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L'Identità del Casentino

 

"Fra gli animali casentinesi l'uomo sicuramente è quello che merita il primo

posto"

(Tramontani, "Storia Naturale del Casentino)

 

Territorio radici e comunicazioni:

Mentre sul versante adriatico i contrafforti dell'Appennino settentrionale e centrale si protendono regolarmente a mo' di pettine verso la pianura e la

costa, sul versante tirrenico questi formano brevi catene parallele al crinale, racchiudendo una serie di depressioni, o bacini longitudinali,

seguenti il ripiegamento geologico. La Lunigiana, la Garfagnana, il Mugello il Casentino e la Valtiberina, sono i nomi che identificano queste valli

interne all'Appennino, che caratterizzano la Toscana settentrionale, ognuna di esse costituisce una sub-regione sia dal punto di vista ambientale sia da

quello culturale.

La depressione del Casentino è separata da quella del Mugello dal crinale del Monte Cucco che collega il Monte Falterona alla catena del Pratomagno.La Valtiberina è separata dal Casentino dall'Alpe di Catenaia. Le montagne che circondano il Casentino sono notevolmente più alte di quelle che racchiudono il Mugello, esse superano quasi ovunque i 1000 metri e rendono il bacino più isolato e culturalmente peculiare. L'Arno, che scaturisce, mero rigagnolo, da alcune sorgenti sui fianchi del Monte Falterona, esce quasi in sembianze di fiume sulla piana di Arezzo, dopo essere stato alimentato da torrenti quali il Solano, il Teggina, l'Archiano, il Corsalone, il Salutio. I contrafforti del Monte Falterona, dell'Alpe di Catenaia e del Pratomagno, sono modellati da bacini torrentizi profondamente incavati nelle arenarie e nei calcari sottostanti. In quota, nelle aree più soleggiate, prossime ai pascoli e alle foreste di castagni, sono villaggi e aggregati un tempo dediti ad una economia silvo-pastorale, mentre nelle aree alluvionali e nei pendii e nelle basse colline marnose, vigevano le colture promiscue e predominava il sistema della mezzadria.

 

 

 

Questa configurazione mostra inequivocabilmente che il Casentino fu il nucleo economico e culturale dell'antica nazione etrusca, nient'affatto un'area marginale, come si é spesso affermato. La vocazione eminentemente pastorale della Toscana spiega la sua relativamente bassa densità demografica, è quindi l'ambito pastorale che costituisce la radice prima della formazione della regione come area economica e culturale.

Quest'area di alti pascoli estivi, potrebbe aver fatto parte, come asseriscono alcuni autori classici, del territorio dei Liguri; la presenza,

in epoca storica, di elementi etnografici significativi ne ascriverebbero la cultura all'area ligure. La presenza solo in quest'area di alcuni peculiari

manufatti, assieme a numerosi altri dati di carattere linguistico, favoriscono questo assunto.

I dati etnografici convaliderebbero la supposizione che le parti più elevate attorno al Falterona, al Pratomagno e all'alpe di Catenaia, fossero nella

protostoria, abitate da popolazioni liguri essenzialmente dedite alla pastorizia, mentre la bassa collina e il fondovalle sarebbero stati popolati

da agricoltori etruschi ed umbri. La viabilità antica del Casentino era costituita dai crinali e dai contrafforti che dal Pratomagno e dall'Appennino giungono sul fondovalle presso l'Arno; laddove due crinali si confrontano sulle opposte rive del fiume si svilupparono guadi e poi ponti. Deve esser trascorso molto tempo, prima che si sviluppasse la strada lungo la sponda sinistra dell'Arno, ciò non deve essere accaduto prima dell'era ellenistica, altrimenti non troverebbe giustificazione il confine linguistico e diocesano che taglia la valle trasversalmente. La viabilità principale del Casentino etrusco deve essere stata a lungo quella articolata lungo i crinali primari -Pratomagno e Appennino- e lungo i crinali trasversali alla valle. E' assai probabile che una via importante collegasse Bibbiena all'area di Sàrsina e che l'antica via del Passo di Serra per la Romagna, ne ricalchi il percorso. Ad ovest dell'Arno, questa direttrice doveva far capo a Sòcana, quindi per il crinale che lì termina, doveva salire sul Pratomagno, discendere nel Valdarno per raggiungere il Chianti e la costa tirrenica.

La Transumanza

Fu nel periodo di formazione etnica dell'Italia antica che si stabilì quel ciclo migratorio stagionale definito transumanza, che nonostante la scarsità

di documenti scritti, assai condizionò la vita del Casentino attraverso i millenni.

Ma cosa è la transumanza? Transumare significa spostarsi da un luogo a un altro (letteralmente 'cambiar terra'), ma c'è ben più di questo.

La transumanza è una delle strategie economiche adottate dall'uomo agricoltore nello sfruttamento delle aree montuose o marginali, meno adatte alla coltivazione. Se i reperti archeologici trovati ad alta quota non sempre appartengono a pastori transumanti, essi indicano sicuramente presenze e attività stagionali.

L'etno-archeologia va dimostrando che qualsiasi tipo di sfruttamento della montagna è, di regola, profondamente integrato con l'economia agricola delle quote più basse.

Per quanto concerne l'Appennino o  il Pratomagno, vediamo come i pastori che fruivano dei pascoli alti provenissero dai villaggi a quote più basse e non abitassero l'alta montagna. Il problema della pratica o meno della transumanza in una regione o nell'altra, in un periodo o l'altro, è stato, a parer mio, risolto dal ragionamento logico. Laddove esistevano considerevoli greggi di pecore ed altri erbivori, esisteva per forza anche la transumanza a lunga portata.Laddove le pecore esistevano in numero ridotto, poteva non esserci necessità di transumanza, poiché foglie di pioppo, ontano, e fieno, potevano raccogliersi in estate e conservarsi in capanne apposite in quantità sufficienti da durare tutto un inverno.

E' il clima stesso che causa l'intermittenza stagionale delle risorse che in ogni dato luogo sono presenti o migliori in un dato periodo dell'anno

piuttosto che in un altro. Nei pascoli dell'Appennino e del Pratomagno verso i 1.500 – 1.300 metri, ma anche ad altitudini assai inferiori in certi casi,

il pascolo è disponibile dal maggio inoltrato ai primi di ottobre. Vale a dire da subito dopo lo scioglimento della neve alle prime nevicate

dell'inverno successivo. Per contro, il pascolo è disponibile in Maremma dalla fine di settembre a metà maggio. Vale a dire dalle prime piogge che fanno crescere l'erba alla stagione arida che la fa seccare completamente. Il pascolo stagionale elimina inoltre altri fattori negativi presenti nello

sfruttamento delle zone basse. In risposta a questo condizionamento ambientale, uomini e pecore, assieme, hanno adottato la transumanza. La transumanza ha quindi lo scopo di far pascolare le greggi in pianura nell'inverno, e in montagna d'estate, non solo per avere sempre erba verde a disposizione, ma anche perché altrimenti gli animali soffrirebbero fatalmente di deficienze vitaminiche.

L'economia e la vita del Casentino antico e in gran parte anche moderno, sono state condizionate da questo fenomeno.

Il nome Casentino

Polibio menziona i Casuentini come tribù ligure ed è probabile che il nome Casentino derivi da loro. Tuttavia è anche lecito ritenere che questo nome

derivi da un Clausentinum e definisca una valle chiusa; è ugualmente plausibile che esso derivi invece da caseus-cacio, data l'enorme importanza

qui dell'economia pastorale sin da epoca immemorabile. La più antica documentazione scritta del toponimo Casentino, si trova in un

documento (diploma) del 774, dove Carlomagno, assieme a un Duca Norberto, dona all'Abbazia di Nonantola, beni che includono un Casentino. Sicuramente il toponimo si riferiva allora a un luogo assai ristretto, forse a una semplice curtes, situata nella diocesi di Fiesole.

Nel 1008 il toponimo Casentino compare ancora in un privilegio del vescovo di Arezzo, il quale lascia alla Badia di Prataglia Decem mansos de Curte Orgia in Casentino, ossia dieci poderi della corte di Orgia (ora Orgi) in Casentino.

Il confine fra le diocesi di Fiesole ed Arezzo, che oggi taglia in due il Casentino con una linea trasversale alla valle, subito a nord di Poppi e

Camaldoli, era il confine meridionale dell'area nota come Casentino nel Medioevo.

Aspetti linguistici, ma anche toponomastici e archeologici, fanno ritenere peraltro che questo confine meridionale del Casentino ricalchi abbastanza fedelmente quello fra le lucumonie (territori delle città stato) etrusche, di Fiesole ed Arezzo e che i confini storici orientali di queste diocesi indichino, con ugual precisione, i confini della VII Raegio Etruria con la VI Raegio Umbria.

Caratteristiche peculiari del Casentino

E' importante notare -particolare sin'ora sfuggito ai più- come il confine naturale fra Romagna e Toscana, ossia il crinale appenninico, che è stato

confine politico soltanto per due secoli durante l'era barbarica,costituisca uno dei più forti confini linguistici d'Europa.

La catena appenninica, che divide le due regioni, non costituisce un baluardo naturale tale da giustificare la barriera linguistica che invece vi si osserva, o vi si osservava sino a metà XX secolo. le Alpi, né i Pirenei e nemmeno il Caucaso, o il Pamir, hanno segnato, coi loro spartiacque, confini linguistici.

Il dialetto romagnolo appartiene all'area linguistica franco-provenzale ed ha il suo confine meridionale nel crinale appenninico, dal Frignano fin sull'Adriatico con il fiume Cesano, in provincia di Pesaro. Quest'area linguistica, come tutte le altre dell'Italia attuale, riflette indubbiamente una distribuzione precedente l'unificazione romana della penisola.

Questo marcato confine linguistico, fu un confine politico militare fra l'Italia longobarda e quella bizantina; né prima, né dopo fu questa linea geografica un confine politico rilevante. Nelle epoche etrusca, romana e medievale, la gente poteva traversare, senza remore di

sorta, questo crinale in tutta l'area sopra indicata. Resta da spiegare perché un simile divario linguistico non si riscontri su altri confini

politici, neanche quelli presidiati per secoli da eserciti contrapposti. E'curioso notare che nessun linguista del presente o del passato si sia mai

posto il quesito.

I centri del culto

Esistono nel Casentino due antiche istituzioni religiose che costituiscono punti di riferimento imprescindibili per la storia e la cultura della valle,

questi sono i monasteri di Camaldoli e della Verna.

Prima del cristianesimo, due poli importanti del culto in Casentino erano anche il Lago di Ciliegeta o Lago degli Idoli sul fianco meridionale del Monte Falterona e il santuario etrusco-romano di Sòcana. Non è affatto detto che queste due località -rivelateci da fortuite scoperte e non da ricerche sistematiche- siano state i più importanti, o gli unici punti di riferimento del culto e della religiosità popolare locali, il ritenerlo può essere fuorviante. E' del tutto probabile che ve ne siano stati altri e in particolar modo dove eventuali culti pagani sono stati soprasseduti da culti cristiani.

E' un fatto sintomatico ovunque che proprio laddove esista oggi un luogo di culto cristiano, ne sia esistito uno anche in epoca pre-cristiana. Si può esser certi che nella maggior parte dei casi le pievi del Casentino siano sorte sopra o in prossimità di templi pagani. In numerosi casi il luogo di culto

abbandonato in epoca cristiana non era così importante all'avvento del cristianesimo, altrimenti si sarebbe sovrapposto ad esso un culto cristiano

proprio per estirparlo e cancellarne la memoria.

E' fuori dubbio che il paganesimo sia sopravvissuto nelle campagne, a fianco del cristianesimo, come superstizione (=che sta sopra) quindi come

sovrastruttura della religione ufficiale. Se è vero che il contadino andava in chiesa la domenica e durante le feste comandate, è altrettanto vero che

egli si rivolgeva alla sovrastruttura per i problemi… più seri. Fra l'altro la lingua latina rendeva incomprensibile e distante il culto cristiano in

aree dove non la si parlava da secoli e forse dove non si era mai parlato quel latino.

Sul versante toscano e in particolar modo in Casentino, la toponomastica dimostra una continuità culturale ininterrotta sin dal 1000-1200 a.C. Si badi bene, continuità culturale, non affatto genetica. La sostituzione genetica avvenuta nel Casentino a seguito delle invasioni barbariche non ebbe luogo, evidentemente, in modo traumatico, ma graduale e fu distribuita nel tempo, in modo da consentire la trasmissione dei toponimi e di altri tratti culturali dagli autoctoni in via di estinzione, agli immigrati che li sostituivano.

 

(Estratto da Giovanni Caselli, "Casentino, Guida Storico Antropologica e

Ambientale", Le Balze, Montepulciano, 2003)

 

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