dei diversi tipi ma la probabilità che le emozioni che tipizzano la singola persona siano associabili nella loro adiacenza è verificata nelle nuvole di item raccolte dai diversi fattori.
Da questo questionario il processo di analisi si è sviluppato sia in direzione clinica che pedagogica sia estendendosi agli ambiti più svariati delle disposizioni umane, specialmente attraverso i diversi test usati per l’orientamento.
Contemporaneamente si sono estesi gli ambiti di applicazione del questionario di personalità collettiva: aziende, servizi, carceri, comunità, scuole, analisi di qualità, condominii, ecc. diventando un efficace vettore per le analisi di qualità relazionale e per l’individuazione delle svariate forme di mobbing che intervengono nei luoghi di lavoro.
I questionari si presentano in termini aperti sia rispetto ai soggetti a cui sottoporlo, sia rispetto alle caratteristiche professionali di chi lo interpreta. Come appare dall'analisi dei test la loro lettura mostra diversi livelli di profondità: l'analisi del totale del grafo e la valutazione dei punteggi bassi, l'analisi dei diversi punteggi nelle aree più diverse (spesso il riferimento è alla topiche psicologiche del sé, degli altri e del mondo) o verso gli assi delle disposizione (che richiede oltre alla precedenti competenze un discreto livello di conoscenza statistica).
La caratteristica degli strumenti è quella di essere interpretabili con una rapida immissione di dati su fogli excel per essere visualizzati e confrontati attraverso i grafi.
Grafi individuali e di personalità collettiva, grafi di interazione tra personalità collettive, spesso corredati da istogrammi che misurano l’ampiezza delle diverse relazioni di affinità e di opposizione.
In tale quadro la strumentazione sta diventando un maturo patrimonio al servizio di chi voglia scommettere su techiche di ricerca di accessibilità immediata, che necessitano di una livello medio di competenza e che possono essere facilmente diffuse ed applicate nell’attuale luna di miele tra ricerca sociale e strumentazione informatica di base.
C’è qualche “raffinato” ricercatore che esprime elementi di critica sia a livello epistemologico che nel campo della applicazione pratica ma il passo della sua critica dovrà cedere di fronte a due evidenze: 1) le potenzialità di diffusione interpretativa che già sono in espansione connesse al principio di semplificazione del sapere e della metodologia che tali strumenti contengono (giacché tutti sono capaci di essere complicati, pochi di essere semplici), 2) le attuali applicazioni degli strumenti agli scaling multidimensionali che li mostrano in grado di dare valutazioni qualitative agli indici di betweeness e di closeness nella network analisys.
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[1] Con il concetto di «dinamica» si intende l’orientamento del gruppo verso un compito da realizzare attraverso processi di strutturazione e destrutturazione dei ruoli. Il carattere dinamico si esplica nei cambiamenti e riequilibramenti strutturali necessari al raggiungimento degli obiettivi, come spiega K. Lewin che lo prese in prestito dalla meccanica: “il termine «dinamico» si riferisce qui al concetto dynamis=forza, a una interpretazione cioè del cambiamento come risultato delle forze psicologiche” (Lewin, 1972: 88).
[2] La costruzione di questo modello è passata attraverso l’elaborazione di due strumenti: il primo è un test di atteggiamenti da cui si ricava in punteggio del singolo in sette copioni (ricavati dalle emozioni di base), il secondo è un test che studia 14 tipi di relazione in reciprocità, di affinità e di opposizione. (I sette copioni hanno tra loro 42 relazioni univoche e cioè 21 biunivoche, escludendo le 7 relazioni di ciascun tipo con i tipi adiacenti nel perimetro del grafo, che funzionano da rinforzo e conferma dei copioni per le somiglianze, restano 14 modelli di relazione. I due tipi di test possono essere comparati tra di loro attraverso due grafi (il modello è discusso in V. Masini [2000].
[3] Il motivo del ricorso alla originale teoria struttural-funzionalista (con qualche contaminazione) è dovuto al tentativo di riprendere un filo di discussione interrotto anche per la mancanza di strumenti di elaborazione dati capaci di fronteggiarne la complessità interna. Ciò non significa che il modello delle personalità collettive non possa essere letto in chiave costruzionista o soggettivista.
[4] Le linee di azione conativo, espressiva e affettiva, ove disposte sul grafo, agiscono settorialmente su gruppi di lati adiacenti e descrivono l’azione dei tre principali strumenti di lavoro sui gruppi: le tecniche del gruppo di lavoro, del gruppo di formazione e del gruppo di incontro. Nella analisi dei gruppi non sembra però possibile ricondurre a sole tre dimensioni lo studio. Il richiamo alle tre figure di Parsons e Bales è però importante ai fini dell’intervento pratico sui gruppi giacché, in linea di massima, le strutture di intervento poste in essere dai diversi tipi di leadership si riconducono a tali tre categorie ed a miscele tra le suddette. Nel modello delle p.c. la leadership è considerata solo nei suoi risvolti di funzionalità per l’adattamento del gruppo potenziale verso le caratteristiche della configurazione gruppale richiesta. Il leader, che ha la sua personalità computata tra le linee delle disposizioni, colloca il suo ruolo nello scarto tra le linee delle disposizioni e delle relazioni.
[5] Per comprendere l’ottica in cui porsi nello studio delle personalità collettive occorre l’atteggiamento del ricercatore che analizza ciascun gruppo con lo stesso atteggiamento di un marziano che, caduto sulla Terra, osservasse gruppi di 5, 6, 8, 10 persone e dovesse trovare i criteri per riconoscere in essi: una famiglia?, un insieme di persone che aspetta un autobus?, una pattuglia militare?, un gruppo di lavoro? una comitiva di amici? una giunta comunale? un consiglio di amministrazione?. Quali indicatori per capire il tipo di relazioni e la dinamica gruppale interna? E, nella fattispecie dell’analisi di personalità collettiva di un gruppo di lavoro, qualora quel marziano avesse scelto che quel gruppo è “un gruppo di lavoro”, come individuare le proprietà organizzative e relazionali di quello specifico gruppo in quel momento della sua storia. Quale il suo equilibrio interno? e quali caratteristiche mancano (o eccedono) in quel di gruppo e come fare per migliorarlo? deve essere più “famiglia-comunità”?, deve aumentare le relazioni amicali vivendo qualche momento come comitiva? deve aumentare la differenziazione interna perché tutti i membri hanno gli stessi atteggiamenti e impediscono la crescita? o, al contrario, deve mitigare la differenziazione per far crescere l’identità di gruppo, l’unità, la motivazione finalizzandosi al raggiungimento degli obiettivi prefissati?
[6] G. Simmel, discute della determinatezza quantitativa del gruppo proponendo una riflessione, senz’altro attuale, sulle grandezze numeriche che agiscono come forma di organizzazione. “A ogni numero determinato di elementi corrisponde, secondo lo scopo e il senso della loro unificazione, una forma sociologica, un’organizzazione, una stabilità, un rapporto del tutto con le parti ecc.. Poiché noi non possediamo un’espressione particolare per designare ognuno di questi stati sociologici infinitamente numerosi, anche quando esso è osservabile nel suo carattere, spesso non rimane altro da fare che concepirlo come composto da due stati, il primo che ci dice, per così dire, di più e l’altro di meno… Dove i concetti coniati per designare le unità sociali – come quelli di incontro e società, compagnia e esercito, cricca e partito, coppia e banda, seguito personale e scuola, gruppetto e assembramento di massa – non trovano un’applicazione sicura perché il materiale umano sembra essere troppo scarso per l’uno ed eccessivo per l’altro, esiste tuttavia una formazione sociologica altrettanto unitaria, altrettanto corrispondente in maniera specifica alla condizione numerica come in quei casi più netti. Soltanto la mancanza di un concetto particolare per queste innumerevoli sfumature ci costringe a designare le loro qualità come una mescolanza delle forme che corrispondono alle formazioni numericamente più esigue a quelle numericamente più cospicue” [Simmel, 1998: 66].
[7] Queste funzioni corrispondono alle propensione di azione connesse ai copioni di comportamento che gravitano sulle emozioni di base: paura, rabbia, distacco, piacere, apatia, vergogna, attaccamento. Le emozioni, a loro volta, sono miscele dei controlli valutativi dello stimolo studiati dalla neuropsicologia: arousal, attivazione e controllo che presentano una stimolante analogia con l’azione espressiva, di attaccamento e strumentale di Parsons.
[8] Può essere efficace leggere le analogie delle formazioni gruppali, indicate come luoghi oggettivati in cui prende forma la direzione dell’”andare verso” o del movimento psicologico che sta alle spalle della azione o dello “sforzo”, nella terminologia di Parsons, con la tabella di classificazione dei tipi di fusione e separazione delle componenti paradigmatiche (tabella 1 in Il Sistema Sociale di Parsons a pagina 94 dell’edizione citata). Nell’elenco si trovano le corrispondenze tra il mix dei processi di azione e le personalità collettive (PC) oggettivate nei raggruppamenti sociali in buona sintonia con le indicazioni di Parsons:
1) La separazione di interessi catetico-espressivi da attaccamenti e aspettative strumentali corrisponde alla PC6, il pubblico.
2) La fusione di interessi catetico-espessivi in attaccamento diffuso corrisponde alla PC4, la coppia.
3) Interesse catetico-espressivo da parte di una prestazione strumentale asimmetrica, può essere visto nella partecipazione individualizzata ad un contesto di tipo rappresentativo e corrisponde alla PC3, il consiglio.
4) Fusione di attaccamento con prestazioni strumentali corrisponde alla PC7, la parentela.
5) La separazione di prestazioni strumentali da orientamenti catetico-espressivi e di attaccamento, tipica dei ruoli tecnici, corrisponde ala PC1, l’ufficio.
6) La fusione di funzioni strumentali con compensi specificamente appropriati corrispondente ai ruoli esecutivi o artigianali, corrisponde alla PC2, la squadra.
7) La fusione di interessi espressi in attaccamento diffuso verso un oggetto culturale astratto, l’amore universale corrisponde alla PC5, ovvero ad un insieme senza legami relazionali specifici.
[9] Nella teorizzazione di Fichter [1957] ho ritrovato una tassonomia dei raggruppamenti sociali in forma organizzativa, economica, politica, ricreativa, educativa, religiosa, famigliare che, nel dettaglio della descrizione, ha numerosi punti di contatto con la proposta delle personalità collettive.
[10] E cioé: paura (che conduce al controllo), attivazione (che ha la sua radice della rabbia), distacco, piacere fusionale, quiete e vergogna (che è sensibilità recettiva passiva), attaccamento, cfr. Masini [2000].
[11] Si tratta di individuare i principali tipi di modelli relazionali che possono intercorrere nelle relazioni di affinità in una personalità collettiva (integrazione, incontro, riconoscimento, disponibilità, complementarità, mediazione, dialogicità) e nelle relazioni di opposizione (fastidio, incomprensione, equivoco, evitamento, delusione, logoramento, insofferenza). Queste tensioni relazionali sono state investigate dallo scrivente all’interno di gruppi di lavoro dei servizi [Masini, 2003], all’interno delle classi scolastiche [Masini, 1996, 2002], all’interno di comunità di recupero [Masini, 1994], all’interno dei condomini [Masini, 2003]. Tali relazioni possono essere quantificate attraverso item relazionali che investigano, oltre alla qualità del contatto, anche il tipo di contatto e di conoscenza. Nello studio sui servizi sono stati item come: Quanti sono i membri del suo gruppo che ritiene professionalmente più competenti di lei? Di quanti è stato a casa? Quanti sono riusciti a capirla fino in fondo? Con quanti ha litigato (almeno una volta ed anche molto tempo fa)? Con quanti non vorrebbe collaborare gomito a gomito? Con quanti lavora bene e volentieri? Di quanti conosce almeno un familiare? Con quanti si è incontrato qualche volta al di fuori dell’orario di lavoro? Di quanti ha il numero di telefono o telefonino? ecc. Item di questo tipo, scelti da un paniere di atteggiamenti relazionali (ricavati dall’analisi delle storie di vita) che ne contiene un centinaio, servono a quantificare ben 14 tipi di relazione di affinità o di opposizione.
[12] Ho discusso, in “Idealtipi di religiosità e dialogo interreligioso”, in Berti A. e De Vita R. [2003], alcuni possibili schemi per comprendere le forme di religiosità di diverse religioni comparati all’interno di modelli di atteggiamenti equivalenti.